rivista anarchica
anno 48 n. 424
aprile 2018


autogestione

I fiori delle comunarde

di Thea Venturelli


Lo scorso 22 ottobre si è tenuto a Castel Bolognese (Ra) un convegno sull'educazione libertaria. Ne pubblichiamo una della relazioni, presentata da una comunarda di Urupia, la comune anarchica da oltre un ventennio presente in Puglia. Da quattro anni c'è anche una piccola scuola che fa parte della Rete per l'Educazione Libertaria (Rel).

Il mio intervento si concentra fondamentalmente sull'esperienza che ho maturato nel mio più che ventennale percorso come comunarda a Urupia, un progetto di vita comunitaria politicamente caratterizzato, fin dalla sua fondazione, dalla sua matrice libertaria.
Due sono i pilastri sui quali è edificata l'organizzazione sociale della comune: la proprietà collettiva di beni e mezzi di produzione e il principio del consenso. Da questi, e in coerenza con questi, derivano tutte le decisioni che prendiamo, comprese le regole che decidiamo di avere.
Proprietaria della masseria che ospita il progetto e di tutti i terreni anessi, 27 ettari coltivati a oliveto, vigna, frutteti, orti, seminativi, più i relativi laboratori di trasformazione, è l'associazione culturale Urupia; accanto a questa nel 2002 il gruppo delle comunarde ha deciso di affiancare una cooperativa agricola, costituita dalle stesse comunarde, in modo da poter commercializzare i prodotti che permettono la sopravvivenza economica del progetto.
Urupia non ha “clienti” e nemmeno intermediari. Ha invece sostenitori e sostenitrici che decidono di accompagnare una progettualità nella quale trovano un significato e che desiderano veder vivere.
Nessuna comunarda ha alcun diritto di proprietà sulle strutture materiali che permettono al progetto di esistere ma ha il diritto, in caso di allontanamento definitivo dalla comune, di formulare un contratto di uscita, anche questo approvato dall'assemblea attraverso il consenso, che le permetta di crearsi le prime fondamentali condizioni materiali per la vita che decide di intraprendere.
Ogni comunarda ha lo stesso libero accesso a beni e mezzi comuni, denaro compreso.
Non c'è alcuna consequenzialità tra quanto ognuna di noi produce e di quanto può usufruire: per noi vale il principio “da ognuna secondo le proprie possibilità, a ognuna secondo i suoi bisogni”.
Oltre alle due nominate, la terza fondamentale caratterizzazione della comune è quella di essere aperta, disponibile cioè ad accogliere - in ospitalità concordata - chiunque abbia interesse a conoscerla, a viverla, a sostenerla con la sua partecipazione.
Ogni settimana a Urupia arrivano almeno tre o quattro ospiti alcuni dei quali già conosciuti, una buona parte nuovi, quindi sconosciuti per tutte noi.
La comune non ha mai accettato denaro in cambio di ospitalità e non ha mai pagato ospiti per il lavoro prestato all'interno della comune stessa. Uso il termine lavoro per comodità, consapevole della possibile interpretazione incoerente di questo termine utilizzandolo nelle esperienze di autogestione.
La quasi totalità del lavoro nella comune è in autogestione e autorganizzato; solo se indispensabile ci avvaliamo di maestranze esterne per lavori o competenze specialistiche cercando, per quanto possibile, di rivolgerci a persone vicine alle nostre idealità.
L'organizzazione collettiva avviene attraverso due momenti assembleari: il primo, al quale sono tenute a partecipare tutte le persone presenti sul posto - quindi anche gli e le ospiti - è un appuntamento durante il quale si presentano i e le nuove arrivate, si discutono eventuali punti di interesse collettivo e si organizza la vita quotidiana della comune per la settimana successiva.
La seconda assemblea è quella delle comunarde ed è in questa sede che vengono prese collettivamente tutte le decisioni che fanno di Urupia quella che è: ci confrontiamo su prospettive, percorsi e riflessioni politiche, stabiliamo collettivamente la pratica, condividiamo il percorso sentimentale e relazionale individuale e del gruppo nel suo insieme, viene decisa la gestione economica del progetto.
Urupia è una comune fondamentalmente agricola; tutte le persone che hanno deciso di farne parte come comunarde svolgono le loro attività quotidiane al suo interno. Il contributo economico che ognuna di noi porta deriva da attività svolte nella comune stessa, pur con varie relazioni e scambi che negli anni abbiamo stabilito con realtà a noi “vicine”.
La scuola, sebbene completamente inserita nel percorso collettivo, ha più di altre attività rapporti fortissimi e quotidiani con l'esterno.
Come abbiamo detto Urupia nasce da una matrice politica libertaria anche se viene identificata come comune anarchica...
Storicamente, sappiamo bene, il pensiero libertario e anarchico ha sempre dato un'importanza fondamentale all'educazione riconoscendo ad essa un ruolo determinante nella creazione di quell'umanità nuova capace in primis di pensare e poi di vivere un mondo diverso da quello attuale, un mondo più libero e giusto. Un mondo che potremmo anche pensare in armonia, la parola sola che scelgo per riassumere una società anarchica come la vedo io.
Che non è statica, che non è scevra da conflitti e confronti ma in un equilibrio dinamico in perenne rinnovamento.
Fin dai suoi presupposti Urupia aveva come obiettivo il cambiamento di quel piccolo pezzo di mondo sul quale possono arrivare le mani, il cuore, i desideri e i sogni di chi l'ha fondata e di chi poi si è unito nel tempo continuando a seguire questi principi e rafforzandoli con l'esperienza e la pratica quotidiana.
Il fatto che sia una comune agricola è tutto sommato un'incidentalità: la masseria acquistata con il “poco” denaro collettivizzato, e raccolto anche grazie a un grande circuito di sostegno, ci ha portate a valorizzare e a mettere a frutto la terra e le colture che avevamo a disposizione.
Tra le comunarde fondatrici uno degli obiettivi era quello di creare un laboratorio politico-sociale-culturale in continuo divenire e che contemplava anche la possibilità di un progetto educativo al suo interno. Le risorse raccolte hanno permesso l'acquisto di una masseria con caratteristiche materiali che hanno spostato il centro delle attività in altra direzione...
Valorizzare quello che c'era a disposizione non ha messo però in discussione l'idealità del progetto che ha così cominciato ad attivare la sua pratica agricola in una dimensione di ecologia sociale.
E portando le comunarde a imparare dei mestieri che nessuna aveva mai svolto, inventandoci il lavoro di contadine che nessuna aveva mai praticato. Chi “consiglia” di andare a zappare la terra come estrema soluzione a incapacità personali non ha evidentemente chiaro cosa significhi... o intende forse solo zappare senza l'obiettivo di far crescere alcunché... perché la Terra è generosa ma esigente con chi decide di vivere lavorandola.
Lo sfruttamento della Natura da parte dell'essere umano, dell'essere umano nei confronti dell'altro essere umano, dell'uomo nei confronti della donna sono causati dalle strutture di dominio esistenti e introiettate da ogni singola persona.
Comunarde comprese, ovviamente.
Le gerarchie presenti nelle relazioni umane sono conseguenza di questa organizzazione sociale che si autoalimenta continuando a crescere attraverso la trasmissione di modelli e pratiche comunemente accettate e ritenute “normali”.
A Urupia abbiamo ben chiaro questo meccanismo che ci ritroviamo anche in casa.
Infatti, pur avendo noi scelto un'organizzazione sociale che elimina alla base le disuguaglianze economiche e politiche al nostro interno - proprietà collettiva e decisione tramite consenso -, ci confrontiamo regolarmente con quei meccanismi di gerarchie informali ben note a chiunque abbia mai praticato vita o attività condivise.
Aspetto questo, secondo me, ampiamente sottovalutato e causa di conflittualità significative che portano troppo spesso allo scioglimento di gruppi, collettivi, progetti.
Gli anarchici e le anarchiche hanno una grande esperienza in questo...
A Urupia cerchiamo di non abbandonare l'attenzione verso queste tematiche, convinte come siamo che solo attraverso un confronto costante, in un continuo processo di autoeducazione individuale e collettiva, si crei una vera comunità alla quale ognuno e ognuna senta di appartenere liberamente e all'interno della quale ognuna possa esprimere se stessa secondo il proprio sentire, le proprie attitudini, i propri desideri in relazione e accordo con quelli altrui.
Nel 2015, per i 20 anni della comune, abbiamo stampato una maglietta che dice: “la libertà di ognuna continua in quella delle altre” a significare che nessuna è libera se non lo siamo tutte, in contrapposizione al famoso adagio borghese per cui “la mia libertà finisce dove inizia la tua”... che è anche una contraddizione in termini a guardar bene.
I confronti collettivi che Urupia ha come prassi danno risultati spesso soddisfacenti, talvolta inadeguati, di tanto in tanto fallimentari, occasionalmente entusiasmanti... ma rappresentano un'occasione di crescita straordinaria.

Nessuna è libera se le altre...

Arriviamo così, dopo questo lungo ma opportuno preambolo, alla scuola e diamo anche un significato al titolo del mio intervento: i fiori delle comunarde a Urupia.
Il titolo non l'ho scelto io, è una proposta di Andrea che ho accolto volentieri pur apparendo un tantino naïf... ma ha anche una sua poesia e io, poi, amo molto anche i fiori, oltre alle piante grasse.
E mi permette anche di collegarmi al titolo dell'intervento di apertura di questo convegno...
Dal seme al fiore.
Seme in questo caso è Urupia che, a sua volta, è stata fiore di un albero dalle radici profonde, quello del sogno anarchico.
In vent'anni questo seme è divenuto a sua volta un albero con delle radici abbastanza salde da decidere di dedicare una significativa porzione delle sue energie al futuro.
Alle donne e agli uomini di domani.
Lo scorso settembre abbiamo iniziato il quarto anno di scuola e io colgo questa occasione per ringraziare chi nella REL si dedica con grande impegno a sostenere i progetti nascenti e quelli in atto perchè senza il loro accompagnamento, sostegno e incoraggiamento sarebbe stato certamente più complicato iniziare anche per noi.
La comune è molto cambiata da quando esiste la scuola.
Un significativo stravolgimento lo aveva già portato la nascita delle figlie e dei figli della comune.
Le più grandi sono Emma e Adele che oggi hanno 18 e 15 anni; c'è poi Leo che ne ha 11 e ci sono stati anche altri due bambini che ora vivono altrove con le loro famiglie. Ci sono poi Teresa e Caterina di 10 e 5 anni, ospiti della comune con la loro mamma intenzionata a iniziare il periodo di prova per diventare comunarda.
La scuola ha dato però una svolta determinante alla vita di Urupia: se già la nascita di figlie e figli aveva coinvolto in una responsabilità allargata adulti e adulte presenti nella comune, a prescindere dal loro desiderio di genitorialità, con grandi e mai abbastanza adeguati scambi sul significato e il senso di crescere in comune assieme a bambine e bambini, la scuola ha determinato un'impennata nella responsabilizzazione collettiva verso l'infanzia.
Ha già una significativa complessità crescere insieme la prole che altre hanno deciso autonomamente di generare - nessuna ha mai chiesto il consenso... - e che, per decisione, questa sì, consensuale, sono figlie e figli della comune tutta.
Ed è anche fonte di stimolo e di crescita pensare alla loro presenza, alla loro educazione come riflessione collettiva.
Ma quando parliamo di bambine e bambini figlie e figli di persone esterne alla comune la questione diviene inevitabilmente ancora più complessa e interessante è vedere come la comune si è posta finora...

Principi di mutuo appoggio

Un tramite tra scuola e comune è dato dal gruppo accompagnatore che però ha anch'esso una composizione articolata in quanto l'unica comunarda sono io... Le altre accompagnatrici sono un'ospite di lungo periodo - che sta maturando la decisione di iniziare il periodo di prova per diventare comunarda - e altre due donne che non fanno in alcun modo parte della comune, vivono in due cittadine limitrofe e partecipano esclusivamente all'esperienza della scuola.
Questa combinazione diviene un'ulteriore apertura di Urupia, un'ulteriore occasione di scambio, di crescita, di contaminazione. E che, assieme alla specificità di comune aperta propria di Urupia, ci permette di entrare in relazione con una varietà umana estremamente variegata dato che tutte le diverse caratteristiche della comune attirano diversi tipi di interesse e quindi di umanità: c'è chi arriva perché vuole sperimentare la vita collettiva, chi per il progetto della scuola, chi per l'approccio ecologico relativo all'utilizzo delle risorse, chi per l'agricoltura...
Bambine e bambini hanno quindi la possibilità di vivere il loro quotidiano all'interno di un contesto reale, vero, esistente, tangibile che pratica, funzionando da 23 anni, principi di mutuo appoggio, assembleari, conviviali, comunitari e, mi permetto di dire, anarchici, in cui la libertà si apprende davvero attraverso la sua pratica costante e in cui l'autogestione è la base organizzativa.
E sperimentano così sulla loro pelle, osservando e vivendo, come e quanto sia difficile esercitarle, quanto quello che ci sembra acquisito non è mai scontato o garantito perché c'è un mondo che va nella direzione esattamente opposta e questo mondo ha dei mezzi potentissimi ma soprattutto estremamante accattivanti in confronto ai nostri che sono pochi, limitati, condizionati dalle nostre piccole possibilità.
Per questo in qualsiasi progettualità è fondamentale e determinante che ci sia un'idealità a sorreggerla, un sogno, un'utopia come luogo che non c'è e che può essere ancora più bello di come lo immaginiamo perché non ci siamo mai state...
Non possiamo però pensare che questi progetti riescano a sopravvivere sempre e solo con le loro energie. I nostri numeri sono troppo piccoli per poter essere saldi e in alcune realtà è sufficiente che uno o due bambini o bambine si trasferiscano perchè salti tutto...
E poi c'è sempre il famoso mondo che rema contro, sempre più invasivo e ostacolante che non vuole donne e uomini liberi e autonomi.
È ora, secondo me, di smettere di investire energie che sono tempo, denaro, progetti, sogni, neuroni, fegato, desideri... in direzioni sterili che non possono generare alcunché di costruttivo per la loro stessa essenza.
Come, ad esempio, pensare alla riforma della scuola di stato che considero una scuola confessionale esattamente come la scuola cattolica, come la scuola steineriana e come altre realtà che si sviluppano e corrispondono a un pensiero pedagogico e sociale - quindi politico - rigidamente determinato. La scuola statale stabilisce e impone modelli che vengono addirittura decisi non più a Roma ma in altre sedi ancora più fredde, violente, coercitive.
Chiunque creda nel valore di un progetto può responsabilizzarsi attivandosi per farlo esistere.
Ogni spazio liberato, ogni bambino e ogni bambina che impari fin da piccola che la sua parola e la sua opinione contano come quella di ogni altro e altra, che non ha bisogno di qualcuno che le dica cosa deve fare-pensare-leggere-mangiare-sapere per stare bene, che incontri e sperimenti le proprie potenzialità e anche i propri limiti, che conosca e riconosca il proprio valore e il proprio volere... tutto questo diviene un arricchimento per tutti e tutte anche per me che magari vivo a mille chilometri di distanza...

Per un diverso approccio educativo

Dobbiamo sostenere questi progetti in qualunque modo siamo capaci di farlo, cercando anche di aumentare la possibilità di accesso a chi non se lo può permettere e la possibilità di vivere dignitosamente per chi vuole mettersi a disposizione come accompagnatore o accompagnatrice all'interno dei progetti.
Troppo spesso si cade nell'inganno della scuola statale gratuita: non è così, viene sostenuta con il contributo obbligatorio delle tasse che siamo tenute a versare nelle casse statali senza avere noi la minima possibilità di incidere o di decidere alcunché. E non trovo nemmeno particolarmente interessante mettere in evidenza l'assurdità dei costi e la destinazione del denaro disponibile.
Il confronto diventa così impari, le risorse a disposizione sono ovviamente sproporzionate.
Di un diverso approccio educativo c'è bisogno, c'è desiderio, c'è possibilità.
Ce n'è una grande necessità.
Sentiamo tante critiche verso i progetti autogestiti e provengono anche da chi vede nell'autogestione un caposaldo dei propri obiettivi e del proprio agire.
Ben vengano, abbiamo molto da imparare, a patto però che siano critiche edificanti, costruttive.
Chiunque viva progetti di tale portata è consapevole di molte delle criticità presenti, non ne sono avulsi e sono presenti contraddizioni anche significative.
Ma queste esperienze sono, esistono, vogliono vivere.
Non c'è bisogno di critiche distruttive: c'è già abbastanza devastazione al mondo.
Viviamo in tempi molto cupi.
La storia dell'umanità non è mai stata semplice ma siamo di fronte a cambiamenti epocali, legati alla catastrofe ecologica in corso che determinerà, e già determina, stravolgimenti economici, sociali, ambientali, geografici, politici.
Le conseguenze che ne deriveranno sono e saranno sicuramente drammatiche oltre ogni previsione.
Oggi qui parliamo di educazione e quindi torno a parlare di bambine e bambini, ragazze e ragazzi.
Mai come negli ultimi anni l'età media della comune è stata così bassa, mai così bassa è stata l'età degli e delle ospiti che fanno richiesta di venire anche per periodi lunghi.
Sono segnali importanti, significativi.
Da circa dieci anni la comune organizza regolarmente campi estivi residenziali per bambine e bambini, da qualche anno anche per adolescenti.
Tanti, molti e molte di loro ci chiedono di venire durante le vacanze estive o invernali, quelle libere dalla scuola, al di fuori dei campi programmati. In autonomia.
Perchè un sedicenne vuole stare a Urupia, nella campagna salentina, in mezzo ad adulti e adulte disponibili ma perse anche nel loro indaffarato quotidiano?
Certo, c'è indubbiamente una componente centrale nel fatto che fondamentalmente nessuna rompe loro le scatole: hanno molta autonomia, con accesso anche alla cantina... e li trattiamo da persone consapevoli seppur non adulte nel rispetto della loro specifica di adolescenti.
Ma c'è anche tanto altro e sarebbe davvero interessante scoprire da e con loro cosa li muove al di là delle poche parole che spesso si riescono a estrapolare. O tante perchè a volte scorrono come fiumi.
Quando una ventenne chiede di stare tre mesi con noi perchè a Urupia si sta bene e si sente utile e importante e lo fa appena presa la maturità...
Quando i bambini e le bambine della scuola vanno tutte insieme nella cucina della comune e interrompono il pranzo di 25 adulti comunicando che devono ripulire il loro campo da calcio pieno di spine per un trasporto fatto grossolanamente...
Quando un bambino che si prepara al suo esame di terza elementare racconta a sua mamma che nelle tribù paleolitiche non c'erano capi e tutti e tutte, uomini e donne, avevano la stessa importanza perché, come gli urupiani, ognuno e ognuna faceva la sua parte per la sopravvivenza...
Allora penso che c'è una possibilità, che il senso del nostro parlare al femminile plurale è arrivato, che una donna che guida il trattore (esempio scivolosissimo...) educa bambine e bambini, che non è necessario dire ma è necessario fare, fare quello che siamo e quello che vogliamo essere.
E mi chiedo anche perché l'unica donna presente a parlare in questo incontro sono io quando tutti e tutte sappiamo bene che anche nei progetti a noi cari il numero delle donne è nettamente preponderante.
Anche così trasmettiamo e educhiamo.

Capita che non ci capiamo

Ovviamente non è tutto rose e fiori.
Non è sempre e solo bello, costruttivo, leggero.
Spesso è difficile, duro, contraddittorio.
Troppo spesso i nostri strumenti sono limitati o inadeguati. O tutti e due insieme.
Capita che non ci capiamo, capita che le necessità, che i tempi siano sfasati nella relazione.
Capita che bambine bambini siano troppo veloci per noi...
Ed è anche faticoso, frustrante, a volte avvilente.
Capita che ci si interroghi alla ricerca di un senso, magari differente, nuovo rispetto a quello originario per il quale abbiamo dato vita al progetto.
Tutto questo, secondo me, non fa che accrescere la bellezza di questo percorso.
Un'occasione straordinaria!
A Urupia fiorisce tutto questo. Fiorisce anche di più...
Immagino che ci siano tanti altri posti dove accade.
L'augurio è che ce ne siano sempre di più.

Thea Venturelli


Urupia 1995 - 2018
Se 23 anni vi sembran pochi

Dal 1 maggio 1995 esiste in Salento un progetto di vita collettiva che basa la sua organizzazione sull'uguaglianza politica, sociale ed economica delle sue partecipanti.
Urupia è una comune libertaria la cui esperienza è stata più volte ospitata sulle pagine di A che ne ha raccontato le diverse e caratteristiche sfaccettature attraverso le parole sia delle comunarde sia di chi l'ha sperimentata come ospite.
Nel corso della sua storia la composizione del gruppo delle comunarde è cambiata profondamente ma non sono mutati i principi fondativi che definiscono la comune.
Pur rimanendo un progetto che ricava la propria sopravvivenza quasi esclusivamente dal lavoro agricolo e dalla trasformazione dei prodotti della Terra, Urupia si dedica costantemente ad attività politiche e culturali attivandosi nella condivisione del pensiero e delle pratiche libertarie e anarchiche, rimanendo in relazione con numerose realtà e facendo rete con esse, organizzando in sede e laddove c'è interesse incontri, dibattiti e scambi, proponendo annualmente il festival delle terre e campi estivi rivolti a fanciulli, fanciulle e adolescenti.
E da quattro anni anche una scuola libertaria.