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				 migranti/2 
                  
                Quale accoglienza? 
                  
                di Davide Biffi 
                    
                Se ne parla molto, ma se ne sa poco. Qui si cerca di spiegare a quali destini possa andare incontro chi comunque sbarca in Italia. Tra pratiche assurde, disposizioni incomprensibili, “errori” quasi obbligati, burocrazia contraddittoria. 
                 
                  Facendo chiarezza nel labirinto 
                  in cui vivono i “profughi”1, 
                  capiremo da vicino quali sono le questioni principali che vivono 
                  i migranti sulla loro pelle. Vi propongo un viaggio minuzioso 
                  nel sistema. 
                Qualche dato 
		        L'UNHCR afferma che alla fine del 2016 le persone costrette ad abbandonare le proprie case in tutto il mondo sono state 65,6 milioni2. In Italia nel 2016 sono sbarcate poco più di 180.000 persone; nel 2015 153.000, nel 2014 170.0003. Numeri che relativizzano la situazione del nostro Paese. Alla data del 23 gennaio 2017 erano presenti nel sistema di accoglienza italiano 188.084 persone, di cui 14.750 nella prima accoglienza, 137.218 nei CAS4, e 35.352 nello SPRAR5; il resto in altre tipologie di strutture6. Nel 2016 l'Italia ha speso per il sistema di accoglienza dei migranti circa 2,5 miliardi di euro. La previsione per il 2017 contenuta nel Def (Documento di economia e finanza) parla di una cifra compresa tra i 2,9 e i 3,2 miliardi di euro. Passiamo dallo 0,1% del PIL del 2015 allo 0,15% del 2016, al potenziale 0,17% del 20177. 
                Dopo l'approdo 
		        Un'altra premessa prima di partire con il nostro viaggio. Parleremo qui solo di chi arriva via mare. Numerose persone arrivano via terra o aria in Italia e chiedono asilo (cinesi, sudamericani in genere, curdi, ecc.). Per queste persone tutte le misure di accoglienza che leggerete non sono previste (eccetto il sistema Sprar). 
Con l'adeguarsi al Regolamento Dublino le autorità italiane bloccano le persone in Italia evitando il transito verso gli altri stati d'Europa, cosa che invece non accadeva fino al 2015. La prassi adottata è quella di prendere le impronte8 a tutte le persone che arrivano in Italia in modo da poterle rinviare sul suolo italiano qualora dovessero raggiungere altri stati d'Europa. Negli hotspot a tutti dovrebbe essere concessa adeguata informazione sul diritto d'asilo e le modalità di presentazione della domanda.  
Spesso le autorità di pubblica sicurezza si arrogano il diritto (che è esclusivamente riservato alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale) di decidere a chi consentire di fare domanda d'asilo e a chi no. Secondo la legge, la polizia dovrebbe solamente recepire la domanda d'asilo di ogni persona inviandola alla Commissione Territoriale competente che, attraverso un'audizione, decide se la persona ha diritto o meno ad una forma di protezione. 
Proseguiamo nel viaggio del richiedente asilo. Se non viene espulso sarà trasferito in un centro per richiedenti asilo in una qualunque regione d'Italia. Se invece si vede negata la possibilità di fare domanda d'asilo, allora viene messo in un CPR (ex Cie) e poi rimpatriato o, più probabilmente, gli viene consegnato a mano un foglio che gli comunica di lasciare l'Italia; ovviamente la persona resterà illegalmente qui diventando quindi un clandestino9.  
                Accoglienza (e non) 
		        L'approdo ad un centro non è la fine di un percorso 
                  lungo e faticoso iniziato quando il migrante ha deciso di partire 
                  da casa; no, non lo è per niente perché essere 
                  sbarcato e sopravvissuto al viaggio non significa avere vinto 
                  il diritto a restare in Europa. Capirlo e accettarlo non è 
                  scontato; perché una persona dovrebbe accettarlo? Noi 
                  lo accetteremmo?  
                  Il migrante verrà accompagnato fisicamente nel centro 
                  con appositi mezzi oppure gli verrà fornita l'indicazione 
                  su come recarsi presso il centro. Molti si perdono nel viaggio 
                  tra il primo e il secondo centro di accoglienza. Cosa comica 
                  se non avesse un risvolto tragico: non presentandosi nel centro 
                  e non riuscendo a dimostrare il perché, si perde il diritto 
                  all'accoglienza in tutto il sistema nazionale.  
                  Continuiamo a seguire chi riesce ad entrare nel centro. Come 
                  tanti hanno dimostrato10 essere 
                  nel sistema di accoglienza non garantisce nulla: l'eterogeneità 
                  del sistema è elevatissima e la qualità dei servizi 
                  erogati varia da centro a centro.  
                  La vita di un richiedente asilo trascorre nell'attesa dell'esito 
                  della Commissione Territoriale, circa 18-20 mesi (ma il dato 
                  può aumentare superando i 24 mesi se poi aggiungiamo 
                  il tempo di attesa del ricorso, se in prima battuta si prende 
                  un “negativo” dalla Commissione). In alcuni CAS 
                  gli accolti incontrano operatori sociali seri, appassionati 
                  e preparati che con i famosi 35 euro che lo stato mette a disposizione 
                  offrono istruzione, formazione professionale, tirocini lavorativi, 
                  assistenza legale, psicologica e tante altre opportunità 
                  utili e fondamentali nel percorso di riappropriazione del proprio 
                  destino. Tanti altri però capitano in posti dove l'ente 
                  gestore è incapace o in malafede e si limita al vitto 
                  e all'alloggio e la gran parte dei 35 euro resta nelle tasche 
                  dell'ente gestore.  
                  Dopo circa un anno dall'arrivo nel centro di accoglienza avverrà 
                  l'audizione presso la Commissione Territoriale. L'esito della 
                  stessa arriverà 3-4 mesi dopo. Se verrà riconosciuta 
                  una delle forme di protezione gli verrà consegnato un 
                  permesso di soggiorno e avrà un tempo variabile da centro 
                  a centro (diciamo tra i 3 e i 10 giorni) per uscire e andare 
                  dove crede (per uscire dall'Italia dovrà avere un altro 
                  documento). Se riceverà un negativo dalla Commissione 
                  – e se gli verrà spiegato da qualcuno che ha diritto 
                  ad un ricorso – il migrante diniegato avrà 30 giorni 
                  per trovare un avvocato e presentare ricorso; altrimenti diventerà 
                  irregolare e dovrà abbandonare il centro. 
                  A questo punto, quindi, se verrà presentato il ricorso 
                  si avrà ancora qualche mese di accoglienza, ma in caso 
                  negativo, che farà? Dove andrà? L'idea pedagogica 
                  che sottende il sistema d'accoglienza è che nel tempo 
                  in cui è stato ospitato nel centro abbia acquisito gli 
                  strumenti per cavarsela da solo: lingua, lavoro, casa. Se l'ente 
                  gestore non è stato così bravo o se il migrante 
                  è un po' “fragile” (che vuol dire magari 
                  solo un po' tonto o magari fortemente traumatizzato), che farà? 
                  Uscirà e si arrangerà. 
                  Complichiamo ulteriormente la faccenda. Si potrebbe anche pensare 
                  “non lamentarti caro richiedente asilo... stai a scrocco 
                  per qualche mese, prendi il più possibile da sto sistema 
                  malandato in termini di opportunità, relazioni, ecc. 
                  non è così male in fondo!”. Nella realtà 
                  il cammino di un(a) richiedente asilo è lastricato di 
                  difficoltà e imprevisti.  
                  Ne descriverò alcune che hanno come conseguenza finale 
                  l'esclusione prima dal sistema di accoglienza e poi l'esclusione 
                  totale dai diritti di cittadinanza. 
                  
                Un caso esemplare 
		        Lamine viene trasferito da Lampedusa a Catania, dove gli vengono 
                  rilevate le impronte, senza iniziare la pratica di richiesta 
                  asilo. Gli viene consegnato un biglietto del treno per andare 
                  nel Cas a cui è stato assegnato in provincia di Belluno. 
                  Arriva in stazione a Catania, prende un treno verso il nord 
                  Italia. Chiede informazioni ma non capisce la lingua. A Belluno 
                  non arriverà mai e giunge dopo varie peregrinazioni a 
                  Milano. Nel frattempo ha perso il posto non solo nell'accoglienza 
                  a Belluno ma in tutta Italia. A Milano incontra dei connazionali 
                  che gli suggeriscono di andare a chiedere ai servizi sociali 
                  del comune di Milano un posto letto ma questi non possono aiutarlo 
                  e lo inviano all'ufficio in stazione centrale che lo inserisce 
                  nelle liste dei senza fissa dimora: “ti chiameremo quando 
                  ci sarà un posto”. Nel frattempo, ricordiamoci, 
                  è sempre senza documenti. Allora va in questura a Milano 
                  dove dice: “devo fare asilo politico! Asilo politico!”. 
                  “Di dove sei?” “Gambia!” “Ah, 
                  ma non c'è più il dittatore, ora siete un paese 
                  democratico...prenditi questa espulsione!” e se ne esce 
                  dalla questura di Milano con un foglio che lo invita ad andarsene 
                  dal territorio dello stato: espulso.  
                  Peccato che lui era andato a fare domanda di asilo, a cercare 
                  protezione da questo stato che lo caccia.  
                  Che farà Lamine? Se avrà fortuna incontrerà 
                  qualche associazione che presenterà ricorso contro l'espulsione 
                  data a tradimento altrimenti resterà da irregolare in 
                  Italia o in Europa. A qualcosa servirà: ingrassare le 
                  fila degli sfruttati oppure essere accalappiato nella prossima 
                  operazione mediatica anticlandestini. Di certo non potrà 
                  “prendere la barchetta e tornare a casa” (come diceva 
                  Prosperini, finito nella patrie galere per traffico internazionale 
                  di armi... li aiutava così gli africani a casa loro il 
                  dutur!).  
                  Lamine attende una chiamata per un posto letto; nel frattempo 
                  si arrangia dormendo dove capita, mangiando saltuariamente in 
                  una mensa per poveri, lavandosi quando può e cambiando 
                  raramente i vestiti. 
                  Questo è un caso estremo, si potrebbe dire. No, non lo 
                  è: i casi del genere in cui si moltiplicano le problematiche 
                  sono tipici e diffusi.  
                  È interessante soffermarsi sul processo di hotspottizzazione 
                  che investe le questure italiane: la frontiera si sposta ovunque 
                  e i soggetti garanti del diritto d'asilo diventano i decisori, 
                  arrogandosi un compito che non spetterebbe a loro. Questo succede 
                  ovunque non solo a Milano. 
                  Essere un fantasma 
                  Parliamo di altri casi più sottili ma gravidi di conseguenze. 
                  Tanti, ottenuto un permesso di soggiorno in una città 
                  decidono poi di spostarsi altrove. Parliamo di persone con regolare 
                  permesso di soggiorno. Queste, al momento del rinnovo del permesso, 
                  si recheranno nella nuova questura di competenza, la quale vorrà 
                  avere un indirizzo di residenza. L'indirizzo dovrà però 
                  essere registrato all'anagrafe o dovrà esserci una dichiarazione 
                  di ospitalità del proprietario (o ospitante) dello straniero. 
                  Non è scontato che il migrante sia in grado di produrlo 
                  perché sono ben poche le persone proprietarie di casa 
                  o con regolare contratto d'affitto in questa situazione! Quindi 
                  persone regolarmente soggiornanti in Italia non vedranno rinnovato 
                  il permesso di soggiorno e con esso vedranno diventare inaccessibili 
                  tutti i diritti connessi (contratti di lavoro, tessera sanitaria, 
                  codice fiscale, ecc.).  
                  Paradosso: sei legalmente presente in Italia, nessuno ti può 
                  espellere ma de facto non puoi esigere nessun diritto... 
                  sei un fantasma. 
                  Ultimo paradosso, precondizione di questa situazione pocanzi 
                  descritta: numerosi comuni non concedono l'iscrizione anagrafica 
                  (residenza) sia ai migranti accolti nei centri di accoglienza 
                  straordinaria che a quelli che vivono in altre situazioni marginali, 
                  nonostante la legge preveda l'obbligo di iscrizione anagrafica 
                  da parte dei comuni per chiunque viva stabilmente nel proprio 
                  territorio (non importa dove, anche sotto il ponte). L'assurdo 
                  è che riguarda anche numerosi casi di richiedenti asilo 
                  ospitati nei centri di accoglienza prefettizi: palese quindi 
                  il conflitto tra apparati dello stato.  
                  
                  foto di Paolo Poce 
                Conclusioni 
		        Potremmo andare avanti con la casistica e le bizzarrie del sistema di gestione e accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati, ma ci fermiamo. L'esperienza e numerose ricerche dimostrano che si tratta di abusi eseguiti volontariamente e impunemente. La sensazione è che gli organismi dello Stato preposti al funzionamento del sistema d'asilo confliggano in molte situazioni tra loro e altri pezzi dello Stato facciano di tutto al fine di bloccare le gente prima di fare domanda d'asilo.  
Il disegno politico che sottende queste pratiche è chiaro ormai da anni: chiudere i canali di accesso all'Europa, con tutti i mezzi: accordi con gli stati di origine e di transito, con la legislazione interna, con gli abusi tollerati, con la propaganda mediatica che martella con il tema dell'invasione.  
Il problema da cui tutto ha origine è che in Italia non si entra in maniera legale (grazie alla legge Turco-Napolitano diventata poi Bossi-Fini) e l'unica possibilità di regolarizzarsi oggi è fare richiesta d'asilo: questo il motivo dell'aumento elevatissimo delle domande di protezione internazionale. Di conseguenza aumentano i dinieghi: da una parte perché le storie non “rientrano” chiaramente negli estremi previsti dalla legislazione sulla protezione internazionale (una legislazione datata 1951 che è per certi versi superata); dall'altra perché le commissioni lavorano, con buona pace del diritto soggettivo all'asilo, con approssimazione e con decisioni prese senza tenere conto della reale situazione personale11.  
Le persone continuano a morire in mare tentando di raggiungere l'Europa mentre i salvati entrano nel grande gioco dell'oca descritto. Il risultato è che quanti si sistemano con fatiche enormi ma per lo meno con uno straccio di documento che lo fa esistere restano in Italia e in Europa (sarebbe interessante porsi delle domande su questa umanità: come sta, come vive, cosa sogna, ecc.). Gli altri sono costretti ad arrangiarsi come possono diventando carne da sfruttamento di vario genere (lavorativo, sessuale, criminale) e riserva politica per quanti poi possono abbaiare contro l'aumento dei “clandestini”: quelli che loro stessi, con le loro politiche, hanno creato e continuano a creare. 
Infine, una domanda provocatoria: ai richiedenti asilo serve davvero questo sistema di accoglienza? Quando lavoravo in un centro di accoglienza un ragazzo nigeriano mi disse: “non potete dare in mano a me quei 35 euro al giorno che vi danno per tutto il tempo che starò qui? Sarei in grado di utilizzarli come meglio credo per i miei progetti, liberamente e non come voi decidete sia giusto per me.”  
                 Davide Biffi 
                
- Userò questo termine solo una volta. Profugo è un termine che, giuridicamente parlando, non esiste. Con questa parola nel discorso pubblico oggi si designano quanti arrivano via mare sulle coste italiane e del sud Europa che, giuridicamente parlando, sono migranti irregolari che diventano richiedenti asilo quando viene loro concessa la possibilità di istruire questa domanda. Il termine profugo, pur non esistendo giuridicamente, ha effetti dirompenti nell'opinione pubblica, dove esiste, eccome.
                  
 - Sul sito www.unhcr.org 
                    è possibile trovare il report “Global trends. 
                    Forced displacement 2016”. 
                  
 - Dati tratti da Atlante Sprar 2017.
 - Centri di accoglienza straordinaria.
 - Progetti che vengono accomunati sotto la sigla SPRAR: Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati.
 - Vedi Atlante Sprar 2017.
                  
 - L'Italia spende ogni anno per le forze armate oltre 23 miliardi 
                    di euro (64 milioni di euro al giorno), di cui oltre 5 miliardi 
                    e mezzo (15 milioni al giorno) in armamenti. Una spesa militare 
                    in costante aumento (+21% nelle ultime tre legislature), che 
                    rappresenta l'1,4% del PIL nazionale. “Spese militari, 
                    l'Italia in prima fila” sul sito sbilanciamoci.info. 
                  
 - Numerose sono le testimonianze di rilevamento delle impronte 
                    effettuate con la forza: personalmente nel 2016 incontrai 
                    un gruppo di giovani sudanesi rimasti settimane a Lampedusa, 
                    picchiati pesantemente dalle forze dell'ordine per il loro 
                    rifiuto all'identificazione. Si veda l'articolo di Alessandra 
                    Sciurba del 2016. “Il sistema di accoglienza in Italia” 
                    su www.altrodiritto.unifi.it 
                    e il rapporto di Amnesty International di cui si parla nell'articolo. 
                  
 - Altro termine avvelenato che userò con il contagocce.
                  
 - Tra i molti studi e ricerche cito i due lavori dell'associazione 
                    Naga di Milano: “(Stra)ordinaria accoglienza” 
                    del 2017 e “(Ben)venuti! Indagine sul sistema d'accoglienza 
                    dei richiedenti asilo a Milano e provincia”, scaricabili 
                    dal sito www.naga.it, 
                    e il lavoro della Ong Oxfam: “La lotteria Italia dell'accoglienza”. 
                  
 - Sull'operato delle Commissioni ci sarebbe moltissimo da dire. Basta leggere i dati per capire che le risposte vengono date in base alla provenienza: se vieni da Eritrea, Siria, Etiopia, Afghanistan avrai quasi sicuramente una protezione ma se vieni da altri stati, per es. Egitto e Nigeria, i tassi di riconoscimento si abbattono. Questo fa sì che poi si diffonda la voce del “falso profugo” cara alla destra. Ma le statistiche dicono molto non solo sui richiedenti asilo, ma anche su come lavorano, appunto, le commissioni.
  
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