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				 Rudolf Rocker/1 
                  
                Aderire o sabotare? 
                  
                di David Bernardini 
                    
                Nel primo di una serie di tre scritti sulla vita dell'anarchico tedesco Rudolf Rocker, si affronta la questione dell'antibellicismo ai tempi della seconda guerra mondiale. Rocker era per l'adesione, gran parte del movimento no. Un dibattito per molti aspetti attuale. 
                 
                  Nel febbraio 1946 l'anarchico 
                  francese André Prudhommeaux scriveva che “quando 
                  un compagno della notorietà e della competenza di Rudolf 
                  Rocker prende solennemente la responsabilità di una posizione 
                  che segue una parte non trascurabile del movimento anarchico, 
                  è dovere di ogni militante riconsiderare la questione 
                  alla piena luce della ragione e dell'esperienza”1. 
                  Queste parole si inseriscono in un lungo dibattito, suscitato 
                  nel 1941 dalla presa di posizione di Rudolf Rocker di fronte 
                  allo scoppio della seconda guerra mondiale. Nel corso di queste 
                  pagine, si cercherà dunque di ricostruire le ragioni 
                  che si opposero nell'ambito di questa dura polemica riguardante 
                  l'atteggiamento che gli anarchici avrebbero dovuto assumere 
                  davanti al nuovo conflitto e che toccava un nodo fondamentale: 
                  la guerra (e come comportarsi davanti ad essa). 
                  Nel caso dell'anarchismo, il problema potrebbe sembrare di facile 
                  risoluzione: gli anarchici sono contro tutte le guerre e l'antimilitarismo 
                  è un loro tratto fondamentale. Eppure i due conflitti 
                  mondiali del Novecento hanno dimostrato che la questione non 
                  era così semplice. Nel 1914, Kropotkin prese posizione 
                  a fianco dell'Intesa e contro la Germania (seguito poi da altri 
                  attivisti di primo piano), contrastato da figure come ad esempio 
                  Malatesta, Emma Goldman e lo stesso Rocker. 
                  In occasione della seconda guerra mondiale, le divisioni si 
                  ripropongono e in questo contesto si colloca il dibattito che 
                  ora verrà preso in considerazione. 
                  Esiste una scala di priorità! 
                  Rudolf Rocker, pur non essendo molto conosciuto in Italia, è 
                  stato definito come una delle figure più prestigiose 
                  del movimento anarchico internazionale ed espressione “della 
                  natura transnazionale e cosmopolita dell'anarchismo”2. 
                  Contraddistinto da una straordinaria parabola esistenziale e 
                  da un particolare sguardo critico, è autore di una monumentale 
                  autobiografia e di importanti libri come ad esempio Nazionalismo 
                  e cultura (1937) e Anarchosyndicalism (1938)3. 
                  Il Fraye Arbeter Shtime, giornale statunitense degli 
                  anarchici di lingua yiddish, pubblica nel novembre 1941 un breve 
                  articolo intitolato The Order of the Hour e firmato da 
                  Rudolf Rocker4. Punto di partenza 
                  della riflessione di quest'ultimo è l'affermazione dell'eccezionalità 
                  della “presente guerra”, la quale si differenzia 
                  sostanzialmente da tutti i conflitti del passato. L'elemento 
                  nuovo che la caratterizza è il totalitarismo nazista, 
                  che minaccia tutta la società. I lavoratori non sono 
                  stati in grado di evitarla e, anzi, Rocker afferma che la classe 
                  operaia francese è stata fin troppo attenta ai suoi interessi, 
                  indebolendo così la resistenza “alle orde di Hitler”. 
                  L'articolo sostiene che gli anarchici non possono rimanere passivi, 
                  ma devono farsi parte attiva nel conflitto in corso, poiché 
                  quest'ultimo si configura come lo “scontro di potere tra 
                  due diverse forze dell'evoluzione umana”. Si tratta della 
                  lotta tra il totalitarismo (collocato sulla scia dell'assolutismo, 
                  della schiavizzazione degli esseri umani e della militarizzazione 
                  della vita sociale) e quella tendenza che “lentamente 
                  innalza il popolo ad un più alto livello sociale e culturale 
                  e porta con sé l'eredità storica delle rivoluzioni 
                  del passato”5. Rocker traccia 
                  quindi brevemente una visione della storia secondo la quale 
                  le rivoluzioni liberali e democratiche del passato, spazzando 
                  via l'assolutismo feudale, avevano posto le basi per lo sviluppo 
                  del movimento operaio e del socialismo. È necessario 
                  allora battersi per difendere questi diritti. Rocker sottolinea 
                  che l'esito della guerra non può lasciare indifferenti, 
                  poiché una vittoria di Hitler significherebbe il collasso 
                  della civiltà (o meglio di quella civiltà dei 
                  diritti conquistati dopo una lotta secolare contro il dominio 
                  e lo sfruttamento) e con questa la fine del movimento operaio 
                  e di tutte le aspirazioni libertarie. Non schierarsi significa 
                  insomma “aiutare codardamente” il Terzo Reich. La 
                  ”citizenship society”, precisa Rocker, non 
                  è “la migliore del mondo”, ma è senza 
                  dubbio preferibile rispetto al regime nazista. La questione 
                  fondamentale posta da The Order of the Hour è 
                  l'esistenza di una scala di priorità, al vertice della 
                  quale c'è la necessità della sconfitta del nazismo 
                  a tutti i costi6. 
                  Ritornando successivamente sull'argomento nell'ultimo volume 
                  delle sue memorie, pubblicato nel 1952, Rocker ripete ancora 
                  una volta che il governo nazista è l'unico responsabile 
                  del conflitto e della distruzione di quella che definisce la 
                  “comunità culturale europea”, cosa che non 
                  era accaduta nemmeno nel corso del primo conflitto mondiale. 
                  Tuttavia Rocker rimprovera anche il lassismo degli Alleati, 
                  colpevoli di aver lasciato agire troppo a lungo Hitler e di 
                  non aver impedito ai capitalisti di fare affari con il regime 
                  nazista mentre si preparava alla guerra. Inoltre viene precisato 
                  che la sua posizione non ha mai implicato una rivalutazione 
                  del capitalismo e della guerra, contro la quale è rimasto 
                  ostile per principio. Chi l'aveva accusato di essere un guerrafondaio 
                  senza aver mai letto i suoi articoli e si era accontentato di 
                  ribadire opinioni preconcette, non merita risposta, scrive Rocker, 
                  il quale conclude notando a questo proposito che la resistenza 
                  antinazista (per esempio in Francia) non aveva voluto certo 
                  difendere il capitalismo, bensì aveva semplicemente identificato 
                  il pericolo principale nel Terzo Reich7. 
                
                Una responsabilità troppo grave... 
                La posizione di Rocker espressa in The Order of the Hour 
                  trova il sostegno per esempio di giornali come il già 
                  citato Fraye Arbeter Shtime e l'Arbeter Fraint 
                  (animati entrambi da anarchici di lingua yiddish), e di attivisti 
                  come Diego Abad de Santillan, Maximov e Virgilio Gozzoli8. 
                  Ma, allo stesso tempo, si sollevano anche dure voci critiche. 
                  Tra queste c'è quella di Marcus Graham, editore del giornale 
                  libertario MAN! tra il 1933 e il 1940 e autore dell'opuscolo 
                  The Issues in the present War, nel quale nega l'eccezionalità 
                  della seconda guerra mondiale e accusa Rocker di essere un “pro-war 
                  anarchist”9. Il gruppo 
                  londinese “Freedom” supporta Graham, come del resto 
                  fa un altro testo, il Manifesto of the Anarchist Federation 
                  on War, il quale sintetizza la sua posizione riguardo al 
                  conflitto in corso con queste parole: “chiunque vinca, 
                  i lavoratori perdono”10. 
                  André Prudhommeaux, nel già citato scritto Rudolf 
                  Rocker et la position anarchiste devant la guerre11, 
                  dichiara di voler contestare il contenuto del “famoso 
                  articolo” The Order of the Hour dal punto di vista 
                  dell'azione diretta, definita come principio irrinunciabile 
                  per gli anarchici in qualsiasi condizione, comprese quelle eccezionali. 
                  Secondo Prudhommeaux, il problema cruciale consiste nel fatto 
                  che Rocker, reclamando l'intervento degli Stati Uniti nel conflitto, 
                  si prende la grave responsabilità di spingere nel massacro 
                  europeo operai e contadini americani e, così facendo, 
                  mette da parte proprio quei diritti che tanto reclama, visto 
                  che in caso di mobilitazione militare sarebbero le prime vittime 
                  (in primo luogo il diritto di sciopero). Al contrario, Prudhommeaux 
                  ritiene che gli anarchici non debbano farsi coinvolgere nella 
                  guerra in corso, pena la compromissione della propria integrità 
                  rivoluzionaria. È vero, gli anarchici sono pochi e non 
                  hanno la forza di determinare il presente, si legge nell'articolo, 
                  ma possono ancora impegnarsi in piccoli atti di resistenza all'interno 
                  dei quali affermare il persistere dei loro grandi ideali. La 
                  posizione di Prudhommeaux risulta allora chiara: le tesi contenute 
                  in The Order of the Hour sono inaccettabili in quanto 
                  incrinano la coerenza che ha sempre contraddistinto l'operato 
                  degli anarchici12. 
                  Disperazione o necessità? 
                La questione non viene affatto messa da parte e nel dopoguerra 
                  ha luogo un dibattito tra Ugo Fedeli e Vernon Richards. Tutto 
                  ha inizio con una serie di articoli del primo dedicati alla 
                  vita e al pensiero di Rudolf Rocker, pubblicati tra il 1953 
                  e il 1954 sulla rivista Volontà13. 
                  Occupandosi delle posizioni di quest'ultimo in occasione della 
                  seconda guerra mondiale14, Fedeli 
                  afferma che la sua posizione in merito “non risultò 
                  contraddittoria”, tanto che “contro di lui veramente 
                  non si può dire, come qualche compagno osservò, 
                  che «fosse fautore e sostenitore di guerre» 
                  (in corsivo nell'originale, il riferimento è esplicitamente 
                  Prudhommeaux)”. Rocker infatti in quell'occasione “non 
                  diceva; questi hanno ragione contro quelli, ma soprattutto lotta 
                  contro quelli”. Pertanto Fedeli afferma che anche in quel 
                  frangente si ritrovava quella “posizione attiva 
                  (in corsivo nell'originale)” che aveva sempre contraddistinto 
                  l'anarchico tedesco15. 
                  Vernon Richards, che aveva animato War Commentary nel 
                  corso del secondo conflitto mondiale, risponde a Fedeli nel 
                  1954 con lo pseudonimo “Libertarian” sulla stessa 
                  rivista con l'articolo La guerra e gli anarchici16. 
                  Richards sostiene due punti fondamentali: non solo Fedeli sbaglia 
                  a sostenere la coerenza di Rocker, ma è la stessa posizione 
                  espressa da quest'ultimo ad essere errata per un anarchico, 
                  poiché è inammissibile sia accettare la guerra 
                  come mezzo, sia arrogarsi il diritto di spingere altri a fare 
                  qualcosa in nome dei propri valori personali. Infatti, constata 
                  Richards, è un controsenso voler costringere a combattere 
                  per la libertà. La sfera d'azione libertaria è 
                  necessariamente ristretta e va accettata in quanto tale, dato 
                  che opera sulla piccola dimensione e sulla capacità di 
                  persuasione. Dimenticare ciò, significa rifiutare le 
                  basi dell'anarchismo. Piuttosto che la posizione “disperata” 
                  di Rocker, è meglio il silenzio, conclude lapidariamente 
                  Richards. 
                  Ugo Fedeli replica a sua volta alcuni mesi dopo, sempre su Volontà, 
                  invitando in primo luogo “ad intavolare una vasta discussione” 
                  sul problema della “guerra e gli anarchici”. Inoltre 
                  si focalizza sull'approccio che avrebbe contraddistinto Rocker 
                  tanto nelle lotte a fianco dei lavoratori, quanto nella seconda 
                  guerra mondiale. Questo metodo sarebbe rimasto sostanzialmente 
                  il medesimo: il raggiungimento del “particolare” 
                  (in questo caso la sconfitta del totalitarismo nazista) come 
                  tappa necessaria verso il “tutto” (ossia il futuro 
                  libertario)17. 
                  L'idea della continuità della riflessione rockeriana 
                  sostenuta da Fedeli sembra riecheggiare anche nel saggio di 
                  Biagini sopra citato18, mentre 
                  Mina Graur ha sostenuto che l'anarchico tedesco nel 1941 aveva 
                  riscoperto le posizioni di Kropotkin nel 1914, identificando 
                  nella Germania l'incarnazione del militarismo e della reazione19. 
                  Una tesi che potrebbe apparire azzardata dato che per Rocker 
                  il nodo cruciale non era tanto la Germania, bensì il 
                  governo della Germania in quel momento, cioè il totalitarismo 
                  nazista. Berti ha invece messo in rilievo la connessione tra 
                  l'atteggiamento di Rocker davanti alla seconda guerra mondiale 
                  e il suo ripensamento del rapporto tra anarchismo e liberalismo20. 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   A sinistra l'anarchico e giornalista inglese Nicolas Walter,  a destra Vernon Richards (1915-2001)  | 
                   
                 
                Cosa rimane del dibattito di allora 
                Nel corso di queste pagine, si è presentato un frammento 
                  della discussione all'interno del movimento libertario sull'atteggiamento 
                  da tenere di fronte alla seconda guerra mondiale. In sintesi, 
                  si potrebbe dire che le posizioni presenti nel dibattito qui 
                  analizzato sono due: 
                  1. La posizione di Rocker: gli anarchici devono intervenire 
                  come possono, specie in condizioni drammatiche ed eccezionali 
                  che, pur non dipendendo da loro, esistono e davanti alle quali 
                  è impossibile chiudere gli occhi. La scelta di non agire 
                  è quindi in determinati casi insufficiente se non dannosa. 
                  2. La posizione dei critici: la prospettiva sostenuta da Rocker 
                  in The Order of the Hour è una deroga inaccettabile 
                  ai principi anarchici. La questione fondamentale non sta infatti 
                  nella necessità dell'intervento ma nella coerenza mezzi/fini, 
                  la quale non può essere sacrificata neppure sull'altare 
                  della necessità e dell'emergenza, pena la perdita della 
                  propria identità. 
                  Una volta posta in termini generali, come del resto aveva già 
                  fatto Fedeli, la polemica qui delineata non è altro che 
                  un capitolo particolare di una problematica molto più 
                  generale, con la quale il movimento anarchico si è confrontato 
                  e continua a farlo21. 
                  Una volta terminata la seconda guerra mondiale, bisogna fare 
                  i conti con ciò che rimane: cosa fare davanti alle macerie? 
                  Come comportarsi davanti alla ricostruzione? Questi interrogativi 
                  sono pressanti soprattutto per i (pochi) attivisti anarchici 
                  tedeschi che, sopravvissuti ai campi di concentramento, alla 
                  lotta clandestina e all'esilio, si ritrovano a vivere in una 
                  Germania occupata dalle potenze vincitrici. Alcuni di loro chiedono 
                  un parere a Rocker, il quale risponde con un breve scritto. 
                  Le sue proposte solleveranno nuove discussioni. Ma questo sarà 
                  l'argomento del prossimo articolo. 
                 David Bernardini 
                   
                  (continua) 
                Note 
                 
                  - André Prudhommeaux, Rudolf Rocker & la position 
                  anarchiste davant la guerre, “revue Agone”, 
                  (2006), nn. 35-36, in: http://revueagone.revues.org/604, consultato 
                  il 21.6.2015. La versione originale dell'articolo indicata dalla 
                  Revue Agone è: “Le Réveil anarchiste”, 
                  febbraio 1946. Sulla sua figura si può consultare: Freddy 
                  Gomez, André Prudhommeaux 1902-1968: éléments 
                  de biographie intellectuelle et politique, “À 
                  contretemps”, (2012), n. 42.
                  
 - Rispettivamente: Furio Biagini, Rudolf Rocker: un “rabbino” 
                  anarchico, “A” rivista anarchica, 21 (dicembre 
                  1991-gennaio 1992), n. 187 e Peter Marshall, Demanding the 
                  Impossibile. A History of Anarchism, HarperCollinsPublishers, 
                  London 1992, p. 417. Su Rocker mi permetto di segnalare anche: 
                  David Bernardini, Contro le ombre della notte. Storia e pensiero 
                  dell'anarchico tedesco Rudolf Rocker, Zero in Condotta, 
                  Milano 2014.
                  
 - Le memorie di Rocker sono composte da tre volumi, strumento 
                  eccezionalmente interessante per la ricostruzione delle vicende 
                  del movimento anarchico internazionale tra la fine dell'Ottocento 
                  e gli anni Cinquanta del Novecento, che vengono pubblicati in 
                  America Latina tra il 1947 e il 1951. Il primo volume tradotto 
                  in italiano da Andrea Chersi è disponibile on-line: Rudolf 
                  Rocker, La gioventù di un ribelle (1873-1895), 
                  Centro studi libertari/Archivio G. Pinelli, Milano 2014, presso 
                  l'indirizzo: http://www.centrostudilibertari.it/rudolf-rocker-%E2%80%9Cla-giovent%C3%B9-di-un-ribelle-1873-1895%E2%80%9D 
                  .I due libri a cui si fa riferimento nel testo sono: Rudolf 
                  Rocker, Nazionalismo e cultura, edizioni Anarchismo, 
                  Catania 1977, II voll., e Rudolf Rocker, Anarchosyndicalism, 
                  Phoenix Press, London 1987.
                  
 - L'articolo viene in seguito pubblicato: Rudolf Rocker, The 
                  Order of the Hour, in Marcus Graham, The Issues in the 
                  present War, Freedom Press, London, 1943, pp. 29-30.
                  
 - Ibidem, p. 29.
                  
 - Commentando questa presa di posizione da parte di Rocker, 
                  è stato sostenuto l'esistenza di un “condizionamento 
                  esistenziale”, che tuttavia non avrebbe danneggiato la 
                  lucidità della sua analisi. In: Nico (Giampietro) Berti, 
                  Presentazione dell'edizione italiana, in Rudolf Rocker, 
                  Pionieri della libertà, Edizioni Antistato, Milano 
                  1982, p. 11.
                  
 - Si veda: Rudolf Rocker, Rivoluzione e involuzione (1918-1951), 
                  Centro studi libertari/Archivio G. Pinelli, Milano, di prossima 
                  pubblicazione, pp. 547-556.
                  
 - Si veda anche: GDL, Cinquanta anni fa moriva Rudolf Rocker, 
                  “Umanità Nova”, (2008), n. 30.
                  
 - Marcus Graham, The Issues in the present War, cit.; 
                  su Graham e il giornale MAN! per esempio si può 
                  vedere il saggio del 2011 di: Hillary Lazar, Man! And the 
                  International Group: American Anarchism's Missing Chapter, 
                  disponibile presso il sito: https://libcom.org/history/man-international-group-american-anarchism%E2%80%99s-missing-chapter, 
                  consultato il 15.07.2015.
                  
 - Contenuto in: Marcus Graham, The Issues in the present 
                  War, cit., p. 31.
                  
 - André Prudhommeaux, Rudolf Rocker & la position 
                  anarchiste davant la guerre, cit.
                  
 - Prudhommeaux fu profondamente coinvolto nella difesa di Marinus 
                  van der Lubbe, autore dell'incendio del Reichstag nel 
                  1933, mentre Rocker ancora nelle sue memorie lo accusava di 
                  essere stato manovrato dai nazisti. Visto l'accenno alla questione 
                  all'inizio dell'articolo di Prudhommeaux qui considerato, si 
                  potrebbe ipotizzare una certa connessione tra le due polemiche.
                  
 - Ugo Fedeli, Rudolf Rocker. La sua opera e il suo pensiero, 
                  “Volontà”, (1953), nn. 6-7, pp. 340-346; 
                  (1953), n. 8, pp. 421-429; (1954), n. 11, pp. 593-604, (1954), 
                  n. 12, pp. 662-665; (1954), n. 1, pp. 47-55; (1954), n. 2, pp. 
                  113-118; (1954), n. 3, pp. 168-176. Su Ugo Fedeli: Antonio Senta, 
                  A testa alta! Ugo Fedeli e l'anarchismo internazionale (1911-1933), 
                  Zero in Condotta, Milano, 2012. Senta nota che “Fedeli 
                  condivide con Valerio Isca una grande ammirazione per Rudolf 
                  Rocker”, in Ibidem, p. 126, n. 151.
                  
 - L'articolo in cui Fedeli si concentra sulla posizione di 
                  Rocker davanti alla seconda guerra mondiale è: Ugo Fedeli, 
                  Rudolf Rocker, cit., “Volontà”, (1954), 
                  n. 2, pp. 113-118.
                  
 - Ibidem, pp. 117-118.
                  
 - Libertarian (Vernon Richards), La guerra e gli anarchici, 
                  “Volontà”, (1954), n. 4, pp. 245-248. Su 
                  Vernon Richards si può vedere il ricordo di Colin Ward: 
                  Colin Ward, Ricordando Vernon Richards, “A” 
                  rivista anarchica, (2002), n. 372.
                  
 - Ugo Fedeli, Rudolf Rocker. La guerra e gli anarchici, 
                  “Volontà”, (1954), n. 8, pp. 454-458.
                  
 - Per esempio Biagini afferma a questo proposito che: “le 
                  motivazioni ideali che lo spingevano in questa battaglia erano 
                  le stesse che lo avevano sempre mosso contro l'autoritarismo, 
                  contro il totalitarismo di qualunque forma e colore”, 
                  in: Furio Biagini, Rudolf Rocker: un “rabbino” 
                  anarchico, cit.
                  
 - Mina Graur, An Anarchist “Rabbi”. The Life 
                  and Teachings of Rudolf Rocker, St. Martin's Press, New 
                  York 1997.
                  
 - Nico Berti, Presentazione dell'edizione italiana, 
                  cit. e il capitolo dedicato al pensiero di Rocker in: Giampietro 
                  Berti, Il pensiero anarchico dal Settecento al Novecento, 
                  Pietro Laicata Editore, Manduria- Bari- Roma 1998.
                  
 - Significativamente, i due articoli della discussione Richards-Fedeli 
                  sono stati riproposti dal sito “Finimondo” che li 
                  introduce con queste parole: “riproponiamo una discussione 
                  vecchia di sessant'anni, ma purtroppo sempre giovane, il cui 
                  titolo originario era La guerra e gli anarchici. Vecchia 
                  nel suo oggetto, non certo nelle sue argomentazioni”. 
                  Si veda: http://www.finimondo.org/node/1359, consultato il 15.7.2015.
                  
  
                   
                 
                
                   
                    Vita di Rudolf Rocker 
                      In 
                        Germania, 1873-1892: Nato il 25 marzo 1873 a Magonza 
                        (Germania), Rocker rimane presto orfano. Avviato alla 
                        professione di rilegatore, aderisce al partito socialdemocratico 
                        all'inizio del 1890, ma ne è presto espulso. Assiste 
                        al congresso socialista internazionale di Bruxelles nel 
                        1891 e, avvicinatosi all'anarchismo, fonda a Magonza alla 
                        fine dell'anno un gruppo anarchico. Minacciato dall'arresto 
                        per la sua attività politica, Rocker è costretto 
                        a lasciare la Germania, dove gli si prospettava anche 
                        il servizio militare obbligatorio.
  
                        A Parigi, 1892-1894: Rocker si rifugia a Parigi 
                        e qui frequenta l'ambiente degli esiliati tedeschi ed 
                        entra in contatto con quello degli anarchici di lingua 
                        yiddish. Nel 1893 nasce il suo primo figlio (di nome Rudolf). 
                        L'anno successivo, dopo dell'attentato di Sante Caserio 
                        e della seguente ondata repressiva, Rocker è costretto 
                        a lasciare la Francia.
  
                        In Inghilterra, 1894-1914: Trasferitosi a Londra, 
                        Rocker frequenta i rifugiati politici tedeschi, dai quali 
                        si distacca per impegnarsi tra gli anarchici di lingua 
                        yiddish. Inizia la sua relazione con Milly Witkop, militante 
                        anarchica ed emigrata ucraina di origine ebraiche, che 
                        durerà fino alla morte di lei. Rocker in questo 
                        periodo si afferma come importante punto di riferimento 
                        per gli anarchici di lingua yiddish residenti in Inghilterra, 
                        tanto da meritarsi il soprannome di “rabbi goy”. 
                        Dirige tra l'altro il resuscitato Arbeter Fraint 
                        e ha un ruolo di spicco nell'organizzazione sindacale 
                        dei lavoratori di origine ebraica. Nel 1907 partecipa 
                        al congresso internazionale anarchico di Amsterdam, entrando 
                        a far parte del bureau internazionale. Nello stesso anno 
                        nasce Fermin, il figlio di Rocker e Milly.
  
                        Inghilterra (in campo di concentramento), 1914-1918: 
                        Rocker, oppositore della prima guerra mondiale, viene 
                        arrestato e internato in campo di concentramento in quanto 
                        alien enemy, cioè straniero di nazionalità 
                        nemica, dove rimane per quattro anni.
  
                        Di nuovo in Germania (repubblica di Weimar), 1918-1933: 
                        Rocker si trasferisce con Milly e Fermin a Berlino, dove 
                        diviene uno degli esponenti di spicco della Libera Unione 
                        dei Lavoratori tedeschi (FAUD), organizzazione anarcosindacalista. 
                        Successivamente è tra i promotori dell'AIT (Associazione 
                        Internazionale dei Lavoratori), fondata a Berlino 
                        tra la fine del 1922 e l'inizio del 1923, di cui sarà 
                        anche segretario. Nel corso degli anni Venti Rocker è 
                        assorbito dalla sua attività di conferenziere e 
                        giornalista, si impegna al fianco dei rifugiati politici 
                        anarchici che giungono a Berlino e pubblica diversi libri 
                        e opuscoli. Nel 1933 Rocker e Milly devono lasciare precipitosamente 
                        la Germania a seguito dell'incendio del Reichstag. Dalla 
                        Svizzera passano per la Francia e dall'Inghilterra, infine 
                        salpano verso gli Stati Uniti per un giro di conferenze, 
                        invitato dagli anarchici di lingua yiddish.
  
                        Stati Uniti, 1933-1958: Rocker si concentra soprattutto 
                        nell'attività di scrittore. In questo periodo pubblica 
                        libri importanti come Nazionalismo e cultura, Anarchosyndicalism, 
                        I pionieri della libertà e Max Nettlau: el Herodoto 
                        de la anarquia. Nel 1937 gli anarchici di lingua yiddish 
                        donano a Rocker e a Milly una casetta nella colonia libertaria 
                        Mohegan, nel Maine, dove i due si stabiliscono. Rocker 
                        porta inoltre a termine i tre volumi delle sue memorie, 
                        pubblicati tra la fine degli anni Quaranta e l'inizio 
                        degli anni Cinquanta. Affranto dalla morte di Milly nel 
                        1955, Rocker muore il 10 settembre 1958, all'età 
                        di 85 anni.  
                        
                        a cura di D.B.  | 
                   
                 
                
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