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                  lettori   
                Una 
                  collettiva storia d'Amore 
                Questo numero. “Un'idea esagerata di libertà”: 
                  con questo titolo le edizioni Elèuthera hanno pubblicato 
                  anni fa un bel libro del nostro collaboratore Giampietro “Nico” 
                  Berti sul pensiero anarchico. E un'esagerata rivista possiamo 
                  definire questa che abbiamo deciso di realizzare per festeggiare 
                  il nostro 400° numero. 404 pagine, un record. 
                  Megalomania? Non crediamo. Per noi, il senso di questo numero, 
                  al di là della cifra tonda da “festeggiare” 
                  che alla fine è solo un pretesto, è innanzitutto 
                  quello di dimostrare che “un'altra rivista è possibile”, 
                  che di cose da dire ne abbiamo tante. Che l'anarchia, in altre 
                  parole, non è solo quel coacervo di A cerchiate a firma 
                  di azioni inconsulte di violenza di piazza, non è casino, 
                  distruzione, irresponsabilità, rifiuto della cultura 
                  come vorrebbero far credere all'opinione pubblica i mass-media. 
                  E lo fanno da un secolo e mezzo, da quando il movimento anarchico 
                  è nato in seno al movimento operaio e contadino, al primo 
                  movimento socialista, per affermare al loro interno l'estraneità 
                  alle istituzioni e alla partecipazione al Potere che, se ne 
                  ha marcato l'originale e coerente funzione di “bastian 
                  contrario” rispetto al riformismo (da Turati a Renzi, 
                  per capirci), al contempo ne ha reso più difficile la 
                  vita in una società sempre più istituzionalizzata. 
                  Tante pagine, tante idee, molti modi di comunicare, un insieme 
                  di sensibilità e anche di posizioni tra di loro diverse. 
                  Non siamo il luogo di un inesistente “pensiero unico” 
                  anarchico, siamo uno spazio aperto non solo agli anarchici, 
                  ma a coloro che si muovono su di una lunghezza d'onda critica, 
                  autogestionaria, libertaria – anche se non si riconoscono 
                  nel “progetto anarchico”. 
                  Siamo e vogliamo sempre più accentuare il nostro carattere 
                  aperto, non-dogmatico, inclusivo. Un piccolo esempio: lo spazio 
                  che dedichiamo al Controsservatorio Valsusa, una struttura che 
                  si muove con rigore etico e di documentazione contro gli aspetti 
                  “illegali” della Tav. Un'ottica diversa da quella 
                  tradizionale degli anarchici, ma ugualmente interessante. E 
                  su “A” le porte non sono solo aperte, ma proprio 
                  spalancate per loro e le altre mille esperienze concrete di 
                  impegno e di lotta, anche se senza A cerchiata, su questa rivista 
                  che dell'A cerchiata ha fatto il suo logo e la sua identità. 
                   
                  Gli zingari all'Expo 2015 non ci sono. Punto. E chi se 
                  ne frega di questa gente molesta, antipatica, marginalizzata, 
                  criminalizzata, sporca? Che interesse può avere che cosa 
                  mangia questa gente, che spesso va al supermercato non passando 
                  dalla porta d'entrata ma preferisce andare sul retro e svuotare 
                  i cassonetti con il cibo buttato via perché in scadenza 
                  o con confezione leggermente danneggiata? A noi interessa. 
                  Da almeno vent'anni abbiamo assunto come uno dei nostri temi 
                  costanti l'attenzione verso questo popolo, o meglio questi popoli. 
                  Verso la loro storia (è di 9 anni fa l'uscita del nostro 
                  doppio DVD+libretto sullo sterminio nazista), ma soprattutto 
                  la battaglia ideale e concreta per la difesa dei loro diritti 
                  negati. Questa volta dedichiamo 117 pagine 
                  al magistrale lavoro di ricostruzione storica e di ricerca del 
                  solito Angelo Arlati. “Solito” perché già 
                  due anni fa (“A” 376, dicembre 2012 - gennaio 2013) 
                  ha curato un dossier 
                  sulla lingua dei rom, con una prima parte di ricostruzione 
                  storica della loro lingua alla luce delle numerose migrazioni 
                  e una seconda parte tipo manuale per apprendere a parlarla. 
                  Questa volta, dopo una ricostruzione dettagliata delle complesse 
                  relazioni tra migrazioni, cucina delle popolazioni stanziali, 
                  loro cucina, Arlati presenta decine e decine di ricette, contestualizzandole. 
                  Ancora una volta ci ritroviamo, non a caso, in direzione ostinata 
                  e contraria. Contro l'operazione ideologica e strumentale di 
                  Expo 2015, anche – paradossalmente – colmandone 
                  un vuoto che nessuno ha notato, come quello degli zingari. Il 
                  dossier curato da Angelo Arlati può essere anche visto 
                  come il loro padiglione negato. All'Expo trovate McDonald's, 
                  su queste pagine gli zingari. A ognuno il suo. 
                   
                  Libera e Libero. Libera Martignago e Libero Bortolotti 
                  sono morti recentemente. Lei, la madre, vedova di Attilio Bortolotti, 
                  a 100 anni. Lui, il loro figlio, sopra i settanta. Lei in una 
                  casa di riposo nei pressi di Toronto (Canada). Lui si è 
                  lasciato abbracciare dall'oceano, davanti alle isole Barbados 
                  dove aveva trascorso i suoi ultimi anni. Per ricordarli abbiamo 
                  scelto di parlare non direttamente di loro ma del loro (rispettivamente) 
                  compagno e padre: Attilio Bortolotti. 
                  Operaio attrezzista emigrato giovane dal natio Friuli in Nord 
                  America (prima a Detroit, Michigan, Usa, poi a Toronto, Ontario, 
                  Canada), è stato una della più belle figure che 
                  abbiamo conosciuto nei primi decenni di questa nostra avventura 
                  editoriale. Una curiosità: a 60 anni, licenziatosi dal 
                  lavoro, ebbe la ventura di fondare una piccola azienda di successo, 
                  che gli permise di contribuire generosamente a tante iniziative 
                  anarchiche (prevalentemente editoriali e di solidarietà) 
                  in tutto il mondo, al primo posto la nostra rivista. Il suo 
                  sostegno finanziario (e non solo) ci è stato di immenso 
                  aiuto e, dopo la sua morte, è stato in parte continuato 
                  da Libero, che pur senza essere (a differenza del padre) un 
                  militante ne ha sempre condiviso le idee e le fraterne amicizie 
                  ideali. Quindi è stato anche lui un amico e un sostenitore, 
                  un grande sostenitore. E nel ricordarli il pensiero corre a 
                  Libera, nata in Nord America da un anarchico trevigiano, donna 
                  di grande concretezza e solidarietà, libera di nome e 
                  di fatto, “femminista” senza etichette né 
                  fronzoli ideologici. Continuiamo anche grazie a loro, anche 
                  per loro. 
                  E il loro ricordo si unisce e si confonde con le centinaia, 
                  le migliaia di compagne e compagni, di donne e uomini che in 
                  questo (ormai) quasi mezzo secolo ci hanno sostenuto in mille 
                  modi, sono stati parte integrante della nostra comunità, 
                  del nostro progetto umano prima ancora che editoriale. 
                  Ci riferiamo non tanto ai nostri collaboratori, quelli che hanno 
                  scritto, disegnato, ecc., anche perché queste oltre tremila 
                  persone sono ricordate tutte, una per una, nell'elenco che trovate 
                  qui. Ci riferiamo a chi, senza partecipare alla vita “editoriale” 
                  di “A”, ci ha sostenuto finanziariamente (basta 
                  scorrere la rubrica “I nostri fondi neri”). È 
                  un mondo fatto di gente bella, generosa e idealista, spesso 
                  (diventati) amici personali nostri, un piccolo spaccato variopinto 
                  di umanità che ci ha regalato soldi, incoraggiamenti, 
                  anche critiche e proposte, ecc. Il tutto si è poi tradotto, 
                  concretamente, in un contributo alla nostra determinazione a 
                  darci dentro, a continuare, a non mollare. 
                  A tutti costoro va la nostra gratitudine. Davvero. 
                    
                  Judith ed Emma. Dal Nord America, e precisamente da New 
                  York, ci è giunta la notizia della morte di una personalità 
                  unica nella storia dell'anarchismo internazionale, Judith Malina. 
                  Per oltre settant'anni tutta dentro al Living Theatre, prima 
                  con il suo compagno Julian Beck poi senza, sempre comunque con 
                  quella banda di artisti, anarchici, sognatori, nomadi che è 
                  stata quell'esperienza comunitaria prima ancora che teatrale 
                  – davvero in giro per decenni nei vari continenti, sulle 
                  strade della libertà, dell'anarchia, della nonviolenza, 
                  della liberazione sessuale. 
                  Anche Judith e Julian sono passati dalla nostra redazione, nelle 
                  nostre case, sulle pagine di “A”. Con Julian e Judith, 
                  tante pagine di storia, di comune militanza, di teatro di strada. 
                  Un altro pezzetto di nostra storia che se ne va. Tra le 400 
                  copertine, una è dedicata alla loro presenza in Italia 
                  intorno alla metà degli anni '70. 
                  Un'altra donna, militante anarchica, anche lei proveniente da 
                  una famiglia ebraica dell'Europa Orientale, di cui (ri)parliamo 
                  su questo numero di “A” è Emma 
                  Goldman, di cui più volte abbiamo riferito su “A” 
                  (proprio un anno fa, nel numero estivo, un bel dossier 
                  a più voci). Questa volta il nostro interesse si 
                  incentra sulla questione “sessuale”, sulle relazioni 
                  e la cultura di genere: Emma (morta nel 1940) è stata 
                  una donna assolutamente “all'avanguardia”, precedendo 
                  di vari decenni la sensibilità che poi ha fatto e fa 
                  parte del femminismo. E non a caso il femminismo d'oltreoceano 
                  l'ha riscoperta e ne ha fatto quasi una propria icona. Sono 
                  pagine in gran parte storiche, quelle che presentiamo. Ma di 
                  un'attualità sorprendente. 
                   
                  La copertina è stata concepita e realizzata da 
                  Cristina, new big entry tra i nostri collaboratori. Quando ci 
                  ha proposto di riprodurre tutte le 400 copertine nello spazio 
                  della copertina e del retro, abbiamo pensato che fosse simpaticamente 
                  matta. Invece... Dalla nostra collaborazione nasce, coordinato 
                  con la copertina, un poster 50 x 70 che contiene ancora una 
                  volta tutte le 400 prime copertine di “A”. Un poster 
                  che già nasce cult. Lo presenteremo sul prossimo numero 
                  di “A”, con tutte le informazioni per acquistarlo. 
                  Cristina ha poi realizzato anche la comunicazione relativa alla 
                  festA400 di Massenzatico (27-28 giugno). E se il buon giorno 
                  si vede dal mattino, ci darà una bella mano in altri 
                  progetti. Intanto ci piace ringraziarla da queste colonne. Si 
                  chiama Cristina Francese. Quindi merci. 
                  Della festa riferiremo sul prossimo numero, il 401, che uscirà 
                  a fine settembre con data “ottobre 2015”. 
                  La vita continua, questa rivista anche. Possiamo vederla come 
                  una storia di comunicazione libertaria, di opposizione al potere, 
                  di collegamento tra esperienze di segno libertario, come uno 
                  strumento di lotta contro l'ingiustizia e i diritti negati. 
                  A nostro avviso, “A” è, ha cercato e cerca 
                  di essere anche questo. E altro ancora. Ma, a mio avviso, può 
                  essere vista anche come una collettiva, grande storia d'amore. 
                  Buona estate.
                  Paolo Finzi
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