La Befana in esilio 
                 
                  Uno dei primi effetti della terza 
                  riforma del lavoro fu il licenziamento in tronco della Befana. 
                  Scarso rendimento, scrissero nella lettera. <Lavorava solo 
                  una volta all'anno> spiegarono fonti governative con un tweet 
                  marchiato #avantisenzaindugiocontroilprivilegio.  
                   Ma 
                  lei non sapeva darsi pace. Sarebbe finita a pulire scale e androni 
                  usando una normale scopa. Assegnata a un lavoro socialmente 
                  utile a più di 90 anni... Non sapeva esattamente quanti 
                  fossero perché a un certo punto aveva smesso di contarli. 
                  Era questo il rispetto per una donna che dall'alto della sua 
                  vecchiaia infinita aveva saputo riconoscere nello stupore dei 
                  bambini la bellezza del suo lavoro? Una volta all'anno, certo... 
                  ma quanti, tra i produttivi, sapevano ancora stupirsi? 
                  Le avevano tolto l'aura sinistra e insieme benevola, le calze 
                  ricamate appese alle finestre, le attese nella notte che brillava 
                  di una luce lunare mentre il suo profilo si stagliava contro 
                  il cielo, lei a cavallo di una scopa volante che adesso le avrebbero 
                  requisito... Immagini che stavano già diventando pallide 
                  come un ricordo triste. 
                  Alle sorprese, d'ora in poi, ci avrebbe pensato l'industria 
                  del giocattolo: instancabile, metodica e meno benevola. E poco 
                  contava la disputa politica che si era accesa nello stesso partito 
                  di governo. La corrente di minoranza invocò dapprima 
                  il ritiro del licenziamento, poi chiese che fosse almeno aperto 
                  un confronto, infine propose di aprire un tavolo per l'eliminazione 
                  delle rendite parassitarie. 
                  Presto, pensava la Befana, voteranno compatti contro di me. 
                  A che pro? Potere? 
                  Era disincantata, la Befana, quella notte poco magica del 31 
                  dicembre. Che vigliaccata chiudere l'anno con l'ennesima riforma, 
                  quella che più la colpiva al cuore... Tra meno di una 
                  settimana le calze sarebbero rimaste vuote, i bambini delusi. 
                  Ma lei aveva ancora la sua scopa magica. Decise di giocare d'anticipo. 
                  Preparò i regali, insaccò il tutto, e volò 
                  nel cielo che stava esplodendo nei botti di fine anno. Sembrava 
                  una guerra, e lassù si sentì come un'eroina braccata 
                  da droni che cercavano di abbatterla. 
                  Potere? tornò a chiedersi. 
                  Approfittò della disattenzione del mondo adulto, tutto 
                  preso nelle sue cene insipide e nei rumorosi effetti di fondo, 
                  e consegnò i doni a bambine e bambini. Poi prese il volo 
                  verso un luogo lontano. Scelse la Luna. 
                  Le sue dolenti lacrime d'esilio nutrirono d'acqua quel luogo 
                  polveroso e arido che, chissà perché, incantava 
                  da secoli le notti dei sognatori. Da quel momento la Luna brillò 
                  di una luce ancora più intensa e suggestiva, tanto che 
                  di lì a poco arrivò uno strano signore panciuto 
                  con la barba bianca. 
                  <Babbo Natale!> esclamò meravigliata la Befana. 
                  <Sentivo che sarei stato il prossimo>  fu la sua 
                  sintetica spiegazione. 
                
  Paolo Pasi
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