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                  lettori   
                 
                  Buon Anno 
                Rojava. Fino a poco tempo 
                  fa non l'avevamo mai sentita nominare. Oggi, invece, la regione 
                  curda del Rojava ha per noi un interesse particolare. Tra le 
                  tante zone medio-orientali martoriate dalla guerra, è 
                  quella da cui giungono in queste settimane notizie interessanti 
                  anche da un punto di vista specificamente libertario. Riprendiamo 
                  in proposito stralci di un testo diffuso dalla Federazione Anarchica 
                  Torinese: 
                  Il Rojava resiste. La gente di Kobane, assediata dalle forze 
                  bene armate del califfo, sta pagando un prezzo durissimo. Centinaia 
                  di migliaia di profughi, migliaia di morti, devastazioni infinite 
                  ne sono il segno. È una lotta impari tra un esercito 
                  mercenario bene armato e ben pagato e le milizie di autodifesa 
                  popolare, divise in battaglioni femminili e maschili, che contendono 
                  metro dopo metro, casa per casa il terreno agli islamisti. L'Isis 
                  intende massacrare e rendere schiavi tutti. 
                  Siamo nel nord della Siria, una regione abitata in prevalenza 
                  da gente di lingua curda ma anche assira, caldea, turca, armena, 
                  araba. (...) 
                  Negli ultimi anni si sono sviluppati movimenti di lotta che 
                  sia nelle modalità organizzative, sia negli obiettivi 
                  hanno modi libertari. Partecipazione diretta, costruzione di 
                  reti solidali su base locale, mutazione culturale profonda che 
                  investe le relazioni di dominio nel corpo sociale ne sono il 
                  segno distintivo, oltre alla durezza dello scontro con le istituzioni 
                  statali e religiose che controllano i vari territori. La caratteristica 
                  importante di questi movimenti è il radicarsi in aree 
                  del pianeta dove negli ultimi quindici anni si sono sviluppati 
                  movimenti reattivi all'occidentalizzazione forzata di stampo 
                  religioso. Si va dalla Kabilia, la regione berbera dell'Algeria, 
                  al Messico, all'India, sino al Rojava. Qui, nel 2012, profittando 
                  del “vuoto” lasciato dal governo di Damasco per 
                  la guerra civile che sta insanguinando il paese, uomini e donne 
                  stanno sperimentando il confederalismo democratico. Ispirato 
                  alle teorie del municipalismo libertario dell'anarchico statunitense 
                  Murray Bookchin, l'autogoverno in Rojava rappresenta un tentativo 
                  laico, femminista e libertario di praticare un'alternativa ai 
                  regimi autoritari che si contendono la Siria. 
                  Intendiamoci. In Rojava non c'è l'anarchia. C'è 
                  tuttavia un percorso di partecipazione diretta di segno marcatamente 
                  libertario. Non solo. Per la prima volta tra la gente di un 
                  popolo senza stato, diviso da frontiere coloniali, c'è 
                  chi dichiara esplicitamente di non volere un nuovo Stato, di 
                  rifiutare ogni frontiera, di lottare perché la gente 
                  si autogoverni su base territoriale, senza più frontiere. 
                  Se non ci sono frontiere non possono esserci nemmeno stati. 
                  Un'attitudine rivoluzionaria che inquieta il califfato e i loro 
                  ex amici a Washington. 
                  Per la prima volta l'illusione che lotta di classe e indipendentismo 
                  siano ingredienti di una stessa minestra rivoluzionaria, capaci 
                  di catalizzare una trasformazione sociale profonda, tipica della 
                  sinistra autoritaria, si scioglie come neve al sole, aprendo 
                  la possibilità di un percorso libertario. 
                  L'integralismo religioso e le satrapie mediorientali non 
                  sono un destino. 
                  La difesa di Kobane ci riguarda tutti, perché la storia 
                  che hanno cominciato a costruire apre uno spazio di libertà 
                  e uguaglianza importante per tutti.  
                  In questo numero, in merito alla “questione curda” 
                  Andrea Staid, nella sua rubrica “Antropologia 
                  e pensiero libertario”, ripubblica un interessante 
                  scritto di David Graeber e, su segnalazione di Debbie Bookchin 
                  (figlia del compianto Murray), proponiamo subito dopo uno scritto 
                  di un curdo. 
                  Ci piace ricordare che quasi due anni fa sulla nostra rivista 
                  apparve uno scritto di Janet Biehl (tra l'altro a lungo compagna 
                  di Murray) che, quando ancora nessuno ne parlava, riferiva dell'influenza 
                  del pensiero municipalista libertario di Bookchin nell'ambito 
                  del partito curdo PKK. E lo scritto, non a caso, riferendosi 
                  allo storico leader (da anni detenuto) del PKK e il pensatore 
                  libertario americano, si intitolava “La strana coppia”. 
                   
                  Abbonamenti. Lo scriviamo 
                  tutti gli anni, in questo numero di fine anno – anzi, 
                  per la precisione, coprendo due mesi (dicembre e gennaio), proprio 
                  a cavallo tra l'anno che finisce e quello che inizia. La voce 
                  “abbonamenti” è una delle principali e forse 
                  la più significativa del nostro bilancio, più 
                  ancora delle sottoscrizioni, che segnalano il tasso di simpatia 
                  e sostegno di cui godiamo in giro. Ma solo una sempre più 
                  vasta e solida rete di abbonamenti, al di là delle entrate 
                  certe che assicura, è innanzitutto per noi che ci lavoriamo 
                  la prima conferma che il nostro impegno ha un senso, che ci 
                  sono un tot di persone che sono interessate alla rivista, ecc... 
                  È anche vero che oggi, ormai, almeno una metà 
                  dei nostri lettori non acquistano la rivista, né abbonandosi 
                  né in altro modo (libreria, ecc.), ma la scaricano direttamente 
                  dal sito. Cosa che noi abbiamo previsto, organizzato e soprattutto 
                  deciso che sia a costo zero. Altre pubblicazioni – ed 
                  è più che legittimo – chiedono un abbonamento 
                  fisso (ridotto nell'importo) per chi voglia scaricarla dal sito 
                  e leggerla (magari stampandosela). Noi no. 
                   Chiunque 
                  può leggere gratis “A” in rete. Ma a tutte/i 
                  chiediamo di versare un contributo assolutamente libero sia 
                  nell'importo sia – soprattutto – per il fatto che 
                  è appunto libero, non obbligatorio. Quindi anche senza 
                  versare un centesimo “A” è a disposizione 
                  di tutti. 
                  Nell'orientarci verso questa scelta di gratuità, noi 
                  confidavamo – e tuttora confidiamo – nella coscienza 
                  delle persone, e dei nostri lettori in particolare. Coscienza 
                  del fatto che “A” non è un prodotto divino, 
                  ma bassamente “umano”, quindi con i suoi bei costi, 
                  che cerchiamo di ridurre, ma oltre un certo livello sono incomprimibili. 
                  Ecco allora il nostro consueto, ma sempre fresco e pressante 
                  appello a chi desidera ricevere a casa, come ai vecchi tempi, 
                  come mamma comanda, la rivista vera e propria, cartacea, da 
                  sfogliare, annusare, magari anche leggere. A costoro chiediamo 
                  di versarci 40,00 euro (almeno: c'è sempre la possibilità 
                  di sottoscrivere l'abbonamento sostenitore da cento euro in 
                  su, senza limiti). E, lo diciamo sottovoce perché non 
                  tutti lo vengano a sapere subito, già da tempo accettiamo 
                  abbonamenti non in un'unica soluzione anticipata, ma a spizzichi 
                  e bocconi durante l'anno. Per capirci: 10 euro a febbraio, 15 
                  a giugno, gli altri appena possibile. Insomma, la crisi c'è, 
                  bella tosta, e a chi desidera ricevere comunque a casa “A” 
                  ma non ha i soldi tutti d'un botto, come si fa a dire di no? 
                  Ma non ditelo troppo in giro, perché se tutti ne approfittassero... 
                  La coscienza, in ogni caso, l'abbiamo pulita. Chi si accontenta 
                  di vedersela on-line (ma, lo ripetiamo, se la può anche 
                  stampare in proprio) può farlo ormai da tempo a costo 
                  zero. E ciò riguarda non solo l'ultimo numero uscito, 
                  ma gran parte dei 394 numeri finora usciti, come specificato 
                  nell'apposito spazio nel secondo interno di copertina. Per questa 
                  (sempre crescente) disponibilità dei numeri d'archivio, 
                  ringraziamo ancora una volta Claudio “Sossi” Bianchi, 
                  Alex Steiner, Cati Schintu e Max Torsello, che ognuno per la 
                  propria quota di impegno volontario (e scusate se lo sottolineiamo) 
                  permettono questa grande opera di archiviazione “intelligente” 
                  e interattiva (con ricerca degli articoli per autore, argomento, 
                  ecc.). Avremo comunque modo di riparlare dei vari aspetti di 
                  “A” on-line. 
                  In conclusione (provvisoria), anticipatamente grazie a tutti 
                  coloro che vorranno, ancora una volta, contribuire concretamente 
                  (e questa volta ci riferiamo proprio al vil denaro) a realizzare 
                  questa rivista, senza la quale – ne siamo certi – 
                  la vita di ciascuno di voi proseguirebbe, senza alcun dubbio. 
                  Ma non pensate anche voi che senza “A” sarebbe un 
                  pochino meno vivace? Che insomma vi mancherebbe qualcosina? 
                  Se lo pensate, mano al portafogli. Se non lo pensate, idem. 
                  Buone feste. 
                    
                  Dossier. Da sempre, oltre 
                  e accanto alla rivista, noi produciamo altre cose che ci piace 
                  chiamare “prodotti collaterali”: dossier innanzitutto, 
                  ma anche CD, DVD, ecc.. È appena uscito un nuovo dossier, 
                  che si affianca alle decine prodotte in questi decenni: si intitola 
                  La svastica allo stadio e raccoglie i 4 articoli pubblicati 
                  lo scorso anno su “A” da Giovanni A. Cerutti, in 
                  merito a tre calciatori e a una squadra (l'olandese Ajax) le 
                  cui vicende sportive si intrecciarono in modo drammatico con 
                  il nazi-fascismo. 
                  Giovanni, direttore scientifico dell'Istituto storico della 
                  Resistenza novarese, ha collaborato più volte con la 
                  nostra rivista. È un nostro amico, da quando una dozzina 
                  di anni fa ci coinvolse, a Borgomanero (ove era assessore alla 
                  cultura della giunta di sinistra), in un paio di iniziative 
                  in ricordo di Fabrizio De André. 
                  Ora questi articoli, con uno scritto introduttivo dello stesso 
                  Cerutti (che ripubblichiamo in questo numero 
                  di “A”), sono stati raccolti in questo dossier, 
                  che esce per iniziativa dell'Istituto storico della Resistenza 
                  e della società contemporanea nel Novarese e nel Verbano-Cusio-Ossola 
                  “Piero Fornara”, di cui Cerutti è direttore 
                  scientifico. 
                  Questo dossier si affianca, in particolare, tra i nostri “prodotti 
                  collaterali”, agli altri tre di taglio specificamente 
                  antifascista che abbiamo in catalogo: il dossier Gli anarchici 
                  contro il fascismo (16 pagine) sulla storia degli anarchici 
                  contro il fascismo (1919-1945 e oltre), quello sull'antifascista 
                  anarchico piacentino Emilio Canzi (l'unico anarchico 
                  a capo di un'intera divisione partigiana, la XIII) e il doppio 
                  DVD+libretto A forza di essere vento. Lo sterminio nazista 
                  degli Zingari. 
                   
                  Per ulteriori informazioni (e anche per acquistare i nostri 
                  prodotti collaterali), fate al solito un salto sul nostro sito 
                  arivista.org. 
                   
              
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