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				 debito 
                  
                Conti in ordine e retorica 
                  
                di Andrea Papi 
                    
                L'imposizione sociale, politica ed economica aumenta a tutti i livelli, si dilata, è inarrestabile, inafferrabile e anonima. 
Ci avviluppa quotidianamente. Non è facile identificarla né combatterla. 
                 
                  La cosa attualmente più 
                  rilevante è l'irrilevanza sostanziale delle politiche 
                  nazionali. In Italia è di un'evidenza sconcertante. Da 
                  quando la cosiddetta crisi ha ufficialmente preso avvio, infatti, 
                  si sono alternati dei governi molto simili tra loro, denominati 
                  di “larghe intese”. Uno dopo l'altro hanno bellamente 
                  fallito il compito di “portarci fuori dal guado”. 
                  In realtà si tratta di accozzaglie politiche per una 
                  sbandierata “salvezza nazionale”, reiterata proposizione 
                  seriale di un reazionario “patto di ferro” conservativo 
                  tra le forze più autoritarie degli schieramenti di destra 
                  e sinistra. Dopo la decadenza da premier di Berlusconi per ostentata 
                  inadeguatezza, presentati ogni volta con gran suono di fanfare 
                  sono stati approntati prima Monti, poi Letta, ora Renzi. Uno 
                  dopo l'altro hanno mostrato e continuano a mostrare la più 
                  completa incapacità a risolvere i problemi che ci assillano. 
                  Al contempo, avendone annullato senso finalità e differenze, 
                  stanno dimostrando quanto sia menzognera e fallace la ripartizione 
                  istituzionale tra destra e sinistra, ridotte a meri schieramenti 
                  per spartizioni di poltrone e di potere. 
                  Tutti incapaci? Oppure c'è qualcosa di sovrastante che 
                  oggettivamente non permette d'intervenire in modo adeguato? 
                  Accanto a competenze vistosamente poco brillanti, non di rado 
                  incompetenze, emergono con sempre maggior forza un insieme di 
                  condizioni che limitano e circoscrivono qualsiasi intervento 
                  atto a governare lo stato delle cose. Le politiche nazionali 
                  appaiono sempre più in ostaggio, indotte a scegliere 
                  ed agire da pressioni che vedono in gioco egemoniche potenze 
                  sovrastatali capaci di vincolare pesantemente. I vari management 
                  italiani succedutisi negli ultimi decenni, essendosi divertiti 
                  in più che allegre gestioni incuranti delle conseguenze, 
                  hanno costruito addosso a tutti noi situazioni che si stanno 
                  dimostrando particolarmente devastanti. I vari mediocri politici 
                  di turno non riescono a liberarcene (o non vogliono?), rendendole 
                  vieppiù intricate e inestricabili. 
                  Osservando i fatti e lo svolgersi delle cose, cercando di coglierli 
                  nel loro compiersi naturale non per come si subiscono, sono 
                  sempre più convinto che all'interno dell'esistente non 
                  sia possibile trovare soluzioni che vengano incontro alla popolazione 
                  nel suo insieme. La plumbea situazione vigente, equiparabile 
                  a un soffocante sistema gordiano, pur continuando a modificarsi 
                  non muta propensione e fondamenti originari. Ad ogni atto sembra 
                  voler garantire e rafforzare lo status di disparità, 
                  disuguaglianze e ingiustizie che opprime da millenni le categorie 
                  sociali sottoposte. In questa fase la grandissima quantità 
                  di quelli che non contano sta subendo asfissianti controlli 
                  e pesanti manipolazioni eco/tecnologiche, mentre le oligarchie 
                  finanziarie dominanti e le schiere dei loro accoliti si stanno 
                  rimpinguando abbondantemente. 
                  Occorre uno sguardo diverso, capace di porsi oltre l'apparenza 
                  dell'esistente e ansioso di scrutare orizzonti che finora sono 
                  apparsi imperscrutabili. In tal senso la fisica quantistica 
                  ci offre una chiave di lettura illuminante. “Quando cambi 
                  il modo di osservare le cose, le cose che osservi cambiano”, 
                  ci suggerisce uno dei suoi presupposti fondanti. Dobbiamo innanzitutto 
                  smettere di decifrare la realtà attraverso il filtro 
                  di schemi interpretativi che non sono più in grado di 
                  comprenderla, addirittura di vederla. Se capissimo e accettassimo 
                  la radicalità incontrovertibile del fatto che sono proprio 
                  i fondamenti dell'esistente la causa principale dei disastri 
                  che continuamente i governi cercano di rattoppare, forse riusciremmo 
                  a concentrarci sulla ricerca di scelte che, volendo superare 
                  e annullare l'esistente, cerchino d'impostare fondamenti diversi 
                  da quelli che ci opprimono. 
                  Ci renderemmo allora conto che la radice dei problemi che ci 
                  attanagliano è a monte e ci accorgeremmo che ciò 
                  che dobbiamo risolvere non è tanto la percentuale dello 
                  spread, o un'efficiente spending rewiew o l'ammontare 
                  del debito o tutte le altre gabbie socioeconomiche con cui è 
                  stato imprigionato il presente stato di cose. Adesso ci viene 
                  trasmessa l'urgenza di doverne dipendere perché ci troviamo 
                  dentro il gorgo irrisolvibile di una spirale finanziaria attanagliante 
                  impostata ad hoc. In particolare il debito pubblico, 
                  madre malefica di tutti i disastri che c'incatenano, che non 
                  abbiamo fatto noi individui senza potere ma ci è stato 
                  cucito addosso dall'ingordigia di chi domina, in quanto tale 
                  esiste solo se riconosciuto. “Un debito è solo 
                  la perversione di una promessa. È una promessa corrotta 
                  dalla matematica e dalla violenza” (Debito, di 
                  David Graeber, pag. 379). Nasce migliaia di anni fa in concomitanza 
                  col denaro per rendere schiavo chi era debitore ed ha continuato 
                  a sussistere, perfezionandosi, nei diversi contesti succedutisi. 
                  È un'entità astratta guidata da spinte dominatrici 
                  e direzionata a produrre effetti concreti rovinosi. 
                  Illuminante in tal senso il trattamento regalato alla Germania 
                  sconfitta dalla seconda guerra mondiale. Oltre a ricevere gli 
                  aiuti del Piano Marshall per la ricostruzione, come ogni altro 
                  stato alleato europeo, “nel 1948 l'America decise semplicemente 
                  di abbuonare tutto il debito accumulato dalla Germania durante 
                  il regime nazista di Hitler. Il debito pubblico della Germania 
                  nel 1948 ammontava al 675% del Pil nazionale. Più del 
                  quintuplo dell'attuale debito pubblico italiano” (Banchieri, 
                  di Federico Rampini, pag. 24). La Germania dunque, che all'interno 
                  dell'Europa sta imponendo la dittatura di condizioni capestro 
                  in nome di un preteso rigore (sugli altri che adesso dipendono 
                  dalla sua forza), è riuscita a diventare la potenza tirannica 
                  che è proprio perché le è stato concesso 
                  ciò che ora impedisce ad altri con tutte le proprie abbondanti 
                  forze. Una tale arroganza è una dimostrazione eloquente 
                  che i debiti sono massacranti non in virtù propria, ma 
                  perché ingiunti per volontà di potenza non necessarie. 
                  Vincoli inscindibili 
                Le forze oggi dominanti sembrano volerci letteralmente massacrare. 
                  Lo fanno con modalità più ambigue e raffinate 
                  della classica guerra guerreggiata, che comunque all'occorrenza 
                  viene messa in atto senza scrupoli, seminando rovine di vite 
                  distrutte invece delle macerie fumanti dei bombardamenti. Il 
                  fondamento del potere è sempre di più una specie 
                  di “costrizione obbligante”, la messa in opera di 
                  vincolanti condizioni oggettive cui non riesci a sottrarti. 
                  Mentre il classico vecchio esercizio del comando, cioè 
                  la costrizione attraverso imposizioni date da ordini gerarchici, 
                  è sempre meno efficace e più obsoleto. 
                  La creazione del “debito istituzionale insolvibile”, 
                  che lega mani e piedi a creditori finanziari potenti, la pretesa 
                  di dover tenere “conti pubblici in ordine”, sciolti 
                  dalle responsabilità personali degli amministratori e 
                  che intrappolano intere popolazioni artatamente amministrate, 
                  la creazione sistematica e continua di norme e leggi che regolamentano 
                  ogni movimento e ogni aspetto della vita quotidiana individuale, 
                  sono macro/aspetti di normazione quotidiana che creano volutamente 
                  una “costrizione obbligante”, capace di rendere 
                  infernali le vite delle persone, completamente assoggettate 
                  e senza nessuna possibilità di replica o soluzione. 
                  L'imposizione sociale politica ed economica, aumenta a tutti 
                  i livelli, si dilata, è inarrestabile, inafferrabile 
                  e anonima. 
                  Di fronte a questa aggiornata forma di dominio totalizzante 
                  decadono le vecchie modalità di lotta, perché 
                  perdono di senso le logiche antitetiche del “muro contro 
                  muro”. Non ci si può contrapporre né fare 
                  guerra né serve combattere, perché subiamo costrizioni 
                  indirette più che imposizioni dirette. La lotta per la 
                  libertà allora non può che esprimersi attraverso 
                  la ricerca di come sottrarsi alle condizioni obbliganti, per 
                  riappropriarsi in pieno di autonomia di scelta e decisione, 
                  cioè riappropriazione della politica come riferimento 
                  principale della gestione comunitaria, questa volta non gerarchica 
                  e autenticamente autogestita.
                  Andrea Papi
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