  
                
  
                Più vivi che morti 
				Un DVD sulle canzoni del disco Mala Testa  e sui luoghi della musica resistente 
                 
                 Le 
                  cose importanti spesso avvengono per caso, ma nulla capita a 
                  caso. 
                  E così fu del tutto casualmente che compulsando, nell'assonnata 
                  passività del primo caffè mattutino, le pagine 
                  di Facebook, incappai nella foto di un computer portatile adagiato 
                  su un bel paio di ginocchia in uno scompartimento ferroviario. 
                  La foto era commentata dall'autrice della foto stessa (nonché 
                  dalla proprietaria delle ginocchia), tale Miriam Tinto studentessa 
                  di architettura, che dando conto della propria affannosa mattinata, 
                  diceva di essere impegnata sin dall'alba nel montaggio di un 
                  video, mentre prendeva il treno che la portava da Verona a Milano, 
                  dove studia. Il punto però è che sullo schermo 
                  del computer campeggiava il mio proprio grugno. 
                  «Guarda un po'» mi dico «giovane video maker 
                  che indulge all'auto-sfruttamento, sta montando un video nel 
                  quale, per non so quali strade, ci sono anch'io... interessante!». 
                  Ci ho messo poco a farle la solita proposta indecente: «Noi 
                  soldi non ne abbiamo, ma lavoriamo per le magnifiche sorti dell'Umanità 
                  e dell'Anarchia, ti va di curare un video per il disco “Mala 
                  Testa” di prossima uscita?». La sventurata rispose. 
                  Un mese dopo ci troviamo dunque tutti - musicisti e operatori 
                  - nel medesimo studio nel quale è stato registrato “Mala 
                  Testa” per riprendere dei brani, in particolare il brano 
                  eponimo. Miriam Tinto (la sventurata!) per l'occasione s'è 
                  fatta accompagnare e coadiuvare da tale Riccardo Pittaluga, 
                  regista appena meno giovane di lei, ma già ricco di una 
                  notevole esperienza professionale. Le riprese si svolgono bene, 
                  il clima è disteso, anche se mi pare che con una silente 
                  ironia e un certo distacco Riccardo compensi l'entusiasmo di 
                  Miriam... penso che fra sé e sé si chieda «Ma 
                  perché stiamo facendo gratis questo faticoso lavoro?». 
                  Sacrosanta domanda che in tante e diverse occasioni ho rivolto 
                  anche a me stesso, meglio far finta di niente. 
                  Passa qualche mese, il video è pronto (potete vederlo 
                  tutti su Youtube cercando Malatesta Ninna Nanna per Errico) 
                  e, sarò di parte, ma a me pare splendido, al di là 
                  di ogni entusiastica previsione. 
                  Quello che non mi aspetto è che Riccardo a questo punto 
                  cali l'asso: «Non conoscevo il vostro lavoro, sono venuto 
                  a fare le riprese per dare una mano a Miriam, ma lavorando mi 
                  è parso che dietro questo disco ci siano molte cose, 
                  molte storie, molte persone... perché non ne facciamo 
                  un documentario?». Lo sventurato (io) rispose. Tutto questo 
                  due anni fa. 
                  Nel 1951 il grande letterato anarcoide Paul Leautaud scriveva 
                  a proposito delle “Interviste radiofoniche” che 
                  Robert Mallet aveva scrupolosamente trasformato in un libro 
                  (e che sarebbero state il suo più grande successo editoriale): 
                  «Ecco che mi trovo a firmare un libro che non ho scritto!». 
                  Si parva licet, mi sento all'incirca nella stessa situazione. 
                  È in uscita nei prossimi giorni il “mio” 
                  primo DVD con un ricco libretto di foto e testimonianze. “Più 
                  vivi che morti: Mala Testa e le sue canzoni”, è 
                  un documentario che mi riguarda strettamente, ma che guarda 
                  soprattutto a ciò che sta attorno a me, ai miei amici, 
                  ai compagni, mostrando come questo mestiere sia un flusso intrecciatissimo 
                  di relazioni. 
                  I testimoni presenti nel video sono tanti: Alessio Giannanti, 
                  Ascanio Celestini, Davide Giromini, Moni Ovadia, Marino Severini, 
                  Paolo Ciarchi, Stefano Arrighetti,... ci sono poi i miei collaboratori 
                  più assidui: Francesca Baccolini, Guido Baldoni, Rocco 
                  Marchi. Ma soprattutto ci sono i luoghi, una carrellata impressionante 
                  – per me, che li vedo così oggettivati dalle riprese 
                  e non affastellati nel ricordo – di luoghi della resistenza 
                  culturale di questo paese (e non solo...): le strade di tanti 
                  presidi: quello dei lavoratori del Comune di Alessandria, quello 
                  permanente del Presidio No Muos di Niscemi, il Binario 22 Occupato 
                  della Stazione Centrale di Milano, gli ex-Ospedali Psichiatrici 
                  nei quali portammo le canzoni “E ti chiamaron matta”, 
                  l'incredibile moltitudine dello Stadio Camp Nou di Barcellona, 
                  i Teatri occupati come il Valle di Roma, il Pinelli di Messina 
                  e il Coppola di Catania (che resiste anche in questa bruttissima 
                  ondata di sgomberi), il Centro Sociale Xm24 di Bologna durante 
                  la sua lotta vittoriosa, Piazza Loggia a Brescia quarant'anni 
                  dopo, tutti i Centri Sociali Milanesi, il Telos di Saronno (ahimé, 
                  appena brutalizzato), l'Arena di Verona, il Campeggio No Tav 
                  di Maddalena di Chiomonte, il palco del Premio Tenco, l'Istituto 
                  De Martino di Sesto Fiorentino... Le interviste e i brani del 
                  concerto (anche questo interamente inserito nei contenuti speciali 
                  del DVD) per questo documentario, sono stati ripresi durante 
                  il festival Fino al cuore della rivolta degli Archivi della 
                  Resistenza di Fosdinovo (sopra Carrara). 
                  I compagni di ApParte, con la perizia e l'inventiva grafica 
                  che ne fanno il più raffinata laboratorio tipografico 
                  italiano, hanno trasformato questi materiali in uno splendido 
                  prodotto editoriale che sarà allegato al numero 4.26 
                  della loro rivista d'arte e che in seguito si potrà richiedere 
                  anche separatamente (scrivendo alla mail: aparte@virgilio.it). 
                  Alcuni amici che non siamo riusciti a coinvolgere direttamente 
                  nel documentario hanno comunque rilasciato una testimonianza 
                  scritta, stampata nel libretto di accompagnamento. Una piccola 
                  carrellata di queste parole conclude meglio di come possa fare 
                  io la presentazione di quest'opera, che mi riguarda ma che non 
                  ho fatto io... 
                 Alessio Lega 
                  alessiolegaconcerti@gmail.com 
                
                   
                    Il 
                        DVD “Alessio Lega. Più vivi che morti: Mala 
                        Testa e le sue canzoni” uscirà in allegato 
                        con ApArte n.4.26 e in seguito sarà disponibile 
                        anche senza rivista. I contenuti video sono: 
                        Documentario di Riccardo Pittaluga e Miriam Tinto 44' 
                        Mala Testa Live 53' 
                        Malatesta Videoclip 4'10” 
                        Registrazioni 14'55” 
                         
                        Più morti che vivi è un film documentario 
                        sul disco Mala Testa e sulla presenza della canzone nei 
                        luoghi della resistenza attuale. 
                         
                        Vi appaiono: Alessio Giannanti Alessio Lega Ascanio 
                        Celestini Davide Giromini Francesca Baccolini Guido Baldoni 
                        Lucia Carenini Moni Ovadia Marino Severini (Gang) Paolo 
                        Ciarchi Rocco Marchi Stefano Arrighetti. 
                         
                        I luoghi: Alessandria, Presidio Lavoratori del 
                        Comune - Barcellona (Catalogna), Camp Nou - Bologna Cosa 
                        Xm24 - Brescia, Piazza Loggia - Catania, Teatro Coppola 
                        Occupato - Cerro Veronese (VR), Obst une Gemuse Studio 
                        - Este (PD), Festa di Liberazione - Fosdinovo (MC), Festival 
                        Fino Al Cuore della Rivolta - Manduria (TA) - Milano: 
                        Arci La Scighera e La Casa 139, Cosa Cox 18, Quartiere 
                        Solari/Porta Genova, Radio Popolare Auditorium Demetrio 
                        Stratos, Stazione Centrale Binario 22 Occupato, Teatro 
                        Out Off - Niscemi (CL), Presidio No Muos - Otranto (LE) 
                        - Ragusa Ibla, Primo Maggio Anarchico - Roma, Teatro Valle 
                        Occupato - Sanremo (IM), Rassegna Premio Tenco - Saronno, 
                        Presidio Anti Sgomberi - Sesto Fiorentino (FI), Istituto 
                        Ernesto De Martino - Udine Ex Opp Sant'Osvaldo, Spettacolo 
                        Antipsichiatrico - Valle di Susa Chiomonte (TO), Presidio 
                        No Tav - Verona, Arena. 
                         
                        Scritti di: Alessio Lega Ascanio Celestini Claudia 
                        Pinelli Silvana Gandolfi Claudio Bisoni Giovanna Marini 
                        Haidi Giuliani Sergio Staino. 
                         
                        (Foto di copertina di G. Sander. Disegno di M. Fenoglio) 
                        
                        
                        2014 - Minimalzero.com e ApArte° 
                        
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                 Mala Testa, secondo me
                  “È un cd libero, allegro, senza 
                  super-io, che trova finalmente il pathos nel quotidiano: è 
                  come se tu ti fossi finalmente sciolto in una risata, in una 
                  dolce amenità, è un disco che sorride sempre. 
                  Sì, il disco mi piace molto, si ascolta veramente con 
                  interesse per la scelta di cose intelligenti da dire e poi scoprire 
                  che fanno parte di una vita un po' nuova, come lavata: si direbbe 
                  proprio che hai scoperto come lavarti la vita e quindi viverla 
                  meglio.” 
                 Giovanna Marini 
                 
                  “Eredità. Sì, lo so: è una parola 
                  questa che viene solitamente usata in riferimento ai denari, 
                  alle ricchezze materiali accumulate negli anni, in svariati 
                  modi più o meno illeciti e disonesti, e poi trasmesse 
                  di padre in figlio. Per me, invece, è una parola bellissima. 
                  Mi viene in mente quando guardo la mia nipotina, praticamente 
                  ogni giorno. Eredità è la parola che mi viene 
                  in mente ogni volta che mi regali un tuo nuovo cd.”  
                 Haidi Giuliani 
                 
                  “Caro Alessio, le emozioni sono fluide e io ascolto, 
                  e ho già ripetutamente ascoltato, le poesie intrecciate 
                  con la musica del tuo CD “Mala Testa” e mi stupisco 
                  a pensare che non è vero che tutto è già 
                  stato detto, che sei riuscito a trovare parole nuove che comprendono 
                  il passato e il futuro, i sentimenti e gli sguardi, e musica 
                  per permettere a queste parole di levitare e alle dimensioni 
                  di intrecciarsi e completarsi.”  
                 Claudia Pinelli 
                 
                  “Un aspetto rude e forte, barba e corporatura vagamente 
                  alla Bobo, compresa la incipiente calvizie, e un modo di impugnare 
                  la chitarra molto simile al modo con cui la impugnano i liberi 
                  cittadini del Chapas. Un repertorio ovviamente molto rivoluzionario, 
                  disteso a metà tra la grinta dei centri sociali e la 
                  nostalgia di qualche vecchio circolo anarchico della provincia 
                  italiana. Pietro Gori, Dischi del Sole, Nuovo Canzoniere a sfare. 
                  Il tutto cantato con forza, a piena voce, con grandi polmoni 
                  e spesso anche un po' troppo sopra le righe. Ma poi improvvisamente 
                  alcuni tocchi più intimisti fatti di piccole cose, di 
                  osservazioni quasi insignificanti eppure capaci di creare atmosfere 
                  struggenti.” (Sergio Staino) “Non si può 
                  separare Alessio (voce corpo cultura visione del mondo contraddizioni 
                  e passioni), dai brani cantati in “Mala Testa”, 
                  così come non si può separare un gabbiano dal 
                  suo volo, o una lepre dalla sua corsa, o un bambino dai suoi 
                  giochi. In queste canzoni e in questa musica, tristezza, logoramento 
                  e rabbia per l'ingiustizia, si alternano all'amore in un equilibrio 
                  che deve continuamente aggiustarsi, dove l'allegria e la disperazione 
                  dei poveri cristi vanno a braccetto come ubriachi.”  
                 Silvana Gandolfi, scrittrice 
                 
                  “Nella monumentale storia che intreccia i rapporti 
                  tra audiovisivo e musica il documentario sul “dietro le 
                  quinte” di un disco o sull'attività di un artista 
                  è un genere ben consolidato, con una lunga tradizione. 
                  E, oggi in epoca digitale, più che mai diffuso. In certi 
                  casi continua a sembrare anche più indispensabile che 
                  in altri. La sensazione offerta da “Più vivi che 
                  morti. Mala Testa e le sue canzoni” è proprio quella 
                  di un contributo atteso e in qualche modo indispensabile rispetto 
                  all'album “Mala Testa” e, più in generale, 
                  all'attività di Alessio Lega.  
                  In primo luogo perché, nel rispetto delle coordinate 
                  principali del genere, Miriam Tinto e Riccardo Pittaluga attraverso 
                  interviste dirette al Lega e ai suoi più stretti collaboratori 
                  musicali, conferiscono al doc una funzione “di servizio”, 
                  senz'altro non inedita quanto benvenuta proprio perché 
                  “materialista”: portarci a contatto con la genesi 
                  di un album, le discussioni, le idee, le scelte che gli stanno 
                  dietro, gli spazi di realizzazione, i suoi suoni. In secondo 
                  luogo perché attraverso altre “teste parlanti” 
                  lo spettatore è messo a confronto con il parere di esperti 
                  di canzone d'autore o illustri colleghi che illuminano vari 
                  aspetti della traiettoria complessiva del Lega nella storia 
                  della canzone italiana: una funzione che per i conoscitori della 
                  materia è di ripasso e conferma, ma per tutti gli altri 
                  è di vera e propria autenticazione culturale (come direbbero 
                  i sociologi seri). In terzo luogo perché semplicemente, 
                  ma non credo banalmente, “Più vivi che morti” 
                  facilita l'operazione fondamentale alla base del lavoro di Alessio 
                  Lega: sciogliere le categorie dell'arte in quelle della vita. 
                  Impresa e aspirazione non da poco, giova ricordarlo.  
                  Bisogna però riconoscere che il doc in questione contribuisce 
                  allo scopo e in ciò si trova la sua funzione senz'altro 
                  più convincente. Chiunque conosca il Lega sa che negli 
                  ultimi anni si è dedicato a una forsennata attività 
                  di esibizione dal vivo. L'ideazione e la scrittura sono diventate 
                  sempre più inscindibili dalla performance “live”. 
                  Ora finalmente l'aspetto performativo non è più 
                  affidato solo agli occhi e alle memorie personali degli appassionati: 
                  ha un supporto oggettivo, entra nell'archivio audiovisivo.  
                  Il documentario quindi ordina un palinsesto musicale complesso 
                  in cui si mescolano le storie delle canzoni presenti in “Mala 
                  Testa” (album) con altre canzoni eseguite in diverse occasioni 
                  ed espressione di un repertorio eterogeneo. Ma compone anche 
                  un palinsesto audiovisivo in cui, attraverso un lavoro antologico 
                  e al contempo di scavo analitico su varie fonti (video presi 
                  da YouTube, materiali originali ecc. ), si sgrana un elenco 
                  di luoghi fisici attraversati negli ultimi anni, lungo una scala 
                  che va dal piccolo (centri sociali, locali di varie città) 
                  al decisamente grande (Arena di Verona, lo stadio Camp Nou di 
                  Barcellona) passando per stazioni, binari occupati, festival, 
                  piazze significative per la storia d'Italia. Tutte tracce di 
                  un'ostinazione infinita e di un'energia fuori dal comune che 
                  testimoniano ancora una volta, se ce ne fosse bisogno (e ce 
                  n'è bisogno), di quanto la forza politica di un cantautore 
                  politico oggi possa (e forse debba) essere calata “in 
                  situazione”: nell'intreccio sempre più necessario 
                  tra parole, musica e voglia di battere il territorio e di esperienze 
                  comuni.”  
                 Claudio Bisoni, storico del cinema 
                  italiano 
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