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               storia 
                  
                Abbasso la guerra 
                  
                a cura dell'Ateneo degli Imperfetti e del Centro studi libertari G. Pinelli 
foto AFA - Archivi Fotografici Autogestiti 
ricerca iconografica di Roberto Gimmi  
                    
                Contro la retorica “sangue e onore” con cui si vuole celebrare il primo conflitto mondiale, un incontro che parla di diserzione, renitenza, insubordinazione, ammutinamento, autolesionismo, indisciplina... 
                  
                 
                  Tu sei maledetta! 
                  Uomini e donne contro la guerra: Italia 1914-1918 
                
  Convegno di studi, 20 – 
                  21 settembre 2014 
                  Venezia, Sala San Leonardo, Campo San Leonardo, Cannaregio 1584 
                 Il Centro studi libertari/Archivio G. Pinelli 
                  di Milano e il Laboratorio libertario/Ateneo degli Imperfetti 
                  di Marghera (VE) promuovono questo convegno di studi con l'intento 
                  di evidenziare, nel clima enfatico delle celebrazioni ufficiali, 
                  tutte quelle micro storie di resistenza, disobbedienza, diserzione, 
                  rivolta, ecc. che non hanno trovato e tuttora non trovano spazio 
                  nella storiografia e nelle manifestazioni agiografiche che già 
                  si stanno consumando in tutta Europa e soprattutto in Italia. 
                  Questa iniziativa, proprio nello sforzo di proporre una riflessione 
                  più ampia e articolata, affianca al convegno di studi, 
                  in cui verranno discusse nove puntuali relazioni di argomento 
                  diverso, una serie di iniziative che hanno lo scopo di offrire 
                  ulteriori stimoli di riflessione, di denuncia e di informazione. 
                  La prima è una Rassegna cinematografica curata e presentata 
                  da Goffredo Fofi che si svolgerà lungo tutto il mese 
                  di settembre 2014, ogni martedì e giovedì, presso 
                  il Centro culturale Candiani di Mestre (piazzale Candiani 7), 
                  a partire da giovedì 4 settembre, sempre alle ore 17.30. 
                  Giovedì 18 settembre sarà presente con un intervento 
                  il curatore della rassegna che si soffermerà sulle possibili 
                  chiavi di lettura che i film avranno suggerito in merito ai 
                  temi oggetto delle relazioni del convegno 
                  La seconda iniziativa è una mostra fotografica esposta 
                  presso la sede dell'Ateneo degli Imperfetti e del Laboratorio 
                  Libertario durante i due giorni del convegno. La mostra, intitolata 
                  Guerra alla guerra. 1914 1918: scene di orrore quotidiano, 
                  propone le immagini raccolte da un giovane anarchico tedesco, 
                  Ernst Friedrich, nel 1924. Friedrich decise di svelare al mondo 
                  il vero volto della guerra pubblicando una raccolta di fotografie 
                  terrificanti e commoventi che raccontavano che cosa era davvero 
                  successo, durante il conflitto mondiale, nelle trincee e nei 
                  campi di battaglia. Le mutilazioni fisiche e psicologiche, la 
                  distruzione della natura e del territorio, le sofferenze dei 
                  combattenti e di coloro che erano rimasti nelle città 
                  e nei paesi, il dolore per i morti e quello dei sopravvissuti, 
                  costituiscono l'oggetto di queste immagini forti e drammaticamente 
                  reali, che denunciano in modo radicale sia la retorica dei militaristi 
                  di ogni epoca sia la vera e propria vigliaccheria che si cela 
                  dentro il primo conflitto mondiale. Una denuncia di tutte le 
                  guerre, un monito a non dimenticare, un impegno alla lotta contro 
                  ogni esercito e ogni guerra. Con la consapevolezza di ciò 
                  che si nasconde dietro altisonanti parole come Patria, Valore, 
                  Onore che altro non è se non dolore, atrocità, 
                  desolazione, dominio. 
                  La sede dell'Ateneo funge anche da luogo di incontro conviviale. 
                  Nella serata di sabato 20 settembre è prevista una cena 
                  – ispirata alle ricette di guerra raccolte da Andrea Perin 
                  nel volume pubblicato da elèuthera, La fame aguzza 
                  l'ingegno – a partire dalle ore 20.30 (gradita prenotazione, 
                  contributo 10 euro a copertura parziale delle spese). 
                  Nella stessa serata segue il recital... e il ritorno per 
                  molti non fu del Canzoniere internazionale contro la guerra, 
                  a cura di Carlo Ghirardato (voce e chitarra), Benni A. Parlante 
                  (percussioni), Luca Demicheli (basso). Infine esibizione del 
                  Coro degli Imperfetti diretto da Giuseppina Casarin con alcuni 
                  canti che richiameranno i temi del convegno. 
                   
                  Segreteria organizzativa e riferimenti telefonici: Centro 
                  Studi Libertari, Milano, tel. 02-2846923; mail: centrostudi@centrostudilibertari.it 
                  / Ateneo degli Imperfetti, Marghera: cell. 3275341096; mail: 
                  ateneo.imperfetti@gmail.com. 
                
                   
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                    |   Profughi di Lavarone 
A Lavarone il primo colpo di cannone fu sparato dal forte  italiano di Forte Verena alle 3.55 del 24 maggio 1915 contro  il forte austriaco di Werk Gschwent. Da quel momento una  tempesta di fuoco si riversò sugli Altipiani, costringendo gli  abitanti ad abbandonare in fretta e furia le proprie abitazioni,  per raggiungere le cosiddette «città di legno» costruite per  loro in Boemia e Moravia. Solo a guerra finita i profughi  potranno tornare nelle loro case, adesso in territorio italiano  | 
                   
                  
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                 Il rifiuto individuale e collettivo 
                  della guerra moderna
                  Prima della Prima Guerra Mondiale era impossibile 
                  immaginare un evento che utilizzasse la tecnologia disponibile 
                  ai fini di un massacro di massa in Europa per la durata di quattro 
                  anni. Fin da subito gli Stati in Europa iniziarono a sacralizzare 
                  l'evento: un massacro per cui non si trovavano parole veniva 
                  reso dicibile rendendo omaggio alle ragioni che l'avevano prodotto. 
                  Ma contemporaneamente racconti, canzoni, lapidi, romanzi autobiografici 
                  e film hanno evidenziato non solo l'orrore provato dai singoli 
                  ma anche il rifiuto individuale e collettivo, raccontando scene 
                  di diserzione, renitenza, insubordinazione, paura, fuga, ammutinamento, 
                  autolesionismo, non-collaborazione, indisciplina, scioperi, 
                  tregue spontanee e fraternizzazione con il nemico. 
                   
                  In occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale, il 
                  Centro studi libertari - Archivio G. Pinelli di Milano e l'Ateneo 
                  degli Imperfetti di Marghera promuovono due giornate di studio 
                  sulle diverse forme di opposizione, disobbedienza, protesta, 
                  nonviolenza e dissenso che si verificarono nel primo conflitto 
                  mondiale in Italia, alla luce di analoghe esperienze europee 
                  e non solo. L'iniziativa intende riaffermare l'attualità 
                  di quelle pratiche e di quei valori che, seppure sconfitti, 
                  testimoniano il rifiuto attivo di ogni nazionalismo e ogni militarismo. 
                  Al centro dell'analisi saranno i gesti e il comportamento di 
                  uomini e donne singoli, discussioni private e pubbliche, attività 
                  di associazioni, movimenti politici e religiosi, espressioni 
                  artistiche, correnti culturali e politiche, nell'intento di 
                  individuare come filo conduttore della storia non gli eventi 
                  bellici e gli eccidi ma le pratiche che cercarono, a volte con 
                  successo, di evitarli e di costruire un mondo migliore.                 
                   
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                    |   Profughi 
                        di Lavarone  | 
                   
                   
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 Il ruolo del cinema
  
di Goffredo Fofi 
                  Il cinema ha raccontato la prima guerra mondiale spesso e volentieri, 
                  negli anni dopo il 1918, ma raramente, nei diversi paesi, in 
                  modi che non fossero nazionalisti, anche quando camuffati di 
                  generico umanitarismo. Storie di famiglie divise, di soldati 
                  colpiti da amnesia, di coppie divise, di uomini che tornano 
                  dalla guerra e si sostituiscono a commilitoni che sanno morti 
                  anche nei letti delle loro vedove, belle spie alla Mata Hari, 
                  donne stuprate dai soldati nemici... Il cinema italiano abbonda 
                  di queste storie soprattutto nel secondo dopoguerra, ed è 
                  un cinema o semplicemente evasivo, o decisamente di destra. 
                  Le eccezioni ci sono e sono grandi: Chaplin, il cui Charlot 
                  soldato è del 1918, Dovzenko nella Russia rivoluzionaria, 
                  Pabst nella Germania di Weimar, Renoir al tempo del Fronte Popolare 
                  e, dopo la carneficina della seconda guerra mondiale, molto 
                  più mondiale della prima (sei morti per ognuno della 
                  prima), Kubrick, Losey, Monicelli e altri. Pochi i registi di 
                  prim'ordine, però, mentre la guerra – tutte le 
                  guerre – serviva da sfondo per un cinema d'avventura e 
                  sciovinista, in cui i “cattivi” erano sempre gli 
                  altri e gli eroi abbondavano. È Forza del destino 
                  di Verdi, ironicamente, e “Oh che bella guerra” 
                  si cantava in un celebre musical pacifista degli anni Sessanta-Settanta, 
                  ma c'è anche chi ha insistito nel dire che la guerra 
                  fa parte dell'uomo (e della donna che ne facciamo?), che la 
                  sua eccitazione è segno di vita, che la violenza e l'aggressività 
                  fanno parte della natura umana e che bisogna accettarlo. 
                  Sì, la pace e la democrazia non sono innate nell'uomo, 
                  diceva la Montessori, ma si possono raggiungere tramite l'educazione 
                  – che è educazione alla convivenza, al rispetto 
                  e all'amore per l'altro, al riconoscimento delle nostre pene 
                  e fatiche nelle pene e fatiche dell'altro. Una educazione o 
                  co-educazione che è anche, obbligatoriamente, lotta. 
                  Intanto, le guerre continuano e niente ci assicura che non coinvolgeranno 
                  direttamente prima o poi anche quella parte (ricca) del mondo 
                  che oggi ne è preservata. 
                  Rivedere i vecchi film che hanno narrato la prima guerra mondiale 
                  nell'ottica dell'indignazione e dello scandalo, dell'odio per 
                  i potenti e criminali che l'hanno voluta, è molto istruttivo, 
                  il messaggio che essi trasmettono è univoco e deciso. 
                  Se mancano i film che hanno saputo descrivere i retroscena (gli 
                  interessi economici di pochi manipolatori della politica e della 
                  storia, che i vecchi socialisti chiamavano i “pescicani”), 
                  vi sono però molti capolavori che hanno raccontato la 
                  vita al fronte, la morte al fronte. 
                  E nessuno, come All'ovest niente di nuovo ha saputo descrivere 
                  così veridicamente la vita di trincea (o più tardi, 
                  retrospettivamente, Per il re e per la patria), secondo 
                  la testimonianza di chi c'era, nessuno ha saputo descrivere 
                  meglio la “logica” militare meglio di Orizzonti 
                  di gloria, nessuno la speranza che la prima guerra mondiale 
                  fosse “la der des ders”, la “dernière 
                  des dernières”, l'ultima delle ultime, meglio del 
                  film di Renoir che si intitolava appunto – un anno o poco 
                  più prima che scoppiasse la seconda – La grande 
                  illusione. 
                 Goffredo Fofi
  
                 
                
                 
                   
                    Rassegna cinematografica 
                       La rassegna cinematografica, curata 
                        da Goffredo Fofi, si terrà al Centro  culturale 
                        Candiani di Mestre (piazzale Candiani 7) 
                        ogni martedì e giovedì di settembre 2014, 
                        con inizio alle ore 17,30. 
                        Giovedì 18 settembre il film sarà preceduto 
                        da un intervento  di Goffredo Fofi. 
                        
                       I film in programmazione 
                         
                        All'Ovest niente di nuovo  
                        di Lewis Milestone (USA 1930) 
                         
                        Orizzonti di gloria  
                        di Stanley Kubrick (USA 1957) 
                         
                        La grande illusione  
                        di Jean Renoir (Francia 1937) 
                         
                        La grande guerra  
                        di Mario Monicelli (Italia 1959) 
                         
                        I recuperanti  
                        di Ermanno Olmi (Italia 1970) 
                         
                        Charlot soldato  
                        di Charlie Chaplin (USA 1918) 
                         
                        La vita e nient'altro  
                        di Bertrand Tavernier (Francia 1989) 
                         
                        Uomini contro 
                        di Francesco Rosi (Italia 1970) 
                         
                        Addio alle armi  
                        di Frank Borzage (USA 1932)  | 
                   
                 
                  
                Addio alle armi
  
di Ernest Hemingway 
                  Ero sempre imbarazzato dalle parole sacro, glorioso 
                  e sacrificio e dall'espressione invano. Le avevamo udite a volte 
                  ritti nella pioggia quasi fuori dalla portata della voce, in 
                  modo che solo le parole urlate giungevano, e le avevamo lette 
                  su proclami che venivano spiaccicati su altri proclami, da un 
                  pezzo ormai, e non avevo visto niente di sacro, e le cose gloriose 
                  non avevano gloria e i sacrifici erano come i macelli a Chicago 
                  se con la carne non si faceva altro che seppellirla. [...] Parole 
                  astratte come gloria, onore, coraggio o dedizione erano oscene 
                  accanto ai nomi concreti dei villaggi, ai numeri delle strade, 
                  ai nomi dei fiumi, ai numeri dei reggimenti e alle date. 
                 Ernest Hemingway 
                 
                Il disertore 
                   
                  di Boris Vian 
                  In piena facoltà  
                  egregio presidente  
                  le scrivo la presente  
                  che spero leggerà.  
                   
                  La cartolina qui  
                  mi dice terra terra  
                  di andare a far la guerra  
                  quest'altro lunedì  
                   
                  Ma io non sono qui  
                  egregio presidente  
                  per ammazzar la gente  
                  più o meno come me  
                   
                  Io non ce l'ho con lei  
                  sia detto per inciso  
                  ma sento che ho deciso  
                  e che diserterò.  
                   
                  Ho avuto solo guai  
                  da quando sono nato  
                  i figli che ho allevato  
                  han pianto insieme a me.  
                   
                  Mia mamma e mio papà  
                  ormai son sotto terra  
                  e a loro della guerra  
                  non gliene fregherà.  
                   
                  Quand'ero in prigionia  
                  qualcuno mi ha rubato  
                  mia moglie e il mio passato  
                  la mia migliore età.  
                   
                  Domani mi alzerò  
                  e chiuderò la porta  
                  sulla stagione morta  
                  e mi incamminerò.  
                   
                  Vivrò di carità  
                  sulle strade di Spagna  
                  di Francia e di Bretagna  
                  e a tutti griderò.  
                   
                  Di non partire più  
                  e di non obbedire  
                  per andare a morire  
                  per non importa chi.  
                   
                  Per cui se servirà  
                  del sangue ad ogni costo  
                  andate a dare il vostro  
                  se vi divertirà.  
                   
                  E dica pure ai suoi  
                  se vengono a cercarmi  
                  che possono spararmi  
                  io armi non ne ho.  
                 Boris Vian 
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Un fotogramma di Orizzonti di gloria  di Stanley Kubrick (1957)  | 
                   
                 
                
 
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Una insolita rivisitazione dei tempi di  guerra l'ha fatta Andrea Perin nel suo libro  La fame aguzza l'ingegno, cucina buona  per tempi difficili (dal quale è tratta questa  immagine), che propone pietanze riprese  dai ricettari di difesa alimentare pubblicati  durante il primo conflitto mondiale  | 
                   
                 
                 
                Il diario di un disertore 
                   
                  di Bruno Misefari 
                  Bruno Misefari, conosciuto anche con lo pseudonimo 
                  anagrammatico Sbarnemi (Palizzi, 17 gennaio 1892-Roma, 12 giugno 
                  1936) è stato un anarchico, filosofo, poeta e ingegnere 
                  italiano. 
                  Il Diario di un disertore (La Nuova Italia, Firenze, 
                  1973) è stato scritto da Misefari nel carcere di Zurigo 
                  – Kantonspolizei, Kasernenstrasse – nel 1918. 
                   
                  23 aprile 1916 
                  Dei tanti soldati che conoscevo non ho più ritrovato 
                  che qualcuno ancora inabile ai lavori di guerra. Tutti gli altri 
                  sono al fronte e a quest'ora sono forse feriti o sono morti. 
                  Intanto è un continuo arrivare di reclute. È una 
                  razzia. Ci sono imberbi e ci sono uomini dai capelli grigi. 
                  Di tutte le età, di tutti i colori, di tutte le taglie, 
                  di tutti i paesi. E nell'enorme cortile della caserma, è 
                  un via vai insolito, un ronzio come d'immenso alveare, un qualcosa 
                  che ricorda in modo stridente un giorno di festa, mentre è 
                  giorno di lutto e di dolore. In ogni faccia non vedo espressione 
                  di gioia. Non ci sono che espressioni di spavento, sbigottimento, 
                  ira repressa. Segno evidente che nessuno di essi vuol morire 
                  sul campo di battaglia. 
                  E dire che si ha ancora il coraggio di asserire che è 
                  il popolo a volere la guerra. 
                  (p. 64)
                 
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Bruno 
                        Misefari (Palizzi, 1892-Roma, 1936)  | 
                   
                 
                
                  Lettera di Mado 
                  Caro Bruno, 
                  aprirai questo plico con immensa curiosità, curiosità 
                  ben giustificata. La tua meraviglia sarà diretta, oltre 
                  che al nome del mittente, al contenuto di esso. 
                  È il diario di Furio. 
                  Te lo affido con la coscienza sapendo che tu, con altrettanta 
                  coscienza, capacità e tenacia, un giorno lo pubblicherai. 
                  Solo tu possiedi la sua medesima sensibilità, lo apprezzerai 
                  e ne farai un tesoro. 
                  Furio è morto al fronte fucilato alla schiena da un ufficiale 
                  italiano, mentre abbracciava un soldato austriaco. Entrambi 
                  uccisi. Morti il giorno dei morti, il 2 novembre 1918, alle 
                  ore sette di sera. 
                  Io ho ucciso. Ho ucciso il tenente, che a sua volta aveva ucciso 
                  Furio. 
                  Tenevo nascosta una pistola, l'avevo prelevata dalla tasca di 
                  un giubbotto di un ufficiale austriaco, morto ai miei piedi. 
                  Con essa ho sparato, ho ucciso anch'io. 
                  Bruno, penso e so che solo tu puoi comprendere e giustificare 
                  la mia azione, eseguita in quel momento particolare. 
                  Non potevo farne a meno. 
                  Comprenderai anche il gran gesto di Furio. 
                  I pochi soldati rimasti in trincea hanno assistito all'uccisione 
                  del tenente, sono stati fermi, zitti. Anche dopo l'armistizio 
                  non mi hanno denunciato. 
                  Oltre al diario – composto, come vedrai, da tutte quelle 
                  carte, fogli, fogliettini, prelevati da me con tanta cura da 
                  sotto la sua panciera (come se lo teneva riguardato il suo scritto, 
                  era tutta la sua vita!) – ho trovato su di lui i due preziosi 
                  volantini contro la guerra di Tripoli del 1911. Sono logorati, 
                  disgregati, come vedi. Hanno raccolto tutto il fervente calore 
                  umano che si sprigionava dal suo corpo e dal suo intelletto. 
                  Era tutto ciò ch'egli volesse possedere. 
                  Ti ricordi? Fu allora che iniziarono per lui le sue prime battaglie 
                  antimilitariste ed egli fu allora, per la prima volta in carcere, 
                  da studente a 19 anni, a Reggio Calabria. 
                  Quei due pezzettini di carta sbiaditi dal tempo erano il suo 
                  «talismano». Potrai pubblicarli? O addirittura farne 
                  una copia e includerli nel diario? 
                  Avrai un enorme lavoro, caro Bruno. Dovrai avere una pazienza 
                  da certosino per mettere insieme questa enormità di appunti, 
                  questi scritti talvolta illeggibili. Riuscirai a ricavarne un 
                  volumetto? Dovrai però prima imparare un nuovo mestiere, 
                  dovrai diventare mosaicista. 
                  Ho tanta fiducia in te, ci riuscirai. 
                  Ti piace il titolo? Diario di un disertore (Nella morsa). 
                  A me piace molto. 
                  Puoi assicurare i genitori di Furio che il loro figlio l'ho 
                  seppellito io, con l'aiuto di tutti i soldati della trincea, 
                  in presenza di tutti i soldati austriaci. 
                  L'abbiamo sotterrato in un luogo suggestivo, sembra una cripta, 
                  una grotta naturale, un posto degno di questo nostro amico, 
                  apostolo dell'amore. 
                  Abbiamo sepolto là anche il tenente, accanto a Furio. 
                  Nella medesima grotta abbiamo assistito anche noi italiani alla 
                  sepoltura del povero Erwin. Tre uomini. Tre fratelli. Verrò 
                  presto a trovarti a Reggio. 
                  Verresti con me questa primavera a vedere la grotta? 
                  Ti abbraccio forte. 
                  (pp.175-177) 
                  Bruno Misefari 
                   
                  Tra gli argomenti che verranno discussi al Convegno ci sarà 
                  anche la follia come fuga dall'orrore, che emergerà in 
                  maniera forte appunto durante la Prima Guerra Mondiale. 
                 
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Il rifiuto antimilitarista della guerra era già esploso nell'ottobre  1911, all'epoca della guerra di Libia, con l'atto di rivolta di  Augusto Masetti che aveva sparato a un ufficiale, e nel giugno  1914, con l'insurrezione popolare nota come “settimana rossa”  | 
                   
                 
                  
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   10 aprile 1918 - 55esima divisione britannica, vittime del gas  | 
                   
                 
                 
                “Scemi di guerra”: tra follia e ribellione 
                   
                  di Ilaria La Fata 
                  Nel linguaggio popolare gli «scemi di guerra» 
                  erano quei soldati che, dopo essere stati al fronte per un tempo 
                  più o meno lungo, manifestavano segni di «alienazione 
                  mentale» e per questo venivano ricoverati in manicomio, 
                  da dove venivano poi definitivamente riformati oppure accusati 
                  di simulazione e ricondotti al reparto di appartenenza. Riflettere 
                  sul loro comportamento e sui disturbi che ne determinarono il 
                  ricovero significa in primo luogo analizzare la guerra come 
                  trauma, come evento che sconvolse le vite e le menti di moltissimi 
                  soldati. Eppure, i paradigmi psichiatrici prevalenti fra i medici 
                  del tempo consideravano unicamente la predisposizione biologica 
                  alla malattia mentale, escludendo che eventi bellici potessero 
                  produrre autonomamente effetti patologici, pur con interessanti 
                  differenze di atteggiamento tra psichiatri militari e civili. 
                  A prevalere fu, per la psichiatria militare, il tentativo di 
                  mettere a punto tecniche di individuazione dei “simulatori”, 
                  soldati la cui unica patologia riconosciuta era, a loro avviso, 
                  la totale assenza di amor di patria. L'insieme dei militari 
                  bollato come “simulatori”, tuttavia, offre la possibilità 
                  di analizzare comportamenti e reazioni assai variegati che, 
                  con livelli di sofferenza e di consapevolezza assai diversi, 
                  rimandano però, tutti, al grande tema della fuga dalla 
                  guerra e della disobbedienza all'ordine di uccidere o farsi 
                  uccidere.
                  Ilaria La Fata
                 
                 
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Staffordshire (Gran Bretagna), National  Memorial Arboretum - Il monumento Shot  at Dawn commemora i 306 soldati britannici  e del Commonwealth uccisi in seguito  all'accusa di codardia e diserzione  durante la Prima Guerra Mondiale  | 
                   
                 
                 
                
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Stoccarda (Germania) - Il monumento,  che rappresenta una figura umana  ricavata da un blocco di granito,  è dedicato a tutti i disertori  | 
                   
                 
                 
                   
                
 Arte contro la guerra 
                 Come documentano queste immagini raccolte da 
                  Roberto Gimmi, in diversi paesi nord-europei, soprattutto dopo 
                  la Seconda Guerra Mondiale, sono stati realizzati da artisti 
                  internazionali – e installati in luoghi pubblici – 
                  alcuni monumenti esplicitamente dedicati a quanti hanno rifiutato 
                  in vari modi la guerra. Forse il più famoso è 
                  Shot at Dawn (ovvero “Fucilati all'alba”), il nome 
                  dell'opera dedicata ai 306 soldati britannici fucilati durante 
                  il primo conflitto mondiale con l'accusa di diserzione e codardia. 
                  Il sito si trova nel National Memorial Arboretum di Alrewas, 
                  nello Staffordshire. La maggior parte di questi soldati soffriva 
                  di quella che oggi è conosciuta come la sindrome da stress 
                  post-traumatico, all'epoca non diagnosticata. La figura ritratta 
                  nel monumento è quella del soldato semplice Herbert Burden, 
                  del Primo Battaglione dei Fucilieri del Northumberland, fucilato 
                  a Ypres nel 1915 all'età di 17 anni.
                  
                
 Molti i monumenti innalzati in tutta Europa immediatamente 
                  dopo la fine del primo conflitto mondiale. La stragrande maggioranza 
                  rispondeva alla logica “sangue e onore”, ma non 
                  sono mancati i monumenti esplicitamente contro la guerra, come 
                  questo di Gentioux la cui scritta non lascia spazio a equivoci: 
                  Sia maledetta la guerra. Anche in Italia furono innalzati 
                  monumenti apertamente critici, ma vennero tutti distrutti durante 
                  il fascismo, come racconta lo storico inglese John Foot nelle 
                  sue “Contromemorie”. 
                 
                   
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                    |   Berlino (Germania), giugno 1990 - Una replica della scultura in bronzo  realizzata da Carl Frederik Reuterswärd come simbolo di pace e non-violenza  | 
                   
                 
                  
                
                   
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                    |   Brema (Germania), novembre 2007 - Un ex-soldato della Wehrmacht  condannato per diserzione siede accanto al monumento  Per il disertore sconosciuto, eretto nel 1986  | 
                   
                 
                  
                
                   
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                    |   Praga (Repubblica Ceca) - Il John Lennon Wall è un tributo all'artista  che ha predicato pace e amore attraverso la sua musica  | 
                   
                 
                 
                 
                   
                    Programma 
                        del Convegno 
                       
                        sabato 20 settembre 
                        ore 14,30 - 19,00 
                         
                        Coordina Francesco Codello 
                         
                        Cent'anni dopo. Introduzione, Piero Brunello 
                         
                        La diserzione, Bruna Bianchi 
                         
                        Luci e ombre dell'antimilitarismo dalla 
                        Settimana rossa del giugno 1914 a Caporetto, 
                        Mimmo Franzinelli 
                         
                        Il pacifismo, Alberto Cavaglion 
                         
                        Le proteste popolari, Stefano Musso 
                         
                        dibattito 
                         
                        tra una relazione e l'altra, incursioni musicali 
                        del Coro de Gli Imperfetti diretto 
                        da Giuseppina Casarin 
                       
                       
                        domenica 21 settembre 
                        ore 9,30 - 13,30 
                         
                        coordina Bruna Bianchi 
                         
                        Classificare e punire, Elena Iorio 
                         
                        “Scemi di guerra”: tra follia e ribellione, 
                        Ilaria La Fata 
                         
                        Le contromemorie, John Foot 
                         
                        Eccoci bella mia domani parto. 
                        Le canzoni della guerra, Alessandro Portelli 
                         
                        dibattito 
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                    È una storia un po' complicata 
                        è una storia sbagliata 
                       
                        Fabrizio De André 
                      chiusura 
                        sezione Storia  | 
                   
                 
                
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