Orfani di genitori vivi 
                   
                
                   
                    Penso 
                        che essere padre sia più difficile di essere madre 
                        perché l'amore di tuo figlio te lo devi meritare. 
                        Ed io sono fortunato perché, nonostante abbia avuto 
                        così poco tempo per meritarmi il suo amore, Mirko 
                        continua ad amarmi. 
                        Mi ricordo come se fosse oggi quel giorno che mi arrestarono, 
                        lui aveva sette anni e mi disse: “Papà 
                        torna presto a casa“. sono più ritornato, 
                        ma lui è ancora lì che mi sta aspettando. 
                        E in questi giorni mi sono ricordato di quando ho detto 
                        a mio figlio che non sarei mai più uscito dal carcere. 
                        Avevo aspettato che compisse quindici anni per confidargli 
                        la verità sulla mia condanna che dovevo scontare. 
                        Adesso ne ha trenta ed è padre di due bambini. 
                        Era la prima volta che c'incontravamo senza sua madre 
                        e sua sorella, perché avevo detto alla mia compagna 
                        di mandarmelo da solo. Mi ricordo che ero appena stato 
                        trasferito al carcere di massima sicurezza di Novara. 
                        E quello era il mio primo colloquio che facevo in quel 
                        carcere. 
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                  (Ero uscito dalla sezione con passi lenti.) Il mio cuore 
                  invece volava. 
                  (Attraversai il lungo corridoio della sezione.) Il mio cuore 
                  invece era già arrivato in fondo quando io ero appena 
                  arrivato a metà. 
                  (Ero giunto alla rotonda.) Poi il mio cuore iniziò 
                  a pensare come avrei potuto dire a mio figlio che ero condannato 
                  alla “Pena di Morte Viva“.  
                  (Le guardie mi fecero attendere qualche minuto.) E che non 
                  sarei mai più uscito dal carcere.  
                  (Poi mi aprirono il cancello.) E come dirlo.  
                  (E mi fecero entrare in un altro corridoio.) Pensai che forse 
                  fosse meglio dire poco. (Arrivai in fondo.) Il minimo 
                  indispensabile.  
                  (Poi mi fecero entrare in una cella per perquisirmi.) Perché 
                  ci sarebbe stato troppo da dire.  
                  (Poi mi fecero entrare nella sala colloquio.) E troppo poco 
                  tempo per poterlo dire. 
                  (La stanza era lunga e larga.) Sarebbe stato meglio, prima 
                  di parlare, abbracciarlo. (Divisa nel mezzo da un lungo 
                  bancone di legno.) E tenerlo stretto più a lungo possibile. 
                  (Ai lati c'erano delle lunghe panche di ferro inchiodate al 
                  pavimento.) Le parole forse sarebbero venute da sole. 
                  (Le pareti della sala erano grigie.) Le avrebbe trovate il 
                  mio cuore.  
                  (Il colore preferito del carcere.) 
                   
                  (Mi misi seduto. Avevo l'aria assente. Ero ansioso. E dall'emozione 
                  facevo fatica a respirare. Invece il mio cuore rimase in piedi. 
                  Attento a quello che accadeva intorno. Nella sala colloquio 
                  c'era rumore di silenzio. Dietro i vetri c'erano due guardie 
                  che mi osservavano. Mi sentivo come un pesce in un acquario. 
                  Dopo un po' vidi lo spioncino del blindato aprirsi. E una guardia 
                  affacciarsi per darmi un'occhiata. Poi lo spioncino si chiuse 
                  con un tonfo. E sentii il rumore della chiave entrare nella 
                  serratura del blindato. Ascoltai la serratura scattare. E il 
                  pesante blindato aprirsi. 
                  Passarono degli istanti interminabili. Poi mi alzai in piedi. 
                  Vidi davanti ai miei occhi mio figlio sorridente. E udii il 
                  blindato dietro di lui chiudersi rumorosamente. Trattenni il 
                  respiro. E un leggero sorriso mi attraversò le labbra. 
                  Sentii il mio cuore balzarmi fuori dal petto per andare incontro 
                  a mio figlio. Io rimasi fermo dov'ero. E capii perché 
                  era venuto al mondo. Capii perché era riuscito a vivere 
                  in tutti quegli anni. Capii perché non mi ero mai arreso 
                  di lottare. Capii perché ero riuscito a sopravvivere. 
                  Capii che lo avevo fatto per lui e per sua sorella. 
                  Mio figlio avanzò. Io rimasi fermo, ma allargai le braccia. 
                  Lui mi venne incontro. E tutte e due ci abbracciammo forte.) 
                   
                  Mirko. (Sussurrai.) 
                  Papà! (Mi rispose.) 
                  (Poi ci sedemmo. Mirko iniziò a parlare per primo:) 
                  Papà... (Nel frattempo 
                  ci guardammo.) La mamma e la Barbi 
                  ti salutano.  
                  (Ci osservammo.) 
                  E mi hanno chiesto di dirti che ti 
                  vogliono tanto bene. (Ci studiammo.) 
                  Papà... (Prima con 
                  timidezza.) 
                  Perché mi hai fatto venire da 
                  solo? (Poi con complicità.) 
                  Mi ha confidato la mamma che mi devi 
                  dire una cosa importante.  
                  (E alla fine ci guardammo con affetto. 
                  Non mi ero mai sentito vulnerabile come quel giorno.) 
                  Figliolo... (Notai che mio figlio aveva l'aria 
                  da bravo ragazzo.) 
                  Ti devo dire una cosa brutta. (Pensai che quella 
                  l'avesse presa da me.) 
                  Che non ti ho mai detto. (Notai pure che aveva 
                  l'aria da ragazzo intelligente.) 
                  E che per tanti anni io e la mamma ti abbiamo tenuto nascosto. 
                   
                  (Pensai che quella sicuramente l'avesse presa da sua madre.) 
                  Devi sapere che io non ho più futuro.  
                  (Poi incominciammo a guardarci dentro gli occhi.) 
                  Né sogni.  
                  (A guardarci dentro il cuore.) 
                  Né speranza.  
                  (A guardarci dentro l'anima.) 
                  Perché la mia pena non potrà mai finire. 
                  (Dall'altra parte del vetro le guardie ci guardavano.) 
                  Sono condannato alla pena dell'ergastolo.  
                  (Ci controllavano con falsa indifferenza perché in realtà 
                  seguivano con attenzione le nostre gesta.) 
                  E non potrò mai uscire dal carcere.  
                  (Sarebbero state disposte a pagare per sapere cosa ci stavamo 
                  dicendo.) 
                  Figliolo... 
                  (Soprattutto per ascoltare quello che si stavano dicendo i nostri 
                  cuori.) 
                  Devi sapere che un ergastolano pensa a molte cose. 
                   
                  (A un tratto scrollai la testa.) 
                  Incredibilmente non pensa mai al suo futuro.  
                  (Per farmi coraggio chiusi per un attimo gli occhi.) 
                  Perché è l'unica cosa che conosce fin troppo 
                  bene.  
                  (Li riaprii subito dopo.) 
                  Perché anche se non sa quando morirà... 
                   
                  (Poi guardai negli occhi mio figlio.) 
                  Sa però dove morirà.  
                  (Lo feci con uno sguardo perso nel vuoto.) 
                  In una cella.  
                  (E con uno sguardo assente.) 
                  Figliolo... 
                  (Poi feci un grosso respiro.) 
                  Devi sapere che gli ergastolani sono cadaveri vivi in 
                  attesa di morire.  
                  (Mi passai una mano sui capelli.) 
                  E per loro non ci può essere salvezza. 
                  (E subito dopo con tutte due le mani mi coprii il viso.) 
                
                   
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                    |   Carcere di Massa, 1980  | 
                   
                 
                 (Mirko allungò le sue mani.) 
                  Papà.  
                  (Me le afferrò.) 
                  Devi sperare. 
                  (E me le tolse dal viso.) 
                  Devi sapere che la speranza non fa 
                  mai male.  
                  (Poi incrociò il mio sguardo.) 
                  Non devi arrenderti.  
                  (Mi guardò storto.) 
                  Non puoi arrenderti.  
                  (Mi guardò con determinazione.) 
                  E non lo farai.  
                  (Mi guardò con durezza.) 
                  Papà...  
                  (Poi mio figlio mi prese la mano.) 
                  Devi avere speranza.  
                  (E me la strinse forte.) 
                
                   
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                    |   Maggio 
                        2013   | 
                   
                 
                Figliolo... 
                  (Io prima annuii.) 
                  Devi sapere... 
                  (Poi ci ripensai.) 
                  La speranza a volte fa male.  
                  (E iniziai a muovere la testa da una parte all'altra.) 
                  A me ha sempre fatto male.  
                  (E battei un pugno sul bancone. 
                  Mirko scrollò commosso il capo.) 
                  Papà...  
                  (Poi aggiunse:) La speranza non ti 
                  farà più male. 
                  (Disse con voce sicura:) Non te ne 
                  farà mai più. 
                  (Sussurrò con voce sincera:) Perché 
                  io realizzerò tutti i tuoi sogni.  
                  (Gli risposi sottovoce:) Figliolo, è brutto invecchiare 
                  in carcere rimanendo vivo.  
                  (Poi ci stringemmo in un lungo abbraccio.) 
                  Te lo giuro che però ci proverò.  
                  (E ci stringemmo così stretti fra noi che persino le 
                  nostre lacrime si abbracciarono fra loro.) 
                 Carmelo Musumeci 
                  Carcere di Padova 
                  www.carmelomusumeci.com 
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