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                  La durata dei cuccioli  
                  a cura di Felice Accame 
                 
                  1.  
                  A quanto pare lo psicologo sociale Richard LaPiere, nel 1934, 
                  attraversa gli Stati Uniti in compagnia di una coppia di cinesi; 
                  entrano in 250 ristoranti e in 249 servono loro da mangiare. 
                  Uno solo, insomma, li rifiuta per la presenza dei cinesi. Più 
                  o meno contemporaneamente, il LaPiere aveva inviato un questionario 
                  agli stessi 250 ristoranti chiedendo loro se accettavano clienti 
                  cinesi e più del 90 per cento di loro aveva risposto 
                  di no. Si potrebbe dire che un conto sono i principi – 
                  sani o malati che siano – e tutt'altro conto è 
                  la loro applicazione. Se c'è da sbandierarli siamo tutti 
                  pronti, ma se c'è la possibilità di incassare 
                  quattrini senza che la dichiarazione dei principi stessi venga 
                  messa in forse, siamo anche pronti a sconfessarli – giusto 
                  per il breve lasso di tempo che impieghiamo nel metterli in 
                  tasca. 
                  Più opportuni – più significativi –, 
                  allora, sembrano i risultati di una seconda ricerca anch'essa 
                  piuttosto datata. 
                  Nel 1954, Lohman e Reitzes – siamo ancora negli Stati 
                  Uniti – si occuparono di 151 residenti di un agglomerato 
                  urbano tutti aderenti al medesimo sindacato. Se ne poteva presupporre, 
                  dunque, un certo grado di coesione. Bene: in quanto proprietari 
                  di case si opponevano alla presenza di neri fra loro, ma, in 
                  quanto sindacalisti, lottavano sul posto di lavoro perché 
                  i neri avessero pari opportunità dei bianchi. 
                   
                  2. 
                  C'è da chiedersi, allora, quanto durano certi processi 
                  di valorizzazione e quali sono le condizioni che determinano 
                  il loro mutamento – quando, cioè, un valore lascia 
                  il posto ad un altro gerarchicamente sovraordinato. Credo che 
                  l'importanza della questione per la nostra convivenza civile 
                  non possa sfuggire a nessuno. Il caso degli “abitanti” 
                  recenti del parlamento italiano – pronti un giorno a sposare 
                  una causa e il giorno dopo la causa opposta – è 
                  lì a ricordarci la fertilità della metafora orwelliana 
                  della Fattoria degli animali, ma, alla fin fine, la questione 
                  ci tocca da vicino più di quanto siamo disposti ad accorgerci. 
                  Allo scopo di tacitare le coscienze, qualcuno ha provveduto 
                  a dotare il patrimonio culturale dell'umanità dell'idea 
                  che “la coerenza è degli stupidi”, come se, 
                  quando parliamo di coerenza, parlassimo di rapporti da considerarsi 
                  eterni. È ovvio che la coerenza è il riscontro 
                  di un qui e di un'ora – ed è ovvio che, mutando 
                  i termini del problema, la soluzione non solo possa ma debba 
                  essere diversa. 
                   
                  3. 
                  È maggio. Siamo nel 2013. Incontro per la strada cinque 
                  giovinotti. Mi vengono incontro camminando alla stessa maniera, 
                  uno a fianco dell'altro, capelli rasati, giubbottini stretti, 
                  scarpe pesantucce – uno si stacca un attimo e, gentilissimo, 
                  educatissimo, mi porge un volantino, “Prego, signore, 
                  le lascio un volantino”. Che, come sempre, prendo, ringraziando, 
                  e che mi leggo al volo. “Dona Amore”. Come fare 
                  a non essere d'accordo. Ci sono cinque cuccioletti incantevoli 
                  che mi guardano e varie scritte: “I lupi danno la zampa”, 
                  “Iniziativa urgente”, “Partecipa alla raccolta 
                  a favore” di un canile di Magenta; “Raccogliamo: 
                  cibo (secco e umido) per cani, antiparassitari, antifilaria, 
                  antibiotici”; un indirizzo, orari; un simbolo: un gatto 
                  e due cani, disegnati l'uno nella silhouette dell'altro, dove 
                  la constatazione è diventata nome, “I lupi danno 
                  la zampa”. Devo dir la verità: il simbolo mi inquieta 
                  un po', ma la porzione esplicita del messaggio non può 
                  che ottenere la mia approvazione. Appena arrivo a casa, tuttavia, 
                  vado in rete. Digito e ci ragiono un po' su. Nel sito si cita 
                  Konrad Lorenz e si invoca una “etologia dell'uomo”, 
                  per “vivere nella Natura e per la Natura e non solo per 
                  il denaro e per il consumo”. Ci si richiama ad “antichi 
                  vincoli tradizionali di conoscenza” non meglio specificati 
                  e ci si dichiara contro la “nevrosi di massa” che 
                  “riduce l'uomo moderno, prigioniero del delirio materialista 
                  e progressista, a devastare l'ambiente e ad auto-distruggersi”. 
                  Vado avanti. Si danno notizie: commemorazioni dannunziane, “onore 
                  ai caduti della Repubblica sociale italiana”, “vittime 
                  delle foibe”, “skoll eroica”, “Lealtà 
                  azione”. Ho capito. Vabbè, qualcuno dirà, 
                  non ci voleva molto a capire. 
                    
                  4. 
                  Con tutto l'amore per la sua ochetta Martina e per tutti gli 
                  animali del creato – come racconta ne L'anello di re 
                  Salomone –, Konrad Lorenz – come non racconta 
                  ne L'anello di re Salomone né altrove – 
                  fu anche capace di chiedere – e ottenere – la tessera 
                  del Partito nazionalsocialista nel 1938 e di incoraggiare l'eugenetica. 
                  L'amore per la natura e l'interesse hitleriano per la dieta 
                  vegetariana sono noti. Skoll è il nome di un cantante 
                  e il nome di un gruppo musicale che qualcuno definisce “viking 
                  metal”. Nella mitologia nordica è un lupo che vuole 
                  divorare il sole – o qualcosa del genere – e che, 
                  pertanto, mi sembra poco propenso a dare la zampa. Su D'Annunzio 
                  il discorso si potrebbe fare più serio – c'è 
                  stato anche un D'Annunzio rivoluzionario (la Salaris dice anche 
                  “pre-sessantottino”) a Fiume e c'è stato 
                  un D'Annunzio rincoglionito puttaniere, ma, c'è stato 
                  anche un D'Annunzio più e meno fascista a seconda delle 
                  necessità del momento e, comunque, c'è stato un 
                  D'Annunzio reso fascista dai fascisti. Degli antichi saperi 
                  ho sempre diffidato. Se sono rimasti “antichi” qualche 
                  ragione ci sarà. La nostalgia è un tarlo pericoloso, 
                  almeno quanto quello del progresso. 
                  Ci sarebbe, poi, anche la questione dell'etologia. È 
                  il nome di una scienza, non di un progetto sociale. Designa 
                  lo studio dei comportamenti degli altri animali nel loro ambiente 
                  da parte dell'uomo, ma nulla impedisce che, da quanto appreso, 
                  assumendo lo stesso punto di vista e utilizzando gli stessi 
                  strumenti di indagine, si possa guardare ai comportamenti umani 
                  e ricavarne qualche informazione nuova. Gli animali, insomma, 
                  ci possono dire qualcosa di noi stessi. Ma caricare il nome 
                  di questa disciplina di un valore – un valore per il quale 
                  darsi da fare – non sembra avere molto senso. 
                   
                  5. 
                  Come è possibile, allora, che nel medesimo quadro di 
                  valori – nel medesimo quadro di valori praticato da una 
                  o più persone – ci sia posto per l'ideologia nazista 
                  e per i migliori sentimenti umani tutti intrisi di rispetto 
                  per la natura e per le creature che in questa natura gioiscono 
                  e patiscono – più patiscono che gioiscono? Come 
                  è possibile che un essere umano, improvvisamente condotto 
                  da un volantino alla pietà amorosa verso i cuccioli di 
                  cane possa ritrovarsi – giorni dopo, mesi dopo, anni dopo 
                  – neonazista pronto a sterminare i vicini di casa o chi 
                  non la pensa come lui sul checchessia di turno? Una risposta 
                  dovrebbe partire da queste constatazioni: i processi di valorizzazione 
                  sono effettuati qui e ora e nulla ci garantisce della loro durata 
                  nel tempo. Non solo: i processi di valorizzazione sono eseguiti 
                  uno per volta. E ancora: i processi di valorizzazione sono focalizzati 
                  verso un oggetto – un qualcosa, una merce, un'idea – 
                  distaccandolo mentalmente da tutto il resto. Valorizziamo questo 
                  e quest'altro e, a volte, non ci rendiamo conto che stiamo contraddicendo 
                  quel che abbiamo valorizzato in precedenza. L'incoerenza la 
                  si può vedere anche in termini di malattia sociale – 
                  una malattia indotta dal potere e dallo stato di necessità 
                  delle persone di soddisfare i bisogni del momento così 
                  come il potere esige. Il rimedio – l'unico rimedio possibile 
                  – è fatto di consapevolezza, di memoria e di una 
                  disponibilità: consapevolezza del fatto che nulla ha 
                  valore di per sé, ma solo in grazia delle operazioni 
                  mentali che l'individuo compie nei suoi confronti – un 
                  individuo che, allora, diventa responsabile dei propri valori 
                  e, in quanto tale, rispettoso dei valori altrui; memoria dei 
                  propri valori e di coloro che ci hanno preceduto. Su questa 
                  base – e soltanto su questa base – può manifestarsi 
                  la disponibilità a negoziare e a rinegoziare costantemente 
                  – contesto per contesto, momento per momento – la 
                  gerarchia in cui i valori sono ordinati e applicati nei minimi 
                  sistemi della quotidianità come nei massimi sistemi con 
                  cui – semplificando – periodizziamo il corso della 
                  storia.
                
  Felice Accame
                  Note 
                  Le notizie relative alle due ricerche di psicologia sociale 
                  sono tratte da Melvin L. DeFleur e Frank R. Westie, Atteggiamenti 
                  verbali e atti pubblici, in N. Warren e M. Jahoda, Gli 
                  atteggiamenti, Boringhieri, Torino 1976. Il riferimento 
                  al D'Annunzio pre-sessantottino si avvale dell'opera di Claudia 
                  Salaris, Alla festa della rivoluzione, Il Mulino, Bologna 
                  2002.
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