Appuntamenti 
                 
                 Castel Bolognese. Prosegue il ciclo di pubbliche conversazioni 
                  con Andrea Papi e Luciano Nicolini, proposte e organizzate dalla 
                  Biblioteca libertaria Armando Borghi di Castel Bolognese (Ra). 
                  Dopo i primi tre incontri, che si sono tenuti il 2 febbraio 
                  ("Politica e antipolitica"), il 2 marzo 2013 ("Elezioni: 
                  un commento a caldo") e il 6 aprile ("L'uso del 
                  denaro pubblico"), gli ultimi due si terranno: sabato 4 
                  maggio 2013 ore 10.00: "Corruzione e incompetenza" 
                  e sabato 1 giugno 2013 ore 10.00: "Spese per la difesa 
                  o spese per l'aggressione?". Le conversazioni hanno 
                  avuto e avranno luogo presso i locali della Biblioteca Borghi, 
                  in via Emilia 93/95 a Castel Bolognese (nella saletta a piano 
                  terra, con ingresso diretto dal portico). 
                  Andrea Papi (Forlì), ex educatore di asilo nido e saggista, 
                  collabora regolarmente da decenni ad A rivista anarchica. È 
                  autore di diversi libri, tra cui: La nuova sovversione, ovvero 
                  la rivoluzione delegittimante (1985); L'androgino 
                  impedito: romanzo (1999); Tra ordine e caos: un'utopia 
                  possibile (2008); Per un nuovo umanesimo anarchico. Realismo 
                  di un progettare libertario (2009); Quando ero la dada 
                  coi baffi. Educare e autoeducarsi (2011). 
                  Luciano Nicolini (Bologna), antropologo, si occupa di demografia 
                  e statistica. Ex funzionario della regione Emilia-Romagna, svolge 
                  attualmente incarichi di ricerca presso l'Università 
                  di Modena. È editore e redattore della rivista mensile 
                  Cenerentola. Tra i suoi testi: Appunti per una costituzione 
                  libertaria (1995); Considerazioni sul Programma della 
                  Uai (1995); Cinquant'anni di Repubblica (1996); 
                  A proposito di biologia e ideologia (1997); A proposito 
                  di Piccole patrie (1998). 
                  gplandi@racine.ra.it. 
                   
                     
                Editoria 
                   
                Germinal. È uscito il n.118 di Germinal – 
                  giornale anarchico e libertario di Trieste, Friuli, Veneto, 
                  Slovenia. Le 24 pagine a due colori, risultato di un rinnovato 
                  impegno, di nuove collaborazioni e di una continua ricerca, 
                  sia dal punto di vista dei contenuti che di quello grafico, 
                  presentano uno spaccato, seppure incompleto, di quanto si muove, 
                  si elabora ed accade nel movimento libertario ed anarchico in 
                  un'area che supera i confini nazionali. Su questo numero troverete 
                  ampiamente illustrato l'impegno de* compagn* in Slovenia, alcuni 
                  articoli che riguardano il lavoro, le grandi opere e le questioni 
                  ambientali, ma anche argomenti che rispecchiano l'attività 
                  e la sfera d'interesse dei gruppi locali: l'immigrazione e i 
                  Cie, i temi storici, la psichiatria, le esperienze autogestionarie 
                  nel campo dell'informazione, l'oppressione in Palestina... Una 
                  parte importante di questo numero è sostenuta dalle riflessioni 
                  delle compagne sul linguaggio, il militarismo e l'elaborazione 
                  del pensiero libertario dal punto di vista femminile. 
                  Alle lettrici e ai lettori, ai fedeli abbonati chiediamo di 
                  sottoscrivere o rinnovare l'abbonamento annuo di 10 euro per 
                  due numeri, una forma di sottoscrizione che ci permette di sostenere 
                  i costi per la stampa e la spedizione. Ai gruppi e ai diffusori 
                  proponiamo, per non sprecare denaro ed energie, di comunicarci 
                  il numero di copie che ritengono realisticamente di distribuire 
                  in cambio della sottoscrizione di uno o più abbonamenti 
                  (il costo di una copia è 2 euro). 
                  Per i versamenti utilizzare il ccp 16 52 53 47 intestato a Germinal 
                  c/o Centro studi libertari – Trieste, specificando la 
                  causale. E-mail: germinal@germinalonline.org. 
                    
                  Bakunin. È uscito presso Elèuthera Viaggio 
                  in Italia di Michail Bakunin (pagg. 144, € 12.00, a 
                  cura di Lorenzo Pezzica). 
                  "Vedrete un amico mio russo, che vi raccomando caldamente 
                  insieme alla moglie che è polacca. E prima riceverete 
                  da lui – probabilmente da Genova – una lettera nella 
                  quale vi pregherà di trovargli una stanza a prezzo modesto 
                  a Firenze. Vi prego come amico di fare ciò che vi dirà 
                  e vi sarò grato". Giuseppe Mazzini, lettera a Giuseppe 
                  Dolfi. L'Italia, come è noto, era una tappa obbligata 
                  del "gran tour" che spingeva l'intellighenzia 
                  europea dell'ottocento a visitare i luoghi della classicità. 
                  Anche l'aristocratico russo Bakunin soggiornò spesso 
                  in Italia tra gli anni sessanta e settanta di quel secolo, ma 
                  i suoi interessi erano tutt'altro che classici: il suo obiettivo 
                  era incendiare l'immaginazione delle masse povere italiane 
                  e fondare la società dei liberi e degli eguali. Non c'è 
                  alcun dubbio che Bakunin, uno dei padri fondatori dell'anarchismo, 
                  fosse un indomito rivoluzionario. Ma al tempo stesso fu anche 
                  un acuto osservatore dei mali italiani, di un paese appena unificato 
                  e già afflitto da quei vizi con cui ancora oggi facciamo 
                  i conti: la convinzione che fosse sufficiente pareggiare il 
                  bilancio per avviare lo sviluppo economico, un meccanismo di 
                  prelievo fiscale tanto vessatorio quanto inefficace, l'uso 
                  personale del potere da parte di chi amministrava, l'indifferenza 
                  verso le aree arretrate del paese e la scelta di risolvere come 
                  problema di ordine pubblico la nascente "questione meridionale", 
                  lo strapotere della burocrazia e delle consorterie, il ruolo 
                  pervasivo della Chiesa... Insomma, lo sguardo a volte divertito 
                  e a volte indignato del filosofo russo mette in luce un'Italia 
                  che non stentiamo affatto a riconoscere. Sembra quasi che lo 
                  stato unitario, nelle sue metamorfosi gattopardesche, si sia 
                  ripetuto uguale a se stesso nel corso dei decenni, riproponendo 
                  nel tempo i tanti vizi e le scarse virtù che già 
                  Bakunin coglieva centocinquant'anni fa. 
                  Lorenzo Pezzica (1965), è storico e archivista. Vive 
                  e lavora a Milano, dove collabora con il Centro studi libertari/Archivio 
                  Giuseppe Pinelli, la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e la 
                  Fondazione Anna Kuliscioff. Ha pubblicato numerosi articoli 
                  e saggi di argomento archivistico e storico. Per Elèuthera 
                  ha curato il volume Voci di compagni, schede di questura. 
                  Considerazioni sull'uso delle fonti orali e delle fonti 
                  di polizia per la storia dell'anarchismo (2002). 
                  eleuthera.it 
                    
                  Teatro anarchico. Il teatro anarchico, all'interno del 
                  più vasto orizzonte teatrale, non è un “genere” 
                  tra generi ma un fenomeno a sé la cui peculiarità 
                  consiste nel diverso modo di intendere la funzione stessa del 
                  teatro, ponendosi, anzitutto, come uno dei mezzi per costruire 
                  coscienza sociale, a partire dalla demolizione dei due più 
                  grandi ostacoli alla libertà umana: la credenza in Dio 
                  e la credenza nello Stato. A suo fondamento sta un sentimento: 
                  "il sentimento istintivo del servizio verso l'umanità 
                  poiché è solo questo sentimento che costituisce 
                  la vita dello spirito nel senso in cui essa è parte vitale 
                  della vita della comunità umana". 
                  Assoluta novità nell'odierno panorama culturale dell'anarchismo 
                  di lingua italiana, L'anarchismo a teatro. Drammi e bozzetti 
                  in lingua italiana (1871-2011) di Santo Catanuto (Zero in 
                  Condotta, Milano 2013, pagg. 448, € 25,00) non vuole né 
                  può essere un'indagine storica di un fenomeno culturale 
                  qual è, nella sua particolarità, il teatro sociale 
                  declinato an-archicamente, ma, più semplicemente, è 
                  la mappazione di un materiale che per sua natura e per varie 
                  vicissitudini storiche, ideologiche e culturali è stato, 
                  per molti decenni, ignorato, disperso in un'infinità 
                  di luoghi e difficilmente reperibile 
                  Questo saggio raccoglie, senza alcuna pretesa di completezza, 
                  il repertorio complessivo della drammaturgia d'autore anarchico, 
                  in lingua italiana, diretta o in traduzione, affiancandovi anche 
                  quegli autori non anarchici che hanno scritto o messo in scena 
                  fatti e personaggi dell'anarchismo. Una mappa completa per comprendere 
                  appieno l'ampiezza, la varietà e l'intensità di 
                  un fenomeno avente una storia e un processo propri, tuttora 
                  in corso. 
                  zeroincondotta.org 
                 
                   
                    |    Quel 
                        cuoco lucano 
                        (guarda la tavola a lui dedicata) 
                       Armato di un temperino con una lama di sette centimetri, 
                        barattato da un rigattiere con la sua unica giacca, il 
                        17 novembre 1878 il cuoco lucano Giovanni Passannante, 
                        anarchico, tenta di colpire il re d'Italia Umberto I in 
                        visita nella città di Napoli. Ispirato ai principi 
                        della fratellanza universale, sdegnato per la miseria 
                        che opprime il popolo italiano, quello meridionale in 
                        particolare, vede nel monarca il simbolo dell'ingiustizia, 
                        il responsabile di una condizione di intollerabile sofferenza. 
                        La lama, deviata dal provvidenziale braccio di Benedetto 
                        Cairoli, ex mazziniano ma ora ministro di Sua maestà, 
                        non va a colpire Umberto e il fazzoletto che avvolgeva 
                        lo stilo, con su scritto “Viva la Repubblica Universale”, 
                        cade a terra, calpestato dai soldati mentre neutralizzano 
                        l'innocuo attentatore. 
                        Al processo la sentenza è di condanna a morte, 
                        ma con ipocrita generosità Umberto la trasforma 
                        in ergastolo. E quel che ne segue sarà, per Passannante, 
                        peggio di mille morti. Rinchiuso in una cella sotterranea 
                        nel penitenziario di Portoferraio, legato a una catena 
                        che ne impedisce i movimenti e a una palla di ferro di 
                        quindici chili, immerso nella perpetua oscurità, 
                        costretto a nutrirsi dei propri escrementi, quell'uomo 
                        che il Re aveva “salvato” subisce una infinita, 
                        mostruosa tortura. Solo dopo l'intervento dei socialisti 
                        Agostino Bertani e Anna Maria Mozzoni, che lo visitano 
                        in carcere e denunciano l'inferno, c'è il trasferimento 
                        nel manicomio di Montelupo Fiorentino. Ma ormai è 
                        tardi: la pazzia, una devastante e pietosa pazzia che 
                        toglie ogni consapevolezza, si è impadronita della 
                        sua mente. La feroce monarchia sabauda ha avuto la sua 
                        vendetta. Che troverà piena attuazione alla morte, 
                        con la decapitazione e la sistemazione di cranio e cervello 
                        in una teca nel museo criminale. Solo da poco quei poveri 
                        resti sono stati sepolti nel cimitero del paese natale. 
                        Probabilmente tanta crudeltà doveva impedire il 
                        ripetersi di altri tentativi di regicidio. Ma ci sarà 
                        Gaetano Bresci a togliere alla monarchia quella illusione! 
                       
                       Per saperne di più: 
                        Giuseppe Galzerano, Giovanni Passannante, Galzerano, 
                        1997 
                        Antonio Parente, Giovanni Passannante anarchico o mattoide, 
                        Bulzoni, 1989 
                        Ulderico Pesce, L'innaffiatore del cervello di Passannante, 
                        Pianetalibro, 2003 
                       a cura di Massimo Ortalli
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