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                Il cielo in un armadio 
                  
                di Paolo Pasi 
                  
                  «IO NON SONO PAZZO!!!» 
                  urlò appeso a una gruccia mentre, nel chiudersi dentro 
                  l'armadio, stabiliva una distanza ormai definitiva tra sé 
                  e il mondo là fuori, fatto di codardia e sottomissione. 
                  «Se proprio devo essere prigioniero» si disse «allora 
                  mi consegnerò a me stesso, in questa cella volontaria 
                  che porta l'odore di tanti appuntamenti inutili» 
                  Ed ecco la giacca del suo primo matrimonio, e subito accanto 
                  la camicia del suo secondo divorzio. Ogni capo appeso alle grucce 
                  era un pezzo zoppicante del suo passato, una memoria olfattiva 
                  che affiorava dolorosa, un ricordo con le stampelle. Alla sua 
                  destra riconobbe l'odore dell'ultimo completo della sua vita: 
                  nero, con i colletti larghi della giacca, i bordi delle maniche 
                  lisi, i pantaloni afflosciati. Un piccolo, inutile obolo alla 
                  disciplina aziendale e ai suoi corollari di ipocrisia. Una divisa 
                  indossata per partecipare al gioco truccato della competizione. 
                  Ma allora a che cazzo serviva la luce là fuori? Solo 
                  a illuminare la triste processione impiegatizia di volti sbiaditi 
                  e rinunciatari? 
                  Aria e libertà erano doni ignorati. La gente preferiva 
                  l'obbedienza, perché pagava nell'immediato. Pochi, maledetti 
                  e subito, prima che la rata scadesse... 
                  Così, respirando a fatica in quel nero buio denso dell'odore 
                  dei suoi abiti, si lasciò andare, appeso alla sua gruccia, 
                  oscillante e precario, egli stesso ormai un ricordo con la stampella 
                  di ciò che era stato fino a pochi minuti prima. Finché 
                  la sbarra dell'armadio cedette alla pressione del suo peso e 
                  trascinò giù tutte le grucce, compresa la sua. 
                  Nonostante l'altezza modesta, fu come un salto nel vuoto, la 
                  rappresentazione dinamica di una nuova stagione, la purificazione 
                  dall'ultima scoria del passato vissuto alla luce del sole, ma 
                  senza lampi di autentica gioia. 
                  D'ora in poi niente più pubblicità, né 
                  chips né snack. Niente più premi di consolazione, 
                  né incubi da raccontare all'analista. Solo un cielo da 
                  immaginare nella nudità del suo presente. Era un testimone 
                  spogliato davanti a se stesso nel buio profondo di un armadio. 
                  Qualcosa che lo riportava alle origini. 
                  «Io non sono pazzo!!!» ribadì raggiante. 
                  «E adesso, autogestione!»
                
  Paolo Pasi
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