a cura 
                  della redazione 
                   
                  Un faccione stilizzato di Mikhail 
                  Bakunin, (1814-1876) campeggia nella copertina del n. 49 (agosto/settembre 
                  1976) della rivista. Oltre la metà delle pagine sono 
                  dedicate a questo “padre fondatore” dell'anarchismo 
                  internazionale. Roberto Ambrosoli (R. Brosio) ne traccia la 
                  vita; Gampietro “Nico” Berti (M. Roberti) ne analizza 
                  l'attualità del pensiero; Paolo Finzi intervista lo storico 
                  Pier Carlo Masini; Maurizio Antonioli affronta la questione 
                  del suo rapporto con il sindacalismo; Tina Tomasi con la pedagogia 
                  libertaria; Heri Arvon con la sinistra hegeliana. 
                  “Nessuna forma di 'culto della personalità' da 
                  parte nostra – si legge nella presentazione del dossier 
                  – anzi sappiamo bene quanto deteriore e paralizzante risulti 
                  qualsiasi tipo di venerazione per chicchessia e non saremo certo 
                  noi anarchici a elevare qualcuno al rango di Maestro, Caposcuola, 
                  colui-che-ha-capito-tutto. Neppure Bakunin che è stato 
                  il primo ad inquadrare dal punto di vista ideologico e organizzativo 
                  l'anarchismo, neppure Bakunin può sfuggire a questo nostro 
                  costante atteggiamento critico.” 
                  Questo dossier usciva anche in vista del Convegno internazionale 
                  di studi bakuniniani, tenutosi poi a Venezia, Palazzo Sceriman, 
                  24-26 settembre, promosso dai Gruppi anarchici federati (Gaf) 
                  con decine di relatori. Fu quello il primo degli incontri internazionali 
                  anarchici tenutisi in quegli anni nella città lagunare, 
                  che si concluderanno nell'orwelliano 1984 – otto anni 
                  dopo – con l'Incontro internazionale anarchico in Campo 
                  Santa Margherita e in altre parti di Venezia. Avremo modo di 
                  parlarne, perché di “A” ne fummo informalmente 
                  tra gli organizzatori. 
                  Gran parte delle pagine restanti sono dedicate al 6° Festival 
                  del proletariato giovanile, tenutosi dal 26 al 29 giugno di 
                  quell'anno (1976) a Milano, al Parco Lambro. L'evento aveva 
                  avuto un grosso impatto sui mass media sia per la notevole affluenza 
                  di partecipanti sia per alcuni fatti di cronaca. La presenza 
                  organizzata degli anarchici, provenienti da tutta Italia (e 
                  la foto di un intervento al microfono del carrarese Goliardo 
                  Fiaschi, da poco uscito da una lunga detenzione in Spagna e 
                  in Italia, ne è testimonianza), era stata notevole non 
                  solo in termini numerici. A caldo, la redazione di “A” 
                  organizza una tavola rotonda alla quale partecipano Marina Candia 
                  e Alberto Castelnuovo (della commissione animazione), Luciano 
                  Lanza (della segreteria del festival), Massimo Varengo (della 
                  commissione cultura e dibattiti) e Gabriele Roveda (della redazione 
                  di “A”, come peraltro allora Lanza). In apertura 
                  si precisa che la tavola rotonda non pretende di essere esaustiva 
                  rispetto ai molti aspetti del festival, ma “è solo 
                  un modo per aprire un dibattito sereno e approfondito sulla 
                  condizione giovanile e sulle sue prospettive rivoluzionarie. 
                  Questa tavola-rotonda non mancherà di sollevare osservazioni 
                  e critiche, ne siamo certi. Il dibattito è aperto (...).” 
                  Per quanto attiene la vita interna della rivista, si dà 
                  conto della tredicesima assemblea di “A”, tenutasi 
                  a Napoli l'11 luglio, con la partecipazione di una sessantina 
                  di compagni, provenienti in grande maggioranza dalla Campania, 
                  ma anche dalla Sicilia, dal Lazio e da altri centri. In quell'occasione 
                  numerosi partecipanti all'assemblea, compresi i nostri redattori 
                  presenti, andarono a trovare a casa sua Beppe Furia, un anarchico 
                  residente con i suoi cari in un tipico quartiere super popolare 
                  della città, gravemente handicappato, che non aveva potuto 
                  essere presente. 
                  Naturalmente sulla rivista non c'è traccia di quell'incontro. 
                  Ma a chi vi partecipò, sono di sicuro rimasti impressi 
                  nella memoria e nel cuore il coraggio e la dimensione poetica 
                  e militante di Beppe, la calda ospitalità e umanià 
                  della madre, il casino caratteristico dei vicoli, quel muro 
                  della casa dirimpetto che sembrava di poter toccare con la mano 
                  tanto era stretta la vociante via sottostante. Uno spaccato 
                  di una Napoli che noi polentoni non conoscevamo, un ricordo 
                  di Beppe che non ci ha mai lasciati.
                
   
                
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