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				 politica 
                  
                Luci (?) e ombre del M5s 
                  
                di Igor Cardella 
                    
                Il M5s si limita a solleticare ulteriormente la banale “morale del risentimento” popolare, già acuita dagli avvenimenti degli ultimi anni. E a ben guardare... 
                
                  Premessa cinefila 
Il primo film di Bryan Singer è l'ormai irreperibile Public access (1992), la storia di un tizio affascinante che si insinua in un paesino statunitense e, attraverso una trasmissione televisiva (chiamata opportunamente Our town) ospitata da una rete locale, inizia a scoperchiare il marcio che si nasconde sotto l'apparente atmosfera idilliaca del posto. 
La pellicola di Singer, che all'epoca sembrò ai più (me incluso) un esercizio di stile privo di grossa sostanza, è ai miei occhi tornata di grande attualità per via delle vicende legate all'esplosione del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. 
Prima di soffermarmi però sul movimento in sé, dovrò fare un'ulteriore digressione. 
                  Tra mafia e stato non mettere il dito 
                Sembra che un po' tutti sappiano che esiste una interrelazione 
                  ben precisa tra alcune fasce della politica e alcune fasce della 
                  criminalità organizzata, ma nessuno – se si escludono 
                  ovviamente gli anarchici e pochissimi altri coraggiosi – 
                  può dirlo pubblicamente e tutte le indagini volte ad 
                  investigare tale rapporto o si sono arenate (“Segreto 
                  di stato”, shhh...) o sono state insabbiate (con corollario 
                  anche di morti molto sospette, per “attacco cardiaco” 
                  o “malore” improvvisi). In ogni caso, sia stato 
                  che mafia (1) gestiscono potere e regolamentano 
                  la vita degli individui in senso biopolitico/economico. Sebbene 
                  sia ovvio constatare come esistano inevitabili punti di conflitto 
                  tra il potere istituzionale e il potere mafioso, l'ottimistica 
                  idea che siano due poteri paralleli (e quindi indipendenti e 
                  in assoluto contrasto l'uno con l'altra) si è inceppata 
                  almeno un cinquantennio fa; l'unica altra opzione disponibile 
                  è che queste due forze tendano a venire a patti. Sembra 
                  plausibile ipotizzare che ogni governo abbia dovuto fare i conti 
                  con questo potere occulto e che esista una sorta di “tregua” 
                  invisibile che fa sì che la malavita immetta nel potere 
                  istituzionale alcuni individui ad essa congeniali e che, in 
                  cambio, rinunci ad azioni plateali e ad uno scontro diretto 
                  con lo stato. Parlare di corruzione, quindi, soltanto – 
                  come fanno certe forze politiche – rappresentandola come 
                  uno o più individui che utilizzano i soldi della comunità 
                  per farsi gli affari propri fa perdere di vista il fatto, ben 
                  più grave, che la corruzione è l'inserimento della 
                  logica del malaffare organizzato all'interno di un'istituzione 
                  democratica. Detto in soldoni – e anche qui la lungimiranza 
                  del pensiero anarchico non smette di sorprenderci – il 
                  problema non risiede tanto nel fatto che un tizio si impossessi 
                  di milioni di euro della comunità per comprarsi ville 
                  in posti tropicali e per fare regali alle amichette, quanto 
                  che il suddetto tizio abbia attuato all'interno di un'istituzione 
                  una modalità para-mafiosa, modalità che tenderà 
                  ad essere comunque replicata indipendentemente dalla presenza 
                  o meno del tizio in questione. 
Il problema, quindi, non è il soggetto istituzionale corrotto, è il fatto che ci sia una modalità perversa che regola le sue funzioni, i suoi poteri, le dinamiche inerenti la sua attività. Dire che la regione Lazio sarà meglio amministrata perché taluni indagati per corruzione sono stati esonerati è soltanto una mezza verità, dire questo significa pensare che basti cambiare uomini perché tutto migliori. 
Nonostante questo, anche grazie a un'informazione da sempre connivente con le maglie della politica, è passato alla pubblica opinione il concetto che i problemi dello stato non fossero dovuti alle contraddizioni inerenti la sua stessa natura, bensì alla presenza di “mele marce” che ne inceppano i meccanismi perfetti. 
                  Il Movimento 5 stelle – che a grandi lettere si propone 
                  come “forza democratica rivoluzionaria, non riformista” 
                  (2) – si pone, suo malgrado(?), in 
                  linea di continuità con tale presupposto. 
                  Power to the peephole (Potere allo spioncino) 
                Negli ultimi mesi l'idea dominante veicolata dal M5s – 
                  ma non solo – è che in Italia basti cambiare gli 
                  uomini e abbassare il loro stipendio per migliorare la politica, 
                  che basti inserire in parlamento individui fuori dai circuiti 
                  tipici della politica “tradizionale”, provenienti 
                  dalle fasce marginali – ma non troppo, leggasi quanto 
                  scritto da Grillo a proposito degli extracomunitari – 
                  della società civile (disoccupati, precari, alternativi 
                  generici) e a digiuno delle manovre sottobanco insite alla pratica 
                  governamentale, per ridare credibilità, trasparenza ed 
                  efficacia all'attività politica stessa. 
                  Scopo dichiarato del M5s è quello di fare entrare in 
                  parlamento nomi nuovi e utilizzarli quali veri e propri “controllori” 
                  delle attività parlamentari e politiche in genere. Molti 
                  cittadini hanno votato M5s perché solleticati dall'idea 
                  che in parlamento ci fossero dei disturbatori che, con i-phone 
                  alla mano, filmassero tutto ciò che avviene di “sospetto” 
                  per poi portarlo al pubblico dominio; una sorta di trasposizione 
                  fonetico/sostanziale del “power to the people” in 
                  “power to the peephole”, potere allo spioncino, 
                  al buco della serratura: un mandato parlamentare ricevuto per 
                  riportare al pubblico dominio ciò che nelle segrete stanze 
                  del parlamento si decide e si confabula. In questo, il M5s si 
                  è limitato a solleticare ulteriormente la banale “morale 
                  del risentimento” popolare, già acuita dagli avvenimenti 
                  degli ultimi anni, che vede i cittadini “stufi dei vecchi 
                  politici corrotti e arricchiti” (ma più per invidia 
                  che per reale indignazione morale) e attratti dall'idea che 
                  ci sia, nel panorama politico, una forza intenzionata a “ridurre 
                  drasticamente stipendi ed emolumenti della Casta”, di 
                  “beccarli con le mani nel sacco” e “mandarli 
                  tutti a casa” (perché, altro comma dell'abecedario 
                  del qualunquista che tanto ha giovato alla rinascita di Berlusconi 
                  e del suo partito, “alla fine sono tutti uguali”). 
                  Che però questa dichiarata volontà di Grillo e 
                  del suo movimento di assolvere pienamente questa funzione di 
                  “spioncino” pubblico del malgoverno fosse assai 
                  velleitaria era cosa preventivabile per svariati ordini di motivi. 
                  In primis perché presuppone che i deputati grillini – 
                  sprovveduti e naif per statuto – sappiano perfettamente 
                  cogliere cosa è sospetto e cosa non lo è in parlamento, 
                  come se bastasse essere presenti in un luogo per “capire” 
                  cosa sta succedendo (3); in secondo luogo 
                  perché si affida ciecamente alla “deontologia” 
                  dei grillini nel mostrare realmente il marcio del parlamento, 
                  e non il “marcio di comodo” da gettare nell'arena 
                  mediatica per nascondere ciò che di realmente marcio 
                  accade. Oltretutto, a parlamento già costituito, il M5s 
                  – e il lìder màximo Beppe Grillo 
                  in particolare – ha palesato come a tutta questa ansia 
                  di mostrare al pubblico la politica al pari dei reality (tristissimo, 
                  anche da un punto di vista strettamente di entertainment, 
                  lo streaming della consultazione tra Bersani e Crimi/Lombardi 
                  del 27 Marzo 2013) non corrisponda un uguale tensione verso 
                  la trasparenza delle dinamiche interne al movimento (le cui 
                  riunioni si svolgono solitamente a porte chiusissime, senza 
                  alcuno che riprenda alcunché). 
                  Fin qui abbiamo accennato a problematiche che potremmo definire 
                  interne e connesse all'attività politica: il mandato 
                  del cittadino ha fatto sì che il M5s avesse una certa 
                  rappresentanza, e – secondo le regole democratiche – 
                  può essere o meno riconfermato alle prossime elezioni 
                  in base alla maggiore o minore aderenza con le idee degli elettori 
                  che hanno espresso il voto in suo favore. 
                  Esiste però un'angolazione differente dalla quale studiare 
                  il fenomeno M5s, partendo in particolare dall'enorme successo 
                  loro accordato durante le elezioni regionali in Sicilia. 
                  Poniamoci una domanda: a chi giova che l'Italia sia ingovernabile, 
                  che ci siano non più due, ma tre forze politiche di peso, 
                  e che non ce ne sia una che abbia la maggioranza? 
                  
                La criminalità organizzata e il voto 
                 In precedenza si è accennato al fatto che stato e mafia 
                  sono sì inevitabilmente connessi nell'Italia odierna, 
                  ma sono anche in un certo qual modo in competizione, e all'indebolirsi 
                  dell'una corrisponde il rafforzarsi dell'altra. L'idea che ci 
                  sia una forza politica che spariglia un po' il gioco e che blocca 
                  sul nascere la possibilità di un governo “forte” 
                  di centrosinistra sembra potere allettare molto la criminalità 
                  organizzata; non è quindi impossibile pensare che una 
                  parte della criminalità organizzata abbia orientato il 
                  voto – spinta anche dai risultati delle regionali siciliane, 
                  nelle quali, da quanto è emerso da studi in merito, la 
                  mafia non si è schierata – verso il M5s. Il tutto, 
                  potremmo pensare, senza che gli appartenenti al movimento abbiano 
                  fatto niente per attirare i voti della malavita. Possibile, 
                  ma almeno un elemento suscita quantomeno qualche dubbio: la 
                  frase declamata pubblicamente da Grillo, a Palermo, nell'aprile 
                  2012, in occasione della presentazione del candidato sindaco 
                  Riccardo Nuti, “La mafia non ha mai strangolato i suoi 
                  clienti, si limita a chiedere il pizzo” (4), 
                  strana soprattutto perché insolita per un “giustizialista” 
                  come lui. 
                  La mafia avrebbe altresì grande interesse che al finanziamento 
                  pubblico ai partiti fosse sostituito il finanziamento da privati, 
                  per ragioni quantomeno ovvie: chi meglio delle mafie avrebbe 
                  interesse a finanziare i governi? Dalla trattativa stato-mafia 
                  si passerebbe al rapporto di lavoro parasubordinato (oserei 
                  dire co.co.pro., perché a tempo determinato e a progetto) 
                  con la malavita a fare da committente privilegiato. 
                  Sarà un caso, ma uno dei punti programmatici del M5s 
                  è l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. 
                  Epilogo cinefilo 
                 Alla fine di Public access il protagonista, il “rivoluzionario” 
                  che parlava alla pancia dei cittadini e che sembrava dover scoperchiare 
                  il marcio del paese, si rivela il sodale di un potente del luogo, 
                  e la sua trasmissione solo la copertura per potere infangare 
                  e mettere in cattiva luce gli avversari politici del potente. 
                  L'apparente rivoluzionario, dunque, si palesa quale vero garante 
                  del mantenimento dell'ordine costituito, se non addirittura 
                  colui che sposta in direzione ancora più oscurantista 
                  il baricentro politico della cittadina. Pensate che sia stato 
                  un film profetico? Spero di no, ma temo di sì. Più 
                  passa il tempo, più il M5s – che inspiegabilmente, 
                  almeno dal mio punto di vista, sembra avere affascinato anche 
                  personalità provenienti dall'area libertaria – 
                  sta palesando le ombre tenute parzialmente celate dall'abbagliante 
                  luce dell'antipolitica. Più passa il tempo, più 
                  nella sformata sagoma di Grillo intravedo quella, filiforme 
                  ma ugualmente untuosa, del conduttore di Our town. 
                 Igor Cardella 
                 Note 
                  - Per semplicità, oltre che per l'etnocentrismo dovuto 
                  alle origini siciliane di chi scrive, le varie tipologie di 
                  malavita organizzata (sacra corona unita, camorra, 'ndrangheta, 
                  ecc.) saranno riunite nel termine comprensivo mafia.
                  
 - Dal blog di Gianluca Vacca, deputato del Movimento, http://gianlucavacca.blogspot.ie/2013/03/unoccasione-persa-lennesima-non-per-noi.html. 
                  
 - Questo mi ricorda quell'attitudine, tipicamente siciliana, 
                  connaturata a certe persone che, pensando di operare un controllo 
                  inflessibile sui dottori che hanno in cura i loro familiari, 
                  li seguono costantemente e li tempestano di domande, domande 
                  la cui risposta non capiscono perché, ovviamente, non 
                  sono dottori e sanno ben poco di medicina.
                  
 - Vedi Repubblica.it:
 
                    http://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=grillo%20la%20mafia%20non%20strangola&source=web&cd=1&cad=rja&ved=0CC8QFjAA&url=http%3A%2F%2Fvideo.repubblica.it%2Fdossier%2Famministrative-2012-voto-palermo-genova-parma-verona-aquila%2Fgrillo-la-mafia-non-strangola-la-crisi-si%2F93885%2F92275&ei=ZNp_UaCaHsr24QSDioFI&usg=AFQjCNH33o9sj1NM-zl660g9cp750mAGJg&bvm=bv.45645796,d.bGE
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