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                ricordando E. Armand 
                  
                Un individualista anarchico 
                  
                di Stefano Ferrario 
                    
                A cinquantun anni dalla scomparsa, ricordiamo 
                  E. Armand, originale pensatore francese che ha proposto una 
                  sua lettura del filone individualista dell'anarchismo. Lontano 
                  mille miglia dal “superomismo” che ha caratterizzato 
                  altri individualisti estranei e antagonisti alla tradizione 
                  sociale e socialista del movimernto anarchico. 
				 
                   
                  Cinquantun anni fa moriva a Rouen, 
                  in Francia, E. Armand. Nato nel 1872, il suo vero nome all'anagrafe 
                  è Ernest-Lucien Juin Armand. Il padre è un ex-membro 
                  della Comune, anticlericale per giunta. Un'eredità promettente, 
                  ma il giovane Armand si sente attratto dal cristianesimo. Entusiasta, 
                  si lancia a seguire l'Esercito della Salvezza e l'ideale di 
                  un Cristo rivoluzionario derivato dritto dritto da Tolstoj. 
                  La passione religiosa man mano sfuma, e Armand passa all'anarchismo 
                  individualista. È l'inizio di una vita di propaganda 
                  e di attivismo. Pubblica numerose testate, tutte dai titoli 
                  interessanti: Les Refractaires (I refrattari), L'Unique 
                  (L'Unico), L'En dehors (L'al di fuori), Hors du troupeau 
                  (Fuori dal gregge), Par delà de la Mêlée 
                  (Fuori dalla mischia). Nel 1923 esce la sua opera principale: 
                  L'initiation individualiste anarchiste. Compone anche 
                  poesie e testi teatrali, tra un arresto e l'altro, si intende. 
                  Sì, perché il suo stile di vita e le sue idee 
                  costano ad Armand il carcere e l'internamento nei campi di concentramento. 
                  Ma la vita individualista gli fa bene, e muore a 90 anni.
                
 
                   
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                       E. 
                        Armand conosciuto 
                        anche come 
                        Émile Armand 
                        (1872-1962)  | 
                   
                 
                   Fuori 
                  dal gregge 
                  Un discorso su E. Armand non può che partire dal concetto 
                  di refrattarietà. La sua idea di anarchico individualista 
                  è quella di un “en dehors”, un “al 
                  di fuori”, “un fuori dal gregge”. In nessun 
                  modo l'individuo anarchico è infatti assimilabile all'ambiente 
                  esterno. Ad esso, che sia lo stato, l'umanità, la scuola, 
                  una chiesa, la stessa anarchia, l'individualista non deve nulla. 
                  Suo compito è restarne fuori, e laddove possibile combattere 
                  tutto ciò che gli si oppone. La posizione ai margini 
                  che ne deriva non è però un problema, tutt'altro, 
                  la rivendicazione di non appartenenza all'ambiente è 
                  per il singolo motivo di distinzione. 
                  L'individualista si riconosce pertanto perché ha risposto 
                  in modo affermativo a questa domanda: “Posso io vivere 
                  senza autorità?” Ecco cosa ci dice Armand al riguardo: 
                  «Io non ho alcun bisogno che esistano dei funzionari dell'autorità 
                  perché si manifesti e si conservi la mia vita. [...] 
                  E potrebbe anche non esservi sulla faccia della terra neppure 
                  un solo esecutore dell'autorità, e io compirei egualmente 
                  bene – e anche meglio – le mie funzioni vitali. 
                  Io posso vivere senza autorità»1. 
                  Data quindi una risposta affermativa, è necessario vivere 
                  in maniera conseguente, senza agire su un piano astratto (il 
                  rischio di “intimismo” è infatti sempre in 
                  agguato), ma vivendo uno stile di vita, un anarchismo “esistenziale”, 
                  che coinvolga l'individuo nella sua interezza. Anarchia è 
                  quindi in primo luogo vivere l'anarchia. Essendo tutto 
                  ciòche è esterno al singolo qualcosa di accessorio, 
                  è prima di tutto sul piano individuale che questa si 
                  realizza. 
                  Si può obiettare che una posizione di questo tipo potrebbe 
                  portare a fanatismo, alla creazione di un militante con il pensiero 
                  monomaniaco dell'anarchia, da realizzare sempre e in ogni istante. 
                  Tutt'altro. Anarchia significa innanzitutto piena libertà 
                  dell'individuo, una sua completa facoltà di darsi norme 
                  e regole, a suo proprio e insindacabile giudizio. Una volta 
                  inteso questo, è impossibile che si resti bloccati nel 
                  fanatismo, perché l'individuo orienta la propria condotta 
                  non verso l'ideale anarchico, ma verso ciò che più 
                  si addice al suo temperamento, in modo spontaneo e rilassato, 
                  con scarsa o nulla considerazione per ciò che altri potrebbero 
                  obiettare al riguardo. Unica regola da tenere presente per continuare 
                  a chiamarsi anarchici è il rispetto di un principio basilare: 
                  “non essere né schiavi né padroni di nessuno”. 
                  Vivere senza autorità significa infatti anche essere 
                  allergici all'imporla agli altri. 
                   
                    Iniziazione 
                  contro educazione
                  Ma se il frutto del vivere anarchico non è per prima 
                  cosa una nuova società, che motivo ha l'individualista 
                  di affannarsi a vivere da anarchico e ribelle? La risposta è 
                  semplice ed eretica al contempo. L'individualista anarchico 
                  vive così perché così gli piace, perché 
                  ha capito che solo una vita priva di autorità val la 
                  pena di essere vissuta. Armand considera l'obiettivo dell'esistenza 
                  il vivere stesso, senza alcun rimpianto verso doveri o ideali: 
                  «Vivere per vivere, per godere aspramente, profondamente, 
                  di tutto ciò che offre la vita, per sorseggiare fino 
                  all'ultimo la coppa di delizie e di sorprese che la vita tende 
                  a chiunque acquista coscienza del proprio essere [...] La vita 
                  non può essere bella da vivere se non per chi ha compiuto 
                  lo sforzo per vivere la sua vita. La vita non è bella, 
                  d'altronde, che considerata individualmente»2. 
                  Ma per Armand si ferma tutto all'individuo? Sì e no. 
                  Egli afferma infatti che l'anarchico cerca i suoi simili perché 
                  con essi può trovare sintonia. Inoltre, è inutile 
                  nasconderselo, è impossibile che le conquiste del singolo 
                  siano sufficienti per farlo vivere pienamente in modo libero 
                  e vitale. C'è bisogno che anche altri lo accompagnino 
                  e condividano con lui lotte e pensieri. Da qui la necessità 
                  dell'iniziazione individualista, concetto affatto diverso 
                  da quello di educazione. Secondo Armand l'educazione - così 
                  come è comunemente intesa - porta con sé una relazione 
                  di dominio e di potere: educare significa obbligare un altro 
                  a capire o ad imparare qualcosa. La scuola educa l'alunno, l'esercito 
                  il soldato, i genitori i figli, la chiesa i fedeli, lo stato 
                  i cittadini, ma quanto ognuno di questi soggetti può 
                  dire di aver scelto di apprendere? 
                  L'iniziazione invece ha il vantaggio di garantire da ogni imbroglio, 
                  non essendo fondamentale per l'individualista l'opera di proselitismo, 
                  che è invece necessaria all'educazione. L'iniziazione 
                  è così uno svelarsi della realtà, un invito 
                  all'apprendimento, che viene proseguito e continuato solo per 
                  volontà di chi ascolta. Un foglietto, un volantino, un 
                  articolo, una conversazione privata, ecco ciò che dà 
                  il via a una presa di coscienza individualista anarchica. L'iniziatore 
                  strappa i veli alla realtà, fa intravedere la grettezza 
                  di un'esistenza tutta giocata sul denaro o su bisogni indotti. 
                  In un certo senso, l'iniziatore dà solo il La 
                  al processo, riaccende pensieri lasciati a metà. Tocca 
                  poi al singolo fare il resto, con un processo di emancipazione 
                  in gran parte autodidatta.
                 
                   
                     
                          | 
                   
                   
                    |   L'en 
                        dehors, rivista anarchica diretta da Armand  | 
                   
                 
                   
                  Reciprocità 
                  Una volta creato un gruppo di affinità, Armand consiglia 
                  che i rapporti (sociali, affettivi, economici, ecc) si regolino 
                  secondo il metodo della reciprocità: «Esso è 
                  assai semplice da esporre [...]. In cambio del prodotto del 
                  tuo sforzo io ti offro il mio. Tu lo ricevi e noi siamo pari. 
                  Al contrario [...], non lo ritieni equivalente a ciò 
                  che tu dai: in questo caso serbiamo ciascuno il nostro e cerchiamo 
                  altrove qualcuno col quale poterci al meglio accordare».3 
                  Attenzione però che questo metodo della reciprocità 
                  non va inteso come un semplice do ut des, occhio per 
                  occhio dente per dente. Posso anche scegliere di donare qualcosa 
                  senza aspettarmi altro che la gioia del ricevente, l'importante 
                  è che io stesso sia soddisfatto dello scambio, di qualsiasi 
                  natura esso sia. 
                  Il pensiero di Armand è tutt'altro che di rapida attuazione, 
                  impostato com'è sul singolo e su un rapporto uno a uno. 
                  Inoltre potrebbe prestarsi facilmente a distorsioni ed abusi. 
                  Armand non li previene né si impone al riguardo. A ognuno 
                  la scelta, per esempio, di non far degenerare la reciprocità 
                  in una brutale legge del taglione, o l'individualismo in egoismo 
                  sfrenato. 
                  Inoltre, se c'è qualcosa che colpisce nelle pagine di 
                  Armand è la gentilezza del tono, la volontà di 
                  non imporsi, la necessità di correggersi, tutte qualità 
                  che fanno intendere come una buona applicazione dei suoi consigli 
                  sia lasciata alla responsabilità del singolo, in piena 
                  libertà. Si nota in lui l'assenza di retorica (al massimo 
                  si riscontrano nelle sue pagine un eccesso di lirismo e di romanzesco), 
                  così tipica dei pensatori individualisti, dal capostipite 
                  Stirner fino al nostrano Renzo Novatore: questi ultimi gridano 
                  le loro verità, sono sempre sulla difensiva, sempre in 
                  attesa di un attacco, al limite della psicosi. Armand invece 
                  - che pure di attacchi in vita sua ne aveva subiti parecchi 
                  - cerca sempre il dialogo col lettore, valuta, soppesa, e per 
                  primo sottolinea i punti deboli del suo pensiero (ci sono interi 
                  capitoli delle sue opere dedicati a questo). Non spetta a lui 
                  imporsi e affermarsi ad ogni costo, tanto più che questo 
                  negherebbe ogni suo presupposto. La scelta è nella mani 
                  di ognuno, per cantare fuori dal coro le sue parole sono solo 
                  la prima nota. 
                   
                  Stefano Ferrario 
                 Note 
                 
                  - Emile Armand, Iniziazione individualista anarchica, 
                    Firenze, Amici italiani di Armand, 1956, pag. 89. 
                  
 - Ivi, pag. 132. 
                  
 - Ivi, pag. 319. 
  
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