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                Uno 
                  sguardo  
                  di troppo 
                   
                  Ah, questa crisi... Non riesci 
                  neppure a stare dietro alle misure adottate per rivitalizzare 
                  i consumi, e la cosa può costarti molto caro. Prendiamo 
                  l'ultima legge sulla tacita dichiarazione d'acquisto. Guardi 
                  per più di dieci secondi qualunque merce esposta in pubblico, 
                  e sei fregato. Ti tocca comprarla. Obbligo morale e materiale 
                  di onorare il contratto di compravendita. E dunque capirete 
                  bene lo stato di disperazione in cui sono caduto da tre giorni 
                  a questa parte. 
                  Avevo un appuntamento a tre stelle, che nel gergo del nostro 
                  pianeta rinnovato significa “chiara occasione sentimentale 
                  ed erotica”. Peccato che lei sia arrivata in ritardo e 
                  l'ansia mi abbia fregato. Temevo il bidone, ne ero ossessionato. 
                  Nell'attesa pensavo a quanto sarebbe stato insopportabile scoprirmi 
                  solo all'appuntamento e incappare nell'ennesima delusione. Rimuginante 
                  e assediato dalle paure, ho perso attenzione su tutto il resto 
                  e ho sospeso lo sguardo nel vuoto. Per mia sfortuna il vuoto 
                  si trovava sulla traiettoria che portava dritto dritto alla 
                  vetrina di una concessionaria di auto di lusso. A un certo punto 
                  ne è uscito un tipo strambo, una specie di buttafuori 
                  agghindato come un impiegato di banca, e con fare sbrigativo 
                  mi ha detto: «Entri pure che facciamo l'ordine» 
                   «L'ordine 
                  di che?» ho replicato. 
                  «L'ordine per questo modello che lei ha fissato per trentacinque 
                  secondi» e ha chiamato a testimone un cronometro da shopping 
                  con microcamera incorporata. Poi ha indicato il modello: un'auto 
                  color platino, Robor355 la chiamano, e non capisco il perché 
                  del numero. Sedici marce, un chilometro in dieci secondi, trasformabile 
                  in aereo, carrozzeria ovviamente in platino. 
                  «Sta scherzando...» ho chiesto balbettante. «E 
                  qu-quanto costa?» 
                  «...ici miliardi» 
                  L'agitazione mi ha impedito di cogliere l'intera risposta, ma 
                  mi è bastato il finale. Sufficiente a far scattare l'arresto 
                  per mancato adempimento contrattuale. Mi ha inchiodato la microcamera. 
                  Pensavo ad altro, ma a loro non interessa. Ho fissato la vetrina 
                  per più di dieci secondi e adesso mi toccherà 
                  lavorare gratis per i prossimi 153 anni onde saldare il debito. 
                  A questo si riduce il progresso scientifico... A che serve tanta 
                  longevità se significa solo espiare una pena più 
                  lunga? E mentre mi pongo simili domande, sospiro e invoco lo 
                  sguardo della luna piena che mi ricambia con luce malinconica 
                  e paziente. All'improvviso una fiammata blu squarcia il silenzio 
                  della stanza dove sono recluso in attesa di giudizio, e dai 
                  fumi di una navicella spaziale esce fuori una strana figura 
                  accartocciata. Ha quattro orecchie a forma di trombetta, due 
                  nasi, e al posto della bocca una fessura da cui esce lapidaria 
                  la sentenza: «Hai guardato il nostro satellite per più 
                  di un minuto. Adesso ti tocca fare l'ordine. Contanti o carta 
                  di credito?» 
                  Ah, questa crisi. Ci sono dentro perfino i lunatici. 
                    
                  Paolo Pasi
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