lotte sindacali 
                 
                La rivolta degli insegnanti 
                  
                di Cosimo Scarinzi 
                    A Torino contro il prolungamento dell'orario di insegnamento frontale da 18 a 24 ore. 
                 
                 
                  Può, a volte, per comprendere 
                  un evento evitando le eccessive semplificazioni ed una deriva 
                  impressionista, essere utile esaminarlo partendo dalla sua periferia 
                  e, perché no, da ciò che proprio non c'è 
                  in modo che ciò che c'è appaia meglio nel suo 
                  formarsi e definirsi. Per ragioni di spazio non “analizzerò” 
                  nei dettagli il decreto legge, basti dire che, prolungando l'orario 
                  di lavoro, determinerebbe la perdita di decine di migliaia di 
                  posti di lavoro e colpirebbe in primo luogo i precari, causando 
                  però anche un netto peggioramento delle condizioni di 
                  vita e di lavoro di tutti gli insegnanti. 
                  Proverò a descrivere quindi solo due eventi nella convinzione 
                  che contengano in sé l'essenziale.
                
   
                   
                    Torino 
                  19 ottobre ore 17 via Pietro Micca 
                
  Molto rapidamente e senza una grande preparazione, un gruppo 
                  spontaneo che ha assunto il nome di Insegnanti Arrabbiati, ha 
                  organizzato un presidio in Via Pietro Micca, di fronte all'Ufficio 
                  Scolastico Regionale. 
                  Insomma, un piccolo evento in preparazione di un'assemblea che 
                  si sarebbe tenuta lunedì 22 a Palazzo Nuovo, sede delle 
                  facoltà umanistiche dell'Università di Torino. 
                  La prima impressionante assenza era quella dei ragazzi in blu, 
                  in nero, in grigio. Sappiamo bene come, a volte, per una pinzillacchera 
                  siano adunate falangi di carabinieri, celerini, finanzieri, 
                  forestali, guardie municipali, vigilanti privati. Il 19 ottobre 
                  non c'erano o, se c'erano, si tenevano ben nascosti. 
                  Il governo della piazza, dal punto di vista delle istituzioni, 
                  era affidato ad un ristretto gruppo di cekisti che, con 
                  ogni evidenza, volevano e dovevano evitare qualsiasi tafferuglio. 
                  Io porrei in relazione la mancanza sul posto dei puffi cattivi 
                  con quella dei giornalisti: l'evento doveva risultare inesistente, 
                  ma così non è stato. 
                  Mancavano, poi, se si esclude un operatore di una televisione 
                  locale, giornalisti, cineoperatori, fotografi, cineasti, in 
                  sintesi, gli usuali operatori della comunicazione che pure, 
                  a rigore, avrebbero dovuto e potuto trovare di un qualche interesse 
                  la prima iniziativa degli enseignants enragés. 
                  Evitiamo lamentele ineleganti oltre che inutili e letture paranoico/complottiste, 
                  il sorcio mannaro che governa la scuola non è Satana 
                  incarnato sulla terra e certo non è onnipotente. 
                  Certo invece è che la parola d'ordine sembra essere il 
                  classico “non disturbate il manovratore”. E, nella 
                  società dello spettacolo, se spettacolo non c'è, 
                  ne consegue che non esistiamo compiutamente nemmeno noi in carne 
                  ed ossa. 
                  D'altro canto il movimento ha immediatamente prodotto canali 
                  di comunicazione altri (Segnalo due bei filmati http://www.youtube.com/watch?v=AjKy_BG1Rq0 
                  e http://www.youtube.com/watch?v=cYjvGmkZMWI), 
                  una pagina facebook, liste di discussione, insomma c'è 
                  una ricca rete di comunicazione che prescinde dai media formali. 
                  Mancavano, CUB esclusa, i sindacati. Ho visto, questo va detto, 
                  colleghi di FLC CGIL e dei Cobas ma né FLC CGIL né 
                  Cobas c'erano in numero rilevante e in maniera visibile, né 
                  erano presenti altri soggetti sindacali. Trovo questo dato meno 
                  spiegabile rispetto ai primi due. 
                  A fine iniziativa, comunque, mi è capitato di parlare 
                  con alcuni colleghi che si lamentavano per il fatto che lunedì 
                  22, nello stesso orario in cui si sarebbe svolta la prima assemblea 
                  degli Insegnanti Arrabbiati, la FLC CGIL ne aveva indetta, dopo, 
                  una sua. 
                  Va da sé che la domanda avrebbero dovuto farla alla segreteria 
                  torinese di FLC CGIL e certo non a me, ma è anche vero 
                  che i colleghi in questione, non avendola sotto mano, chiedevano 
                  a chi ritenevano, in questo caso a torto, più addentro 
                  alle segrete cose del mondo sindacale. 
                  Per la verità io la stessa domanda l'ho rivolta ad un 
                  RSU FLC CGIL, comunista di destra e cigiellino di sinistra, 
                  presente all'iniziativa ed egli, con un sorriso sardonico, ha 
                  fatto capire che la segreteria di FLC CGIL considera i partecipanti 
                  all'iniziativa di oggi degli “irrecuperabili”. 
                  Magari fosse vero, mi viene da dire. Celie a parte, la scelta 
                  di FLC CGIL non è stata simpatica visto che ha creato 
                  preoccupazione fra gli “unitari a prescindere” ma 
                  non è poi gravissima e, per certi versi, chiarisce le 
                  posizioni. 
                  Cosa c'era dunque? Un centinaio, contando anche chi è 
                  solo passato, o un'ottantina, facendo una valutazione rigorosissima, 
                  di uomini e di donne, giovani e diversamente giovani, precari 
                  e di ruolo che venivano da molte scuole e che volevano fare 
                  qualcosa, finalmente fare qualcosa e non solo lamentarsi 
                  in sala insegnanti, in quel buco nero che assorbe intelligenza, 
                  passione, energia. 
                  E qualcosa è stato fatto, la strada è stata bloccata, 
                  un piccolo ma vivace corteo ha raggiunto piazza Castello, si 
                  è distribuito materiale informativo, si sono presi rapporti, 
                  si sono accumulate energie che potranno venire utili all'assemblea 
                  di lunedì 22 e, ancora di più, per lo sviluppo 
                  di iniziative nelle singole scuole e nelle zone.
                   
                   
                    Torino 
                  22 ottobre ore 17 Palazzo Nuovo 
                
  L'assemblea degli Insegnanti Arrabbiati comincia con qualche 
                  difficoltà logistica. Sembra non vi sia un'aula e ci 
                  accomodiamo in atrio. Io, all'inizio, penso che sia una soluzione 
                  romantica – un'assemblea en plen air – ma 
                  ci rendiamo conto che sta arrivando un'armata a cavallo di colleghe 
                  e colleghi e che non è cosa. 
                  Ci spostiamo nell'aula 35 che è capiente, ma si riempie 
                  rapidamente e molti colleghi restano in piedi. Gli interventi 
                  si susseguono incalzanti, sono coinvolgenti e il tono vivace 
                  non va a scapito della qualità. 
                  Mi colpisce il fatto che intervengano molti giovani colleghi, 
                  mentre la vecchia guardia dei leader storici della scuola non 
                  ci tedia con la sua inutile saggezza. 
                   Si 
                  prepara rapidamente una sorta di piano di lavoro che si basa 
                  sulla definizione di una serie di proposte condivise di tipo, 
                  per semplificare, negativo e positivo. In negativo, si definisce 
                  una serie di scelte chiare (no alle gite, no allo straordinario, 
                  no al lavoro non contrattualmente previsto, no alle commissioni 
                  ecc.). In positivo, si stabilisce di dare vita ad assemblee, 
                  mobilitazioni di piazza, iniziative comuni con genitori e studenti 
                  e a tutte le necessarie forme di azione. 
                  L'unico punto che resta sullo sfondo è una valutazione 
                  non pavloviana di un possibile sciopero. Siamo nella fase del 
                  “tutti uniti, tutti insieme ma scusa quello non è 
                  il padrone?”. Passerà come passa l'acne o ci infetterà 
                  come ha fatto nel 2008 portandoci a ripetere la scena allucinante 
                  delle piazze piene di scioperanti e di CISL, UIL, Snals e Gilda 
                  – gli stessi che hanno indetto lo sciopero del 24 novembre 
                  – che si accordavano con il governo sui tagli che ancora 
                  paghiamo sulla nostra pelle? Vedremo, ma è chiaro che 
                  in qualche misura sta anche a noi il superare questo impasse. 
                  L'assemblea si trasforma in un corteo spontaneo che arriva al 
                  ponte della Gran Madre e lo occupa a lungo, un'esperienza tenera 
                  e selvaggia. C'è, insomma, voglia di fare. 
                  Anche stasera, come il 19, non ci sono i puffi cattivi, questa 
                  volta nemmeno i cekisti. È come se la città 
                  fosse smilitarizzata. È vero che alla mattina le milizie 
                  sono andate in Valle di Susa a “proteggere” un convegno 
                  “tavista” dai terribili “notavisti”, 
                  ma possibile che il lauto pasto fatto poi, ovviamente a spese 
                  nostre, li abbia a tal punto prostrati da impedirne il ritorno 
                  in città? 
                  Continuo a pensare che la scelta di non esserci da parte della 
                  polizei sia politica, noi non esistiamo, non dobbiamo 
                  esistere, tutti devono applaudire festanti il ministro e, se 
                  qualcuno non esiste, nemmeno lo si contiene con i gendarmi. 
                  Penso che, nei prossimi giorni, dovremo fare molto, coordinare 
                  molte iniziative, agire e riflettere in parallelo. Una situazione 
                  complicata, una situazione che mi piace. 
                   
                  Cosimo Scarinzi 
                  Coordinatore Nazionale CUB Scuola Università 
                  Ricerca
  |