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                 a cura della redazione 
                 
                   
                  Di teatro la rivista si è 
                  occupata spesso. La prima copertina di argomento teatrale è 
                  quella del n. 43 (dicembre 1975/gennaio 1976), dedicata 
                  al Living Theatre: “Intervista al Living Theatre” 
                  si legge e, sullo sfondo, una delle classiche immagini con un 
                  attore a testa in giù che urla. All'interno una lunga 
                  intervista con alcuni attori del Living, realizzata dall gruppo 
                  anarchico “N. Machno” di Venezia-Marghera, una delle 
                  molte località in cui quell'eccezionale gruppo teatral-politico-esistenziale 
                  fece spettacoli (in teatri o in strada) in quegli anni. Nel 
                  suo lungo peregrinare per il mondo, Il Living Theatre – 
                  fondato a New York poco dopo la fine della seconda guerra mondiale 
                  – nei primi anni '70 (e poi successivamente in molte occasioni) 
                  visse e operò nel nostro Paese. Noi della rivista giù 
                  in quegli anni stringemmo intensi rapporti politici e anche 
                  umani, in particolare allora con Julian Beck e Judith Malina. 
                  E ci piace qui ricordare il bel libro-intervista con la Malina 
                  che Cristina Valenti (per lunghi anni il nostro occhio privilegiato 
                  nel mondo del teatro) pubblicò con Eleuthera nel 1995. 
                   Altro 
                  tema forte del numero è – tanto per cambiare – 
                  la Spagna. “Franco è morto, uccidiamo il franchismo” 
                  si legge in quarta di copertina. “Chi ha paura della Spagna 
                  libertaria” si intitola un articolo all'interno, in cui 
                  si evidenzia come i moderati del regime e quelli dell'opposizione 
                  si muovano di concerto per impedire possibili “sbocchi 
                  sociali rivoluzionari” all'indomani della morte del cattolicissimo 
                  dittatore. E ancora, in terza di copertina, una pagina intera 
                  dedicata al ricordo di Cipriano Mera (“Una 
                  vita per la rivoluzione libertaria!”), una delle 
                  figure più prestigiose dell'anarchismo spagnolo, morto 
                  esule in Francia nell'ottobre 1975. 
                  All'altro Paese della penisola iberica, al Portogallo da poco 
                  approdato al post-fascismo, è dedicato un saggio di Joelle 
                  Kuntz (“Il labirinto lusitano”). E sempre a quelle 
                  terre appartiene l'esperienza storica della “Escuela Moderna” 
                  di Francisco Ferrer, interessante esperienza di circa un secolo 
                  fa, esperienza concreta di pedagogia laica e libertaria, decisamente 
                  interessante anche se per molti aspetti oggi datata e discutibile. 
                  Su “A” 45 se ne occupa il solito Giampietro “Nico” 
                  Berti (nome de plume: Mirko Roberti). 
                  Per quanto riguarda l'attualità italiana, ci si occupa 
                  della politica dei sindacati ufficiali (“Una piattaforma 
                  per la cogestione”), dei manager nelle aziende pubbliche, 
                  del ruolo della pornografia, della droga (“Una siringa 
                  per il potere”). 
                  Un'altra costante in “A” di quegli anni (ma non 
                  solo di quegli anni, basta prendere in considerazione il numero 
                  che hai tra le mani...) è la strage di piazza Fontana 
                  e le vicende connesse. Un articolo (“Un malore per il 
                  compromesso storico”) commenta la sentenza D'Ambrosio, 
                  quella appunto del “malore attivo” che sarebbe stato 
                  la causa della morte in Questura del ferroviere anarchico Giuseppe 
                  Pinelli. E, accanto, “A” pubblica un'intervista 
                  all'avv. Marcello Gentili dal significativo titolo “Ma 
                  il caso non è chiuso”. Correva l'anno 1975. 37 
                  anni dopo possiamo ripetere quel titolo, anche a proposito di 
                  tante altre ingiustizie e omicidi di Stato. 
                 
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