Le 
                  cucine del popolo 
                  
                 Cucine 
                  del popolo 2012 
                   Anarchici ancora a tavola 
                  
                  Nel 
                  2004 si inaugurò con successo il ciclo che a tutt'oggi 
                  prosegue: un laboratorio politico culturale unico nel suo genere. 
                  Un disegno complessivo che ha mosso gli organizzatori insieme 
                  a noi entusiasti partecipanti. Gli affollati convegni, la puntuale 
                  kermesse biennale, le iniziative di notevole spessore (con l'adesione 
                  di intellettuali, scrittori e personalità della cultura) 
                  hanno occupato uno spazio tematico non presidiato da nessuna 
                  delle numerose associazioni, talune meritorie, che si muovono 
                  nel grande caravanserraglio della divulgazione eno-gastronomica 
                  in Italia. Dopo le “cucine del popolo”, quelle “letterarie” 
                  (dedicate alla narrativa sociale), quelle dell'Utopista (sogni 
                  e bisogni) e della Locomotiva, si torna al tema centrale della 
                  Rivoluzione. 
                  Gli intenti iniziali sono stati perseguiti. L'attenzione si 
                  è in varia misura concentrata su tre aree di interesse: 
                  Cibo / socialità nella storia delle classi subalterne; 
                  Cibo e avanguardie artistiche; Produzioni naturali e Denominazioni 
                  Comunali. Il tutto seguendo il fil rouge delle culture 
                  libertarie, dal movimento operaio e contadino al radicalismo 
                  novecentesco, fino all'attualità in chiave di recupero 
                  in senso qualitativo, ecologico sociale ed equo solidale, dell'atto 
                  di cibarsi / produrre “per il pane e per le rose”. 
                  Già il volume pubblicato (l'unico purtroppo) con gli 
                  atti del primo convegno raccoglie spunti di riflessione utili 
                  per un percorso di studio sul nesso storico cibo / sovversione 
                  / solidarietà: dai bicchieri gucciniani e ribelli del 
                  suburbio proto-industriale al “godere operaio” del 
                  1977; dalle mense solidali dei minatori alla gastronomia fantasiosa 
                  dell'Emilia rossa e proletaria; dalla cucina parsimoniosa dei 
                  contadini toscani ai pranzi eroici futuristi intrisi di maschilismo 
                  e di rivolta antiborghese; dai cibi resistenti e antifascisti 
                  a quelli rivoluzionari... 
                  L'emancipazione sociale come prassi anti-autoritaria (“senza 
                  prendere il potere” come si dice) e la lotta risoluta 
                  al mondo disumano delle merci hanno tentato così di collegarsi, 
                  idealmente, alle pratiche quotidiane ispirate al diritto innato 
                  di ciascun abitante del pianeta all'utilizzo delle risorse che 
                  gli sono necessarie per vivere e, di più, per conseguire 
                  finanche l'eccellenza agro-alimentare e la felicità. 
                  Constatando il fallimento del modello agricolo industrializzato 
                  e basato sui brevetti sostenuto dal WTO e dagli Stati, si è 
                  rivendicato la sovranità alimentare locale, il piacere 
                  responsabile e libero, il diritto al cibo sicuro e nutriente, 
                  la ricostruzione di una filiera democratica territoriale produttore-consumatore, 
                  in antagonismo inconciliabile all'attuale sistema distributivo 
                  (“un merdaio” per dirla con Veronelli). Da sempre 
                  refrattari ad ogni omologazione e quindi anche a quella gastronomica, 
                  rispettosi però dei convincimenti individuali e dei miti 
                  collettivi anche non condivisi, delle particolari culture antropologiche, 
                  di tutte quelle diversità insomma che si aprono al dialogo 
                  rinunciando al dominio. 
                  L'identità alimentare come concetto ha forti valenze 
                  di ambiguità. La cucina è il luogo della sperimentazione, 
                  della comunicazione creativa e della contaminazione culturale. 
                  Al contrario essa, con grandi forzature, viene utilizzata quale 
                  elemento caratterizzante i connotati di presunte piccole patrie. 
                  L'apologia delle tradizioni e delle radici – spesso praticata 
                  anche da inconsapevoli assessori di paese – costituisce 
                  premessa al rifiuto dell'altro, negazione all'incontro, ragione 
                  vantata come legittima dai nativi e dai penultimi arrivati per 
                  l'esclusione degli ultimi. La cucina storicamente autentica 
                  in realtà non esiste, perché la cucina è 
                  invenzione e linguaggio, fenomeno culturale e sociale risultato 
                  di processi in continuo movimento, suscettibile di infinite 
                  variabili e declinazioni. Come la Rivoluzione. 
                    
                  Giorgio Sacchetti  |