rivista anarchica
anno 42 n. 372
giugno 2012


naga/2

Un’otite non curata può diventare...

Intervista a Stefano Dalla Valle
di Andrea Perin
foto di Marilisa Cosello

… una meningite. E un mal di testa persistente può indicare un tumore.
Lavorare con gli immigrati “irregolari” pone seri problemi nella cura della salute, aldilà delle emergenze.
A colloquio con il responsabile sanitario del Naga.

 

Il ruolo del Naga si lega al concetto di assistenza sanitaria erogata alla cittadinanza universale, slegata dallo status giuridico delle persone. In questo si trova ad avere un ruolo ambivalente verso le istituzioni: da una parte critica le sue mancanze ma dall’altra le colma.

Venticinque anni fa, riscontrando la sostanziale assenza delle strutture sanitarie pubbliche rispetto al diritti alla salute degli immigrati irregolari, il Naga decise di illuminare questo angolo di bisogno insoddisfatto e poi di supplire a questa mancanza erogando in prima persona l’assistenza medica di base.
Scelta che non era così scontata, perché altre associazioni che non hanno un’attività ambulatoriale hanno scelto di fermarsi lì e di fare solo un’azione di agenzia, di attore politico territoriale senza sostituire le prestazioni.
Questa supplenza è parecchio ambigua, perché è stata dichiarata a termine fin dall’inizio. Infatti uno dei motti fondativi del Naga è “noi nasciamo per estinguerci”, intendendo in questo senso che fino a quando le strutture sanitarie pubbliche non svolgeranno il loro compito noi lo faremo. Ma un minuto dopo che non ci sarà più bisogno di questo bisogno suppletivo, noi ce andremo a fare altro, ad esempio ricontrollando le strutture sanitarie sul modo, sul quando svolgono questo compito, eccetera.

Invece venticinque anni dopo siete ancora qui.

Non solo, ma tutto lascia pensare che questa azione di supplenza sia, per citare Federico Rahola, “Definitivamente temporanea” (1). Perché la Regione Lombardia si muove sempre di più in un’ottica di rifiuto di assistenza sanitaria erogata alla cittadinanza universale, indipendentemente dallo stato giuridico della persona.

Solo quelli senza permesso di soggiorno

Chi sono le persone che curate?

È importante ribadire che i pazienti del Naga sono solo gli stranieri senza permesso di soggiorno: questa fu un’altra scelta tormentata, compiuta nell’ottica di quegli anni e poi confermata, perché anche i regolarizzati, per vari motivi, non hanno lo stesso grado di fruizione dell’assistenza sanitaria che hanno gli italiani: un marocchino regolarizzato ad esempio non è curato come un italiano. Ci sono motivi di lingua e motivi di difficoltà burocratica; poi i migranti sono quasi sempre legati a lavori servili e quindi con possibilità molto più bassa di gestire il proprio tempo rispetto a un italiano. Anche se si sta chiudendo la forbice con gli italiani: in peggio!

Per legge è riconosciuto ai cittadini senza permesso di soggiorno l’accesso alle prestazioni sanitarie urgenti ed essenziali attraverso il rilascio del codice STP (straniero temporaneamente presente) da parte delle strutture che forniscono le prestazioni, ad esempio gli ospedali. In questo contesto, come si colloca il lavoro del Naga?

Noi svolgiamo una funzione grossomodo riassumibile in quella del medico di base. Il medico di base riesce mediamente a supplire alle necessità del paziente e a soddisfarle nel 50-60% dei casi, con una visita e con una prescrizione. Nelle percentuali restanti ogni medico di base ha bisogno di strutture diagnostiche o terapeutiche di secondo livello.
Con le istituzioni pubbliche sanitarie abbiamo sempre avuto un rapporto ovvio di collaborazione, ma nel senso che sono loro a erogare paternalisticamente, come fosse una charity, le prestazioni richieste. Noi inviamo le persone con il nostro ricettario bianco Naga (2), in cui riprendiamo alla fine le parti più importanti della legge sanitaria nazionale (3) (una legge molto valida che il Naga ha ipotizzato di estendere a livello europeo) e li indirizziamo verso gli ospedali nel quadro delle cosiddette cure essenziali.
È importante distinguere le patologie. Ci sono quelle di base, curabili dal medico di base o del Naga, e all’apice ci sono le patologie urgenti e indifferibili da cui dipende la vita, e che devo dire onestamente al pronto soccorso vengono gestite in maniera più che decorosa: che noi sappiamo, non è mai accaduto niente di clamorosamente illegale.
Ma la parte più importante e più delicata, quella che fa l’indice di salute, è quella intermedia, di secondo livello. Sono quelle cose che io credo rappresentino il 50% della medicina nelle cure essenziali, quelle cure relative a patologie non gravi nell’immediato per la vita, ma che se trascurate poi possono cronicizzarsi.
Un’otite è una roba modesta, ma se tu la trascuri ti può venire una meningite; una persona che ha un mal di testa persistente ha un tumore? Un aneurisma? In questo caso inviamo negli ospedali.
Nei primi anni del Naga c’era una sostanziale afasia da parte delle istituzioni sanitarie, nel senso che prendevano solo per compassione (i numeri dei clandestini erano molto bassi), dopo di che con la legge sanitaria 286 del 1998 siamo andati abbastanza bene fino a sette-otto anni fa: il Naga poteva contare per i suoi invii nelle strutture sanitarie su quattro grandi gruppi, quattro nosocomi milanesi i quali accettavano il nostro invio su ricettario bianco che veniva trasformato dal medico delegato – chi capitava – in prescrizione scritta su ricettario regionale rosso, aspetto essenziale per la rendicontazione e il rimborso.
Attualmente, con la regionalizzazione della legge del 1998 la situazione è peggiorata e in assenza di una normativa precisa e cogente da parte della Regione, ogni ospedale fa come gli pare in base all’umore del momento e in base a quello che sa o non sa. Molte volte abbiamo riscontrato che non c’è un atteggiamento pregiudiziale di chiusura xenofobica nei confronti degli stranieri, molte volte non lo sanno proprio. Si può rispondere che già la torpidità burocratica è una scelta politica naturalmente, ma per un semplice amministrativo non è detto, semplicemente non lo sa: in questo caso la risposta più facile è “vattene”, è la meno problematica.
Senza ricettario rosso l’ospedale può fare gli esami ma non verrebbe rimborsato dal ministero: allora prima se lo fa pagare, ma così diventa una medicina privata.
Non dimentichiamo che la medicina privata in Lombardia è fortissima, ormai c’è stato un riequilibrio anzi un superamento di quella privata rispetto quella pubblica, ed è un motivo che spiega perché si eroga poca medicina pubblica agli stranieri irregolari: perché questi, che sono molte migliaia, si svenano per avere magari l’ecografia o la tac che non possono avere tramite le strutture pubbliche. Quindi ogni mese sono molte migliaia di euro che entrano, perché queste persone vogliono stare bene, e alla svelta, anche perché dall’integrità del loro corpo dipende il progetto migratorio: loro sono qui per lavorare, non per vedere i nostri usi e costumi. Lavorare, guadagnare e inviare soldi a casa.

Tra 5 anni cosa saremo

Intorno alla possibilità di avere il ricettario rosso da parte delle associazioni di volontariato si sta sviluppando un dibattito. La sua emissione da parte dei medici Naga favorirebbe un percorso sanitario più agevole per il cittadino senza permesso di soggiorno, ma dall’altra permetterebbe alle istituzioni di non farsi carico ufficialmente del problema.

È una discussione appena iniziata al nostro interno. In teoria qualunque medico volontario del Naga, in possesso del ricettario regionale, potrebbe fare una prescrizione diagnostica o terapeutica.
La Asl di Milano ha proposto mesi fa all’Opera S. Francesco una sperimentazione in cui a questa associazione confessionale di volontariato vengono forniti dei ricettari rossi regionali e la possibilità di rilasciare anche i codici STP. Questo configura un passo avanti di forte discontinuità rispetto al presente perché è vero che gli invii li abbiamo sempre fatti, ma su uno strumento assolutamente anonimo, assolutamente “irresponsabile” rispetto alle istituzioni. In questo caso invece le associazioni coinvolte verrebbero ad assumere di fatto il ruolo di medico di medicina generale.
Il dibattito all’interno del Naga è aperto perché ci sono rintracciabili in questa vicenda tutte le linee ideologiche e teoriche di tutto il movimento operaio e sindacale.
C’è chi dice “cominciamo a fare questo piccolo passo, poi si vedrà”. Io sono dell’idea che il “poi si vedrà” significa semplicemente non vedremo mai niente, perché nel momento in cui ti erogano qualche cosa questa non diventa un punto di partenza, ma di arrivo.
Questo meccanismo si radicalizzerà sempre di più, probabilmente.

Il coinvolgimento di associazioni confessionali in questo ruolo supplente delle istituzioni non potrebbe comportare un loro “scavalcamento” nei rapporti con i migranti senza permesso?

Sicuramente sì. I migranti hanno una visione solo utilitaristica dell’assistenza e non possono averla differente. Spesso ci chiamano l’“ospedale Naga”, ci chiedono il codice STP, tant’è che circa un anno fa abbiamo fatto un pieghevole di quattro pagine spiegando ad esempio che siamo volontari, per cui certe cose non possiamo farle.
Quanto alle associazioni confessionali, prendiamo il paradigma “povero e senza diritti”: per una versione laica, progressista e di sinistra è un soggetto titolare di diritti – quanto gli altri – che devono essere messi in luce e conquistati. Per un’ottica confessionale è un povero che incarna la provvidenza divina, che bisogna erogare per un meccanismo compassionevole. L’opera S. Francesco fa un bellissimo lavoro ma con un’ottica completamente diversa. Non arrivo a dire che ci tengono che ci siano i poveri per poter giustificare il proprio atteggiamento compassionevole, ma insomma...

Fra cinque anni il Naga cosa sarà?

Non lo so... francamente non so neanche se mi chiedessi fra cinque mesi.

Andrea Perin

Note

  1. Federico Rahola, Zone definitivamente temporanee. I luoghi dell’umanità in eccesso, Ombre Corte, Verona 2003.
  2. Il ricettario rosso è un modello ministeriale unico in tutta Italia, compilato solo da un medico abilitato per prescrivere farmaci, accertamenti medici o comunque sussidi a carico totale o parziale del Servizio Sanitario Nazionale.
    Il ricettario bianco è un foglio intestato compilato dal medico per prescrivere qualunque farmaco o accertamento – a totale carico dell’assistito e non del Servizio Sanitario Nazionale.
  3. D.L. n° 286 25 luglio 1998 e successive applicazioni, che stabilisce il principio del diritto alla salute esteso ad ogni individuo comunque presente sul territorio.

Una vera emergenza le condizioni di vita dei Rom

Da gennaio 2007 la Romania è entrata nell’Unione Europea: i cittadini rumeni, di fatto, sono nuovi comunitari senza diritto di comunità.
I rom sono svantaggiati per reddito, condizioni abitative e istruzione e, come in ogni altro Paese in cui si trovano a vivere, sono discriminati.
Di fronte alle sollecitazioni da parte di organismi internazionali a compiere azioni concrete contro queste discriminazioni, gli organi di governo e le amministrazioni locali hanno risposto nel tempo con una politica di sgomberi e allontanamento dal territorio che ha avuto il solo risultato di peggiorare le condizioni abitative di queste persone, aumentandone i rischi per la salute. Questo aggrava una condizione di disuguaglianza mostrata dagli studi disponibili, che indicano un’aspettativa di vita molto inferiore a quella delle popolazioni di riferimento, secondo alcune ricerche di oltre 10 anni, e una mortalità infantile molto maggiore, in alcuni Paesi fino al triplo rispetto a quella dei bambini della popolazione di riferimento.
L’unità mobile del Naga, associazione di volontariato nata a Milano nel 1987 che da oltre dieci anni presta assistenza sanitaria agli immigrati che vivono in aree dismesse, registra tra il 2009 e il 2010 una vera emergenza rom, un’emergenza non causata ma vissuta dalle persone rom, dovuta alle condizioni abitative, di vita, alle discriminazioni che subiscono.
I dati raccolti dall’unità mobile di Medicina di strada sono stati pubblicati sulla rivista Epidemiologia e Prevenzione (1) e sono disponibili al link: http://www.epiprev.it/articolo_scientifico/situazione-sociodemografica-e-condizioni-di-salute-della-popolazione-rom-di-mil.
In due anni sono state visitate 1.142 persone rom - poco più della metà dei rom presenti a Milano secondo le stime ufficiali - abitanti in 14 aree nel comune di Milano, per la maggior parte dismesse.
Su queste 14 aree, sette erano composte da tende e baracche costruite con materiali di scarto recuperati (legno, lamiere, plastica), sei insediamenti erano costituiti principalmente da strutture in muratura (un’ex fabbrica, cascine e depositi abbandonati), l’unico campo comunale era costituito da container prefabbricati.
A esclusione del campo comunale, le aree erano quasi tutte prive di servizi igienici e con luce elettrica disponibile grazie a generatori di corrente. L’acqua potabile non era presente in 5 aree, in 6 poteva essere reperita nelle vicinanze, solo 3 erano dotate di allacciamento alla rete idrica.
Queste aree sono state sgomberate nel corso degli anni, e molte sono state ri-abitate periodicamente.
Il tipo di abitazioni diventa più precario a ogni sgombero (per alcune aree si è passati dalla baracca alla tenda, smontata di giorno e rimontata di notte) e i luoghi sono sempre più impervi e meno visibili. I continui sgomberi recidono i legami che faticosamente si formano col territorio, primo tra tutti l’inserimento scolastico dei bambini.
In media le persone visitate hanno frequentato la scuola per cinque anni. Un quinto degli uomini e un terzo delle donne sono analfabeti. Un quinto dei ragazzi tra i ai 14 anni di età non è mai andato a scuola.
Solo il 16% delle persone dichiara di avere un lavoro, e di questi più dell’80 % sono uomini. La metà delle persone dai 12 anni di età dichiara di fumare: un quinto è forte fumatore, più spesso si tratta di uomini.
Le malattie più frequenti riscontrate sono le malattie respiratorie, disturbi della macroarea ortopedico-reumatologica-traumatologica, malattie gastroenteriche, disturbi odontoiatrici. Tra le donne che hanno compiuto i 14 anni di età, un terzo ha avuto almeno un’interruzione di gravidanza volontaria o spontanea, con una media di 3,8 per donna.
Il livello di assistenza sanitaria previsto dalle normative per i cittadini romeni - che sono la maggioranza dei rom presenti sul territorio milanese- è paradossalmente diminuito dopo l’ingresso nell’Unione Europea della Romania. Se a un cittadino straniero non comunitario viene infatti assegnato il codice STP (Straniero Temporaneamente Presente), che dà diritto alle cure mediche urgenti ed essenziali, a un neocomunitario no.
Un cittadino comunitario proveniente dalla Romania o dalla Bulgaria può iscriversi al Servizio sanitario nazionale solo a particolari condizioni (per esempio se lavoratore, familiare di lavoratore, se ha l’attestazione di soggiorno permanente, eccetera). Altrimenti può richiedere la Tessera europea di assicurazione malattia (TEAM), che viene rilasciata dalle autorità del Paese di origine a chi ha pagato 5 anni di contributi nel Paese di origine, oppure a chi ha un lavoro regolare in Italia.
Chi non ha questi requisiti, ha diritto solo alle prestazioni urgenti e indifferibili.
Per quanto riguarda le cure essenziali, la legge non nomina esplicitamente il diritto a questo tipo di cure per i cittadini neocomunitari, lasciando di fatto la decisione alla discrezionalità delle Regioni.
Le persone rom che il Naga incontra durante le uscite non possono pertanto usufruire dell’assistenza sanitaria di base e si rivolgono principalmente al pronto soccorso, e in alcuni casi ai consultori o agli ambulatori ospedalieri dedicati.
Se le condizioni di salute di persone che vivono in situazioni disagiate sono attribuibili anche alle condizioni abitative, e le disuguaglianze di salute sono legate al reddito, alla scolarità e al lavoro, allora per tutelare il diritto di salute delle persone rom è necessario che siano disponibili opportunità di abitazioni dignitose, lavoro, frequentazione della scuola. E assistenza sanitaria attraverso le strutture pubbliche.

L’emergenza rom constatata dal Naga non è quella descritta dalle istituzioni, che ha dato l’alibi per schedature e poteri speciali ai commissari – dichiarati illegittimi dal Consiglio di Stato. La vera emergenza è per le persone rom e per le condizioni in cui sono costrette a vivere, che richiedono interventi urgenti per riportare giustizia e uguaglianza.

Cinzia Colombo
Medicina di Strada - NAGA

Note

  1. Colombo C., Galli A., Pero M., Giani R., Jucker S., Oreste P., Giommarini C., Aiolfi E., Judica E.; Medicina di strada per il Naga. Situazione sociodemografica e condizioni di salute della popolazione rom di Milano. Epidemiologia & Prevenzione, 2011; 35(5-6):282-291.