rivista anarchica
anno 42 n. 371
maggio 2012


cinema

 

Il cinema parla ai grandi numeri

Un giorno la macchina da presa si rese conto che nonostante riuscisse a registrare il movimento delle cose, di fatto le era impossibile muoversi. Era statica, inchiodata a un cavalletto.
Di fatto, ancor prima dell’invenzione dei movimenti di macchina, dei carrelli e dei piani sequenza (quando la macchina da presa si muove raccontando una scena senza mai staccare, quindi filmando in tempo reale) che inventarono un nuovo modo di riprendere e di vedere i film, il linguaggio cinematografico si avvicinò sempre di più ai personaggi e nacque così il primo piano. Si scoprì allora nelle espressioni del viso, che occupava tutto lo schermo, un mondo di mobilità molto più raffinato e un’infinita gamma di espressioni. Era sì una mobilità fisica, ma traduceva già minuziosamente la mobilità dello spirito. Così il primo piano fu per il cinema un immenso passo avanti, inaugurando attraverso questa tecnica la possibilità di esprimere gli umani sentimenti (un sorriso per esempio) ampliando così, attraverso il nuovo linguaggio, l’infinita gamma d’espressioni che il volto umano poteva trasmettere.
Grazie al primo piano, i film non si limitarono più a raccontare le corse ad ostacoli, i giochi, lo sport e altre amenità varie, ma ricorsero alla più interessante facoltà di dipingere un’evoluzione psicologica, un carattere, una psicologia, un vissuto.
Questa originale scoperta permise l’evoluzione della drammaturgia e della poesia all’interno di un film. Nel corso del tempo questa capacità di raccontare i sentimenti, anche i più segreti, divenne normalità e il cinema assunse quella importanza e quel dominio sullo spettatore che la storia e lo sviluppo della tecnica, gli aveva affidato. Questo fiorire dello spettacolo cinematografico è avvenuto con la stessa forza e con lo stesso livello poetico del romanzo d’appendice, della canzoncina, della cartolina postale. La decadenza di questi generi, sancì la scomparsa immediata, del melodramma popolare nel teatro, confermando la forza e l’efficacia con la quale il cinema si rivelava capace di risvegliare, di soddisfare, di servirsi del bisogno di emozioni del grande pubblico.
Oggi aiutato dalla tecnica, il cinema si può permettere di rappresentare conflitti meno comuni, meno schematici, anche se più spettacolari. Il pubblico si allarga, interessa anche menti più aperte all’introspezione, quelle menti che fino a ieri erano di proprietà solo del teatro e della letteratura. Il cinema parla ai grandi numeri, non fa distinzione di classe, cerca la strada più facile per raggiungere il suo pubblico. In questo modo trova conforto, riconoscibilità, immedesimazione e svago, soprattutto a prezzi accessibili.

Bruno Bigoni