Un bel rotolo di carta igienica 
                    campeggia sulla copertina di “A” 39 (giugno/luglio 
                    1975), un rotolo speciale, con impressi i simboli dei vari 
                    partiti politici, tutti i partiti. “Gli anarchici non 
                    votano” è il parallelo titolo dell’articolo 
                    dedicato alle imminenti elezioni del 15 giugno, definite “il 
                    solito imbroglio”. Nel sottotitolo si legge: “La 
                    presentazione da parte di Avanguardia Operaia e del Partito 
                    di Unità Proletaria di una lista congiunta è 
                    un ulteriore sintomo del loro progressivo avvicinamento all’area 
                    riformista. Le ragioni del nostro coerente astensionismo”.
                    
Il 
                    primo interno e la quarta di copertina sono dedicati alla 
                    legge Reale (del nome dell’allora ministro degli interni, 
                    il repubblicano Oronzo Reale: “Licenza di uccidere” 
                    è scritto nel retro di copertina, accanto all’immagine 
                    di una pistola “fumante”. E “Reale peggio 
                    di Rocco” è il titolo di un’intervista 
                    all’avvocato Francesco Piscopo, militante marxista-leninista, 
                    in quegli anni tra i legali più impegnati nella controinformazione 
                    e nei processi, più volte intervistato su “A”.
                    Tutti dedicati all’attualità gli altri articoli: 
                    per una volta non ci sono scritti relativi al pensiero e alla 
                    storia degli anarchici. “Riformisti extraparlamentari” 
                    sono definiti i radicali. Si sottolinea che “sono nati 
                    da una scissione a sinistra dei liberali e che sono da anni 
                    alla testa del movimento per i diritti civili. La programmatica 
                    fiducia nella democrazia parlamentare e la strategia riformista 
                    li differenziano nettamente dall’anarchismo”. 
                    Ma nella didascalia alla foto, di 3 anni prima, di Marco Pannella 
                    che interviene a Rimini alla manifestazione per il centenario 
                    della nascita del movimento anarchico in Italia, si afferma 
                    che “aldilà delle notevoli differenze ideologiche, 
                    anarchici e radicali si sono spesso trovati a combattere fianco 
                    a fianco contro l’oppressione statale”.
                    La statalizzazione dell’industria automobilistica Leyland 
                    in Gran Bretagna, i conflitti interni a Confindustria tra 
                    piccoli industriali e Gianni Agnelli, le scelte politiche 
                    dei generali golpisti cileni, le vicende della Federconsorzi 
                    (vero feudo democristiano) e soprattutto un saggio sullo “Stato 
                    padrone”, cioè sulla nascita e lo sviluppo delle 
                    imprese pubbliche in Italia, sono temi trattati nell’ambito 
                    della costante e forte attenzione che la rivista dedica in 
                    quegli anni all’economia.
                    Altri temi trattati: il ruolo dei comunisti in Portogsllo, 
                    l’abolizione delle “classi differenziali” 
                    nella scuola pubblica, la verità di Stato sul caso 
                    Pinelli.
                    Ci piace segnalare la notizia del passaggio da Cesena a Milano 
                    delle Edizioni Antistato, nate un quarto di secolo prima e 
                    “mandate avanti” principalmente dal muratore anarchico 
                    Pio Turroni. Il nuovo gruppo editoriale, composto da giovani 
                    militanti vicini alla nostra rivista, annuncia che i primi 
                    due titoli della “nuova gestione” saranno Campi, 
                    fabbriche e officine del russo P. Kropotkin e La C.N.T. 
                    nella rivoluzione spagnola dell’iberico J. Peirats.
                    Infine, una bel disegno di Ferru Piludu (quanto ci manchi), 
                    riproducente un Errico Malatesta elegante 
                    e sorridente, fa da richiamo alla notizia dell’imminente 
                    uscita della ristampa – a cura del movimento anarchico 
                    italiano – dei tre volumi con i suoi scritti dell’ultimo 
                    periodo (1919-1932), editi negli anni ‘30 in Svizzera, 
                    subito dopo la sua morte, e ormai introvabili.