rivista anarchica
anno 41 n. 363
giugno 2011


cinema

 

Un film severo, asciutto, ineccepibile

Tre ragazzi del sud Italia, in seguito alla feroce repressione borbonica dei moti che nel 1828, maturano la decisione di affiliarsi alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini. Attraverso 4 episodi che corrispondono ad altrettante pagine oscure del processo risorgimentale per l’Unità d’Italia, le vite di Angelo, Domenico e di Salvatore verranno segnate tragicamente dalla loro missione di cospiratori e rivoluzionari, sospese come saranno tra rigore morale e pulsione omicida, spirito di sacrificio e paura, carcere e clandestinità, slanci ideali e disillusioni politiche. Questa in breve la sinossi dell’ultimo film di Mario Martone “Noi Credevamo”. Domenico, Angelo e Salvatore – dice il regista – incarnano modi profondamente diversi di vivere l’esperienza della clandestinità, della cospirazione e della lotta armata, modi che ancor oggi è possibile cogliere intorno a noi, se non ci si limita ad appiattire problemi enormi come quello dell’indipendenza dei popoli su uno schema superficiale. La loro storia ha per sfondo la tormentatissima nascita dello stato italiano, le scelte di un paese eternamente diviso in due (allora tra monarchici e repubblicani, ma anche direi tra reazionari e democratici, tra nordisti e sudisti..) il contrasto dilaniante tra azione e disillusione che segna da allora, come un pendolo amaro, ogni fase della nostra storia. Guardando le radici della nazione italiana si scorgono molte cose della pianta che ne è sviluppata. Oggi più che mai i guasti di quei contrasti e delle incapacità a risolverli pesano sulla nostra storia più recente.

Un fotogramma del film

Il film di Martone è tra i migliori film di tutta la stagione. Un film severo, asciutto, formalmente ineccepibile che suscita numerose e inedite riflessioni. Come nacque e si sviluppò il desiderio indipendentista in Italia? Quali furono i motivi delle ripetute sconfitte dei moti rivoluzionari? Cosa determinò l’avvento della monarchia quando molto del pensiero rivoluzionario di quegli anni fu repubblicano e sovente rivoluzionario (parità di merito, riforma agraria, lotte contadine, dignità femminile per dirne solo alcuni..) A queste domande il film risponde in modo indiretto ma sempre con intelligenza e chiarezza. Attraverso le vite dei tre protagonisti, la storia d’Italia pre unità viene illustrata e ben spiegata. C’è dell’altro nel film. Un sottile filo rosso che tiene insieme tutto il film e che ben ci rappresenta. Qualcosa di profondo e radicato nel dna di questa nazione. Il tradimento. Siamo traditori e gattopardi, traditori e trasformisti, traditori e voltafaccia. Il nostro risorgimento è attraversato da tradimenti di ogni tipo. Dalle aspettative di molti giovani che credettero in una nazione libera e democratica, alle scelte politiche (la monarchia trionfò sulla repubblica) fino ai comportamenti individuali, che segnarono in modo tragico le vite di molti combattenti per l’unità d’Italia.
In questi mesi di festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità (cosa ci sia da festeggiare poi in un paese così allo sbando e votato alla separazione e ai localismi regionali..) il film di Martone cade come un macigno sulle nostre coscienze e ci pone interrogativi a cui non ci si può sottrarre. Il cinema, in questo caso, come vera coscienza nazionale, come strumento di riflessione e di analisi della storia. Della nostra storia. Del nostro presente.

Bruno Bigoni