rivista anarchica
anno 41 n. 361
aprile 2011


Chiesa

Un declino inarrestabile?
di Antonio Cardella

Passata la stagione del Concilio Vaticano Secondo, la Chiesa Cattolica ha ripreso appieno il suo ruolo oscurantista in campo culturale e di sostanziale appoggio al governo sul piano politico. Nonostante Ruby, bunga-bunga ecc.

 

Mi sono deciso a scrivere queste brevi note sul momento attuale della Chiesa cattolica, non per rinverdire un improponibile anticlericalismo acritico e viscerale, quanto per cercare di evidenziare l’influenza del Vaticano sulla regressione della convivenza civile in Italia verso l’imbarbarimento delle relazioni sociali, il degrado della politica, la deriva sessuofobica nei rapporti tra i generi e i conati razzistici.
La persistenza ventennale del Cardinal Ruini alla guida della CEI ha segnato una tappa buia nella storia della Chiesa, soprattutto per la determinazione con la quale Ruini e le gerarchie ecclesiastiche in Italia hanno contrastato e, di fatto, azzerato tutti i varchi che il Concilio Vaticano Secondo aveva aperto nella teocratica, integralistica visione dei rapporti tra la Chiesa regnante e lo Stato, tra la declinazione imperativa della morale cattolica e le norme di convivenza (relativamente) laiche della società civile.
Sul piano delle relazioni con lo Stato, le segreterie vaticane in Italia si sono considerate sempre al di fuori e al di sopra delle leggi vigenti nel nostro Paese. Con la complicità di tutti i governi che si sono succeduti dalla fine del secondo conflitto mondiale, il Vaticano ha costruito un impero finanziario immenso, a partire dal patrimonio immobiliare (nella sola Roma si ritiene che il 22% degli immobili siano di proprietà di enti religiosi cattolici), senza considerare che su tale patrimonio, all’interno del quale una parte consistente è di natura commerciale, si è esentati dal pagare alcune tasse, a partire dall’ICI. Ma vi sono altri privilegi che, soprattutto oggi, appaiono scandalosi, quale quello, nel settore della pubblica istruzione, degli insegnanti di religione, i quali sono direttamente nominati dalle Curie e adesso possono anche insegnare materie umanistiche senza aver sostenuto alcun concorso pubblico e rispettato alcuna graduatoria. Mi sono soffermato solo su questi esempi perché mi appaiono particolarmente odiosi in un momento, come quello che attraversiamo, nel quale la fiscalità generale è in uno stato di particolare sofferenza e la disoccupazione intellettuale altissima.
Nel campo della morale è indubbio che la Chiesa si è schierata sempre, e tuttora si schiera, a difesa di una visione ottusamente ancorata ai periodi bui del potere temporale dei Papi, nei quali ogni anelito di libertà, ogni tentativo di adeguare l’evoluzione dei tempi con il naturale aggiornamento delle norme della convivenza civile veniva perseguito, spesso con brutalità.

Il caso Englaro, per esempio

Sono sufficientemente note le battaglie di retroguardia che la gerarchia cattolica, appoggiata – è giusto sottolinearlo – da una parte consistente, anche se non maggioritaria, dell’opinione pubblica, ha combattuto contro leggi, già esistenti in tutti i Paesi più progrediti dell’Occidente, a difesa della libertà della donna (la pari dignità e il diritto all’aborto), della liberalizzazione del rapporto di coppia (il divorzio), la libertà di ogni individuo di decidere di porre fine alla propria esistenza, soprattutto quando tale esistenza è divenuta insopportabile per le sofferenze fisiche incurabili e allorché le funzioni cerebrali regrediscono sino allo stato vegetativo (il relativamente recente caso Englaro è rimasto proverbiale anche per la battaglia che il coraggioso padre di Eluana continua a sostenere perché il tristissimo destino della figlia non debba toccare ad altri).
A questa manifesta insensibilità nei riguardi di una realtà che cambia rapidamente e certamente non nella direzione indicata dal papato cattolico, deve aggiungersi quello che non ha mai cessato di essere il bordone dell’operato della Chiesa: la sua diffidenza verso il mondo della ricerca scientifica, in particolare, oggi, nelle ricerche sulle cellule staminali, che aprono orizzonti impensabili sulla cura di alcune malattie largamente diffuse nel mondo contemporaneo, quali il diabete, il Parkinson e l’Alzheimer, per citare solo le principali. Incredibile e particolarmente odioso è il divieto dell’indagine prenatale per individuare eventuali deformazioni e affezioni genetiche del nascituro. Il dramma è che questi incredibili bavagli posti alla ricerca scientifica sono già o stanno per essere introdotti nella legislazione italiana con la complicità di un governo che, privo manifestamente di ogni senso morale per quel che riguarda i comportamenti pubblici e privati di molti dei suoi componenti, tenta così di blandire l’elettorato cattolico.
In questo clima di arroganza dottrinaria e di famelici appetiti, la gerarchia cattolica si scopre in ulteriore affanno nei rapporti tra i suoi apparati istituzionali e in progressivo isolamento dal variegato panorama delle chiese locali e del laicato cattolico.
L’accentuazione monocratica impressa al suo papato da Benedetto XVI ha creato un’ulteriore divaricazione tra la Segreteria di Stato e la CEI.
Sin dal suo insediamento il cardinal Bertone non ha nascosto il suo disegno, sostenuto, se non proprio imposto, dall’attuale pontefice, di limitare l’autonomia delle Chiese locali con l’intento evidente di avocare a sé i rapporti con i governi nazionali. La prova evidente di questa svolta è stata il diverso atteggiamento tenuto dalle due parti nel caso Boffo. Come è noto, l’ex direttore de L’Avvenire si dimise dalla carica in seguito alla calunniosa e spregevole campagna di stampa del Giornale di Berlusconi diretto da Feltri, una campagna basata su false informative della polizia. L’Avvenire, organo della Conferenza episcopale, guidata dal Cardinal Bagnasco, prese subito posizione in favore di Boffo ma non poté impedire che quelle dimissioni fossero troppo in fretta accettate dalla Gerarchia. Anzi, secondo alcuni osservatori, nei corridoi vaticani era palese la soddisfazione per la soluzione repentina del caso.

La Segreteria di Stato e Berlusconi

Più evidente ancora è la frattura tra le due anime del Vaticano se si valutano i comportamenti della Segreteria di Stato e della CEI nei riguardi di Berlusconi e del suo governo. Sia L’Avvenire che Famiglia Cristiana hanno spesso stigmatizzato il crollo verticale di operatività e di immagine del governo italiano, sino a sostenere le dimissioni, se non dell’intero esecutivo (non avevano alcun titolo per farlo) almeno quelle di Berlusconi, ritenuto ormai insostenibile, sia per i suoi comportamenti privati, sia per l’alta conflittualità che continua a creare tra i poteri dello Stato e tra le diverse fazioni dell’opinione pubblica italiana.
Opposto è stato e continua ad essere l’atteggiamento della Segreteria di Stato, la quale sa bene che un Berlusconi, sotto ricatto anche per il rischio di un’ esplicita presa di distanza del Vaticano, è più disposto ad accogliere le pretese vaticane, sia sul piano dei privilegi che su quello della legislazione sui diritti civili. Ha chiuso, quindi, più di un occhio sui vizi privati del personaggio (pluridivorziato, corruttore di minorenni, persino bestemmiatore), pur di ottenerne la completa acquiescenza.
Quando, però, si copre col proprio mantello un uomo di tal fatta e il suo governo non meno spregevole di lui, vuol dire che si è imboccato l’ultimo bunker per difendere il poco che resta di credibilità, ed è palese che l’irrigidimento dottrinario e gli anatemi sono i riflessi condizionati della paura.
E, in realtà, il Vaticano ormai si sente assediato dai suoi stessi sodali. Le opere missionarie sono spesso in aperto conflitto con le gerarchie. Capiscono sempre meno come uomini in calzari di seta e manti di ermellino, chiusi nei loro abituri da favola, possano anche soltanto intuire i bisogni reali di popolazioni lontanissime anche logisticamente dalle loro convivenze paludate, uomini e donne che popolano le terre arse dell’Africa e gli aspri altopiani dell’America Latina. Capiscono sempre meno, quei missionari, come i propri referenti gerarchici possano arrogarsi il diritto di proibire o permettere pratiche di vita dettate dalla necessità di sopravvivere a condizioni esistenziali drammatiche, sia per l’ambiente ostile, sia per gli esiti di lunghe colonizzazioni predatorie.

Un trend irreversibile

Ma vi sono, ad assediare simbolicamente quel bunker, i preti di frontiera, quelli che, anche nel civilizzato Occidente, condividono lo stato di degrado delle periferie urbane, di territori controllati dagli spacciatori di droga e dalla delinquenza organizzata, di popolazioni prive di ogni risorsa, e dei disperati che affrontano viaggi lunghi e pericolosi per raggiungere una mitica e fallace terra promessa.
Infine il regresso inarrestabile delle vocazioni e della stessa sbandierata religiosità popolare indica un trend irreversibile. Nel bacino italiano si calcola che l’uscita dal ruolo dei titolari delle parrocchie è quadruplo rispetto ai nuovi che dovrebbero sostituirli, sicché un consistente numero di parrocchie è costretto a chiudere i battenti per mancanza di titolari.
Lo stesso crollo si registra nella frequentazione dei riti religiosi. Nelle rilevazioni fatte in alcune regioni italiane (non mi risultano studi complessivi sull’intero territorio del Paese), soltanto il 26% dei cattolici dichiara di frequentare le Chiese nelle ricorrenze festive, ma se si passa dalle dichiarazioni alla conta effettiva, la percentuale scende al 12%.
C’è allora da chiedersi se anche per il papato come istituzione non sia iniziato un declino inarrestabile, un declino che potrà durare a lungo, ma sarà irreversibile.

Antonio Cardella