rivista anarchica
anno 40 n. 357
novembre 2010


Cuba 2

E che San Bakunin ce la mandi buona...
intervista di A.M. a un anarchico cubano

Internet, la tessera annonaria, i prigionieri politici, le forme dell’opposizione, ecc. ecc. Chiacchierata a ruota libera, rigidamente anonima.

 

Quanto costa connettersi a internet?
A Cuba internet non è gratis per tutti, lo è solo per gli uffici del partito-Stato e per le persone con un permesso per il libero accesso; il resto della popolazione è costretto a comprare delle tessere pre-pagate. Non è nemmeno concesso connettersi a internet da casa, solo alcune persone autorizzate possono installarselo nel proprio domicilio privato; gli altri devono andare nei centri destinati all’uso di internet.

Quanto può costare per un lavoratore cubano?
Un’ora di internet costa 8 cuc (peso cubano convertibile in valuta, più o meno come il dollaro americano).

Cos’è “la libreta”?
Oggi “la libreta” (tessera annonaria) è una presa in giro, già che si trovano sempre meno generi alimentari nelle “bodegas” di quartiere (negozi amministrati dallo Stato adibiti alla vendita dei generi alimentari), eppure, per ampi settori che guadagnano miseri salari (da 11 a 15 dollari al mese) e/o sono disoccupati, “la libreta” continua a essere una maniera per garantirsi uno scarso numero di generi alimentari basici a modico prezzo. Un tempo era un metodo di controllo per evitare l’accaparramento dei viveri e una maniera per regolare i prezzi dei generi alimentari, ma nella presente congiuntura che vede il passaggio dal capitalismo di Stato al capitalismo privato, il partito-Stato si mantiene fermo nella sua proposta di eliminare “la libreta”, sostenendo che “non è il momento di fare del paternalismo” e che non tutte le persone che comprano a prezzi sussidiari ne hanno realmente bisogno. L’aspetto più ridicolo di queste argomentazioni è che nessun lavoratore o lavoratrice che percepisce un salario minimo ha un potere d’acquisto tale per poter acquistare pagando in cuc nei supermercati (gestiti dagli alti ufficiali dell’esercito) dove sì si trovano tutti gli alimenti, ma a prezzi altissimi.

Chi sono le Dame bianche?
Le Dame bianche sono (anche se sarebbe meglio dire erano, dato che nella mediazione Stato-chiesa, quest’ultima si è assunta l’impegno di mettere fine a queste proteste) le madri, le mogli e le figlie dei prigionieri politici del gruppo dei 75, arrestati durante l’ondata repressiva nota come la “primavera nera”. Si sono date questo nome perché manifestano pacificamente per richiedere la scarcerazione dei loro familiari.

I prigionieri liberati in seguito all’intervento del vescovo de L’Avana erano stati condannati per reati comuni o per dissidenza politica?
I prigionieri scarcerati dopo il dialogo tra la chiesa e lo Stato erano tutti prigionieri politici non “comuni”, come il partito-Stato definisce con disprezzo il resto dei detenuti sociali. Tutti i prigionieri scarcerati appartenevano al gruppo dei 75, sono stati gli ultimi a rimanere ancora in prigione da allora dato che qualcuno era stato scarcerato con il contagocce per gravi stati di salute.
Ma secondo le organizzazioni dei diritti umani – illegali, ovviamente – qualche gruppo di prigionieri politici che non rientrava all’interno dell’accordo continua a essere in prigione. Il fatto veramente allarmante è la quantità di prigionieri sociali (che loro chiamano “comuni”) presenti in ogni parte dell’isola. Non esistono dati ufficiali, non ci è permesso di sapere esattamente di quante persone stiamo parlando ma, secondo quanto affermano gli ex detenuti, i familiari e i dati raccolti dall’illegale Commissione dei Diritti Umani, il numero dei prigionieri si aggirerebbe attorno al milione, composto per la maggior parte di giovani tra i 16 e i 30 anni.

Nella stampa borghese italiana si parla molto di Yoani Sánchez. Dicono che sia pagata dalla CIA. Che te ne pare?
È logico che nella stampa borghese si parli molto di Yoani Sánchez, mentre qui molte altre voci vengono messe a tacere. Se non esistesse la censura e la mancanza di libertà d’espressione che il partito-Stato ci impone potrebbero sentirsi anche altre voci critiche. A questo si deve sommare l’“auto-censura” così frequentemente attuata dalle organizzazioni di sinistra che invece di farsi portavoce dei loro compagni d’idee e di aiutare a diffondere altre posizioni critiche, si uniscono al silenzio castrante che c’impone lo Stato. È davvero un fatto insolito ma è quanto accade nella realtà. Quasi tutta la “sinistra” internazionale si presta al gioco della censura e tutti si limitano a ripetere come pappagalli quanto gli viene ordinato dalle alte sfere del partito-Stato cubano. E per assurdo è riuscito a convincere perfino individui e organizzazioni di presunta affiliazione “anarchica” che rappresentano una straordinaria eccezione al momento di affrontare problematiche concrete come quella di Cuba o del Venezuela, della Bolivia, dell’Ecuador, del Nicaragua, e dimenticano l’antico motto, “Né Dio, Né Stato, Né padrone”, e cominciano con interminabili piroette semantiche a giustificare l’ingiustificabile.
Ah, scusa… dimenticavo la presunta impiegata della CIA. Che ne penso? Beh, a noi tutti sembra una tremenda commedia, sicuramente non condividiamo in nulla le posizioni e i postulati di Yoani che sono chiaramente liberali, piccolo-borghesi, proto-capitalisti ma da qui a credere alla storia che sia “un’agente della CIA”, una “mercenaria”, etc., ci vuole davvero molta fantasia. Anche se ha ricevuto dei premi all’estero, se importanti media della stampa borghese la pagano per i suoi lavori giornalistici e se riceve finanziamenti da fondazioni e da altre organizzazioni di questo tipo, la cosa realmente sorprendente è che nel resto del mondo innumerevoli organizzazioni e individui che si dichiarano di “sinistra” ricevono questo tipo di finanziamento dalle fondazioni e da altri enti, senza che nessuno gli rinfacci di essere dei mercenari. In realtà riteniamo che quando a Cuba verrà derogata ogni legge che attenta alla libera espressione, in quello stesso istante dichiarazioni come quelle di Yoani perderanno tutto il loro peso specifico, perché ci sarà un ampio ventaglio di giornali, riviste, opuscoli, proclami, con posizioni rivoluzionarie, socialiste libertarie, anarchiche che potranno contribuire alla critica.

Quale è il tuo rapporto con l’Osservatorio Critico? Sono marxisti, intellettuali o libertari?
La Rete Osservatorio Critico è un incredibile e meraviglioso ombrello sotto cui confluiscono molti progetti, numerosi collettivi e iniziative che partono da posizioni critiche – come indica il suo nome -, anche se queste posizioni critiche non hanno necessariamente un colore ideologico. Ci tengo a chiarire che non si tratta di un’organizzazione politica.
È indubbiamente un punto di confluenza d’idee in cui si ritrovano intellettuali marxisti critici, organizzati a partire da un dibattito del socialismo partecipativo e democratico, che appoggiano questa Internazionale, e compagni libertari, anarcosindacalisti, socialisti libertari, anarchici, ecc. Un buon esempio è il Laboratorio Libertario Alfredo López. Bisogna anche chiarire che non facciamo ufficialmente parte dell’Osservatorio, anche se conosciamo molti compagni e abbiamo partecipato a molte loro attività, forse per ragioni legate a interessi propri dell’età o forse perchè non ci riteniamo appartenenti alla denominata intellettualità, nonostante alcuni nostri compagni siano artisti.

Esistono contatti con altri gruppi dell’opposizione?
No, non abbiamo il benché minimo contatto con i gruppi della cosiddetta “opposizione”; riconosciamo che esistono moltissime posizioni all’interno di questo grande calderone che si definisce “opposizione”, ma noi non ne condividiamo i principi “generali”, per chiamarli in qualche modo. Siamo d’accordo quando questi gruppi lanciano degli allarmi a proposito della mancanza di libertà, della mancanza di democrazia diretta, d’assenza partecipativa; appoggiamo le loro critiche alla direzione storica, alla verticalità del partito-Stato, alle segnalazioni di autoritarismo assolutista; siamo d’accordo sulla richiesta generale della necessità di un cambiamento urgente ma non concordiamo sulla direzione, sul verso che devono assumere questi cambiamenti. Noi non vogliamo passare dal capitalismo di Stato al capitalismo privato e neo-liberale, come molti di questi gruppi invece vorrebbero; noi desideriamo andare verso il Socialismo libertario, democratico e partecipativo, e per questo lavoriamo, per questo combattiamo.

A Cuba ci sono difficoltà per comprare generi alimentari?
A Cuba ci sono ovviamente molte difficoltà per comprare generi alimentari ma per gli elementi ai margini, per quelli a cui accennavo poco fa, che guadagnano tra gli 11 e i 15 dollari al mese, per i disoccupati – di cui non si ha una cifra concreta ma che si stimano essere centinaia di migliaia – per i cubani a piedi, le difficoltà sono davvero molte.

Com’è la situazione negli ospedali, nelle scuole, nell’agricoltura, nell’industria e nella costruzione civile?
Avviene la stessa cosa che nell’edilizia, il problema comune dell’abitazione, chi ha soldi si costruisce la sua casa senza molte difficoltà, compra tutto il materiale, in ogni modo, anche con materiale rubato ma, per la maggior parte dei cubani, questo continua a essere un sogno irrealizzabile. E per quanto riguarda gli ospedali, come per numerosi altri temi, le cose non sono molto diverse. È innegabile, gli ospedali e l’assistenza medica sono gratuite, ma ci sono grandi carenze, non ci sono i medicinali, ecc.
Questo non dipende sempre dal nemico o dall’embargo... Lo stesso discorso vale anche per le scuole: è innegabile che l’educazione è gratuita dalle scuole primarie fino all’università ma noi per molto tempo abbiamo creduto che questo era un traguardo esclusivo della rivoluzione e uno diceva sempre, bene, il partito-Stato farà molti errori ma almeno l’istruzione è gratuita. Ma poi scopriamo che ci sono molti paesi in cui l’educazione è gratuita e non stiamo parlando di paesi sviluppati dell’Europa, no, ma di paesi di qua, del continente latinoamericano. Alcuni compagni messicani che sono passati di qua in visita ci hanno detto che anche là la scuola, fino all’università, è gratuita, e che hanno un sistema che hanno ottenuto grazie alle lotte degli studenti, e che inoltre assicurano il passaggio dal pre-universitario all’università. In realtà molte volte non sappiamo molto del mondo... è un gran carcere, siamo isolati senza possibilità di comunicare con l’esterno. È un’isola isolata. E non è solo per il tema dell’embargo nordamericano, è l’embargo interno che ci impongono e con cui ci condannano a vivere nell’ignoranza, a non sapere altro che quello che “papà” partito-governo-Stato ci vuole raccontare... Ora gli è venuta la mania della guerra, l’Apocalisse nucleare tra le potenze capitaliste ed è un punto di vista che non si può mettere in discussione, nessuno può mettere in dubbio questa pazzia anche se il mondo vive convinto che le potenze capitaliste sono felici sfruttando gli esclusi del mondo e non pensa affatto a buttarsi in una ecatombe nucleare, questo non vuol dire che non continuino le guerre in Irak, Afganistan, etc., quelle di bassa intensità in Africa, questa è la logica del capitalismo.
Beh, spero tu sia rimasto soddisfatto, non posso fare altro che ringraziarti per l’intervista e raccomandarmi a San Bakunin affinché essa venga diffusa e si rifletta un po’ di più sul significato della parola “Solidarietà”. Grazie! Un forte abbraccio fraterno a tutti i compagni e le compagne italiane.

A.M.
(traduzione di Arianna Fiore)