rivista anarchica
anno 36 n. 318
giugno 2006


attenzione sociale


a cura di Felice Accame

 

Veicoli del conformismo

 

Ivan Sergeevic Turgenev pubblicò le Memorie di un cacciatore nel 1852 e l'imperatore Alessandro II abolì la servitù della gleba in Russia nel 1861. Si dice – chi lo dice, perlopiù, ricorre a questa formula – che il secondo evento non sia da considerarsi del tutto indipendente dal primo: che le condizioni dei contadini russi sono state così ben descritte – così drammaticamente descritte – da ingenerare nell'imperatore una sorta di commozione riformatrice irreversibile.

Ivan Sergeevic Turgenev

Turgenev è un romanziere – si deve a lui l'invenzione linguistica del “nichilista”, in Padri e figli, del 1862 – e le sue Memorie di un cacciatore sono un insieme di racconti, scritti in un'epoca ed in un contesto sociale in cui il censore governativo poteva trasformare la frase “questa fanciulla era come un fiore” – disdicevole – in “questa fanciulla assomigliava a una rosa rigogliosa” – che, evidentemente, meno disturbava la pace sociale. Il suo è dunque un lavoro “letterario”, “creativo”, che, per definizione, qualsiasi cosa detta non avendo vincoli particolari da rispettare, può rivelarsi anche un ottimo veicolo di idee nuove e pericolose per l'ordine instaurato, ma, di certo – mi dico – non può competere con un'argomentazione ben articolata e ben dimostrata. Voglio dire che la forma del romanzo, ai fini della diffusione di un'idea, non vale la forma del saggio. E tuttavia se proviamo a contare la massa di libri che viene pubblicata, dobbiamo ammettere che il romanzo ed i generi suoi derivati attraggono ancora moltissimo sia gli scrittori che i lettori. In pochi, abbandonandosi alla finzione letteraria, si sentono addosso la responsabilità politica di questa scelta che, anzi, evolvendo come opportunità sociale – diventare il grande romanziere –, ha finito con l'ingenerare quel curioso fenomeno che va sotto il nome di “scuola di scrittura”. C'è stato un momento in cui Tolstoj ha ritenuto che “far della letteratura” fosse un crimine nei confronti dell'umanità sofferente, ma, forse perché anche lui proprio coerente coerente non è riuscito ad esserlo, al giorno d'oggi questa cautela è del tutto ignorata.

Alphonse Mucha, 1914
L'abolizione della servitù in Russia (1861)

L'aspirante scrittore si sente tanto legittimato della sua missione da frequentare corsi, dietro esborso di quattrini, in cui qualcuno gli insegna come scrivere. Se da un lato è palese la contraddizione in cui cade – quella stessa scrittura che gli dovrebbe essere insegnata è definita proprio in termini di una creatività personale, come una qualità individuale e irripetibile intrinsecamente connessa all'esperienza propria –, dall'altro è altresì palese che la vastità del fenomeno risponde ad un'esigenza che trascende il singolo per coinvolgere il nodo stesso che unisce il letterato alla società del suo tempo. C'è uniformità. E conformità – una conformità di scrittura che segnala una conformità di idee. E c'è, anche qui, la ricerca di una scorciatoia per il successo.
Turgenev è finito fin in galera per un necrologio troppo affettuoso nei confronti di Gogol, è stato esecrato in patria per i motivi più diversi – ma sempre connessi a quel che di “letterario” aveva scritto – fino a convincerlo a vivere all'estero e, se una “scuola di scrittura” ha avuto, è stata la bonaria o severa critica, a seconda dei casi, dei professori universitari o degli amici cui consegnava i propri manoscritti. Beninteso, anche in questa forma minore e gratuita, questa “scuola” di un tempo rappresentava un ossequio dello scrittore al meccanismo del premio e della punizione sociale. E, infatti, Turgenev rimane uno scrittore con i suoi problemi da scrittore – ottenere buone recensioni, essere riconosciuto e amato nella buona società, non esercitare lavori umili, vivere di rendita e di percentuali d'autore – come rimane, per tutti noi, nonostante l'amnesia collettiva che lo concerne, il problema politico della scelta dell'affermare una tesi in una forma (magari equivocabile) o in un'altra (magari inequivocabile).

Felice Accame

P.s.: Per molte delle informazioni qui utilizzate, cfr. I. S. Turgenev, Memorie letterarie e di vita, Baldini e Castoldi, Milano 2000.