diffamazione 
                  La calunnia è un venticello... 
                    a cura della redazione 
                    di “A” 
                    
                  …che a volte si ritorce, 
                    come un boomerang, contro chi la pratica! 
                 
               | 
             
             
               
                    
                   
                    
                       
                        Lo 
                          scorso 14 febbraio è stata emessa, presso la 
                          sede distaccata di Desio del tribunale di Monza, la 
                          sentenza di condanna nei confronti di un giornalista 
                          de “Il Giornale Nuovo del Piemonte” per 
                          aver diffamato, a mezzo stampa, gli anarchici Vicente 
                          Taquias Vergara (Urbano) e Giuseppa Corvaio. Riportiamo 
                          qui di seguito alcuni stralci ripresi dalla testimonianza 
                          di Urbano, dalle imputazioni a carico dei giornalisti 
                          e della sentenza.  
                          Riportiamo anche uno stralcio della denuncia-esposto 
                          che Urbano fece nel 1998 contro Pinochet e la sua giunta 
                          criminale. Ricordiamo infine una lunga intervista, di 
                          Emanuela Scuccato, in merito alla situazione di rifugiato 
                          politico di Urbano, intervista che venne pubblicata 
                          sul numero 249 di “A” del novembre 1998. | 
                       
                     
                   
                    
                    La testimonianza di Urbano  
                  (…).  
                    P.M. – Può riferire al Giudice in merito ai motivi 
                    che l’hanno indotta a sporgere querela contro i signori 
                    Rizzi, Lorenzetti e Tesio?  
                    Teste Taquias – Sì, io ho fatto denuncia nei 
                    confronti dei due giornalisti, che sono qua presenti, per 
                    un articolo che avevano scritto sul giornale. Io sono venuto 
                    a sapere di questo articolo del giornale il 17 alla sera, 
                    perché io sono metalmeccanico, arrivo molto tardi a 
                    casa, mi hanno chiamato per telefono e mi hanno detto “guarda, 
                    non ti ha chiamato nessuno?”, io ho detto “non 
                    so, a riguardo di che cosa mi potevano chiamare?”, e 
                    mi hanno detto “guarda che pare che hanno parlato di 
                    te ad una radio, che c’è un articolo di giornale 
                    che ti riguarda”, io ho detto “non lo so”, 
                    nel frattempo non sapevo di cosa si trattava. Lo stesso giorno 
                    il sindaco del paese, Gianfranco Ferraris, noi abitiamo nella 
                    casa della madre di questo sindaco, è andato da mia 
                    moglie, che lavora alla casa di riposo, sempre nello stesso 
                    paese, e le ha detto “ma cosa avete combinato domenica 
                    14?”, “niente – gli ha detto – abbiamo 
                    fatto una festa”. Poi alla sera è venuta la Polizia 
                    a casa mia, è venuta la Digos di Alessandria e mi ha 
                    detto “guarda, cosa avete combinato domenica?”, 
                    io ho detto “niente di strano, abbiamo fatto un pranzo 
                    ecologico”, perché io faccio l’orto ecologico 
                    a casa mia, dato che ne produco tanta di verdura ho detto 
                    “facciamo una...”, ho proposto io, con molto tempo 
                    di anticipo, un pranzo di sostegno al giornale anarchico Umanità 
                    Nova, di ricavare da questa cena del denaro da devolvere a 
                    questo giornale. Difatti quando è venuta la Polizia 
                    a casa mia io le ho fatto vedere tutti i numeri di Umanità 
                    Nova dov’era annunciato con molto anticipo questo pranzo 
                    e c’era anche addirittura il numero di telefono per 
                    chiunque volesse venire, di mettersi in contatto con noi per 
                    partecipare a questo pranzo di sostegno al giornale. Gli ho 
                    fatto vedere alla Polizia questo.  
                    Poi il giorno dopo sono andato a Radio Gol, perché 
                    sono venuto a sapere che era Radio Gol che aveva diffuso questa 
                    notizia, loro mi hanno detto che loro non l’avevano 
                    creata questa notizia, che loro avevano fatto solamente una 
                    rassegna stampa al mattino su quello che c’era scritto 
                    ne Il Giornale Nuovo del Piemonte. Allorché mi hanno 
                    dato la copia. Mi hanno dato la copia del giornale e alla 
                    sera, questo il giorno 18, il giorno 18 è venuto il 
                    sindaco del paese a casa mia, con il giornale in mano, con 
                    Il Giornale Nuovo del Piemonte e mi ha detto “ma cosa 
                    avete combinato?” e ho dovuto rispiegare di nuovo, fargli 
                    vedere tutti i numeri del giornale Umanità Nova, dove 
                    era stato annunciato questo pranzo, che tra l’altro 
                    era all’aperto, perché io abito in una casa in 
                    campagna, una specie di cascina, era all’aperto, quel 
                    giorno pioveva quindi... un po’ è andata così 
                    quella giornata, quelli che sono venuti.  
                    Poi abbiamo suonato la chitarra, ballato, abbiamo mangiato 
                    e tra l’altro abbiamo raccolto 646 euro, che abbiamo 
                    dato al giornale, perché per questo si trattava questa 
                    cena. Il giorno dopo, il 19, sono andato in Questura ad Alessandria 
                    e ho esposto una formale denuncia contro i due giornalisti, 
                    tra l’altro io da allora, dal 17 al 19, non sono più 
                    andato a lavorare, perché... per stare dietro a questa 
                    cosa, non sapevo cosa comportava, cosa voleva dire. Ha creato 
                    nei miei confronti e di mia moglie un danno incredibile, perché 
                    dietro a questo articolo del giornale poi c’è 
                    stato un viavai di macchine a casa nostra che si fermavano 
                    ad una certa distanza, e questo è durato per diverso 
                    tempo.  
                     
                    Minaccioso giro di macchine  
                  Allorché io sono andato di nuovo in Questura, ad Alessandria, 
                    e ho chiesto un minimo di protezione, perché non sapevamo 
                    cosa voleva dire tutto questo giro di macchine che si fermavano 
                    e guardavano dentro in maniera minacciosa e abbiamo informato 
                    la Questura. Sono venuti diverse volte a fare un giro lì, 
                    intorno a casa nostra, ci hanno consigliato di prendere le 
                    targhe.  
                    Noi tra l’altro saremo a 50-60 metri dalla strada statale, 
                    da dove sta la casa nostra, quindi queste macchine quando 
                    si fermavano lì noi andavamo per prendere queste targhe 
                    o individuare più o meno chi erano, questi scappavano. 
                     
                    Allora siamo andati in Questura ad Alessandria e abbiamo spiegato 
                    che era impossibile per noi prendere le targhe, che piuttosto 
                    venissero loro ogni tanto a vedere, perché a casa mia 
                    c’è mio nipote, che adesso ha 5 anni, mia figlia 
                    e mia moglie, in questa casa che è isolata in campagna, 
                    quindi noi prevedevamo delle cose abbastanza strane che potevano 
                    succedere, avevamo addirittura un po’ di paura.  
                    Poi nel paese molta gente si è preoccupata di questa 
                    situazione, alcuni ci hanno tolto il saluto, molti altri ci 
                    hanno cominciato a chiedere “ma cosa avete combinato?”, 
                    e di nuovo a rispiegare a tutti, uno per uno chiunque veniva 
                    e ci chiedeva notizie al riguardo.  
                    Tra l’altro io sono esiliato politico, è dal 
                    ’75 che vivo in Italia, sono abbastanza conosciuto perché 
                    ho un comitato di lavoratori cileni esiliati che l’abbiamo 
                    creato proprio per denunciare il crimine commesso nel mio 
                    Paese dalla gente militare, e per questo sono molto conosciuto, 
                    tutti mi conoscono per Urbano. Difatti nell’articolo 
                    non è scritto il mio nome e cognome, Vincente Taquias 
                    Vergara, è scritto “un profugo cileno detto Urbano” 
                    e la gente a me non mi conosce per il nome... per il mio vero 
                    nome, molte volte, tutti mi chiamano Urbano, perché 
                    questo è un nome che avevo in Cile, un nomignolo che 
                    avevamo, quando c’era la vita dura dovevamo, proprio 
                    per fuggire a questa dittatura, usavamo dei nomignoli per 
                    non farsi riconoscere.  
                    Da quando sono arrivato in Italia molta gente ha continuato 
                    a chiamarmi, i cileni, Urbano, e gli italiani hanno preso 
                    anche loro a chiamarmi Urbano, difatti nessuno mi conosce 
                    per il mio esatto nome, Vincente Taquias Vergara. Per noi 
                    è stata una cosa abbastanza grave, perché questa 
                    cosa intanto ci ha tolto molte amicizie, io ho perso diversi 
                    giorni di lavoro per andare a sapere qual era la fonte, cosa 
                    pretendeva questo articolo, da noi.  
                    Tra l’altro l’articolo diceva che il giorno 20, 
                    del primo anniversario del G8, a Genova sarebbero successe 
                    delle cose tremende organizzate a casa mia, tant’è 
                    vero che non è successo proprio assolutamente nulla 
                    nell’anniversario del G8. Che io tra l’altro, 
                    personalmente, non sono andato né nel 2001, né 
                    nel 2002, né nel 2003, io non sono andato a Genova, 
                    io mi sono limitato solamente a fare un pranzo di solidarietà 
                    per il giornale anarchico Umanità Nova, che mi arriva 
                    dal ’75, che io lo compero in Italia, per questi motivi 
                    io sono esiliato in questo Paese, perché sono anarchico, 
                    ero un anarchico in Cile e lo sono anche qua.  
                    
                   Urbano 
                    mentre pianta un albero (9 marzo 2003 a Rivalta Bormida), 
                    in ricordo del fratello Manuel, nell’ambito del progetto 
                    Ecomemoria (www.ecomemoria.com) 
                     
                    Pranzo in sostegno di UN  
                  Ma era esclusivamente per quello che io ho fatto questo pranzo 
                    a casa mia, per sostenere il giornale e basta. E mi sono trovato 
                    in una situazione un po’ pericolosa, un po’ sgradevole, 
                    un po’ perché ci ha tolto anche le amicizie, 
                    ci ha tolto le possibilità di continuare a fare questa 
                    informazione che facciamo noi, questa controinformazione come 
                    cileni, di quello che succede nel nostro Paese.  
                    Molta gente adesso fa più fatica a mantenere i rapporti 
                    con noi, perché nonostante noi l’abbiamo denunciato 
                    su altri giornali, questa cosa, sul giornale Il Manifesto, 
                    su Il Piccolo di Alessandria, su La Stampa, abbiamo fatto 
                    dei comunicati e siamo... abbiamo detto “no, non centriamo 
                    nulla con questa storia qui”, però la gente comunque 
                    ci ha associato ad una cosa che non c’entrava niente 
                    con noi. Tutta lì questa questione. Il danno... Poi 
                    noi abbiamo perso diverse volte, io sono andato molte volte 
                    a Torino, sono andato a Monza, sono venuto qua, abbiamo perso 
                    di lavorare, abbiamo perso tante cose, pensiamo che siamo 
                    stati danneggiati molto seriamente in quanto... io sono un 
                    operaio, sono metalmeccanico, ho vissuto in Italia dal ’75 
                    fino ad oggi del mio lavoro.  
                    Questo a prescindere dalle mie idee, che penso che in questo 
                    Paese ognuno abbia il diritto a manifestarle come meglio crede, 
                    io ho manifestato difendendo gli immigrati, difendendo l’ambiente, 
                    cosa che... così, e questa è la mia attività 
                    che ho svolto politicamente in questo Paese, soprattutto il 
                    nostro comitato dei lavoratori per denunciare i crimini commessi 
                    nel mio Paese dalla dittatura militare. Questo più 
                    o meno a grandi linee.  
                    P.M. – Non ho altre domande.  
                    (…).  
                    P.C. Avv. Mossetti – Quindi lei è in Italia dal 
                    1975?  
                    Teste Taquias – Sì.  
                    P.C. Avv. Mossetti – Com’è entrato in Italia? 
                     
                    Teste Taquias – Come rifugiato politico.  
                    P.C. Avv. Mossetti – Sono stati prodotti alcuni documenti 
                    sulla sua richiesta di cittadinanza, sono state fatte delle 
                    interrogazioni in suo favore...?  
                    Teste Taquias – Certo, sono stati fatti anche...  
                    P.C. Avv. Mossetti – So che è stata prodotta... 
                    omessa della documentazione, se vuole dirci due parole su 
                    questo.  
                    Teste Taquias – Sì, certo. Io ho chiesto il diritto 
                    alla cittadinanza in questo Paese con la Legge Martelli, si 
                    poteva chiedere con i primi dieci anni di residenza in questo 
                    Paese, io tra l’altro in Alessandria avevo fatto l’associazione 
                    degli emigrati, nel ’90, quando ancora non c’era 
                    la Legge Martelli, gli emigrati, tanto che ero l’unico 
                    che aveva documenti regolari all’epoca, io avevo il 
                    soggiorno, il libretto di lavoro, avevo il lavoro e ho creato 
                    questa... l’associazione degli emigrati... dei lavoratori 
                    emigrati di Alessandria e provincia.  
                    Nel ’90... nel ’95, dopo vent’anni che ero 
                    in Italia io ho chiesto la cittadinanza, avevo oltrepassato 
                    due volte il doppio, erano passati vent’anni da quando 
                    ero in Italia, ho deciso di chiedere la cittadinanza perché 
                    le mie figlie vivono in questo Paese e i miei nipoti anche 
                    e io non avevo più intenzione di tornare in Cile, anche 
                    perché non troverei più nessuno della gente 
                    che ho lasciato.  
                    Manuel 
                    Taquias Vergara, fratello di Urbano, assassinato dai carabineros 
                    di Pinochet il 15-10-1973 
                     
                    Napolitano respinse la domanda  
                  Ho fatto la domanda, regolare, nel ’95, nel ’97 
                    mi è stata respinta, dal Ministro Napolitano, io allora 
                    mi sono rivolto a due Avvocati, in Alessandria, per fare ricorso 
                    al TAR del Piemonte e ho iniziato una lunga campagna, dato 
                    che mi occupavo degli emigrati, una campagna a livello nazionale 
                    sulla questione del diritto alla cittadinanza. E su questo 
                    ho avuto diverse interpellanze ed interrogazioni del Parlamento 
                    a favore mio, anche nel Parlamento di Strasburgo.  
                    Nel Parlamento di Strasburgo Luigi Vinci ha fatto una interpellanza 
                    a mio favore, perché era un’ingiustizia, io non 
                    ho precedenti penali; ho la fedina penale pulita, ho pagato 
                    le tasse fino ad oggi, in questo Paese, come tutti gli operai, 
                    perché io non ho mai lavorato in nero, ho lavorato 
                    sempre in regola.  
                    Russo Spena ha fatto due interpellanze nel Senato, quand’era 
                    senatore, a favore mio; Angelo Muzio quando c’era il 
                    Governo Prodi, che era Questore alla Camera, ha fatto un’interpellanza 
                    anche lui a favore mio; Renzo Penna, della Camera del Lavoro 
                    di Alessandria, che allora era deputato, anche lui ha fatto 
                    un’interpellanza a favore mio e un altro deputato di 
                    Ovada, che adesso non mi viene il nome... però il Ministero 
                    dell’Interno non ha mai dato una risposta sul mio diritto 
                    alla cittadinanza. Io da allora ho un processo al TAR del 
                    Piemonte dove si sta ancora discutendo questo mio diritto. 
                    Io tra l’altro l’anno scorso, nel 2002... no, 
                    2003, ci siamo sposati, con mia moglie, è da 15 anni 
                    che convivevamo, ci siamo sposati, ho avanzato un’altra 
                    richiesta di cittadinanza, di nuovo, perché mi spetta 
                    lo stesso di diritto, nonostante la prima si sia consumata 
                    in una grande ingiustizia, perché su di me non avevano 
                    niente.  
                    Me l’hanno rifiutata dopo vent’anni. L’ho 
                    chiesta di nuovo, la cittadinanza, so che il periodo di attesa 
                    sono due anni, mi hanno chiamato già in Caserma nel 
                    paese dove abito io, perché così è la 
                    prassi, la presenta nella Prefettura accompagnato con tutta 
                    la documentazione che chiedono e tant’è vero 
                    che per presentare la domanda di cittadinanza in questo Paese 
                    uno bisogna che abbia la fedina penale pulita e che non hai 
                    pendenze con la giustizia italiana. E adesso sono in attesa 
                    che mi venga riconosciuta la cittadinanza, per un altro motivo, 
                    anche se prima c’è stata... commessa una grande 
                    ingiustizia nei miei confronti.  
                    P.C. Avv. Mossetti – Non avrei altre domande.  
                    (…). Avv. Parodi – (…). Lei prima ha parlato 
                    di un viavai di macchine che venivano davanti casa sua eccetera, 
                    si ricorda che giorni erano? Si ricorda in quali giorni lei 
                    ha notato questo andirivieni di automobili?  
                    Teste Taquias – Queste macchine di solito... cioè 
                    io le ho notate più alla sera, perché io arrivavo 
                    di sera, non so se passavano pure di giorno...  
                    Avv. Parodi – Sì, certo, perché lei ci 
                    ha spiegato che lavora.  
                    Teste Taquias – Però al sabato e alla domenica 
                    io ero a casa e venivano, facevano il giro davanti a casa 
                    mia, si fermavano, andavamo per prendere queste targhe, che 
                    ci aveva consigliato la Digos di Alessandria, e questi scappavano. 
                    Tant’è vero che abbiamo informato la Digos di 
                    venire loro e loro sono venuti, effettivamente noi abbiamo 
                    visto che sono venuti 5 o 6 volte a fare una specie di ronda. 
                    Certo non possono mettere a disposizione nostra, non siamo 
                    così importanti, siamo solo dei lavoratori...  
                     
                    Danno nei nostri confronti 
                     
                  Avv. Parodi – La ringrazio. Lei legge regolarmente 
                    Umanità Nova?  
                    Teste Taquias – Certo.  
                    Avv. Parodi – Non ho altre domande.  
                    Giudice – Quindi, diciamo, l’aspetto che l’ha 
                    più offesa in questo articolo è il fatto che 
                    si sia detto che in questo pranzo veniva organizzato...?  
                    Teste Taquias – Sì, che si stesse tramando un 
                    qualcosa. Questo che ha colpito anche più anche nel 
                    paese, perché in un paese piccolo è difficile 
                    farti amicizie, quel paese dove abitavo io erano mille anime, 
                    non di più, era da quattro anni che eravamo lì, 
                    eravamo riusciti perlomeno ad inserirci, abitavo nella casa 
                    del sindaco quindi...  
                    Ma per noi era anche pure una responsabilità, riuscire 
                    a creare un po’ di amicizia con la gente, e questo ha 
                    mandato a monte tutto, addirittura il sindaco è venuto 
                    due volte a casa mia a domandare cos’era successo, queste 
                    cose qua, e ha creato un danno nei nostri confronti.  
                    Nonostante noi avessimo fatto solo una cosa per sostenere 
                    un giornale anarchico, giornale... che è un giornale 
                    storico, del 1920, e che gli anarchici nel mondo... io in 
                    Cile ero anarchico, non sono... che sono diventato qui in 
                    Italia. Per questo mi trovo in questo Paese.  
                    Ero un lavoratore in Cile, ero un calzolaio, qui sono un metalmeccanico, 
                    perché le circostanze mi hanno obbligato ad imparare 
                    un altro mestiere qua, perché quel mestiere che facevo 
                    in Cile non riesco più a farlo qui.  
                    Non ci sono altre domande, il teste viene licenziato.  
                     
                   
                  
                    
                      Le 
                          imputazioni  
                         In 
                          composizione monocratica nella persona della dott.ssa 
                          Silvia Pansini, in funzione di Giudice Unico, alla pubblica 
                          udienza del 14.2.2005 ha pronunciato, mediante lettura 
                          del dispositivo, la seguente sentenza 
                          nel procedimento a carico di Rizzi Stefano, (…), 
                          Lorenzetti Simona, (…), Tesio Massimo, (…), 
                          liberi presenti i primi due e contumace il secondo. 
                          Imputati 
                         Rizzi 
                          Stefano e Lorenzetti Simona:  
                         
                           
                          - a) 
                          
 - in ordine al reato previsto e punito dagli artt. 
                            595 c.p., e 13, L. 8 fabbraio 1948, n. 47, 1i c.p., 
                            perché, in qualità di autori dell’articolo 
                            dal titolo “In una cascina dell’Alessandrino 
                            i piani degli anarchici per l’anniversario del 
                            G8”, pubblicato sull’edizione del 17 luglio 
                            2002 del quotidiano “Il Giornale Nuovo del Piemonte”, 
                            con il contenuto dello stesso, riferendo lo svolgimento 
                            di un incontro tra persone appartenenti all’area 
                            anarco-insurrezionalistica presso una cascina di Rivalta 
                            Bormida, ed ipotizzando che nel corso dello stesso 
                            i partecipanti avessero affrontato argomenti e definito 
                            iniziative finalizzate a porre in essere comportamenti 
                            violenti o, comunque, illeciti in occasione della 
                            successiva manifestazione per l’anniversario 
                            dei fatti avvenuti durante il G8 di Genova dell’anno 
                            precedente (in particolare, con le espressioni “Pane, 
                            salame e vino. Ma oltre a questo, pochi giorni fa, 
                            …c’era ben altro: denaro e progetti per 
                            la trasferta degli anarco-insurrezionalisti piemontesi 
                            a Genova per l’anniversario delle morte di Carlo 
                            Giuliani, durante le manifestazioni del G8. …Il 
                            furgone carico di bastoni del centro sociale Askatasuna 
                            di Torino, che era giunto a Genova in quel sabato 
                            di violenza …non ci sarà. Ma solo perché 
                            l’automezzo, un anno dopo il G8, è ancora 
                            sotto sequestro da parte della magistratura ligure. 
                            …Il fermento maggiore, seppure malcelato, sembra 
                            essere non tanto negli ambienti dell’autonomia, 
                            quanto in quello degli anarco-insurrezionalisti …e 
                            proprio un gruppo di esponenti di questo movimento 
                            …si è radunato domenica scorsa in una 
                            cascina di Rivalta Bormida per mettere a punto il 
                            progetto della trasferta genovese. Una riunione “ufficialmente” 
                            volta ad organizzare il viaggio …forse anche 
                            per mettere a punto altro, ma sono soltanto ipotesi, 
                            al massimo sospetti, finora senza alcun riscontro. 
                            …di questo si sarebbe parlato nella cascina 
                            di Rivalta Bormida. Di questo e chissà? Forse 
                            anche di altro.” offendevano la reputazione 
                            di Taquias Vergara Vicente e Corvaio Giuseppa, proprietari 
                            della predetta cascina. Con l’aggravante di 
                            avere attribuito un fatto determinato. In Paderno 
                            Dugnano, in data 17 luglio 2002 
                          
 -  
 
                          - Tesio Massimo: 
                          
- b) 
                          
  - in ordine al reato previsto e punito dall’art. 
                            57 c.p., perché, in qualità di direttore 
                            responsabile del quotidiano “Il Giornale Nuovo 
                            del Piemonte”, ometteva di esercitare sul contenuto 
                            del predetto periodico da lui diretto il controllo 
                            necessario ad impedire che fosse commesso il reato 
                            di cui al capo che precede. In Paderno Dugnano, in 
                            data 17 luglio 2002 (…).
    | 
                     
                   
                    
                  
                    
                       
                         La 
                            sentenza  
                          Il 
                            Giudice visto l’art. 529 c.p.p. dichiara non 
                            doversi procedere nei confronti di Tesio Massimo per 
                            difetto della condizione di procedibilità. 
                             
                            Visto l’art. 530 comma 2 c.p.p. assolve Lorenzetti 
                            Simona per non aver commesso il fatto.  
                            Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., 62 bis, 69 c.p. 
                            dichiara Rizzi Stefano colpevole del reato a lui ascritto 
                            e, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti 
                            all’aggravante, lo condanna alla pena di 500 
                            Euro di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. 
                             
                            Visto l’art. 12 L. n. 47/1948 condanna Rizzi 
                            Stefano al pagamento a favore delle parti civili di 
                            una somma di 1.500 Euro ciascuna a titolo di riparazione 
                            pecuniaria.  
                            Visti gli artt. 538 ss. c.p.p. condanna Rizzi Stefano 
                            al risarcimento del danno cagionato alle parti civili 
                            che si liquida in via definitiva ed equitativa in 
                            6.000 Euro ciascuna oltre interessi dalla data odierna 
                            al saldo.  
                            Visto l’art. 541 c.p.p. condanna Rizzi Stefano 
                            al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile 
                            che si liquidano in complessive 2.400 Euro oltre IVA 
                            e CPA come per legge.  
                            Visto l’art. 9 L. 47/48 ordina la pubblicazione 
                            della presente sentenza, una volta sola e per estratto, 
                            a cura della Cancelleria e a spese dell’imputato 
                            Rizzi sul quotidiano “Il Giornale Nuovo del 
                            Piemonte”. Riserva la motivazione nei sessanta 
                            giorni.  
                            Desio, 14.2.2005.  
                           
                            Il Giudice  
                            Silvia Panini  
 | 
                       
                     
                   
                    
                   
                    
                       
                        Contro 
                            Pinochet  
                           
                            Stralcio dall’esposto-denuncia presentato 
                            da Urbano, nel 1998, contro il dittatore cileno e 
                            i crimini della sua giunta.  
                          (…). 
                            Sono cittadino cileno; dal 1975 risiedo con permesso 
                            di soggiorno quale esiliato politico, come da riconoscimento 
                            della commissione paritetica di eleggibilità 
                            del governo italiano.  
                            Sono dovuto fuggire dal mio paese a causa del colpo 
                            di stato avvenuto nel 1973 da parte del generale Pinochet 
                            Augusto Ugarte. Infatti a causa della mia militanza 
                            politica venni arrestato e rinchiuso nello stadio 
                            nazionale insieme a migliaia di persone.  
                            Durante il periodo di detenzione fui sistematicamente 
                            fatto oggetto di torture, in particolar modo venni 
                            ripetutamente bastonato, mi vennero applicati fili 
                            elettrici che davano scosse di corrente, al fine di 
                            farmi confessare i nominativi di altre persone oppositrici 
                            del regime.  
                            Venni liberato dopo 15 giorni grazie all’intervento 
                            della Commissione delle Nazioni Unite, che era intervenuta 
                            per controllare la violazione di diritti umani.  
                            Alla mia scarcerazione mi fu detto di recarmi in una 
                            caserma di polizia per firmare un libro, mi guardai 
                            bene dal fare quanto richiesto e successivamente appresi 
                            che coloro che lo fecero vennero deportati in campi 
                            di concentramento od in navi da guerra e se ne perse 
                            traccia.  
                            In data 15 ottobre 1973 le forze di polizia del governo 
                            Pinochet, durante un controllo spararono senza alcun 
                            motivo, a mio fratello ed altre 8 persone che stavano 
                            aspettando l’autobus, causandone la morte a 
                            causa delle ferite inferte. L’accertamento della 
                            responsabilità delle forze di polizia di Pinochet 
                            fu acclarato nel 1990 dalla Commissione Retting incaricata 
                            dall’allora governo del Cile di fare un’inchiesta 
                            sui crimini perpetrati dal regime di Pinochet.  
                            (...).  
                          Milano 
                            27 ottobre 1998  
                          Taquias 
                            Vergara Vicente  
                            (da "Umanità Nova" n. 34 del 8/11/98) 
 | 
                       
                     
                   
                 
                 | 
             
           
         
             
        
            
        
   
        |