rivista anarchica
anno 35 n. 307
aprile 2005


attenzione sociale


a cura di Felice Accame

 

L’happy hour dei maghi

 

Proporzionalmente alla modernità – forse con passo più rapido – corre il vetusto, il seppellito niente affatto una volta per sempre. Tutte queste infiltrazioni di magia e di religione nelle scienze e nella vita sociale (maghi, cartomanti, medicine alternative, omaggi all’oriente misterioso, fisici post quantistici a braccetto con cardinali, psicosistematori del conscio e del subconscio, artisti furbastri ed estetologi deliranti) sono originate dai residui di filosofia che inficiano la pratica scientifica. Più questa ne è indebolita, più l’esoterico infloridisce.
Dalla filosofia nasce l’idea di una scienza che avrebbe il compito di rappresentare la Vera Realtà, dalla filosofia prende l’avvio l’autocontraddittoria fiducia nel poter – un giorno, lo sa Dio quando – aver in testa una copia perfetta di quanto sta là fuori – come se qualsiasi cosa si veda, anche tramite strumenti, non fosse sempre e comunque il risultato di qualcuno che lo vede, come se qualsiasi cosa detta non fosse pur sempre detta da qualcuno. Dalla filosofia, infine, si alimenta il Potere per giustificarsi e perpetuarsi. Non liberandosene, non ci si può avvedere di come la scienza dipenda dall’assunzione di un preciso atteggiamento – considerare ripetibile il proprio oggetto, le proprie procedure e considerare un’incognita per volta – e neppure di come, a loro volta, da atteggiamenti mentali dipendano la magia, la religione o l’arte. Nella categorizzazione del magico, per esempio, interviene la moltiplicazione delle incognite di cui una deve rimanere appannaggio di chi compie la procedura, il mago, perché se la ripetibilità fosse affidabile a chiunque, scadrebbe nella tecnica. Nel miracolo di ordine religioso, per concludere con gli esempi, viene esclusa di principio la ripetibilità, mentre nell’artistico la ripetibilità è vincolata all’esecutore garantendo così la sua originalità.
Un’analisi simile dovrebbe essere tenuta presente nel leggere La magia e il potere (Lindau editore, Torino 2004) di Giorgio Galli. Da storico, Galli registra scrupolosamente tutti i casi in cui un sapere esoterico ha influenzato direttamente le decisioni dei vari capi carismatici dai cui umori, in tanti casi, dipende la stessa vita dell’umanità intera.
Veniamo così a sorprendere una serie di persone – di cui avevamo già imparato a nostre spese a diffidare per altri motivi – in posizioni piuttosto imbarazzanti: Caterina de’ Medici decide le sorti di migliaia di ugonotti grazie a qualche rito esoterico celebrato con Nostradamus, la carriera di Richelieu iniziò grazie all’amicizia di Eleonora Galigai – poi bruciata come strega –, Newton si occupava di alchimia, Cartesio fu sospettato di rapporti con la Confraternita Rosacroce, Hobbes credeva in corpi invisibili, Weber, dopo un trauma, è cambiato da così a cosà, di Hitler, Himmler, Hess e soci si sa, Mussolini ha chiamato Gustavo Rol, il sensitivo torinese, per farsi predire il futuro (e quello glielo disse, ma indorando la pillola), Churchill si rivolgeva a medium (e al farmacista – per la cocaina), la compagnia più o meno cantante intorno a Peron apparteneva a varie sette, perfino Togliatti era tanto superstizioso da mettersi in tasca una pelle di serpente prima di tenere un comizio importante, La Malfa si occupava di teosofia e Craxi praticava magia a scopi sessuali mentre le donne socialiste romane del suo tempo onoravano Osiride (credendolo femmina, peraltro). Dalla parte degli artisti non si è da meno: Pessoa, Cocteau, Valery, Artaud, Pound, tanto per fare qualche nome, tutti attratti dall’esoterismo (e dal nazismo). Dalla parte di scienza e filosofia ci può stare uno Jung (incline al nazismo), Heisenberg (nazista dichiarato), Heidegger (tesserato al partito nazionalsocialista fino al 1945) e, ovviamente, Evola.
È un massacro, insomma, che non stupirà chi ha sempre saputo che, per diventare “celebri” e “potenti”, qualcosa – qualcosa di cospicuo – si deve pagare: in termini di libertà, in termini di lealtà e perfino in termini di intelligenza personale. L’appartenenza ad una setta, la professione di fede in qualcosa di trascendente la comprensione umana, lo scarico di responsabilità al caso delle proprie congiure (soprattutto di quelle andate a male), il rituale, il cerimoniale, il bacio dell’anello, la sedutina al tavolino a tre gambe, la presunzione di una conoscenza del futuro dedotta dagli oroscopi – a destra, perlopiù, ma spesso e volentieri anche a sinistra – predispongono a quelle luminose carriere che, se poi di solito finiscono male, almeno per un po’, assicurano agi, piaceri e tronfia soddisfazione di sé. Ma, per cercare di capire come si sia giunti a tanto – e qui torno alla premessa –, occorre fare i conti con la filosofia e con i guasti che ha prodotto nel sapere umano.

Felice Accame

P.s.: Galli, dicevo, parla da storico. Però, proprio da storico-storico non sempre, perché qua e là infiocchetta con qualcosina d’altro. Per esempio: “Il 2 aprile 1978”, dice, “sono passati diciassette giorni dal sequestro di Moro” e aggiunge fra parentesi: “Il diciassette è un numero significativo”. Oppure: parlando di un racconto di Mary Shelley e del nome di un suo personaggio, Hoffer, “che richiama l’eroe della guerriglia nel Tirolo contro Napoleone (…) per attirare l’attenzione su quell’Austria ove Hitler sarebbe nato e la cui annessione avrebbe segnato l’inizio della politica espansionistica del Terzo Reich”. Si noti: la Shelley scrive intorno al 1850. Le coincidenze, detto molto in breve, ci possono sempre stare – e nella storia, cercandovi regolarità, spesso saltano all’occhio –, ma, cercandole a tutti i costi, si rischia di indebolire la solidità della propria ricostruzione storica.