rivista anarchica
anno 33 n. 292
estate 2003


G8 a Evian

Acque amare
di Maria Matteo

 

Gli 8 «grandi» si sono riuniti ad Evian, non certo per passare le acque... A far prendere una venatura di amaro all’acqua, però, ci hanno pensato le moltitudini di antimondializzatori accorsi.

La celebre acqua di Evian ha preso un sapore amaro all’inizio di giugno di quest’anno. Sulla sponda francese del lago Lemano migliaia di uomini in armi si sono schierati a difesa dei capi degli 8 governi autonominatisi leader planetari. Il G8, lo scorso anno relegato tra le foreste canadesi, quest’anno è tornato in Europa. La volta precedente, quando si svolse nel nostro paese, è impressa indelebilmente nella memoria dei tanti che sulle strade e le piazze di Genova subirono la violenza feroce di un potere che rispose con la repressione alla marea montante di un movimento che ne contestava a fondo la legittimità. In molti, partendo alla volta della Francia, con gli zaini pieni di limoni, avevamo la consapevolezza che i potenti avrebbero risposto con la forza alle contestazioni del movimento no-global o, per dirla con i compagni francesi, antimondializzatore.
Il copione anche stavolta non è stato tradito. Come da ormai consolidata abitudine la sospensione del trattato di Schengen sulla libera circolazione delle persone entro i confini dell’Unione Europea è partita sin dal 22 maggio. Ancora una volta le frontiere d’Europa aperte ai capitali ed alle merci si sono chiuse di fronte agli uomini ed alle donne. È la chiusura quotidiana che sperimentano le migliaia e migliaia di migranti che si affacciano alle sponde della «libera» Europa, quella delle «radici illuministiche» del preambolo della bozza costituzionale di Giscard D’Estaing, ed è la chiusura «eccezionale» che sperimentano i ribelli alla globalizzazione capitalista in occasione di ogni vertice di potenti. In molti non hanno potuto raggiungere la Francia perché sulla lista nera consegnata alla polizia francese da quella italiana. Per finire nella lista dei «reprobi» basta poco: anche la semplice partecipazione ad altre manifestazioni no-global in Italia o in Europa è motivo sufficiente al respingimento. Chi scrive, partita da Torino in camper con altri compagni, ha avuto fortuna: dopo un estenuante controllo di oltre un’ora all’imbocco dell’autostrada del Frejus ed un breve fermo alla frontiera da parte dei flic doganali d’oltralpe, è riuscita a raggiungere senza intoppi Annemasse, la cittadina francese dove si era data appuntamento l’area anarchica e libertaria facente riferimento alla Convergenza Anticapitalista Antiautoritaria contro il G8 (Claaac G8).

Gli 8 accerchiati

Le varie iniziative contro il G8 dalle manifestazioni ai blocchi, dai sit-in alle azioni contro supermercati e distributori di benzina, dalle azioni nonviolente alle parate musicali dei sambisti pink e silver, si sono succedute dal 29 maggio al 3 giugno tra la località francese di Annemasse e le elvetiche Losanna e Ginevra. Un territorio molto vasto è stato investito dalla presenza di piazza del movimento perché la zona rossa, la zona vietata ai manifestanti, era ancor più vasta ed inaccessibile del solito. Ciò non ha impedito a migliaia e migliaia di manifestanti di circondare gli 8 capi di governo asserragliati ad Evian in una gabbia dorata che ne mostrava sin troppo efficacemente la ferocia.
Il movimento antiglobalizzatore è tornato protagonista dimostrando che, lungi dallo scomparire sotto le strette repressive così come dal soffocare nella melma delle compatibilità istituzionali, diviene sempre più vitale.
La strategia adottata dalla polizia francese e da quella elvetica è stata certamente meno dura di quella adottata nel luglio del 2001 nelle strade genovesi dalle forze del disordine nostrane, tuttavia anche stavolta per un pelo non c’è scappato il morto. Martin, un inglese residente a Barcellona, stava tentando di intralciare il passaggio delle delegazioni dirette ad Evian sull’autostrada d’Aubonne, presso Losanna, calandosi con una fune da un viadotto autostradale. Il solerte intervento della polizia che ha tagliato la corda che lo reggeva gli ha fatto fare un volo di 20 metri sull’asfalto procurandogli gravi ferite. Un’altra attivista è stata salvata dall’intervento di alcuni compagni che si sono aggrappati alla fune spezzata impedendole di cadere a sua volta.
Si è trattato di un vero e proprio tentativo di omicidio. A quest’episodio fa da puntuale contrappunto l’uso massiccio di gas, pallottole di gomma e granate assordanti impiegate in modo pesante contro i manifestanti impegnati in blocchi od anche semplici manifestazioni non autorizzate per le strade di Annemasse come in quelle di Losanna e Ginevra. Numerosissimi sono stati gli intossicati dal famigerato gas CS, i feriti dalle pallottole di gomma o dagli stessi candelotti lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo.
Tanto per non smentire il fatto che ai giorni nostri quello dell’informazione è uno degli snodi cruciali intorno ai quali i potenti costruiscono il consenso alle proprie malefatte non è mancato neppure l’assalto poliziesco, fortunatamente assai meno brutale di quello genovese, al media center piazzato all’Usine di Ginevra. Alcuni attivisti sono stati comunque feriti durante l’ingresso dei poliziotti, tutti in borghese con fascia «police» al braccio.

Brutalità poliziesca

Nonostante la brutalità poliziesca sia stata, sebbene meno eclatante di quella genovese, ben più grave dei danneggiamenti alle cose operati da alcuni degli oppositori al G8, l’attenzione mediatica nel nostro paese si è concentrata quasi esclusivamente su questi episodi oscurando l’imponente manifestazione trasfrontaliera tra la Francia e la Svizzera. È interessante invece rilevare che la TV svizzera, pur insistendo sulle nottate di fuoco di Ginevra e Losanna, abbia dedicato lunghi ed approfonditi servizi agli abusi delle forze dell’ordine mandando in onda anche filmati realizzati da attivisti di Indymedia compreso il video in cui si mostra la polizia elvetica nell’atto di tagliare la corda che reggeva Martin.
Domenica 1° giugno, giorno di apertura del G8, oltre centomila persone hanno raggiunto la frontiera franco-elvetica tra Annemasse e Ginevra. Due cortei, uno partito in territorio francese e l’altro in Svizzera si sono incontrati ed hanno poi bloccato a lungo l’autostrada.
Una partecipazione tanto forte era tutt’altro che scontata nel clima di tensione artatamente costruito dai media e dalla polizia. Una scommessa ancora una volta vinta da un movimento che portava in piazza i grandi temi delle lotte di questi mesi: l’opposizione alla guerra ed al militarismo, il movimento sociale francese sulle pensioni, il tema della libera circolazione dei migranti, il rifiuto della mercificazione dell’acqua e della salute, le lotte ambientaliste e quelle contro le politiche securitarie.
Gli anarchici raccolti nella Convergenza Anticapitalista ed Antiautoritaria (Claaac G8) hanno dato vita ad un blocco Nero e Rosso che ha raccolto intorno alle 10.000 persone partite da Annemasse dove era ubicato il Villaggio anticapitalista ed antiguerra (Vaag), luogo di riferimento delle iniziative dell’anarchismo sociale e spazio autogestito per dibattiti, feste, coordinamento delle varie attività.
Anche il mio gruppo partito da Torino venerdì 30 maggio arriva al Vaag nel primo pomeriggio del 31, la vigilia della grande manifestazione del 1° giugno. Ci aspettava un caldo d’inferno ed un campeggio bene organizzato ove regnava un clima di grande partecipazione: un po’ ovunque vi erano discussioni più o meno formali ed assemblee per programmare le varie azioni per il giorno dopo. I compagni della Federazione Francofona tengono uno spazio informativo con la stampa anarchica proprio accanto al tendone della Claaac e ci accolgono fraternamente. Apprendiamo che nella mattinata di quello stesso giorno la polizia aveva gasato un corteo di compagni, partiti dal Vaag, che contestavano un’iniziativa del Partito Socialista francese che, dimenticato rapidamente il proprio ruolo di governo, teneva una conferenza contro il G8 allo Chateau Rouge. Nel pomeriggio parte una manifestazione di solidarietà con Bruno, un compagno arrestato il giorno prima a Ginevra.
Intorno alle cinque noi e gli altri compagni della FAI partecipiamo all’assemblea della Claaac. Il clima è teso e vi è preoccupazione: si sa che le forze istituzionali non gradiscono la nostra presenza. La Claaac, pur optando per una manifestazione pacifica, comunicativa ma determinata ha scelto il rispetto per altre diverse tattiche di lotta, una scelta poco gradita ai moderati che ambiscono al ruolo di polizia del movimento.
La mattina dopo un gruppo partirà all’alba per un blocco stradale a S. Cergues e, nonostante l’uso massiccio di gas, riuscirà a tenere la barricata sino alle prime ore del pomeriggio.

Gente ai balconi e in strada

Il blocco Nero e Rosso si muove alle 8 dal Villaggio. Piazziamo lo striscione della FAI e andiamo. Nel frattempo il nostro drappello si è ingrossato: sono giunti compagni dall’Emilia, dal Friuli, dalla Lombardia e dal Piemonte. Arrivano le prime notizie degli attacchi a distributori, macchine e supermercati nella notte precedente a Ginevra. Abbiamo tutti sul braccio i numeri del legal team. Ed ecco i primi canti, gli slogan. Alle 10 confluiamo nel corteo: il nostro spezzone sfila subito dopo i sindacati di base ed i lavoratori in sciopero che aprono la manifestazione, i gruppi no-global più moderati ed i partiti stanno dietro. Percorriamo le strade di Annemasse dove la gente è sia ai balconi che in strada e saluta, osserva, agita bandiere dalle finestre. Solo pochi locali sono chiusi e barricati. Una pompa di benzina viene impacchettata con della plastica nera.
Dopo una marcia lunga ed estenuante si arriva alla frontiera: risuonano forti gli slogan contro i confini, gli stati, per la libertà di circolazione. Il corteo prosegue per Ginevra dove si congiunge con la manifestazione partita dalla Svizzera. Insieme si valica nuovamente la frontiera.
Il corteo della Claaac non si scioglie e torna al Villaggio in corteo percorrendo a lungo l’autostrada che rimarrà bloccata per ore. Siamo esausti ma lieti. Una giornata di lotta in cui le ragioni ed i temi dell’anarchismo sociale hanno trovato uno spazio comunicativo efficace.
Il tentativo di depotenziare la presenza delegittimante del movimento no-global, riducendola ad un problema di ordine pubblico è ancora una volta fallito: le ragioni di un’opposizione che trova sempre maggior consenso si sono incarnate in decine di migliaia di persone che sono entrate in contatto vivo con il territorio in cui erano asserragliati gli 8 costruendo canali comunicativi diretti ed efficaci.
Le componenti libertarie ed anticapitaliste del movimento no-global hanno sempre sostenuto che lo stato ed il capitalismo sono irriformabili, che non vi sono ricette che consentano un «addolcimento» dei meccanismi di sfruttamento, dominazione, spoliazione del pianeta e dei suoi abitanti che vanno sotto il nome di democrazia e libero mercato. Le possibilità di crescita e sviluppo del movimento dipendono dalla capacità di sviluppare una critica ed una prassi radicali capaci di risostanziare «l’altro mondo possibile» che auspichiamo. Per far ciò occorre fuggire la tentazione di ridursi a mero movimento di opinione, anima bella di una sinistra istituzionale che ha perso per strada persino l’attitudine riformista. Ma è nel contempo necessario tessere reti comunicative vaste ed efficaci.
Sappiamo bene che gettare sabbia nel loro motore è innanzitutto opera quotidiana, capillare di radicalità e radicamento nei nostri territori ma sappiamo anche che i grandi appuntamenti hanno un grande valore simbolico perché mettono a nudo il re ed i suoi servi.
Sfilando per le strade di Annemasse e Ginevra, tra un selva di bandiere rosse e nere, attraversando più volte le frontiere che dividono gli esseri umani, gli 8 «grandi» sono apparsi come l’emblema squallido del mondo contro cui ci battiamo. Ogni giorno, in ogni luogo. Perché, padroni di nulla, servi di nessuno andiamo all’arrembaggio del nostro futuro. Un futuro in cui non c’è posto per il re ed i suoi servi.

Maria Matteo