rivista anarchica
anno 33 n. 292
estate 2003


attenzione sociale


a cura di Felice Accame

La mistica dell’opportunità sociale

 

1. Nell’attività della scienza è implicita la ripetibilità delle sue procedure. In linea di principio, quel che faceva Von Braun avrebbe potuto esser ripetuto da Gianni e Pinotto. Allorché il risultato è connesso all’abilità di qualcuno – e allorché questa abilità non è tradotta in istruzioni positive ed è sostanzialmente incomunicabile – o si parla di magia o di miracolo, a seconda dello schema fideistico in cui si inserisce l’evento.

2. Trovandosi a passare nella città di Nain, Gesù si imbatte in un funerale. Stavano portando a seppellire l’unico figlio di una vedova. Lei è disperata e molta gente l’accompagna. Gesù le dice di non piangere, tocca la bara, ordina al giovinotto di alzarsi e quello si alza (Luca, 7, 12-17). Oppure. Dopo aver preso a maleparole un suo povero discepolo che pretendeva di partecipare ai funerali del padre («Lascia i morti seppellire i loro morti»), Gesù va per mare. Sono su una navicella e lui se la dorme anche allorquando una tempesta sta per mandarli a picco. I discepoli lo svegliano, lui gli fa la consueta lavata di capo («perché avete paura, uomini di poca fede ?») e poi sgrida venti e mare fino a che non torna la bonaccia (Matteo, 8, 22-27). I Vangeli non lo dicono, ma lui, subito dopo, se ne torna a dormire con il sorriso sulle labbra di uno cui è andata bene e, una volta sull’altra sponda, è bello che pronto per tramutare due indemoniati in porci. Poi, ancora in navicella, e via a proseguire il suo giro elettorale – e tocca al paralitico di Capernaum.

3. Abbiamo ben presente quell’iconografia che prescrive un Redentore con i capelli molto lunghi. Sia dal saggio di Frazer sul Folklore nell’Antico Testamento (Londra 1919) che dal saggio di Bloch su I re taumaturghi (Parigi 1961) apprendiamo che questa lunga capigliatura – che, peraltro, costituiva l’attributo tradizionale della dinastia franca, fino al punto che il cadavere di re Clodomiro, ritrovato al carpaccio sul campo di battaglia di Vézeronce, venne riconosciuto soltanto grazie ai capelli – «era certamente stata in origine un simbolo di ordine soprannaturale». Come figli della razza eletta, dice Bloch, «i reges criniti erano altrettanti Sansoni».
Ne I re taumaturghi, d’altronde, Bloch tende a dimostrare che i re medioevali di Francia e di Inghilterra, nel tentativo riuscitissimo di autoratificarsi al potere, arrogavano alle proprie facoltà l’esercizio divino del miracolo. È così che, non si sa bene esattamente da quando ma più o meno dal dodicesimo secolo, i re, nelle feste comandate, «imponevano le mani» sopra tutti gli affetti da adenite tubercolare e da quant’altro potesse passare per «scrofola». Toccavano e guarivano, si fa per dire, sostituendo l’economia di un gesto altamente simbolico alla più dispendiosa, seccante e poco dignitosa distribuzione di viveri.

4. Silvio Berlusconi non porta i capelli alla nazarena e non è ancora riuscito a toccare uno scrofoloso sanandolo. Tuttavia una certa dimestichezza con l’idea della consustanzialità del divino e del potere politico l’ha manifestata da tempo, se è vero, come è vero, che, il 25 novembre del 1994, ebbe a definirsi «l’Unto del Signore», perché, a suo avviso, ci sarebbe stato «qualcosa di divino nell’essere scelto dalla gente». Si è lasciato andare ad analogie fra se stesso e San Pietro – per il problema del camminare sulle acque – e non ha disdegnato di istituire un parallelo piuttosto coraggioso con l’erede attuale del medesimo.
Il 30 marzo del 1994 aveva detto che «il Papa è un uomo straordinario», perché «ogni suo viaggio è come un gol» e, dandoci dentro nell’analogia calcistica, aveva posto le basi per l’adattamento mediatico della Rivelazione nonché per tutti i Lodi maccanici e meccanici a venire. «Il Papa», diceva, «ha la stessa idea vincente del mio Milan, che è poi l’idea di Dio, la vittoria del bene sul male» – e l’arbitro che avesse avuto orecchie per intendere avrebbe inteso.
Così, non può suonare strano che Berlusconi, incontrando un sedicenne, a Roma, all’inaugurazione di una mostra di opere di Sironi, esercitando la massima divinità moderna che ci è data, lo scopra calciatore, gli chieda il suo numero di telefono e gli prometta quella sorta di scatto dalla bara della mediocrità e di «vita eterna» che è costituita da un «provino nel Milan». Non è più il momento storico dei dilettanti allo sbaraglio e dei redentori privi di senso dell’onere sociale: non si moltiplicano i pani e i pesci – perché l’economia liberista ne subirebbe gravi contraccolpi –, ma, al massimo, si può dire di moltiplicare i «posti di lavoro» e, in considerazione dello stato delle casse degli istituti previdenziali, con il figlio unico sarebbe opportuno riuscire a seppellire anche la vedova. Guai a trasformare in oro tutto ciò che si tocca – le banche mondiali avrebbero di che ridire –, ma trasformare un giovane calciatore in un calciatore del Milan per un momento soltanto, o in un calciatore virtualmente del Milan, è davvero un miracolo utile. Attiene ad un tempo alla sfera del religioso e dell’ideologico, consente immedesimazioni a vasto raggio, testimonia di tutta l’attenzione di chi sta in alto verso chi sta in basso – un Cavaliere che investe prima di venire investito –, celebra in forma solenne quella mistica dell’opportunità che, come in ogni regime che si rispetti, più aumentano le costrizioni, più frequentemente e più solennemente va celebrata.

5. Gesù – come dicono Matteo (13, 58) e Marco (5, 5-6) – a Nazareth combinò pochino. Gli toccò inventare, o riciclare, quella formula autoassolutoria, ben nota fin oggi, secondo la quale nessuno è profeta in patria e «non fece molti miracoli» a causa dell’«incredulità» dei suoi concittadini. Consapevole di ciò, presumibilmente, il giovane miracolato astuto ha prontamente messo le mani avanti. Ha dichiarato alla stampa tre cose interessantissime: primo, che ha incontrato Berlusconi «per caso», secondo, che suo padre è un industriale e terzo – va da sé – che «vota Polo». Così, narrativamente, i conti tornano: non c’è stato calcolo e il miracolo è meritato.

Post scriptum
La presenza di Berlusconi alla mostra dedicata a Mario Sironi (1885-1961) mi ricorda qualcosa. Con Alleanza Nazionale al governo e con il nuovo modello di «uomo della Provvidenza» a Palazzo Chigi anche i gusti artistici evolvono. All’indietro. Torna, insomma, l’estetica fascista.
La versione italiana de I re taumaturghi di Marc Bloch è stata pubblicata da Einaudi nel 1973 e nel 1989. Il thesaurus berlusconiano è raccolto in un vispo volumetto a cura di Aldo Vincent, Il libro azzurro di Berlusconi, edito da Scipioni (Valentano, Viterbo, 2003).

Felice Accame