rivista anarchica
anno 30 n.263
maggio 2000


l'intervista

Noi matti contro le mine
Intervista di Laura Di Martino a Sergio Bonelli, di Emergency

 

L'embargo? Una buffonata. I rapporti con la gente? Ottimi. La cooperazione internazionale? C'é di tutto.

 

Va detto innanzitutto che per un'intervistatrice alle prime armi come la sottoscritta, Sergio Bonelli di Emergency è (con buona pace degli anticlericali) una vera "manna dal cielo": disponibile e loquace. Sergio é un medico anestesista (ex-sessantottino e sindacalista CGIL) che ha partecipato alla costruzione di un ospedale di Emergency nel nord dell'Afganistan.
Quello che segue è il risultato di una lunga chiacchierata in redazione.

Com'è la situazione della cooperazione internazionale? Gli sviluppi della missione Arcobaleno hanno gettato più di un'ombra, se mai ce ne fosse stato bisogno, sulle missioni umanitarie che spesso sono un business per gli stessi governi che hanno in precedenza contribuito allo sfascio di un paese con le guerre "umanitarie"...

Va detto che la cooperazione internazionale italiana non è più quella di Ilaria Alpi, cioè non è più quella del periodo in cui hanno ammazzato Ilaria Alpi perché aveva indagato sul traffico di armi... adesso le cose sono migliorate anche perché gli italiani hanno bisogno di rifarsi un po' la faccia in ambito internazionale, di essere più presentabili.
Ciò non toglie che di danni ne facciano ancora parecchi, in Kurdistan, ad esempio, c'era un progetto dell'Unione Europea gestito da un'organizzazione italiana che riceveva un sacco di soldi per insegnare ai Kurdi a fare il formaggio: peccato che ai Kurdi del formaggio non gliene è mai fregato un bel niente!
Per quanto riguarda Emergency ultimamente siamo stati contattati dalla cooperazione internazionale italiana per partecipare alla riorganizzazione di alcuni ospedali in Kosovo: va da sé che abbiamo rifiutato, perché innanzitutto non ci interessano le guerre sotto i riflettori e poi perché il Kosovo è ad un'ora d'aereo o poco più da qualsiasi capitale europea: chiunque ci può andare; l'unica cosa che abbiamo fatto è stato supportare un asilo per orfani in Serbia, con l'invio di materiale etc.
Anche se ora siamo non poco perplessi di fronte alla situazione dei lavoratori delle industrie e delle strutture sanitarie serbe, che si trovano allo sbando a causa del blocco della produzione e dell'utilizzo di materiale sanitario imposto dalla cooperazione internazionale che hanno di fatto distrutto la produzione serba.
Fa decisamente impressione pensare che a 150 km da casa tua la gente deve comprarsi siringhe, flebo e tutto il resto per farsi curare...

La penuria e la parallela vendita sottobanco di materiale medico e sanitario è un problema ancora più difficile in zone sottoposte ad embargo come il Kurdistan, dove la popolazione è sottoposta ad un doppio giro di vite: quello della comunità internazionale verso l'Iraq e quello dell'Iraq verso il Kurdistan: come avete affrontato questa situazione?

Va detto innanzitutto che l'embargo è una grossa buffonata: ci sono chilometri di camion con il doppio fondo alla frontiera tra l'Iraq e la Turchia che contrabbandano petrolio mentre i medici con le loro attrezzature vengono costantemente bloccati o costretti ad aspettare per ore il passaggio di queste file interminabili di automezzi!
A questo si deve aggiungere che vi era stata un'attenuazione dell'embargo (risoluzione oil for food, petrolio contro cibo) che ha rivelato ancora una volta gli effetti distruttivi del business degli aiuti umanitari sull'economia di un paese: il Kurdistan ha sempre avuto un'economia agricola fiorente e questa risoluzione è stata un vero disastro innanzitutto perché per spese amministrative gli organismi internazionali si trattenevano qualcosa come il 70% del denaro, infatti si vedevano funzionari ONU sulle loro belle jeep bianche che scorrazzavano per la zona; inoltre l'unica cosa che è arrivata in Kurdistan da mangiare è stato un riso schifoso, ma economico, che ha distrutto la produzione di riso locale, che risultava, rispetto a quello degli aiuti, troppo costoso.
È inevitabile che anche i costi sui civili e sulle strutture sanitarie siano stati tremendi e infatti vorremmo realizzare un intervento anche nel sud dell'Iraq: ci sembra giusto anche nello spirito di Emergency che non fa scelte politiche e non privilegia un governo o l'altro... questo ci permetterebbe anche di entrare in Kurdistan da una frontiera reale: fino ad ora siamo sempre entrati nella provincie del nord dell'Iraq clandestinamente, passando la frontiera con la Siria con permessi siriani, esponendoci alle sanzioni, severissime, del governo Saddam Hussein che considera spie o infiltrati della CIA tutti i tipi di cooperazione non autorizzata sul territorio iracheno.

 

I governi ci amano

Come gestite i rapporti con le autorità?

In un paese in guerra è sempre difficile parlare di autorità: non sai mai quali siano, di chi, come , dove siano...
Ad esempio in Afganistan c'è un'autorità formale, legale, che è il "governo" di Rabbani, nei territori del nord del paese, poi ci sono i Talebani, che hanno conquistato Kabul, cacciando il governo legale. Va detto che il governo legale a sua volta era composto da una quindicina di fazioni costantemente in lotta tra loro, che sono state successivamente riorganizzate da Massud che ora si pone come unico antagonista dei Talebani.
Inevitabilmente i governi ci amano... per una serie di motivi: innanzitutto perché offriamo un servizio alla popolazione che loro non si possono permettere di garantire e poi perché Emergency fa sempre quello che dice: a marzo Gino (Strada) è andato a fare una ricognizione nella zona del nord dell'Afganistan e ha detto che l'ospedale era realizzabile entro sei mesi e così è stato... sembra una pazzia paragonato, che so, al passante ferroviario di Milano la cui costruzione sta durando una vita e che è costato un'enormità!
Siccome non ci piace essere considerati come quelli che stanno "dalla parte di ..." vorremmo intrattenere rapporti anche con i Talebani, anche se ci fanno schifo quanto a crudeltà, tuttavia per il momento abbiamo scelto la zona di Massud, che non si distingue molto dai suoi nemici quanto ad integralismo e misoginia, perché è la zona del paese più isolata. C'è solo un aeroporto molto a nord e vecchi elicotteri disponibili solo quando non trasportano muyaheddin e le loro armi.

Come si mantengono le parti in conflitto?

Beh, i Talebani sono in una posizione privilegiata per via della frontiera col Pakistan e degli aiuti che provengono dai pakistani e dagli americani che li hanno sempre finanziati inviando armi costantemente. C'è stato addirittura un momento in cui il congresso americano si è rifiutato di inviare armi ai Talebani, allora il governo americano le spediva attraverso le sue fabbriche in Egitto...
Per quanto li riguarda una voce consistente della loro bilancia produttiva è costituita dalla droga, nella fattispecie oppio, la cui produzione a partire dal 98/99 è raddoppiata.
Massud da parte sua si mantiene vendendo smeraldi... infatti il paese confinate, il Tagikistan, è zeppo di trafficanti di smeraldi e di poliziotti che ti taglieggiano in continuazione.

Com'è il rapporto con la popolazione locale?

Buono, anche perché facciamo delle cose per noi normali, ma che per queste persone sono straordinarie: tenere aperto l'ospedale anche di notte, fornire assistenza gratuita e di buona qualità, non far dormire la gente per terra, lasciando gli unici letti merdosi e sfasciati di cui si dispone solo ai militari o guerriglieri che siano, creare anche possibilità di integrazione e di lavoro...
In Kurdistan, ad esempio, abbiamo costruito due ospedali, un centro di riabilitazione e una decina di posti di primo soccorso nelle campagne circostanti che ora sono completamente autonomi, cioè vi lavorano 600 dipendenti curdi, credo che vi siamo, siamo al momento, solo tre nostri espatriati europei...
Potremmo andarcene anche domani, il problema è che se lo facciamo è probabile che gli ospedali chiudano il giorno dopo per le pressioni delle autorità locali, da una parte, che pretendono di imporre l'assunzione di familiari e amici; dall'altra, per gli interessi dei medici degli ospedali circostanti, che sono tutti a pagamento. Quindi è bene mantenere una presenza straniera come garanzia, anche minima, di non rimanere isolati.
In Afganistan e in Cambogia, però, c'è del personale curdo, ottimo, che si è formato nei nostri ospedali nel nord dell'Iraq.

 

Pagati perché

Un aspetto che ci ha colpito da subito in Emergency è la sua struttura "leggera", con poca burocrazia e poche spese destinate alla stessa. Come nasce e come si realizza questa scelta nell'amministrazione delle spese e nelle scelte operative?

Beh, nasce dal mio amico Gino Strada che ha lavorato a lungo con la Croce Rossa Internazionale (d'ora in poi ICRC ) e conosce a fondo il business della cooperazione internazionale, che è troppo spesso vicina al potere: ad esempio in Afganistan la ICRC, che ha anche interventi nel nord del paese, è stata accusata di aver collaborato con i Talebani... a parte questo, poi, fa comunque un certo effetto vedere questi signori della ICRC che girano sulla jeep n. 10.281...
Questo sicuramente non ci piace, infatti spendiamo solo il 6% del nostro budget in spese amministrative, che è veramente poco. Personalmente credo che un po' di soldi in più su questo versante sarebbe meglio spenderli, se non altro perché, da sindacalista della CGIL, mi sono sempre posto in maniera problematica di fronte al volontariato: sfruttamento di lavoro gratis o grande "sfogo" umanitario? Insomma, penso sia giusto pagare delle persone che lavorano in questo settore e lo fanno in maniera spettacolare e si occupano di tutte le mene amministrative, se non altro perché se non lo fai rischi di perderle.

I vostri operatori sul posto sono comunque pagati...

Si certo, i medici e coloro che li seguono nelle trasferte sono pagati con un contratto da liberi professionisti e assicurati, cosa che costa tantissimo: non sono pagati tanto quanto i medici della ICRC, che è la struttura di riferimento più seria che ci sia in quest'ambito, né tanto quanto la cooperazione internazionale italiana che pagava tre volte tanto quello che pagava la ICRC spesso senza fare interventi attivi. Roba che ti beccavi 15 milioni al mese al primo impiego... adesso le cose sono state ridimensionate, nel senso che queste cifre sono ormai un ricordo.
Noi paghiamo dai 2.000 ai 4.000 dollari lordi e forniamo tutte le spese di viaggio e mantenimento. Siamo diventati una ONG e questo permetterà ai nostri operatori di mantenere le contribuzioni durante il periodo lavorativo all'estero, nelle missioni in collaborazione con le istituzioni ufficiali, ma più spesso bisogna prendersi le ferie, andare in aspettativa senza assegni e via di seguito. Alcune organizzazioni umanitarie pagano poco i loro operatori, secondo me la cosa non è corretta nel senso che donatori istituzionali per queste persone pagano tanto, ma le associazioni di riferimento non conferiscono loro uno stipendio adeguato e si trattengono la differenza per costi organizzativi.
Noi preferiamo raccogliere soldi diversamente, anche attraverso le cene al Rotary, che tra l'altro sono uno spasso... perché no, in ogni caso documentiamo e rendiamo tutti i nostri finanziamenti privati accessibili e consultabili; otteniamo anche soldi pubblici, dalle istituzioni, ma è una situazione spesso penosa, perché i ritardi nell'erogazione sono enormi. La cooperazione internazionale italiana ha fatto si che il governo italiano versasse all'organizzazione mondiale della sanità un miliardo e mezzo per due progetti di Emergency (Cambogia e Afganistan)... però l'OMS si è tenuta il 30% del denaro per spese amministrative! Ci facciamo sei mesi di vita di un ospedale con 400/500 milioni ! Fatto sta che noi 'sti soldi ancora non li abbiamo ancora visti...

 

Organizzazione "leggera"

Perché, secondo te, voi non diventerete come le altre organizzazioni di cooperazione internazionale, qual è il vostro antidoto?

Boh, forse lo diventeremo anche noi... chi lo sa, per il momento stiamo così... ci siamo sorbiti i professori della Bocconi che ci mandano i loro stagisti a dirci che tutte le organizzazioni no-profit come Emergency, dopo un primo momento di espansione, che di solito dura un paio d'anni con una gestione "familiare" che si basa molto sulle motivazioni, si ristrutturano o muoiono. Lo capisco benissimo da ex manager di struttura sanitaria nazionale... quando vuoi una famiglia e dei figli, una casa e via discorrendo... devi avere un minimo di sicurezza economica in più perché anche le motivazioni più nobili, mica ti danno da mangiare!
La Bocconi è un po' stupita anche perché per Emergency i due anni sono passati e ancora non si è verificato un crollo o una ristrutturazione... io credo che prima o poi però le cose cambieranno anche per noi, perché non puoi pagare poco della gente che è bravissima e che se lavorasse, che so, in una struttura pubblica non solo guadagnerebbe di più, ma si vedrebbe pagati pure i contributi e tutto il resto.
La nostra scommessa è trovare un equilibrio tenendo presente sempre e comunque che Emergency è nata contro lo spreco di risorse del mercato camuffato da interventi e aiuti umanitari. Di certo ci aiuta anche il controllo che viene effettuato dai soci di Emergency sul bilancio, che viene costantemente reso pubblico grazie anche al nostro bollettino...
In ogni caso è necessaria una maggiore articolazione di una struttura come la nostra che gestisce 5 ospedali nel mondo, che tra poco diventeranno 6... con la costruzione di un centro chirurgico in Sierra Leone.

In ogni caso la struttura di una organizzazione come la vostra dipende anche dall'espansione della stessa...

Quello si! Noi non vogliamo essere dappertutto e fare tutto, ci siamo occupati, e continueremo a farlo, di interventi mirati per le vittime di guerra, prevalentemente civili, nella fattispecie mutilazioni di mine etc., con alcuni interventi mirati alla riabilitazione: non vogliamo diventare dei professionisti del volontariato, ma essere dei professionisti di cose che funzionano. Cerchiamo di limitarci alle situazioni di emergenza e alle nostre specificità: non possiamo occuparci di cardiopatici, né vogliamo fare l'ospedale generale.
Il problema è che ci sono davvero poche organizzazioni che fanno questo tipo di attività con gestione diretta delle strutture: la ICRC, ad esempio, ha oramai solo alcuni ospedali nel mondo e ha deciso di non aumentare gli interventi diretti di questo tipo perché sono troppo pericolosi, troppa gente che lavorava per loro è stata ammazzata.

Laura Di Martino

 

 

Le foto di queste pagine si riferiscono
all'ospedale che Emergency ha realizzato
ad Anabah nel nord dell'Afganistan
(ne abbiamo parlato sul penultimo numero).
Si ringrazia per la collaborazione Ketty di Emergency.

 

EMERGENCY
Associazione umanitaria italiana per la cura e
la riabilitazione delle vittime delle guerre e delle mine antiuomo
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