rivista anarchica
anno 29 n.258
novembre 1999


Ma noi non restiamo disoccupati
di Mauro Zanoni

La fine della naja non segna certo la fine del militarismo. E noi antimilitaristi...

 

La ristrutturazione delle Forze Armate, dopo molti anni di preparazione è giunta alle battute finali: per legge abbiamo la totale professionalizzazione con graduale (entro il 2005) abolizione del servizio di leva e l'ingresso delle donne a pieno titolo nelle strutture militari.
Coincidenza, questo avviene nel corso di un governo che ha come primo ministro una figura di spicco dell'ex PCI; un governo che si è mantenuto ed insediato con l'appoggio altalenante di partiti che ancora si definiscono comunisti; un governo figlio legittimo del precedente Prodi, leader di una coalizione affermatasi anche con l'appoggio di alcuni centri sociali; un governo che ha gestito l'intervento militare nei Balcani, in piena complicità nella strategia che vede la NATO poliziotto del mondo.
Queste sottolineature, consapevolmente semplicistiche, hanno solo l'intento di evidenziare come sia profondamente mutato in pochi anni il contesto politico ma anche culturale e psicologico, in seno al movimento ma anche nella società in generale.
Non sono lontanissimi gli anni '70 quando il forte movimento di contestazione vedeva l'obiezione di coscienza come una forma di devianza da un percorso rivoluzionario che doveva trovare i compagni in caserma pronti a rivolgere il fucile contro il nemico di classe. L'esercito di leva era considerata una garanzia contro possibile tentativi golpisti e svolte autoritarie. Molti anarchici e libertari, scontando una eroica sudditanza nei confronti della cultura di sinistra, sono, in forma più o meno esplicita, rimasti vincolati a queste posizioni.

 

Trucco da prestigiatore

Sono ancora meno lontani gli anni '80. Centinaia di migliaia di persone coinvolte in un grande pathos emotivo evocato da possibili scenari di guerra nucleare, ingrossavano rituali manifestazioni per la pace. La dissoluzione del blocco sovietico ha cancellato quelle tensioni emotive rilanciando al tempo stesso i conflitti regionali ed avvicinando la cruenza della guerra ai nostri confini. La guerra contro l'Irak ha praticamente visto le ultime, simboliche, manifestazioni antibelliciste: ma la sinistra non era ancora al governo ed è fin troppo facile leggere quel contesto come strumentale a fini di politica interna. Soprattutto alla luce dell'intervento militare in Kosovo, quando la sinistra ha mascherato la propria politica guerrafondaria che ha trasformato magicamente la guerra in "missione umanitaria": coscienze molto labili, evidentemente quelle che si sono fatte abbindolare da questo tragicomico trucco da prestigiatore.
Siamo vorticosamente giunti ai giri più stretti dell'imbuto e non sono forse troppo funeree previsioni quelle che disegnano alla fine del tratto di percorso una prospettiva di guerre e devastazioni; o, se vogliamo essere alla moda, di sanguinose missioni umanitarie.
Negli ultimi 30 anni (è del 1972 la legge che ha introdotto il servizio civile come possibile alternativa al servizio militare) la resistenza alla cultura ed alla riorganizzazione militarista ha avuto un suo punto forte e continuativo nell'obiezione di coscienza: nella forma del servizio civile (da poche unità all'inizio fino alle attuali circa 80.000 domande per il 1999) ed in quella cosiddetta dell'obiezione totale (rifiuto del servizio militare e del servizio civile), praticata da un piccolo numero di giovani (soprattutto anarchici) ma pagata con anni di carcere.

 

Carne da portafoglio

Non è ancora chiaro se l'obiezione del servizio di leva comporterà effettivamente, come sembra dal progetto di legge, anche la scomparsa del servizio civile. Questa prospettiva ha infatti trovato la forte opposizione delle associazioni (Caritas, WWF, Lega ambiente, etc.) che gestiscono, come autentiche lobby, il servizio civile e che non vogliono perdere un patrimonio di giovani diventati, da "carne da cannone", "carne da portafoglio".
Anche qui vediamo la chiusura di un cerchio: il progressivo svuotamento di contenuti dell'obiezione di coscienza, oggetto negli anni scorsi di numerosi dibattiti anche sulle pagine di A, l'ha portata addirittura ad opporsi all'abolizione della leva, chiedendo di trovare una formula che inventi il volontariato obbligatorio.
Comunque vada per il servizio civile, l'abolizione della leva militare non è conseguenza di una conquista antimilitarista; mi sembra al contrario evidente un notevole recupero d'immagine delle Forze Armate , un riaffermarsi dell'ideologia militarista con un nuovo lifting ed al contempo un atteggiamento di abitudine e di indifferenza della società nei confronti della guerra che ci coinvolge sempre più direttamente.
Gli antimilitaristi non rimangono quindi disoccupati. La possibilità della guerra può essere estinta solo con l'eliminazione della macchina militare (esercito di leva o professionale, industria bellica, armi e basi) e dell'organizzazione della società che dei soldati ha bisogno e per la guerra si prepara.

Mauro Zanoni

 

“E c'è chi si batte
per il volontariato
obbligatorio.”