rivista anarchica
anno 28 n.250
dicembre 1998 / gennaio 1999


Privati di scuola
di Donato Romito

Quello che nemmeno la DC era riuscita a strappare ai suoi alleati laici in trent'anni di governo, e cioè il finanziamento esplicito (ed anticostituzionale) alla scuola privata, il governo "più di sinistra della storia italiana" lo sta regalando allo strapotere clericale.  

 

Antefatto
Il pullman si mise in moto.
-Allora siamo d'accordo. Con l'aiuto del signore ce l'abbiamo fatta; in-nome-del-padre-del-figlio-e-dello spirito, ohè Massimo, non ci ripenserai mica, vero?
-Vai tranquillo Romano, quand'anche il governo dell'Ulivo dovesse cadere, farò io un governo che salvi il nostro accordo. E ricordati di mandare al Sole 24 ore il pezzo sulla formazione e i finanziamenti, che ai miei ci penso io.
Il professore si accomodò nel pullman.
-Cristo!- e si segnò- chi l'avrebbe mai detto!? E pensare che alla costituente i cattolici vollero l'art. 33 con il "senza oneri per lo Stato" per impedire che i comunisti si facessero scuole in cui mangiarsi i bambini, e poi le 2 crisi di governo del centro-sinistra negli anni '60, quando la D.C. tentò di finanziare le scuole cattoliche e di bloccare la scuola materna statale. E ora è fatta.
Fu preso dai suoi pensieri, e si ripassò la lezione. Geniale quel tipo, come si chiama? Ah sì, Pototschnig che ci ha trovato la soluzione.
Certo, per noi cattolici la scuola è fatta di insegnamento, istruzione ed educazione, ma solo l'insegnamento è compito esclusivo della scuola, per cui la scuola materna che istruisce ed educa, non ricade nel divieto dell'art. 33 bene, bene e le altre scuole? Già, già, le altre scuole non possono essere finanziate al momento dell'istituzione, ma dopo eh, dopo sì, e in culo -e si segnò ancora - all'art. 33! Ah, Lui sarà molto soddisfatto, Gli faccio proprio un bel regalo per gli ultimi anni del suo vicariato in terra e voglio proprio vedere come la metteranno i laici, ora.
Anche il Massimo era preso dai pensieri. Molto articolati, come era solito fare.
- No, no, perchè dovrei sentirmi in colpa. Ormai non regge più questo sistema formativo. Sta cambiando tutto. Sì, il neoliberismo progetta il suo "uomo nuovo", beh è anche il nostro, e adotta nuovi valori: la precarietà permanente in tutti gli aspetti della vita, la precarietà del contesto politico ed istituzionale, gli stati che si frammentano, nuove enclaves omogenee, monoculturali, monoreligiose, linguistiche, in competizione l'una con l'altra; e poi la mobilità sul territorio, soppressione dei luoghi aggreganti, frammentazione delle strutture produttive; eh, ma c'è anche l'individualizzazione del lavoro, la scomparsa della solidarietà. Bisogna adeguarsi, bisogna.
E no, questa scuola monopolio di Stato non è più funzionale alla riproduzione di questi valori, i privati devono poter entrare nel settore della formazione, portare investimenti e trarne profitti. E la Chiesa, anche la Chiesa.
Ci penserà Berlinguer, tanto possiamo già contare sul buon lavoro dei nostri a livello di EE.LL.
E fu così che il 5 agosto del 1997, il ministro Berlinguer presentò - a nome del governo Prodi - il disegno di legge (DDL) n. 2741 sul finanziamento alla scuola privata. Non era mai successo prima.

Le scuole private paritarie

L'obiettivo del DDL è quello di realizzare un sistema formativo pubblico integrato che fissa una serie di standard su cui sono chiamati ad armonizzarsi vari soggetti, pubblici e privati, che operano all'interno della formazione. Il DDL non scioglie, però, i nodi più controversi della antica "querelle", come la questione dei finanziamenti, la libertà di insegnamento, la sovrapposizione di ulteriori norme ad un quadro legislativo risalente al periodo fascista, che risultano aggravarsi con la sovvenzione dell'intero progetto attraverso i risparmi ottenuti da tagli effettuati alla scuola pubblica. Nel merito dei contenuti, il DDL presenta almeno 4 rilevanti contraddizioni e incongruenze.
1. In primo luogo la scuola privata paritaria (molto spesso si tratta di scuole di tendenza cattolica) non è aperta a tutte/i in quanto l'iscrizione delle/gli alunne/i è VINCOLATA ALL'ACCETTAZIONE DEL PROGETTO EDUCATIVO dell'istituto; condizione che non assicura affatto un trattamento paritario con le/gli alunne/i della scuola pubblica, così come è previsto dagli articoli 33/34 della costituzione. Lo stesso vale per alunni portatori di handicap, la cui frequenza è subordinata agli interventi di sostegno finanziario statale.
2. In secondo luo-go anche docenti, formatori e dirigenti per potere lavorare ed insegnare DEBBONO CONFORMARSI all'identità culturale dell'istituto, requisito questo mai sancito per legge fino ad ora, ma praticato nei fatti con gravi limitazioni della libertà di insegnamento e di altre libertà individuali (specialmente nel campo dei diritti sindacali).
3. In terzo luogo, le scuole private paritarie sono obbligate ad applicare al proprio personale i regimi previsti dai contratti collettivi; ma nel settore sono ben 6, con trattamenti economici normativi differenziati, comprese le modalità di assunzione. Ciò potrebbe determinare un fenomeno di concorrenza al ribasso con danno al lavoro e alla qualità dell'offerta formativa. L'effetto "dumping sociale" appunto verrebbe garantito inoltre dalla possibilità di utilizzo di "volontari" e di lavoratori autonomi che nella logica dell'autonomia scolastica determinerebbe un processo di ulteriore deregulation, nonchè forme di sfruttamento senza precedenti.
4. In quarto luogo, il finanziamento. Ora - indipendentemente dal fatto che l'art. 33 reciti tuttora il "senza oneri per lo stato" in cui "senza" vuol dire "senza"!- il finanziamento delle scuole private paritarie avverrebbe attraverso l'accredito alle scuole stesse delle somme destinate alle/gli alunne/i. Ciò avrebbe la conseguenza di avviare un inevitabile circolo vizioso di spregiudicata rincorsa all'accaparrarsi il maggior numero di "clienti" da parte delle scuole. Il DDL prevede inoltre forme di finanziamento indiretto attraverso gli sgravi fiscali alle famiglie e attraverso interventi regionali a sostegno del diritto allo studio. _ ipotizzabile che queste forme di finanziamento si estenderanno agli istituti scolastici privati non religiosi e ai corsi di formazione professionale, finanziando così il business in mano al ceto politico-confindustriale, ma anche clericale (si pensi ai Salesiani).
Tutto ciò comporta la diminuzione dei finanziamenti per la scuola pubblica e l'aumento di essi per la scuola privata (vedi finanziaria 1999: 347 miliardi). Innesca l'inesorabile processo di devoluzione del sistema scolastico pubblico, dalla riforma dei cicli, alla legge sull'autonomia, all'autonomia regionale per la gestione dei servizi educativi. Con la devoluzione della funzione formativa pubblica, la libertà di mercato (assistita però dallo Stato!!) sembra assicurata, ma sembra anche vicino il tramonto della libertà di insegnamento e dell'autonomia della scuola pubblica da qualsivoglia tendenza e interesse di parte.

Il ruolo delle regioni e dei comuni

Il DDL dell'Ulivo, poi ripreso dal governo D'Alema, non è il solo strumento per condurre l'attacco alla scuola pubblica.
Lo anticipano e lo accompagnano leggi regionali come quella dell'Emilia Romagna, del Piemonte, del Friuli, che in vario modo e misura finanziano la scuola privata con l'obiettivo di costituire un servizio integrato pubblico-privato. Attraverso lo strumento delle convenzioni si inseriscono le scuole private nel sistema pubblico della formazione, con buona pace del mercato e della concorrenza, e se ne fanno imprese assistite. Esse svolgono - finanziate con soldi pubblici - un servizio ideologicamente orientato di formazione che viene spacciato per servizio pubblico. E quando non è la Regione ad intervenire, sono i Comuni che con proprie delibere sottraggono risorse alla scuola pubblica per destinarle alla scuola privata, soprattutto confessionale. Ne sono un esempio scandaloso le delibere adottate dal Comune di Roma, di Pesaro, di Verona, di Padova, per citarne alcune.

L'alto fine del Vaticano

DDL governativo e delibere degli EE.LL. sono però accompagnati da una rinnovata offensiva della Chiesa, che chiede urgenza e una corsia preferenziale in parlamento per l'approvazione della legge di parità, di fronte al calo numerico di scuole cattoliche e di iscritti ad esse, come dimostra l'annuario ISTAT.
La Chiesa ha fretta, ma anche una preoccupazione e vuole che sia fugata. Te-me l'omologazione della scuola cattolica agli standards fissati per la scuola pubblica e per il sistema tutto, come già avviene a livello locale.
Infatti, se il tanto auspicato, perseguito e raggiunto scardinamento del sistema scolastico pubblico - accusato da sempre di educare al laicismo, al materialismo, allo scetticismo - deve portare al sistema pubblico-privato integrato, in cui i programmi e le regole dell'autonomia scolastica si ispirano ai "nuovi valori" del neoliberismo ed omologano tutte le scuole che ne fanno parte, che fine fa la LIBERTA' della scuola cattolica?
Visto che non è in discussione la libertà di istituire scuole, il vero obiettivo della Chiesa sembra essere quello di poter avere soldi e libertà pedagogica insieme, quella libertà di praticare il magistero educativo cattolico fondato sul binomio contenuto/valori provenienti dall'autorità divina, quindi non discutibili, perchè fondati su una verità rivelata, e perciò insegnabile come dogma, imparabile per fede, e non indagabile, non verificabile.
La vecchia scuola pubblica, intrisa di materialismo comunista (sic!) può anche andare a scatafascio (anzi, era ora!). Può anche smembrarsi e disfarsi nelle tante scuole autonome intrise di materialismo neoliberista, perchè tanto la profonda crisi di valori del sistema formativo pubblico condurrà le famiglie a rivolgersi alle scuole cattoliche. Sì, queste sono l'unica fonte sicura di valori forti e fondanti, e venga restaurata così l'antica autorità cattolica in campo di educazione delle classi dirigenti e del popolo.
Se la Chiesa mira a questo scenario, allora necessita di tanti soldi, ma soprattutto della massima libertà ideologica per le sue scuole.
Un sistema integrato, l'autonomia di istituto con il suo bel progetto vincolante per famiglie e docenti potrebbero non bastarle. La Chiesa è per il principio del "primus inter pares", non per l'integrazione. La Chiesa è il magistero pedagogico, non miriade di scuole - sia pure cattoliche- con un progetto qualsiasi (sulle quali, comunque già ora il potere del vescovo prevale, giuridicamente, su quello di qualsiasi ispettore o provveditore scolastico). E poi, non dimentichiamo che già in base al concordato del 1984, la Chiesa scrive i programmi e i libri di testo per l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche e ne recluta o riconosce idonei gli insegnanti, compresi quelli pubblici.

Una risposta popolare e di massa

Tutte le donne e gli uomini che amano la libertà, indipendentemente dalle idee politiche e religiose nelle quali si riconoscono, non possono tollerare questo attentato alla dignità e alla libertà di coscienza, soprattutto quando le vittime sono minori come i bambini della scuola materna, indifesi di fronte al tentativo di plasmarli.
La prospettiva di esseri umani educati in scuole di tendenza su base religiosa, culturale, linguistica, etnica, territoriale, censuaria non può che preoccupare chiunque, adulto, educatore, insegnante, abbia a cuore l'educazione alla solidarietà, alla cittadinanza universale, alla cooperazione, alla libertà di ricerca in tutte le scienze umane, rifiutando dogmi e verità rivelate.
Quando ci provò il governo Berlusconi a fare una legge di parità, tutto il movimento sindacale di sinistra più il PdS, i laici e RC scesero in piazza in una domenica di fine maggio del 1994. In tempi di Ulivo e D'Alema, ben 3 manifestazioni, quella dell'1 marzo, del 30 maggio e del 18 novembre 1998 hanno raccolto le forze più autenticamente laiche, più modernamente anticlericali e più pedagogicamente progressiste a sfidare il governo sulla legge di parità. I ranghi si sono assottigliati: mancano i DS, manca la CGIL, timido l'associazionismo professionale degli insegnanti. I sindacati di base, il movimento anarchico, ciò che rimane dell'associazionismo laico, sono chiamati perciò ad una forte campagna politica e culturale, stringendo ampie alleanze per:
- la formazione di comitati locali per la difesa della scuola pubblica e laica;
- la mobilitazione e la lotta di alunni, insegnanti, genitori;
- iniziative, anche giuridiche e strumentali a difesa della scuola pubblica;
- lo studio e la pratica di metodi pedagogici ed educativi che esaltino la libertà, l'autodeterminazione culturale, cognitiva e di apprendimento degli alunni;
- l'elaborazione collettiva di valori di solidarietà;
- un'autonomia scolastica intesa come confronto tra le culture in una scuola di tutte/i e per tutte/i, pubblicamente finanziata;
- destatualizzare la scuola pubblica per sottrarla alla burocrazia centralistica del ministero e dei dirigenti scolastici;
- azioni di carattere giuridico atte a denunciare il progetto governativo e confessionale a tutti i livelli.

Ancora una volta la sfida non è solo giuridico-legislativa, ma è tutta politica e culturale, per una possibile etica della libertà nell'educazione, nell'istruzione, nell'apprendimento, e su 2 fronti.
Terreno privilegiato per anticlericali moderni ed anarchici lungimiranti: il Giubileo 2000 è vicinissimo.

Donato Romito

 

 

“...la sfida non è
solo giuridico-legislativa,
ma è tutta politica
e culturale.”