Rivista Anarchica Online



a cura di Marco Pandin

 

Storie di un impiegato

Ecco, il nostro desiderio di suonare De André nasce proprio dal piacere di leggerlo, di suonarlo, di cantarlo, di interpretarlo facendolo il più nostro possibile per poi restituirlo al pubblico che a sua volta lo riceverà e lo trasformerà custodendo in sé le emozioni che tentiamo di trasmettere. Una sorta di contaminazione che si rinnova continuamente trasformandosi e crescendo…

(intervista al Fab Ensemble su www.faberdeandre.com, giugno 2003).

Fab Ensemble

Sembra capitare a s/proposito, questo cd, quasi come se il Fab Ensemble l’avesse fatto apposta (tra parentesi: io so com’è andata, e so che dietro e sotto a questo cd non c’è alcuna congettura né pianificazione). Proprio adesso. Adesso che il polverone mediatico ha smesso di svolazzare nascondendo i contorni delle cose e sta ritornando a coprire il suolo. Impossibile non chiedersi come mai, perché, per come, per che cosa. Molte domande, che poi potremmo ricondurre ad un solo grande interrogativo: serve davvero, oggi, un cd fatto così? Nel senso: serve ancora riproporre le canzoni di De André? Serve cantarle, serve suonarle, serve ripeterle?
E come non considerare i rischi? A ridosso del decennale della scomparsa di Faber vale davvero la pena avventurarsi nella calca della processione e correre il rischio di confondersi tra le mille onde celebrative? Disperdersi tra le cento e passa tribute band, quelle che popolano birrerie e feste popolari, e mischiare il proprio tra le dozzine di concerti/omaggio?
Io dico di sì. Dico anche che è una cosa molto bella, e che mi fa piacere accorgermi dell’amore che spinge a cantare queste canzoni. Non riesco a pensare a una motivazione diversa.

Pensiamo che Fabrizio fosse prima di tutto un grande narratore. Che raccontasse storie sue o di altra umanità poco importa: come tutti i grandi narratori sapeva trasmettere a chi lo ascoltava la consapevolezza di far parte di quella storia, senza trucchi, senza effetti speciali, raccontando la semplicità a volte drammatica e cruda a volte gioiosa della realtà…

(intervista al Fab Ensemble su www.faberdeandre.com, giugno 2003).

Conosco Marino Marini e suo fratello Luciano dai tempi delle scuole superiori, e anche se non vivevamo nello stesso quartiere e non abbiamo frequentato gli stessi giri eravamo praticamente coetanei e ci si annusava a distanza. I loro genitori erano ritornati dopo anni di lavoro in Danimarca, e loro avevano quel certo modo strano di parlare italiano che è di chi non è di qui, un po’ di quel modo sabbioso di far risuonare le erre gli è rimasto in bocca anche adesso, e salta fuori quando gli viene da ridere. Tra l’altro Sergio, il loro fratello maggiore, in Danimarca c’è rimasto: vive lì e… di De André canta le traduzioni in danese.
Dicevo all’inizio: io so com’è andata. Ai fratelli Marini e a Mimmo (il flautista appassionato di musica antica), Michele (il batterista appassionato di prog) e Marino (il chitarrista, mio compagno di lavoro) ho chiesto io di collaborare: un paio d’anni fa li ho visti e sentiti suonare in concerto, io me ne stavo lì fuori con un banchetto a raccogliere fondi per A, e loro erano bravi, nel senso che le canzoni non le massacravano ma le rispettavano, e sapevano aggiungere a ciascuna qualche cosa di personale pur lasciandole riconoscibilissime. Insomma, li si ascoltava volentieri, mettevano addosso una bella felicità.
Mi sarebbe piaciuto fare qualcosa assieme a loro: mi ha colpito il loro atteggiamento schivo e allo stesso tempo assai lucido, misto di sogno e disincanto. Le registrazioni che mi hanno consegnato (un anno abbondante di indecisioni loro e di… insistenze mie) comprendono un rifacimento di “Storia di un impiegato”, considerato l’album più esplicitamente politico di De Andrè, una sorta di manifesto che utilizza la poesia per descrivere i labirinti del potere e chi vi si perde, storia di vite piatte e sempre uguali, le cosiddette vite “normali”, storia di strade che si affollano di giovani che trovano il coraggio di ribellarsi contro il sistema.
Le registrazioni sono state fatte praticamente in diretta nella sala prove, utilizzando attrezzature difficilmente definibili come “professionali”: eppure, delle canzoni del maggio e del bombarolo viene fuori una versione curiosa, ruvida e immediata sì ma levigata il giusto, ricca di piccoli particolari brillanti che rivelano un certo studio del gioco di incastri tra gli strumenti.
Sì, serve davvero tutto questo. Cantare queste canzoni è una scelta quanto mai appropriata. Oggi, proprio oggi. Sono state scritte trentacinque anni fa, ma sembrano appena uscite dal telegiornale. Sembrano uscite adesso dalla strada, entrate dalla finestra aperta, volate fuori dalla radio e dalle pagine del giornale nuovo. Sembra adesso. Ebbene, sono canzoni che conosco a memoria, e che ho deciso di riascoltare ancora. Oggi, proprio oggi.

Il cd “Storie di un impiegato” non è diffuso commercialmente nei negozi. Si può trovare ai concerti del gruppo, o richiedere a stella*nera
(sito web: www.anarca-bolo.ch, e-mail: stella_nera@tin.it).
Numerose copie del cd sono state offerte come sottoscrizione a sostegno del nostro giornale.

 


Corpi sparsi

Il cd “Corpi sparsi” offre la registrazione sonora dello spettacolo omonimo che Stefano Giaccone e Claudio Villiot (compagni di viaggio sulla strada del dopo-Franti dai tempi di Environs) hanno portato in giro per piccoli centri e teatri improvvisati tra la primavera del 1995 e quella del 1997.
Una prima edizione di questo cd era uscita allora a cura dell’indie ligure On/Off in una tiratura limitata e presto esaurita: è ora disponibile una ristampa curata da stella*nera e la rivista Aparte (sito web: www.sitarte.org/aparte/aparte.htm, e-mail: aparte@virgilio.it).

Stefano Giaccone

Nel cd sono raccolti testi letti/recitati ai quali si intreccia e si sovrappone la musica: pianoforte (più propriamente “tastiere”) e sax da soli e anche assieme che seguono linee d’espressione melodica accostabili a riferimenti blues o jazz. I testi sono scritti da Stefano con lo stile graffiante e “americano” che gli conosciamo proprio. Tranne che per una versione di “Dove” (già presente nell’album degli Ishi) e per alcuni brevi passaggi preesistenti scritti da Claudio Villiot, la musica dello spettacolo e quindi del cd è del tutto spontanea. Musica improvvisa ed improvvisata, non scritta né premeditata. Musica che non si veste d’inaccessibilità e sa rimanere libera e che al momento giusto si sa mettere da parte per far luce alle parole nude, per poi inondare a sorpresa anche i silenzi che distanziano le diverse parti del testo.

Il cd “Corpi sparsi” non è diffuso commercialmente nei negozi. Si può richiedere ad Aparte (allegato gratuito al numero 16) oppure a stella*nera
(sito web: www.anarca-bolo.ch, e-mail: stella_nera@tin.it).
Numerose copie del cd sono state offerte come sottoscrizione a sostegno del nostro giornale.

Marco Pandin
stella_nera@tin.it


“Duemila papaveri rossi”
2 cd con libretto

I due cd contengono 37 canzoni di Fabrizio de André
interpretate da musicisti e gruppi indipendenti.
Una iniziativa a sostegno di "A" delle Edizioni stella*nera.

Una copia 15 euro

Per saperne di più e per acquistarlo online clicca qui

Paola Sabbatani e Roberto Bartoli
“Non posso riposare”
cd+dvd

Un cd e un dvd, dodici canzoni da ascoltare e un documentario realizzato da
Mario Bartoli e Giangiacomo De Stefano (Va.C.A. Vari Cervelli Associati).
Una co-produzione Editrice Bruno Alpini, Aparte e stella*nera.

Una copia cd+dvd 15 euro

Per saperne di più e per acquistarlo online clicca qui