Rivista Anarchica Online



a cura di Marco Pandin

 

Mille papaveri rossi!

Messe in piedi da Stella*Nera e dalla Coop. 56 (con il sostegno del locale assessorato alle politiche giovanili), l’8 e 9 febbraio scorsi si sono svolte ad Abano Terme (Padova) due serate musicali in ricordo di Fabrizio De André. “Mille papaveri rossi” è il nome di questa “due giorni”, la prima manifestazione di questo genere organizzata in zona.
C’è da dire prima di tutto che, nelle intenzioni degli organizzatori e dei musicisti partecipanti, questa non voleva essere e non è stata una celebrazione: si è concretizzato in questa occasione il bisogno comune di riunirsi sotto le canzoni di Fabrizio per suonarle, cantarle e riascoltarle insieme.
Le canzoni di Fabrizio sono canzoni speciali, che hanno saputo farsi strada direttamente fino al cuore della gente. Il loro è un destino del tutto particolare: sono suonate e cantate nelle osterie, accanto ai falò sulla spiaggia e sui palchi dei bei teatri del centro, sono suonate e cantate in chiesa, sotto la doccia e nei campi rom, sono suonate e cantate da interpreti famosi per il pubblico pagante e da musicisti sconosciuti nelle feste di piazza e nei ghetti delle periferie.
Nei concerti di queste due serate i musicisti intervenuti hanno offerto il loro punto di vista. La propria musica, innanzitutto: forse mal eseguita, ma spontanea. E la propria voce: forse mal educata al canto, ma sincera. Moltissime le canzoni di Fabrizio, ovviamente, che sono state rilette secondo le diverse sensibilità, e numerose anche le composizioni originali che sono state offerte. Sul palco, a dimostrazione ulteriore della bella atmosfera che ha caratterizzato questi incontri, ci sono state felici collaborazioni tra i musicisti. Anche il pubblico, che ha riempito la sala tutt’e due le sere, ha partecipato attivamente cantando e battendo le mani.
Ha dato inizio alla festa Alberto Cantone, ben conosciuto da tanti anni nella sua città, Treviso, per l’impegno delle sue trasmissioni radiofoniche e l’intensa attività per creare e rivendicare spazi di espressione. Accompagnato dal valente chitarrista Gianantonio Rossi, Alberto ha fatto scorrere più d’un brivido nelle nostre schiene per la sua voce bellissima, a tratti (…va detto) così vicina a quella di Fabrizio da far sospettare un improvviso miracolo, o almeno un magico ritorno all’indietro del tempo. Invitato più volte a parlare di sé stesso a fine concerto (“si sa” che Alberto ha scritto numerose e belle canzoni che non ha mai voluto registrare), lui ha risposto solo con un sorriso.
Avevo sentito parlare dei rodigini Marmaja da alcuni amici e compagni che avevano assistito a dei loro concerti, e che erano rimasti piacevolmente sorpresi dall’energia che anima la loro musica. La ricetta sonora del gruppo è buona e semplice: i piedi ancorati alla terra con suoni e parole impregnati di umori folcloristici (molto particolare e secondo me curioso l’uso dei fiati e della fisarmonica), e tanto rock ruvido nelle chitarre e nella sezione ritmica.
I Marmaja cantano di terre, mari, migrazioni, spose e banditi: storie vere, vicine e lontane nella memoria. Succede così che a brani mossi e festosi si frappongano ballate lente e toccanti… proprio come s’usava ai bei tempi quando la musica era una cosa importante che saliva dall’anima innaffiata dall’ispirazione o dalla rabbia, senza progetti economici o di look e senza esigenze contrattuali a tener assieme chi suona. Nel loro album d’esordio non poteva mancare, in proposito, un ringraziamento ed un’esplicita citazione a Fabrizio De André, nel segno di comuni attitudini e sintonie. Un amore mai sopito che i Marmaja hanno saputo ravvivare in questo concerto, nonostante l’attacco di febbre influenzale di cui è stato vittima il cantante, in una dimensione danzante e poetica altamente contagiosa. Quello che mi ha conquistato è stato il gusto degli arrangiamenti e la loro evidente ricerca di un “bel suono” complessivo, diverso per ciascuna canzone. Una sorpresa, una sorpresa graditissima a così breve distanza da casa.
Tra poco dovrebbe essere pronto il loro secondo album, che immagino altrettanto carico di passione del primo “In tel vento sonà” (se fremete di piacere all’ascolto di Gang e MCR, i Marmaja hanno ottimo pane per le vostre orecchie).
Molto diversi come approccio complessivo alle canzoni di Fabrizio rispetto ai Marmaja, i Le Panash si sono presentati in una già sperimentata formazione unplugged a quattro elementi (chitarre acustiche, basso, fisarmonica e voci). Diversi, dicevo, perché dove i Marmaja sono stati militanti allegri e fieri, i quattro bassanesi, comunque militanti, vitali e gioiosi, hanno accarezzato spesso i tasti della nostalgia facendo nascere a più d’un cuore in platea qualche sospiro commosso.
Sarà stata l’abilità di entertainer istrione di Alessandro Gugolo, sarà stato il gusto commovente che prendevano le canzoni suonate dalla fisarmonica di Miranda De Cortes, fatto è che il gruppo ha saputo immediatamente conquistare il pubblico per la sua capacità d’impatto e soprattutto per l’atteggiamento semplice e sorridente, riuscendo a far scomparire il palco e l’intero teatro per trasformare tutto in una bella festa paesana con tanto di coro sgangherato. Le Panash ha trasformato le canzoni di Fabrizio De André in vera e propria musica di strada: musica bella, colorata e per nulla timorosa a sporcarsi e regalarsi a chi l’ama.
La seconda serata ha toccato altre corde. L’inizio ha visto, appena di ritorno dal Galles dove ha messo su famiglia, il “nostro” Stefano Giaccone. Stefano è davvero molto cambiato rispetto al “periodo Franti/Kina/Tirofisso” (rispetto al quale in molti vorrebbero vederlo ancora inchiodato), distaccandosene dai moduli espressivi e concentrandosi sulla sua abilità a scavare tra le parole, non solo quelle che scrive nelle sue poesie e racconti, ma anche in quelle che canta. La sua voce calda ha offerto un repertorio misto di canzoni di Fabrizio e di cose originali, che secondo me per certi versi costituiscono degli esempi, anche se non espliciti, di ispirazione.
Tutte le canzoni di Stefano offrono una diversa faccia dell’amore, un diverso modo di accarezzare, un diverso sentimento. C’è insomma una specie di filo rosso che tiene insieme il suo repertorio originale di tutti questi anni, e che risulta più evidente dalla scelta (solo apparentemente incoerente) di certe sue interpretazioni, dagli Stormy Six a Ivan Della Mea, da Dick Gaughan a Bruce Springsteen e che giunge al “genovese” di “Da ‘a me riva” accoltellato da una lingua certo più abituata a suoni californiani, torinesi e gallesi, eppure resa in forma viva, vibrante e commovente. Un amore grande e sconfinato, che abbraccia tristezza e malinconia, passione e delusione, rabbia e nervosismo.
Il cuore ha continuato la sua corsa con Alessio Lega, autore ed interprete anch’egli ben conosciuto nei giri “nostri”. Leccese trapiantato a Milano, il suo repertorio è composto, oltre che dalle proprie, da canzoni popolari e d’autore italiane e francesi, castigliane, russe tradotte in italiano oppure eseguite in originale. Alessio ha suonato e cantato negli spazi sociali, nei circoli culturali e nei teatri di numerose città italiane: nel febbraio del 2000 la sua canzone “I funerali del pirata”, presentata a un concerto a Genova in ricordo di Fabrizio De André (ed a lui dedicata), ha avuto una forte eco sulla stampa nazionale, così come la sua partecipazione al festival Léo Ferré a S. Benedetto del Tronto.
Delle canzoni di Fabrizio De André Alessio ha offerto quelle in cui meglio risalta l’inquietudine, il sarcasmo, l’osservazione corrosiva e spietata: le canzoni in cui non si ha paura di dire che il re è nudo.
E, pur se le canzoni di Fabrizio sono state il motivo di queste serate aponensi, c’è da dire che il pubblico è rimasto letteralmente impietrito all’esecuzione di “Dall’ultima galleria”, la canzone che Alessio ha composto sui fatti di Genova, per esplodere di un applauso lungo, commosso, duro e teso.
In chiusura, Lalli. Basta il suo nome a evocare un arcobaleno di sensazioni, quindi immaginate come salta e corre e scalpita il cuore quando Lalli canta Fabrizio…
Quando Lalli canta Fabrizio si scontrano due mondi e fanno scintille. La sua voce così carica di singhiozzi e delicatezza, che sa però divenire dura come pietra, si veste dei versi di Fabrizio e diventa ancora più bella, diventa leggera e bruna, diventa voce di sogno e azzurra come il mare.
Tutti i musicisti intervenuti hanno acconsentito a partecipare a questa iniziativa rinunciando all’abituale cachet, e ricevendo solamente un rimborso per le spese di viaggio. All’ingresso è stato richiesto un contributo, destinato a sostenere Emergency, che tutti, nessuno escluso, hanno offerto con convinzione e spirito di solidarietà.

Marco Pandin

 

Musica per “A”

Eugene Chadbourne “The competition of misery” cd/libretto a 10,00 euro
Una raccolta di canzoni di protesta, anarchiche, pacifiste e rivoluzionarie scelte dal mega-archivio personale di Eugene Chadbourne, figura di spicco della musica radicale e improvvisata americana.
Le sue canzoni sono state definite come “l’arsenale della musica contro”, e non è un’esagerazione da rockgiornalisti arrapati. La sua attività si estende, con un’approssimazione per difetto, in migliaia di concerti, centinaia di collaborazioni e una lista disumana di registrazioni su cassette, album e cd: tutti rigorosamente autoprodotti e venduti di persona ai concerti oppure pubblicati in giro per il mondo da etichette estremiste ed indipendenti. Insomma, buone vibrazioni ben conosciute agli appassionati di quella musica che non riesce a restare costretta nei binari del pentagramma e delle definizioni di genere.

AA. VV. “Addio Lugano bella” cd a 12,00 euro
AA. VV. “Quella sera a Milano era caldo…” cd a 12,00 euro
Ristampa su cd dei due fondamentali volumi dell’antologia della canzone anarchica italiana editi negli anni ’70 dai Dischi del Sole.
Tutte le canzoni, tutti i protagonisti: numerose registrazioni storiche rimasterizzate digitalmente.

AA. VV. “OGM - Piccolo dizionario degli orrori” libro/cd a 8,00 euro
Un’antologia di contributi scritti sulle manifestazioni di Genova dello scorso luglio. Al libro è allegato il cd-single “Dall’ultima galleria”, una canzone di Alessio Lega, ed il libretto “Mi sono svegliato e ho visto che stavate dormendo tutti” con la versione originale e completa del racconto scritto da Marco Pandin e pubblicato su “OGM” alla lettera J/jukebox.

Fabrizio De André “Dal vivo - vol. 2” cd a 10,00 euro
Raccolta postuma di registrazioni dal vivo, quasi tutte risalenti all’ultimo tour. Affrettatevi: solo poche copie disponibili.

Fabrizio De André “M’innamoravo di tutto” cd a 10,00 euro
Antologia curata dallo stesso Fabrizio De André. Contiene versioni rimasterizzate di classici come “Il bombarolo”, “Coda di Lupo”, “Sally” e altre tra cui una bellissima versione del 1997 di “La canzone di Marinella” cantata con Mina, altrove introvabile.

Fabrizio De André “La canzone di Marinella” cd a 8,00 euro
Raccolta delle primissime canzoni incise da Fabrizio De André: le versioni sono quelle originali dei 45 giri, rimasterizzate. Contiene, tra le altre, “Nuvole barocche” e “E fu la notte”, che nel 1958 costituirono il suo debutto discografico.

Environs “Un pettirosso in gabbia mette in furore il cielo intero” cd/libretto a 8,00 euro
Nel family tree che nasce dai Franti, quello di Environs è uno dei rami più vecchi e quello che ha ereditato i cromosomi più sperimentali della nota hardcore/folk band torinese. Environs naviga senza una rotta precisa, vaga attraverso le suggestioni del suono alla ricerca di una traccia: di quel “filo rosso” sonoro che ci ha accompagnato attraverso gli anni ’70 ed ’80.

Franti “Non classificato” 3 cd/libretto a 16,00 euro
Ristampa, edizione speciale a sostegno di A/Rivista Anarchica. Qui dentro c’è quasi tutta la musica dei Franti, storica hardcore/folk open-band torinese attivissima durante gli anni Ottanta. Rispetto alla versione originale pubblicata nel 1992 da Blu Bus, questa offre un terzo cd contenente registrazioni – rimaste sinora inedite – di canzoni risalenti all’ultimo periodo di attività del gruppo.

Judas 2 s/t cd a 8,00 euro
Con Pete Wright, ex Crass, e Martin Wilson, ex Flux of Pink Indians. Le musiche offerte in questa avventura sono imprevedibilmente lontane dai trascorsi storici dei due componenti (la strumentazione è essenzialmente acustica), ma il repertorio di Pete e Martin sa essere allo stesso tempo agile ed aggressivo: le loro canzoni sono caratterizzate da strutture ritmiche complesse e da testi particolarmente corrosivi, qua e là contaminati da parole italiane. Judas 2 si propone come la nuova tappa di un cammino controvento mai interrotto, fatto stavolta di una vivace e coraggiosa mescolanza di musiche folk-punk e suoni trovati in giro, a cavallo tra memoria e sperimentazione.

Musica per A non è un negozio né un mailorder: è un’iniziativa volontaria e non retribuita a sostegno di A, mandata avanti con il contributo di alcuni musicisti, gruppi ed etichette indipendenti. Non si fanno sconti né spedizioni in contrassegno.
Questi sono solo alcuni dei titoli disponibili: richiedete la lista completa (aggiornata a giugno 2002), ricca di oltre duecento cd, dischi, nastri e libri. Per ottenere il materiale è sufficiente versare sul c/c postale n.12552204 intestato ad “Editrice A, Milano” una sottoscrizione che corrisponda al valore del materiale prescelto. Vi preghiamo di aggiungere al totale un contributo adeguato per le spese postali (almeno 3,00 – 5,00 euro: le spedizioni vengono fatte per via raccomandata e/o per pacco ordinario).
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