Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 223
dicembre 1995 - gennaio 1996


Rivista Anarchica Online

Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)

It's a hard rain
Con questo numero si chiude un ciclo di "A"/Rivista Anarchica e se ne riapre un altro. Non è la prima volta che succede e magari succederà ancora: cerchi che si chiudono per dare vita ad altri cerchi, nuvole che si mescolano nel cielo e che ricadono in pioggia. E qui viene in mento Bob Dylan: forse sarà una pioggia dura quella che cadrà sulle nostre teste nell'immediato futuro. Niente ci spaventa, comunque. Non ci fanno paura la pioggia, né la strada.

Ishi
Cerchi che si chiudono, per dare vita a nuovi cerchi. Verso la fine degli anni Settanta un gruppo di compagni torinesi accende la scintilla che prende il nome di Franti. Un manifesto, più che un nome. Fanno musica semplice, che sa pensare di testa propria e non cavalca le tendenze di mercato. Per questo, e per il vizio bastardo di non prostituirsi, di essere comunque diversi, si trovano tagliati fuori da tutti i circuiti: quello tradizionale non li vuole perché gli sputano addosso ridendo tutte le sue contraddizioni, quello alternativo neanche, in fondo per gli stessi motivi.
Solo, per la strada, Franti è cantante e pittore, saltimbanco e scrittore, sognatore e poeta. La loro è poesia da strada: cantano frasi raccolte dai manifesti, le parole della gente sull'autobus, suonano la colonna sonora della periferia della città industriale.
Non importa se Torino, Akron, Bhopal o Leverkusen: la città di Franti è il mondo intero. Un giardino immaginario, dentro ci sono Bob Dylan, Victor Jara e i Banshees, Robert Wyatt e John Cale, De André e i Crass.
Il rock di Franti è fatto a pezzi: sono suoni ruvidi e ritmi spigolosi, presi da un mandala di innamoramenti ed influenze. La confezione è sporca ma il messaggio è una luce vivida nel buio obbligatorio del culto del non-futuro.
L'avventura di Franti dura lo spazio di una stagione. Ma, a dispetto della rivoluzione punk, che finirà in fondo a un contratto con una major oppure suicida in un trafiletto di cronaca, Franti riprende vita in nuove forme e nuoci suoni.
Nuovi eppure diversi, come nuovi e diversi sono gli anni che si susseguono: Howth Castle, Environs, Tirofisso, Panico, Kina coinvolti in incroci, riunioni, collaborazioni, sovrapposizioni.
Adesso c'è un nuovo bambino in città: gira in bicicletta per le strade come Dante Di Nanni, figlio bastardo del Franti bastardo, libero dai recinti della scuola e senza l'obbligo del catechismo, il sole nei capelli e una fionda in tasca.
E, statene certe, non appena le prime note di "Sotto la pioggia" si spargeranno per la vostra stanza, Ishi quella fionda la impugnerà e farà volare sassi contro le finestre appena pulite che tengono lontana l'aria della strada e lancerà un bullone rovente contro il tubo catodico del vostro televisore.

Detriti
Una manciata di sassi gettati nell'acqua, a creare cerchi che si muovono, si sovrappongono, si confondono. Tanti e tanti anni fa un pugno di hippies vagabondi suonava una canzone "Bella come la luna e terribile come un esercito schierato". Erano gli Henry Cow, metà anni Settanta, non ci giurerei ma se non ricordo male il testo era un inno alla guerra di classe, alla rivoluzione ed al socialismo che doveva avanzare (questa canzone la potete trovare solo in "Concerts", un loro album registrato dal vivo in giro per l'Europa, pubblicato allora dall'indie norvegese Compendium e in Italia dalla Cooperativa l'Orchestra, e non ancora riproposto su cd). Let end begin, cantava Enrico Mucca: sia l'inizio della fine. Altre storie, altri anni, altre guerre, altri cerchi. E' restato quel titolo, scritto sul marmo dei ricordi. Il debut-album dei Detriti (uscita non recentissima, visto che il gruppo sta già preparando del materiale per una nuova uscita) è un disco "bello come la luna e terribile come un esercito schierato".
Forse è il più stupendo e geniale disco di free music fatto in Italia in questi anni. Non esagero. E' musica libera da schemi, regole, imposizioni, stili, remore. Ogni tanto non è musica: sono pallottole al cuore del perbenismo musicale. Ogni tanto non sono canzoni: è un cane rabbioso che morde il silenzio. Ogni tanto è un disco indescrivibile. Un disco indimenticabile come un incubo, irrinunciabile come l'aria, se siete ancora abbastanza vivi da non poter fare a meno di respirare.
Non c'è un titolo, le indicazioni tecniche sono poche: sulla copertina ci sono solo dei frammenti scritti piccolissimi, dentro i testi e una presentazione scritta da Stefano Giaccone. Presentazione che passo subito a saccheggiare. Se ascoltate bene questo primo lavoro del gruppo Detriti potrete sentire una campana che ritmicamente annuncia "i signori in stazione dell'arrivo imminente d'un treno". Questa musica è scomoda, ferisce come il vetro nascosto nell'erba malata delle stazioni di benzina. Scomoda perché ci ricorda che il treno non è arrivato, non è mai arrivato. Il treno delle Grandi Attese, del Futuro più giusto è deragliato molte stagioni fa, carico di ideologie, riformatori, sogni barattati, compatibilità.
Viviamo l'inizio d'un epoca dove i futuri sono finiti: la planetarizzazione dei modelli di sfruttamento e dei modelli culturali ad essi collegati parla la lingua del Nuovo Ordine Mondiale, di cogestione dei Mercati, di luminose esistenze come clienti del merchandise, di data-banks, di know-how, di teleutenti del virtuale. Ma è una lingua vecchia, dal vocabolario misero come la vita che implica: dominio, lavoro, guerra, nazione, razza, religione. Tutto ciò torna in gran spolvero visto anche lo sfacelo etico/economico del comunismo di stato. Dai primi '80, una sezione non indifferente di giovani delle "società occidentali" (termine che perderà il suo significato extra-geografico: oggi tutto è "occidente") ha disperatamente scavato nelle macerie per ritrovare idee, materiali, alcuni tenaci non pacificati per capire da dove veniva il filo rosso che essi avevano in mano. Filo rosso della libertà: ovvero lo spazio, il tempo, l'energia per esprimere al massimo livello se stessi, iniziando dal restare in vita fino al dispiegarsi della propria felicità. Filo rosso irriducibile alla logica del Capitale e del suo simulacro socialstatalista.
Da allora, in questo Movimento (che definisco Individualità in Lotta per Esperimenti di Libertà Collettiva) la frattura tra politica e Cultura, pur sussistendo, è stata scossa dal (ri)apparire d'una presenza ingombrante dentro le iniziative (centri sociali, dischi, libri, ecc.), presenza spesso bastonata: la nostra vita. Le giornate, una dietro l'altra, che qualcuno ancora vorrebbe farci sacrificare per un treno che non arriverà più.
E questa lacerazione tra ciò che si pensa e ciò che si è, o meglio ciò che ci lasciano essere, grida le mille lingue dei mille reietti, pazzi, cercatori del Vuoto che intersecano la nostra quotidianità. Mille come le voci dei Detriti che cantano la babele di una lucida rabbia. Nell'attesa terribile e malinconica della Guerra come prossima condizione, un lavoro che prosegue la magnifica teoria di gruppi frequentatori di "valichi" non turisticizzati: Detonazione, I Refuse It, Gronge, Franti, Teatro Quotidiano e i dionisiaci Panico. Cose quasi sepolte: anche questo paghiamo in questa Italia culturalmente laida.

Ishi "Sotto la pioggia" è stato pubblicato da Blu Bus su LP e CD, ed è reperibile con un certa facilità nel circuito alternativo e in alcuni negozi illuminati che trattano produzioni indipendenti.
Il debut-album dei Detriti è prodotto dl gruppo stesso in collaborazione con Mister X e Circus, il circuito di distribuzione è praticamente sovrapponibile a quello di Blu Bus.
Blu Bus offre un enorme catalogo di produzioni discografiche marginali, fanzines, magliette, libri. Mi sembra tutto materiale scelto con intelligenza, cose di un certo spessore: i prezzi, infine, sono più che onesti. Qualcosa di molto diverso da un'impresa di vendita per corrispondenza verniciata di alternatività.
Se avete dato un'occhiata alla lista "Musica per A/Rivista Anarchica" vi sarete senz'altro accorti che Blu Bus ha messo a nostra disposizione una fetta consistente del proprio catalogo. Quindi, se decidete di affondare artigli, cervello e orecchie nelle proposte di Ishi e Detriti, mettetevi in viaggio per il più vicino ufficio postale e versate una sottoscrizione sul nostro conto corrente. Grazie in anticipo.