Rivista Anarchica Online
Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)
Voix vulgaires per "A"
Un'altra iniziativa a
sostegno di "A" Rivista Anarchica: si tratta di una
compilation, organizzata dal nostro collaboratore Marco Pandin, dopo
F/Ear this!, non nuovo ad esperimenti simili, Il
titolo di questo nuovo disco è Les mystéres
des Voix vulgaires e la sua disponibilità è
nei tre formati tecnologici più diffusi: un long-playing 33
giri, una cassetta C70 al cromo, oppure un compact disc. Frutto di
quasi otto mesi di raccolta e diffusione di materiale, questo album
rappresenta la prima di una speriamo lunga serie di uscite "a
tema": Marco sta già preparando una seconda parte di
questo viaggio nelle strade secondarie della musica popolare
contemporanea e, vista la quantità e la qualità del
materiale, sembra che il progetto abbia una vita lunga e fortunata.
Come nasce l'idea di
"Voix vulgaires"?
Mah, mi sembra piuttosto
ovvio: è una specie di continuazione del discorso iniziato
quattro anni fa con "F/Ear this!,". Oltre allo scriverci
sopra le recensioni e le segnalazioni di Musica & Idee,
desideravo fare qualcos'altro per la rivista. Qualcosa di più
pratico, un tipo di partecipazione diversa, più attiva. L'idea
di lanciare una sottoscrizione sotto forma di un disco, viste le mie
precedenti esperienze con Rockgarage e Catfood Press, mi sembrava
fattibile, e così ho provato. E non è andata poi così
male. Per "F/Ear this!" ho chiesto aiuto ad amici e
compagni a quel tempo coinvolti in un certo settore dell'editoria
discografica indipendente, quello più bizzarro, inafferrabile
ed "interventista", se vogliamo. C'erano Vittore Baroni,
sempre in prima linea con la Trax, poi i Franti e Blu Bus, i
Plasticost e Particolare Music, Giacomo Spazio e Ut/Comunicazioni,
poi i Detonazione e la loro Tunnel Records.
Per "Voix vulgaires"
ho fatto tutto da solo. I tempi sono un po' troppo cambiati per
tutti, ed è stato praticamente impossibile ritentare la
collaborazione già sperimentata con P.E.A.C.E.:
Detonazione e Franti non ci
sono più, Trax ha sospeso l'attività, Inisheer è
in cattive acque, Rockgarage e Catfood Press sono affogate nei
crediti... Ero e sono tuttora convinto ci si dovesse muovere
comunque, visti soprattutto i risultati ottenuti con "F/Ear
this!", positivi sotto molti aspetti, non ultimo quello di una
certa soddisfazione economica. Sentivo che era ora di darsi da fare
ancora, e magari ritentare.
Da dove hai iniziato?
La formula inventata per
"F/Ear this!", cioè il richiedere dei contributi
gratuiti a musicisti, poeti ed artisti vari a sostegno della rivista,
offrendo in cambio la massima trasparenza nella gestione del
progetto, si è rivelata efficace anche per "Voix
vulgaires". Logicamente, questo meccanismo può funzionare
solo se c'è un rapporto di particolare fiducia. Un contatto
diretto, personale, ecco. Verso la fine di aprile dello scorso anno
ho preparato una lettera circolare semi-personalizzata e l'ho spedita
a molti dei musicisti ed artisti conosciuti in questi anni, o con i
quali ho avuto un qualche contatto. A ciascuno, oltre ad un
contributo sotto forma di nastro registrato, disegno o poesia, ho
chiesto di fare da passa-parola, cioè di far sapere ad altri
musicisti di questa iniziativa, o di fornirmi nomi ed indirizzi di
gente potenzialmente interessata, così che potessi prendere
dei contatti.
Le risposte non hanno
tardato...
Infatti: dopo tre o quattro
settimane la mia cassetta delle lettere si è "letteralmente"
intasata! Assieme alle prime risposte, e ai primi nastri, sono
arrivate segnalazioni, suggerimenti, consigli e richieste di copie di
A/Rivista Anarchica e di "F/Ear this!". Ho continuato a scrivere e
spedire lettere e a ricevere materiale sino a poche settimane fa. E'
andata una cifra considerevole in francobolli, ma d'altra parte si è
a conoscenza di questa iniziativa in mezzo mondo. Sono arrivate
decine e decine di messaggi di sostegno e moltissime adesioni, senza
contare le promesse d'aiuto per iniziative future da parte di artisti
temporaneamente impossibilitati a partecipare. Per "Voix
vulgaires" è nata e si è messa in funzione una
rete di contatti che prima non esisteva. Sono circolati volantini,
indirizzi, messaggi, libri, riviste, nastri e dischi dall'Australia
alle due Americhe, dal Medio ed Estremo Oriente al Sudafrica
all'Europa intera.
Ho ricevuto messaggi di
solidarietà e promesse di collaborazione da più di un
personaggio per così dire famoso: Terry Riley, Fred Frith,
Peter Gabriel, Robert Wyatt, John Tilbury, tanto per fare qualche
nome, e da moltissimi artisti poco o per niente conosciuti, ma non
per questo meno interessanti. Un mucchio di gente attenta,
interessata a partecipare, a contribuire, a prendere contatti con
altra gente ancora, disposta a scambiare esperienze, opinioni e
quanto altro possibile.
Ti aspettavi una risposta
di simili dimensioni?
Sinceramente no. Su "F/Ear
this!" è stato pubblicato quasi tutto il materiale
raccolto: una trentina di pezzi per oltre un centinaio di contatti
presi. Per "Voix vulgaires" è successo esattamente
l'opposto. Forse allora si era in un certo senso agli inizi, e
stavolta ho cercato di evitare certi sbagli, certe valutazioni
errate. Penso che più di un contributo a questo disco sia
giunto grazie a "F/Ear this!", nel senso che
quell'iniziativa è stata interpretata sotto una luce molto
positiva. Anche se so, per esperienza, che non è saggio farsi
delle illusioni, sapevo comunque di poter contare sulla
collaborazione di qualche buon amico musicista, ma certo non potevo
prevedere l'effetto "passa-parola"...Grande parte delle
offerte di collaborazione è giunta da artisti che non ho
contattato direttamente, ma che ha avuto notizia di questa iniziativa
da altre persone. Per fare un esempio, la performer Tenko,
impossibilitata a partecipare, ha comunque diffuso la notizia così
che almeno una dozzina di nastri sono giunti sin qui dal Giappone
grazie alle sue segnalazioni.
Come mai ci sono meno
pezzi nel disco rispetto alla cassetta e al compact disc?
Esclusivamente perché
la cassetta e il compact disc riescono a contenere una maggiore
quantità di materiale. La pubblicazione di un album doppio
sarebbe stata economicamente difficoltosa. La necessità di
pubblicare una versione su cassetta si era fatta sentire anche per
"F/Ear this!". Il compact disc, infine, è un
supporto diffusissimo, specialmente all'estero, per il quale trovo
stupido avere dei pregiudizi: i vantaggi rispetto al vinile sono
evidenti, e non solo in termini di qualità. Non ultima, poi,
una considerazione di carattere pratico: sono state vendute
moltissime copie di "F/Ear this!" per corrispondenza, e le
spese postali per un disco sono elevate. Spedire una cassetta o un
compact disc costa molto meno.
E il materiale
inutilizzato?
Non è stato
ragionevolmente possibile trovare spazio a sufficienza per tutto e
per tutti. Lo stesso, è stato umanamente impossibile riuscire
a contattare tutti gli interessati "potenziali". Allora, ho
deciso di fare una selezione, secondo criteri di gusto musicale e, se
possibile, "politico", assolutamente personali. Se si
tratta di scegliere, ho pensato che tanto valeva pubblicare, come
primo passo, materiali nei quali si rispecchiasse un po' del mio
gusto, dei miei orientamenti. Comunque, gran parte del materiale che
ho ricevuto non resterà inutilizzata a lungo. Sto preparando
un "sequel", probabilmente un "Voix vulgaires 2"
che spero di poter pubblicare entro breve. Inoltre, sono in arrivo
dei nastri che sarà impossibile non pubblicare. Non mi sento
però di dare adesso delle anticipazioni, o delle scadenze. Non
per conservare chissà quale segreto editoriale: solo,
preferisco non fare promesse che qualche imprevisto mi costringa poi
a non mantenere.
I misteri delle voci
volgari: perché questo titolo?
Volevo prendere in giro la
tendenza attuale del mercato discografico "illuminato",
tutto teso al terzomondismo, al turismo a tutti i costi. Tutti quelli
che cercano la musica proveniente dai paesi lontani, perché
sono convinti che qui non ci sia più nulla di nuovo da
ascoltare. Qualche anno fa, il manager
di una grossa indie inglese, la 4AD, annusò l'affare e diede
alle stampe un paio di dischi di cori femminili bulgari, intitolati
"Les mystére de voix bulgare". Ho storpiato il
titolo: è stato uno sberleffo al Club Mediterranée
su compact disc, per dirla con Ferdinand Richard. Le musiche che
ho raccolto provengono da paesi geograficamente lontani dall'Italia,
e lontani tra loro, ma si può facilmente scoprire che la
lontananza culturale è minore di quanto si creda. In "Voix
vulgaires" sono raccolte composizioni ispirate ai sentimenti
d'amore e di ribellione. La stessa agitazione muove i canadesi Rhythm
Activism, che se la prendono con gli yuppies, e Mark Howell che
protesta per gli sprechi della civiltà iperurbana della sua
città, New York. C'è un filo invisibile che lega David
Moss, che stritola d'amore Italo Calvino, e Gigi Masin, che a volte
sembra sfiorare così sensualmente i tasti del pianoforte come
se accarezzasse una ragazza in carne ed ossa.
E tutti quegli strani
animali in copertina?
Ho utilizzato un quadro di
Gian Uicich, impegnato a tempo pieno sul fronte della comunicazione
visiva e del design: fa il pittore, il progettista, l'architetto, lo
scultore... Dipinge dei quadri enormi con dentro grovigli
inestricabili di strisce colorate, oppure trasforma le superfici
degli oggetti in mosaici di mille colori. Trovo che il suo approccio
con le belle arti sia nervoso, violento, brutale. Ho scelto questo
suo disegno in bianco e nero perché è difficile da
guardare: richiede impegno, voglia di investigare tra i segni. I
contorni delle figure sembrano affilati, pericolosi. Sembra che la
copertina di questo disco abbia dei pungiglioni, dei denti, delle
unghie.
Come descrivere "Voix
vulgaires"?
Trovo ci siano due chiavi di
lettura possibili per questo disco. Un primo approccio potrebbe
essere "globale" : considerare cioè le diverse parti
come momenti di un unico discorso. Una specie di monologo recitato a
più voci, dove si passa dal sarcasmo alla tenerezza. Proprio
come può succedere mentre si discute di un argomento
qualsiasi. Un mezzo più semplice può essere considerare
"Voix vulgaires" come un disco e basta, un insieme di brani
musicali in fila uno dietro l'altro, cosa che molto spesso ci si
ritrova a fare quando si ascolta una compilation. Possiamo fare così
per commentare ciascun pezzo...
La prima "voce
volgare" che si ascolta è..
E' quella dei Rhythm
Activism, due compagni canadesi dei quali si è parlato
recentemente proprio su queste pagine. Norman Nawrocki scrive dei
testi assolutamente corrosivi: il suo sarcasmo è spietato. Dem
Stink suona la chitarra e, nel pezzo che è presente nell'album
"The black flag" suona le percussioni. La registrazione è
stata fatta a casa sua: se state attenti a un certo punto si sente
qualcuno suonare il campanello della porta! "The black flag",
cioè la bandiera nera, è un brano strutturato come una
specie di spot pubblicitario radiofonico: la bandiera nera è
l'unico strumento sicuro anti-yuppies... Norman e Dem sono stati
poche settimane fa ancora una volta in Europa, un po' in vacanza, un
po' per fare dei concerti. Purtroppo è stato impossibile farli
suonare qui in Italia, speriamo si riesca a combinare qualche serata
per loro l'anno prossimo.
E André
Duchesne...
André è pure
canadese, e vive nel Quebec come Norman e Dem. Il "giro"
musicale è però diverso: sin dai primi anni Settanta,
compone regolarmente musiche per spettacoli teatrali e per balletto,
oltre a colonne sonore di film e documentari. Da un inizio
musicalmente accademico, si è dedicato alla sperimentazione di
nuove tecniche, e ha formato alcuni gruppi storici dell'avanguardia
musicale canadese, quali Conventum e, più recentemente, i 4
Guitaristes de l'Apocalypso Bar. Tra i numerosi impegni, André
è coinvolto nell'organizzazione del Festival di
Victoriaville. Ha contribuito a "Voix vulgaires" con due
composizioni: "God Economy" ed "Emlak". La prima
è strutturata come un breve dramma musicale-teatrale
incentrato sulla guerra simbolica tra André stesso e il dio
denaro: il testo è piuttosto comico e mirabilmente intrecciato
alla musica. La seconda composizione è nata per caso, qualche
anno fa: riascoltando delle letture di Edgar Allan Poe su di un
nastro posto accidentalmente al contrario, André ha trascritto
il testo e ci ha composto "sopra" la musica. Questo brano
l'ha poi inserito nella colonna sonora di "La couleur
encerclée", un film di Serge Gagné.
Dal
Quebec alla Svizzera, Christoph Gallio
Christoph è un
sassofonista autodidatta col quale ho una buona amicizia telefonica e
postale. Trovo sia un musicista di altissimo livello, e che prima o
poi troveremo il suo nome accanto a qualche grande firma del jazz
contemporaneo. So che in questi tempi è spesso a Parigi, dove
studia con Steve Lacy. Dalla fine degli anni Settanta ha collaborato
con numerosi gruppi e musicisti, nelle situazioni culturali più
diverse. Recentemente ha collaborato con la danzatrice Christine
Brodbeck e col gruppo Day and Taxi, assieme a Urs Blochlinger,
Lindsay Cooper e Dieter Ulrich. Alla fine dello scorso anno ha
suonato anche in Giappone, con Alfred Zinmerlin e Matthew Ostrowski:
in trio con loro ha anche pubblicato i suoi due ultimi lavori. Per
"Voix vulgaires" ha composto sei pezzi per sassofono
soprano, intitolati "Controlled love songs", che trovo
autentici capolavori.
Quella di Gigi Masin
è l''unica partecipazione italiana...
Ho avuto proposte di
collaborazione da molti gruppi italiani: qualcuno ha mandato
materiale di ottimo livello. Gli Environs, ad esempio, hanno spedito
una registrazione dal vivo di "No man can find the war" e
"Epitaph 1919" che fa letteralmente accapponare la pelle.
C'è stato un musicista di Parma, Andrea Bini, che ha accostato
le sue musiche alle poesie di Jane Dolman, e il risultato è di
un'emozione sconcertante. E poi i Kina, che amo particolarmente, i
Plasticost... Purtroppo, per qualcun altro ho avuto l'impressione
contasse più che altro il fatto di "esserci", di
sfruttare l'occasione. E' una dichiarazione un po' grave, lo ammetto,
ma trovo onesto farla. Conosco Gigi Masin da anni: lavoravamo assieme
in una delle prime radio libere, prima che diventassero "emittenti
private", e so di avere a che fare con un artista molto
particolare e sincero. Wind è il nome del suo attuale gruppo,
del quale fanno parte Alessandro Monti, un poeta molto sensibile, e
Alessandro Pizzin, un musicista che apprezzo moltissimo. In "Voix
vulgaires" sono presenti due brani, "Almanac" e
"Valentine", che ho scelto dal loro demo-tape. C'è
da dire che Paolo Boarato, che collabora tecnicamente con Gigi e i
Wind, mi ha messo a disposizione gratuitamente tutta l'attrezzatura
del suo studio per fare una prima selezione dei nastri. Lo stesso,
Bruno Romani e Fabio Scroccaro, coi quali sono in buoni rapporti fin
dai tempi dei Detonazione, hanno concesso il loro studio per il
"restauro" di qualche registrazione e per l'editing finale
del disco. Bruno e Fabio mi avevano aiutato anche per "F/Ear
this!".
Kulu Hatha Mamnua
e Peeni Waali: due nomi strani e assolutamente
sconosciuti...
Sì, si tratta di due
gruppi svizzeri espressione di un nutrito giro di musicisti amici di
Fizzè (che non vuol essere chiamato per nome...): Kulu Hatha
Mamnua, che in arabo significa press'a poco "il divertimento è
proibito", e Peeni Waali, il cui significato mi è
completamente oscuro. Il discorso che facevo all'inizio sulla
riscoperta commerciale della musica popolare ed etnica si ricollega a
quanto scrive Fizzè nella presentazione della sua attività.
In una sua lettera, mi ha scritto: "(…) Un mucchio di
gente parla oggi di musica etnica, ma per me si tratta solo di
un'altra etichetta. Non esiste la musica etnica, esistono invece
delle persone in tutto il mondo che fanno musica: sono convinto che
per suonare della vera "World music" si debba coinvolgere
questi musicisti di mondi differenti che apparentemente hanno poco in
comune, in un unico progetto. Unire l'umanità quindi,
piuttosto che unire solamente una comunità, fare uno sforzo
per comprendere le diverse opinioni, culture, etiche (...)
Gingillarsi con un campionatore e un pacco di dischi di musica
popolare in un qualche studio sofisticato non è certo fare
della "world music"! (…)". Da qualche anno, Fizzè
ha dato vita ad un'etichetta discografica indipendente, Mensch
Records. Le uscite sono musicalmente molto diverse tra loro, tutte
però molto lontane dalla facile commerciabilità. Sia
Kulu Hatha Mamnua che Peeni Waali sono formazioni aperte, musicisti
di diverse estrazioni e circuiti che collaborano con Fizzè per
dar vita ai suoi "progetti impossibili": Peeni Waali è
solo l'ultimo in ordine di tempo e vede la collaborazione incrociata
di musicisti e poeti svizzeri, giamaicani e di altre nazionalità.
Il risultato finale deriva dalla sovrapposizione di registrazioni
effettuate nei diversi paesi e in un secondo tempo montate in studio.
Il risultato è affascinante: nel demo-tape che Fizzè mi
ha spedito si può sentire la voce del grande poeta Linton
Kwesi Johnson accompagnata da un'immaginaria banda internazionale,
reels irlandesi mirabilmente incastrati a basi reggae-dub, e così
via.
David Moses è
invece ben conosciuto...
David è considerato
uno dei più grandi musicisti d'avanguardia degli anni Ottanta.
Ha uno stile unico: riesce a mettere assieme le più diverse
sorgenti sonore, dagli strumenti a percussione tradizionali a pezzi
di plastica e rottami trovati per strada, e sparge sopra a tutto le
sue performance vocali, una vera e propria provocazione. Qui si parla
di estremismo musicale... La lista degli artisti che hanno avuto a
che fare con lui è assai lunga e farcita di nomi famosi, da
Arto Lindsay a David VanTieghem, da Bill Laswell a John Zorn. Nel
messaggio che accompagna "Language linkage", David esprime
il suo innamoramento totale per Italo Calvino, ad un lavoro del quale
la sua composizione è ispirata: "(…) Il senso
del gioco e della meraviglia che pervade la musica ed il linguaggio
di Calvino si adatta alla perfezione con lo spirito della nuova
musica rivoluzionaria. Il suo scopo era quello di giungere ad una
fusione tra l'intelletto, l'occhio e la mano tramite una sensazione
di meraviglia: per questi ultimi dieci anni non ho fatto altro che
tentare la creazione e l'esecuzione di una musica che riuscisse a
trasportare l'ascoltatore in un mondo di sensazioni tangibili (...)
Questa connessione tra parola e suono trovo stabilisca una relazione
tra Italo Calvino e me. Raccontare una storia misteriosa capace di
risuonare, irradiare, spiegare vedute di mondi inaspettati: ecco lo
scopo di "Language linkage" (…)". David ha
spedito di sua iniziativa questo pezzo, dietro segnalazione di
Fabrizio Gilardino.
Un altro americano: Mark
Howell...
Mark è stato a casa
mia durante l'ultimo tour europeo di Zera Pop, con Bruno Meillier e
Bruce Golden: abbiamo fatto amicizia, e ci siamo scambiati gli
indirizzi. Lui, a New York, è coinvolto nel circuito musicale
alternativo e conosce moltissima gente. Per "Voix vulgaires"
ha composto una canzone molto particolare intitolata "Big footed
man", una canzone di protesta contro gli sprechi assurdi che si
perpetrano nella sua città.
Mark ha spedito una lettera
con una lunga spiegazione del brano, riportata per intero nel
libretto allegato al disco. In essa si può leggere, tra
l'altro: "(...) Si dice che avendo un furgone si possa
guadagnare una cifra a Manhattan riciclando la cosiddetta spazzatura
che i ricchi buttano via: elettrodomestici che possono essere
facilmente riparati, apparecchiature elettroniche in condizioni quasi
perfette, mobili quasi nuovi e cosi via (...) Nel restaurare
un'abitazione, il legname viene gettato via se non si trova in
condizioni perfette. Di solito viene tagliato a pezzi per poterlo più
facilmente sistemare nei raccoglitori d'immondizia : cosi facendo è
piuttosto improbabile si possa recuperarlo. Non è certo in
questo modo che si tiene conto del suo valore: è proprio per
la rarità del legno, nel senso del suo valore all'origine, che
si deve considerare questo spreco un vero crimine. Il diritto del
denaro è qui cosi forte che, e succede spesso, nel caso sia posta in
vendita un'abitazione completamente ristrutturata, i nuovi
proprietari apportino modifiche e aggiunte, cosi da distruggere porte
e infissi, pavimenti e tappezzeria a seconda del proprio gusto. Per
poi rivendere il tutto dopo breve tempo a qualcun altro, che farà
lo stesso, e cosi via (…). Più d'una specie di alberi è
in via d'estinzione (...) e, ai problemi della deforestazione, si
aggiungono altri buchi nello strato d'ozono (...)". Da
notare, per concludere, che alle sessions di "Big footed man"
ha partecipato Tony Maimone dei Pere Ubu.
Judas 2 e le
"quattro facce di due facce"...
Pete è sempre
enigmatico. Parlo di Pete Wright, che dopo l'avventura con i Crass
non ha appeso la chitarra al chiodo, e ogni tanto dà sfogo
alla sua creatività musicale e poetica. Judas 2 è un
progetto musicale e teatrale messo in piedi da Pete e da una sua
amica, Penny Cullen: la loro "Four faces of two faces", è
una scatola magica piena di doppi sensi, non tutti facilmente
interpretabili. C'è da dire che Pete ha una vena poetica
sempre piuttosto amara, sarcastica sì ma profondamente amara:
è un lato del suo carattere completamente in contrasto con la
sua voglia irriducibile di lottare, di protestare.
Due facce della stessa
faccia, forse...
Penso anch'io così.
È un po' quello che succede con Barbarie Légère,
che fanno il gioco degli opposti, dei paradossi. La ragione d'essere
del trio è dimostrare che il rock non è necessariamente
"barbaro", che il folk non è inevitabilmente
inconsistente e, soprattutto, che è possibile unire gli
estremi: l'energia selvaggia del punk col folk della Francia
Centrale, i ritmi potenti con improvvisazioni delicate, l'humour con
i testi più oscuri, gli strumenti elettrici con le atmosfere
da circo.
Il gruppo è formato
da Yves Ranchon e Guy Sapin alla chitarra, e dal percussionista
Guigou Chenevier. Con Guigou ci si conosce da anni: almeno quindici
anni fa ho partecipato all'organizzazione di un concerto degli Etron
Fou Leloublan e degli Henry Cow, ed è stato in quell'occasione
che ho conosciuto anche Fred Frith, Chris Cutler, Lindsay Cooper e
Ferdinand Richard la prima volta. Trovo che Guigou sia un musicista
dannatamente in gamba: è sempre disponibilissimo e disposto a
suonare volentieri per rimborsi spese irrisori. Ogni sua performance
è una sorpresa: ho assistito a molti suoi concerti con
formazioni diverse, e si è sempre trattato di serate felici.
Con Yves e Guy è stato a casa mia in occasione di un concerto
di Barbarie Légère nella mia città, ed e stato
davvero molto bello accorgersi che tante cose nell'affiatamento,
nell'atteggiamento nei confronti del far musica, nella buona
disposizione a conoscere e farsi conoscere, non sono cambiate poi
tanto dai tempi di Rock In Opposition.
Quello di Eugene
Chadbourne è un altro nome eccellente...
Eugene è un
chitarrista strabiliante, con una conoscenza enciclopedica di musica
country, rock e blues: i suoi archivi musicali possono venire
considerati l'arsenale della musica alternativa contemporanea.
Autodidatta, ha iniziato a suonare nei gruppi di rock psichedelico
dei primi anni Sessanta, per poi darsi alla sperimentazione. Per
sfuggire al Vietnam è fuggito in Canada, dov'è rimasto
fino all'amnistia di Jimmy Carter. Tornato negli Stati Uniti, si è
stabilito a New York, entrando a far parte da protagonista della
scena musicale d'avanguardia. Tra le sue imprese più popolari
è il gruppo Shockabiliy, uno schiaffo violentissimo sulla
faccia dell'avanguardia da salotto. Sciolto il gruppo, Eugene ha
deciso di muoversi da solo, realizzando numerosissime registrazioni
pubblicate in gran parte sotto forma di cassette fatte in casa.
Oltre alle chitarre
tradizionali, anche se adeguatamente "preparate" e
modificate, l'equipaggiamento di Eugene Chadbourne consiste di
congegni autocostruiti piuttosto bizzarri: una chitarra-rastrello,
una chitarra sturalavandini, una chitarra-wc eccetera.
La canzone che ha inviato
per "Voix vulgaires" riporta ai tempi del Watergate e di
Richard Nixon, e si intitola "Big John loved his dick". Da
notare due cose: il sottile doppio senso del titolo ("Dick, è
sia il diminutivo di "Richard" che un termine per indicare
l'attributo sessuale maschile...), e il fatto che tra i responsabili
di questa sagra del sarcasmo ci sia l'insigne Elliot Sharp... Credo che
Eugene abbia intenzione di trascorrere un lungo periodo in Europa con
la sua famiglia: aspetto mi faccia sapere qualcosa di più
preciso riguardo a un eventuale soggiorno qui in Italia, perché
si potrebbe combinare qualcosa di interessante. Si è detto
disponibile, ad esempio, a tenere concerti, seminari, conferenze, il
tutto rigorosamente nel circuito alternativo e indipendente,
s'intende.
Questo è tutto per
quanto riguarda il disco...
Allegato a "Voix
vulgaires" c'è un libretto con dentro tutti i testi ed i
commenti originali degli autori. Inoltre, ci sono alcuni contributi
poetici da parte di Lawrence Ferlinghetti, il grande poeta
americano, di Chris Cutler, di Lady June e della
commediografa irlandese Margaretta D'Arcy. Chris si è
dimostrato molto interessato a dare una mano, e penso che presto o
tardi invierà anche delle registrazioni. Per "Voix
vulgaires" ha spedito tre sue poesie scritte a Berlino nel
novembre 1988, raccolte sotto il titolo comune di "A stitch in
time". Lady June si occupa d'arte da sempre: è
scrittrice, poetessa, pittrice, musicista e cantante. Nel 1970 decise
di fondere i suoi interessi artistici in un disco, che raccoglieva
sue canzoni, poesie e disegni. Il tutto con la collaborazione di
Brian Eno e Kevin Ayers. Instancabile viaggiatrice, ha girato il
mondo in lungo e in largo, proponendo le sue opere in innumerevoli
situazioni diverse, condividendo gli spazi con artisti del calibro di
Viv Stanshall, Lol Coxhill, Ron Geesin, David Bedford e gruppi come
Henry Cow, Gong e Hatfield and the North. Le tre poesie riportate nel
libretto corrispondono ai testi di tre canzoni registrate nella sua
casa alle Baleari in compagnia di un menestrello girovago, che penso
di includere nel prossimo "Voix vulgaires". Margaretta
D'Arcy è conosciuta soprattutto per le commedie e per i libri
scritti in tandem con suo marito, John Arden.
Per aver pubblicamente
contestato le leggi e la politica del governo irlandese e per aver
aderito alle manifestazioni contro gli impianti nucleari di Greenham
Common in Inghilterra, è stata più volte imprigionata e
perseguita. In uno dei suoi libri più recenti, "Tell them
everything", raccoglie le testimonianze drammatiche di alcune
detenute con le quali ha condiviso l'esperienza del carcere. Nella
primavera di quest'anno è stata tra le animatrici di una
stazione radio clandestina, assieme ad alcune altre compagne di un
collettivo femminile della sua città, Galway. Margaretta mi è stata
presentata da John Tilbury.
Come procurarsi "Voix
vulgaires"?
Senz'altro rivolgendosi
direttamente all'Editrice A, versando sul conto corrente postale la
cifra stabilita e specificando se si desidera la versione su disco,
cassetta o compact disc. Come per "F/Ear this!" i piccoli
distributori possono acquistare la compilation pagandola a prezzo
ridotto. Inoltre, si può contare sulla collaborazione di
qualche centro di distribuzione indipendente e qualche negozio
alternativo, sia qui in Italia che all'estero. Ci tengo a ripetere
che tutte, proprio tutte le persone coinvolte in questa iniziativa
hanno dato un'adesione volontaria e completamente gratuita:
musicisti, tecnici di studio, etc. Tolte le spese reali, il ricavato
andrà a sostegno di A/Rivista Anarchica.
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