Rivista Anarchica Online
Ma Il Manifesto no
Cari compagni, (...) ho letto sul penultimo numero di
"A" la risposta redazionale alla lettera del Circolo Trobar
Clus, relativamente alla questione dello scambio di pubblicità
con "Il Manifesto" e devo dire che tale risposta non mi è
parsa del tutto convincente.
Non mi soffermerò sul discorso
preliminarmente sviluppato dai compagni di Bordighera e che occupa la
maggior parte del loro scritto, se non per dire che lo trovo
interessante, stimolante e in gran parte condivisibile, ma non molto
pertinente alla questione del rapporto economico della rivista "A"
con "Il Manifesto".
Quanto al paragone tra la vicenda di
tale rapporto e quella del dono del gruppo musicale Franti, mi trovo
d'accordo con la risposta della redazione di "A" nel
ritenerlo improponibile.
Si tratta, infatti, di situazioni che
si collocano in piani diversi ed inconfrontabili. Il dono dei Franti
va visto nell'ottica e sul piano della solidarietà reciproca,
in una dimensione, cioè, che può configurarsi e
svilupparsi in presenza di un certo grado di affinità,
sintonia e simpatia ("condicio sine qua non", questa, anche
per lo scambio paritario di annunci pubblicitari che la stessa
rivista "A" mantiene con altre pubblicazioni).
L'altra dimensione è quella dei
"compromessi" con la logica mercantile di un sistema
sociale, all'interno del quale siamo tutti obbligati a vivere, ai
quali ci troviamo tutti a dover quotidianamente sottostare, per
quanto possa dispiacerci.
Quanto al fatto che, seppur in diversa
misura, da tali compromessi non sia mai del tutto possibile
sottrarsi, emerge, a ben vedere, anche nel caso del dono dei Franti.
Quel gruppo, infatti, "ha deciso di usare 200 copie per
finanziare situazioni autogestite o autogestionarie". Una tale
decisione non implica, forse, l'accettazione dell'idea che i
beneficiari abbiano successivamente a dover "commercializzare"
quanto avuto in dono, per ricavarne un sostegno economico alle loro
attività? Relativamente al primo ed al secondo dei tre
quesiti con i quali si chiude la lettera del Circolo Trobar Clus, mi
sembra che la risposta della redazione di "A" sia stata
sufficientemente chiara ed esaustiva. Un po' meno convincente e anzi,
almeno a mio avviso, piuttosto elusiva, la risposta redazionale al
terzo quesito.
Se, infatti, la "questione morale"
posta dalla scelta di un esborso in danaro per fini pubblicitari
(così come quella, analoga ed opposta, che venne sollevata
anni fa dall'accettazione di inserzioni pubblicitarie a pagamento) mi
sembra astratta e, in ultima analisi, fittizia, non così
quella della scelta del con chi sia lecito, opportuno e coerente
allacciare un rapporto privilegiato.
In sostanza, quando, nella prima metà
del 1978, la rivista "A" pubblicò degli annunci
pubblicitari a pagamento (relativi, peraltro, a libri per i quali,
visti gli argomenti che trattavano, nessuno avrebbe avuto niente da
obiettare se fossero stati presentati e consigliati in sede di
"recensione") quella decisione mi parve utile ed
intelligente, tanto che mi stupì moltissimo il coro di
proteste che suscitò.
Quando, più tardi, uscirono
degli annunci pubblicitari di "A" su "Lotta Continua"
e su "Repubblica", ne sono stato contento e tutt'altro che
"scandalizzato". Mi rammaricai, anzi, che le scarse
disponibilità di mezzi finanziari obbligassero a cessare tale
forma di pubblicità. Lo stesso atteggiamento avrei oggi per le
inserzioni su "Il Manifesto" qualora il loro costo
economico fosse sopportabile e non implicasse la necessità,
per contenerlo, di mettere uno spazio analogo a disposizione di quel
quotidiano sulle pagine di "A". È
l'aspetto "scambio" (anche se fosse paritario) che mi
lascia perplesso. Nella risposta ai compagni di Bordighera viene
detto che "lo scambio/pubblicità non implica, a nostro
avviso, alcuna particolare simpatia con la pubblicazione e la sua
redazione. O meglio, non la implica necessariamente". Posso
essere d'accordo, ma credo anche che un tale scambio esiga, almeno,
il presupposto di un certo grado di compatibilità reciproca
tra le differenti posizioni (se non su tutte, almeno sulla
maggioranza di esse).
Dire, come si fa nella risposta
redazionale, che "tutto sommato è il quotidiano più
a sinistra che c'è" non significa molto, perché si
tratta di una "sinistra" che non ha alcuna affinità
ideale con il pensiero libertario e le aspirazioni dell'anarchismo.
Neppure ha molto senso dire di quel giornale che esso sarebbe "quello
che - almeno a volte - assicura un'informazione più seria".
Certo - a volte - può anche
succedere (e a chi non capita? Se è per questo anche sul
"Corriere della Sera" o su... "Famiglia Cristiana"
vengono - a volte - pubblicate delle informazioni attendibili e
serie). Ma è sufficiente per pubblicizzarlo su "A"
(il che equivale a suggerirne la lettura ai compagni - e più
ancora agli occasionali lettori - lasciando supporre un'affinità
di posizioni) quel quotidiano?
È
sufficiente per chiudere entrambi gli occhi davanti alle grottesche
manipolazioni dell'informazione che sistematicamente (forse non di
più, ma neppure di meno degli altri quotidiani) vi si
perpetrano?
È
sufficiente per dimenticarsi degli articoli denigratori, anche nei
confronti del movimento anarchico, che non di rado vi compaiono?
Personalmente ne dubito molto, ma si
tratta di una personale opinione e, proprio perché tale, essa
è senz'altro..."opinabile" e riconosco che altri
compagni possano vederla diversamente. Un forte abbraccio.
Gianfranco Bertoli (carcere
di Porto Azzurro)
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