Rivista Anarchica Online
Pubblicità perché
Per tre volte, nella prima metà
del 1978, pubblicammo su "A" degli annunci a pagamento,
relativi a libri di argomento anarchico e libertario. Libri, comunque, prodotti da editori
non-militanti, che per quella pubblicità ci pagarono. Era la
prima volta che sulla stampa anarchica di lingua italiana si
"vendeva" dello spazio, se si eccettua nell'800 La
plebe. Giunsero lettere di protesta da parte di vari
compagni e gruppi. Un gruppo diffusore, dopo aver inserito un
volantino di dissenso in tutte le copie di quel numero di "A",
ne cessò la distribuzione, invitando gli interessati a
procurarselo in edicola (salvo poi riprendere, successivamente, la
diffusione che tuttora continua). Ma giunsero anche lettere di
assenso. Tutte le opinioni che ci pervennero
in redazione trovarono ospitalità nella rubrica
delle lettere. In coda, esprimemmo le ragioni della nostra scelta
(legata alla pesante situazione deficitaria delle casse
di "A"), ringraziammo i
compagni per il sostegno che ci avevano fatto pervenire
negli ultimi tempi e concludemmo con le
seguenti parole: L'annuncio pubblicitario che appare su questo
numero è l'ultimo. Ultimo per sempre? La risposta non dipende
da noi, ma dalla correttezza che i diffusori dimostreranno saldando i
loro debiti con la rivista.
L'anno successivo, in coincidenza
con l'inizio della distribuzione commerciale della rivista nelle
edicole (grazie al contratto attivato nel maggio '79 con una società
di distribuzione nazionale), decidemmo - non senza dubbi né
perplessità - di fare pubblicità ad "A"
su giornali a tiratura nazionale. Cosi, per alcuni mesi, su due
quotidiani (La Repubblica e Lotta Continua)
uscirono annunci pubblicitari, miranti a far conoscere
l'esistenza della rivista e la sua reperibilità
nelle edicole. Poi, prevalentemente per ragioni di bilancio,
sospendemmo quella pubblicità.
Negli ultimi anni, abbiamo
continuato ad impegnarci molto per far sì che la
rivista venisse pubblicizzata. Innanzitutto abbiamo
sollecitato alcune testate anarchiche e libertarie ad una
regolarizzazione di quegli scambi pubblicitari che, nel nostro
movimento, costituiscono una tradizione - ma che, in
verità, erano perlopiù caratterizzate
da saltuarietà. In questo contesto è iniziato uno
scambio/pubblicità regolare con Umanità Nova,
L'internazionale e Volontà (e, frequentemente, con altri fogli
libertari: Senzapatria, Sicilia Libertaria, ecc.). Ma è soprattutto all'esterno
dell'ambito anarchico che abbiamo rivolto il
nostro interesse. Scambi di pubblicità abbiamo
in corso con varie testate (Frigidaire, AAM Terra Nuova,
Rockerilla) e ne abbiamo avuti saltuariamente con giornali
di musica (Il
buscadero, Musiche) e di altro genere (Azione
Nonviolenta, ecc.). Abbiamo scelto le testate con cui fare
lo scambio sulla base di varie considerazioni (magari, dietro loro
proposta), cercando comunque di orientarci verso
giornali letti da un pubblico che, a nostro avviso,
almeno in parte possa essere interessato alla rivista
nel suo insieme o a suoi specifici contenuti. Lo scambio/pubblicità non
implica, a nostro avviso, alcuna particolare simpatia
o sintonia con la pubblicazione e la sua redazione, o
meglio, non la implica necessariamente.
Nel 1986, tramite l'interessamento
di un compagno romano, si è aperta la
possibilità di uno scambio/pubblicità con Il
Manifesto. Gratis, senza sborsare niente: spazio
contro spazio. Abbiamo avuto dubbi e perplessità. Il
sottotitolo di quel giornale è esplicito:
"quotidiano comunista". Ha
prevalso la spinta a far conoscere la rivista anche a quelli (e sono
tanti) che non leggono Il Manifesto sulla base di
un'adesione alla linea editoriale e redazionale, ma perché
tutto sommato è il quotidiano "più
a sinistra" che c'è, quello
che - almeno a volte - assicura un'informazione più seria.
Iniziammo dunque lo scambio/pubblicità, ricevendo solo qualche
osservazione critica.
A fine '86, nuova serie di riunioni
redazionali, soliti dubbi e perplessità: Il Manifesto ha
riorganizzato il sistema di raccolta pubblicitaria, affidandolo ad
una concessionaria (La Sipra). La quale, come prima
regola, avrebbe imposto - cosi ci comunicano - la
cancellazione di qualsiasi scambio/pubblicità.
Anche noi di "A", se vogliamo continuare a
pubblicare mensilmente il nostro annuncio, dobbiamo pagare. La scelta non è facile. Dare
soldi ad un quotidiano comunista (e alla SIPRA, vero e
proprio carrozzone lottizzato) non piace a nessuno di noi, ma
l'esperienza dei mesi precedenti (le decine di lettere
pervenute in redazione da persone che avevano
saputo della nostra esistenza dalla lettura de Il
Manifesto e un certo numero di abbonamenti conseguenti)
spinge a non rinunciare a questa pubblicità, che è
divenuta un appuntamento mensile significativo. La necessità
di far conoscere "A" e di sostenere la
vendita nelle edicole e nelle librerie (in presenza
di un calo generalizzato e costante della vendita militante
fenomeno, questo, comune all'insieme della
pubblicistica "politica") fanno
sì che alla fine, pur non avendo raggiunto
l'unanimità all'interno del collettivo
redazionale, di comune accordo si decida di
"pagare". Con Il Manifesto
concordiamo di pagare la metà della tariffa editoriale
("pagando" il resto con
la pubblicazione regolare su "A" della loro pubblicità).
E così, da oltre due anni, stanno andando
avanti le cose. Ora i compagni di Bordighera
chiedono se sia "utile pagare questo strano
scambio di pubblicità". Noi pensiamo,
evidentemente, di si: pensiamo che nell'ambito del
nostro modo di concepire la rivista e, in particolare, di favorirne
al massimo la diffusione in ambiti non-anarchici, il gioco - come
si suol dire - valga la candela. In termini
strettamente economici, non siamo in grado di dire se ogni annuncio
pubblicato su Il Manifesto si ripaghi in termini di copie
vendute e di nuovi abbonamenti. Francamente pensiamo di no.
Certo, una parte almeno viene coperta così. Alla seconda domanda (perché
al Manifesto diamo soldi, e agli altri giornali no)
abbiamo risposto prima. Alla terza domanda (se sia dignitoso
continuare ad avere rapporti con quel giornale, viste
le tante cose che pubblica e non pubblica), rispondiamo
ripetendo che per noi lo scambio non vuole avere (anche se,
effettivamente, ad altri può apparire
diversamente) il senso di una simpatia o adesione. Si tratta,
innanzitutto, di un rapporto (in senso lato) economico,
all'interno di quella "logica mercantile"
che regola il mondo ed alla quale nemmeno una pubblicazione
anarchica, in genere, può sfuggire del tutto. Più una pubblicazione
"cresce" - in termini di tiratura, area geografica coperta,
aspirazioni, ecc, - e più si trova a dover fare i conti con
questa "logica mercantile". Fare i conti, certo, può
voler dire anche "scendere a compromessi" rispetto ad una
concezione pura, astrattamente pura, dello scambio, o meglio del
dono. Facciamo punto qui. Ciò di
cui siamo convinti - e lo scriveremo su queste colonne proprio
rispondendo ad un'altra lettera critica dei compagni di Bordighera -
è che la questione della comunicazione libertaria, ed in particolare
- per quanto ci riguarda più da vicino - della pubblicistica,
meriti di essere affrontata. Speriamo che la pubblicazione di questo
scritto dei compagni del "Trobar Clus" possa costituire uno
stimolo per quella riflessione collettiva che insieme auspichiamo.
la redazione
P.S. - Ultima osservazione.
I compagni di Bordighera contrappongono al buio
provocato in loro dalla constatazione del rapporto economico
esistente tra "A" e Il Manifesto, la
luce rappresentata dal dono fatto loro (e ad altre realtà
autogestionarie) dai Franti.
Senza nulla togliere al simpatico
gesto dei Franti (un gruppo che abbiamo sempre seguito con
particolare simpatia per il suo modo di operare), ci pare che il
paragone non regga: si tratta di due cose
del tutto diverse, in contesti
disaffini. Francamente, dopo anni e anni di
impegno del tutto gratuito (anzi, al caso...) per far
uscire la rivista (alcuni di noi vi sono impegnati dal 1971),
occupandoci di tutto (dall'amministrazione alla redazione, dalla
diffusione alle spedizioni postali e ferroviarie), con
la sola esclusione del lavoro tipografico, ci pare di essere esperti
più di "dono", che di
"logica mercantile". Sul piano generale, non va
dimenticato che "A" - da molti anni la
pubblicazione anarchica di gran lunga più
diffusa e conosciuta all'esterno del
nostro movimento (sicuramente anche grazie all'impegno
pubblicitario) - ha scelto, tra i suoi "compiti",
quello di fungere da cassa di risonanza alle molteplici
voci libertarie, autogestionarie, di base che - per loro natura - non
sono perlopiù in grado di farsi
conoscere. Ogni anno decine, centinaia di iniziative,
fogli locali o settoriali, fanzine, ecc. trovano ospitalità
nella rubrica "Tamtam" o
altrove. E regolarmente, dopo ogni uscita di "A",
i promotori delle singole iniziative ricevono lettere, richieste,
ecc... In questa funzione - che è propria anche
di altre pubblicazioni anarchiche e libertarie - non c'è
niente di biecamente mercantile. I compagni di
Bordighera potrebbero considerarla nello spirito del "dono".
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