Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 19 nr. 162
marzo 1989


Rivista Anarchica Online

Pubblicità perché

Per tre volte, nella prima metà del 1978, pubblicammo su "A" degli annunci a pagamento, relativi a libri di argomento anarchico e libertario.
Libri, comunque, prodotti da editori non-militanti, che per quella pubblicità ci pagarono. Era la prima volta che sulla stampa anarchica di lingua italiana si "vendeva" dello spazio, se si eccettua nell'800 La plebe. Giunsero lettere di protesta da parte di vari compagni e gruppi. Un gruppo diffusore, dopo aver inserito un volantino di dissenso in tutte le copie di quel numero di "A", ne cessò la distribuzione, invitando gli interessati a procurarselo in edicola (salvo poi riprendere, successivamente, la diffusione che tuttora continua). Ma giunsero anche lettere di assenso.
Tutte le opinioni che ci pervennero in redazione trovarono ospitalità nella rubrica delle lettere. In coda, esprimemmo le ragioni della nostra scelta (legata alla pesante situazione deficitaria delle casse di "A"), ringraziammo i compagni per il sostegno che ci avevano fatto pervenire negli ultimi tempi e concludemmo con le seguenti parole: L'annuncio pubblicitario che appare su questo numero è l'ultimo. Ultimo per sempre? La risposta non dipende da noi, ma dalla correttezza che i diffusori dimostreranno saldando i loro debiti con la rivista.
L'anno successivo, in coincidenza con l'inizio della distribuzione commerciale della rivista nelle edicole (grazie al contratto attivato nel maggio '79 con una società di distribuzione nazionale), decidemmo - non senza dubbi né perplessità - di fare pubblicità ad "A" su giornali a tiratura nazionale. Cosi, per alcuni mesi, su due quotidiani (La Repubblica e Lotta Continua) uscirono annunci pubblicitari, miranti a far conoscere l'esistenza della rivista e la sua reperibilità nelle edicole. Poi, prevalentemente per ragioni di bilancio, sospendemmo quella pubblicità.
Negli ultimi anni, abbiamo continuato ad impegnarci molto per far sì che la rivista venisse pubblicizzata. Innanzitutto abbiamo sollecitato alcune testate anarchiche e libertarie ad una regolarizzazione di quegli scambi pubblicitari che, nel nostro movimento, costituiscono una tradizione - ma che, in verità, erano perlopiù caratterizzate da saltuarietà. In questo contesto è iniziato uno scambio/pubblicità regolare con Umanità Nova, L'internazionale e Volontà (e, frequentemente, con altri fogli libertari: Senzapatria, Sicilia Libertaria, ecc.).
Ma è soprattutto all'esterno dell'ambito anarchico che abbiamo rivolto il nostro interesse. Scambi di pubblicità abbiamo in corso con varie testate (Frigidaire, AAM Terra Nuova, Rockerilla) e ne abbiamo avuti saltuariamente con giornali di musica (Il buscadero, Musiche) e di altro genere (Azione Nonviolenta, ecc.). Abbiamo scelto le testate con cui fare lo scambio sulla base di varie considerazioni (magari, dietro loro proposta), cercando comunque di orientarci verso giornali letti da un pubblico che, a nostro avviso, almeno in parte possa essere interessato alla rivista nel suo insieme o a suoi specifici contenuti.
Lo scambio/pubblicità non implica, a nostro avviso, alcuna particolare simpatia o sintonia con la pubblicazione e la sua redazione, o meglio, non la implica necessariamente.
Nel 1986, tramite l'interessamento di un compagno romano, si è aperta la possibilità di uno scambio/pubblicità con Il Manifesto. Gratis, senza sborsare niente: spazio contro spazio. Abbiamo avuto dubbi e perplessità. Il sottotitolo di quel giornale è esplicito: "quotidiano comunista". Ha prevalso la spinta a far conoscere la rivista anche a quelli (e sono tanti) che non leggono Il Manifesto sulla base di un'adesione alla linea editoriale e redazionale, ma perché tutto sommato è il quotidiano "più a sinistra" che c'è, quello che - almeno a volte - assicura un'informazione più seria. Iniziammo dunque lo scambio/pubblicità, ricevendo solo qualche osservazione critica.
A fine '86, nuova serie di riunioni redazionali, soliti dubbi e perplessità: Il Manifesto ha riorganizzato il sistema di raccolta pubblicitaria, affidandolo ad una concessionaria (La Sipra). La quale, come prima regola, avrebbe imposto - cosi ci comunicano - la cancellazione di qualsiasi scambio/pubblicità. Anche noi di "A", se vogliamo continuare a pubblicare mensilmente il nostro annuncio, dobbiamo pagare.
La scelta non è facile. Dare soldi ad un quotidiano comunista (e alla SIPRA, vero e proprio carrozzone lottizzato) non piace a nessuno di noi, ma l'esperienza dei mesi precedenti (le decine di lettere pervenute in redazione da persone che avevano saputo della nostra esistenza dalla lettura de Il Manifesto e un certo numero di abbonamenti conseguenti) spinge a non rinunciare a questa pubblicità, che è divenuta un appuntamento mensile significativo. La necessità di far conoscere "A" e di sostenere la vendita nelle edicole e nelle librerie (in presenza di un calo generalizzato e costante della vendita militante fenomeno, questo, comune all'insieme della pubblicistica "politica") fanno sì che alla fine, pur non avendo raggiunto l'unanimità all'interno del collettivo redazionale, di comune accordo si decida di "pagare". Con Il Manifesto concordiamo di pagare la metà della tariffa editoriale ("pagando" il resto con la pubblicazione regolare su "A" della loro pubblicità). E così, da oltre due anni, stanno andando avanti le cose.
Ora i compagni di Bordighera chiedono se sia "utile pagare questo strano scambio di pubblicità". Noi pensiamo, evidentemente, di si: pensiamo che nell'ambito del nostro modo di concepire la rivista e, in particolare, di favorirne al massimo la diffusione in ambiti non-anarchici, il gioco - come si suol dire - valga la candela. In termini strettamente economici, non siamo in grado di dire se ogni annuncio pubblicato su Il Manifesto si ripaghi in termini di copie vendute e di nuovi abbonamenti. Francamente pensiamo di no. Certo, una parte almeno viene coperta così.
Alla seconda domanda (perché al Manifesto diamo soldi, e agli altri giornali no) abbiamo risposto prima.
Alla terza domanda (se sia dignitoso continuare ad avere rapporti con quel giornale, viste le tante cose che pubblica e non pubblica), rispondiamo ripetendo che per noi lo scambio non vuole avere (anche se, effettivamente, ad altri può apparire diversamente) il senso di una simpatia o adesione. Si tratta, innanzitutto, di un rapporto (in senso lato) economico, all'interno di quella "logica mercantile" che regola il mondo ed alla quale nemmeno una pubblicazione anarchica, in genere, può sfuggire del tutto.
Più una pubblicazione "cresce" - in termini di tiratura, area geografica coperta, aspirazioni, ecc, - e più si trova a dover fare i conti con questa "logica mercantile". Fare i conti, certo, può voler dire anche "scendere a compromessi" rispetto ad una concezione pura, astrattamente pura, dello scambio, o meglio del dono.
Facciamo punto qui. Ciò di cui siamo convinti - e lo scriveremo su queste colonne proprio rispondendo ad un'altra lettera critica dei compagni di Bordighera - è che la questione della comunicazione libertaria, ed in particolare - per quanto ci riguarda più da vicino - della pubblicistica, meriti di essere affrontata. Speriamo che la pubblicazione di questo scritto dei compagni del "Trobar Clus" possa costituire uno stimolo per quella riflessione collettiva che insieme auspichiamo.

la redazione

P.S. - Ultima osservazione. I compagni di Bordighera contrappongono al buio provocato in loro dalla constatazione del rapporto economico esistente tra "A" e Il Manifesto, la luce rappresentata dal dono fatto loro (e ad altre realtà autogestionarie) dai Franti.
Senza nulla togliere al simpatico gesto dei Franti (un gruppo che abbiamo sempre seguito con particolare simpatia per il suo modo di operare), ci pare che il paragone non regga: si tratta di due cose del tutto diverse, in contesti disaffini.
Francamente, dopo anni e anni di impegno del tutto gratuito (anzi, al caso...) per far uscire la rivista (alcuni di noi vi sono impegnati dal 1971), occupandoci di tutto (dall'amministrazione alla redazione, dalla diffusione alle spedizioni postali e ferroviarie), con la sola esclusione del lavoro tipografico, ci pare di essere esperti più di "dono", che di "logica mercantile".
Sul piano generale, non va dimenticato che "A" - da molti anni la pubblicazione anarchica di gran lunga più diffusa e conosciuta all'esterno del nostro movimento (sicuramente anche grazie all'impegno pubblicitario) - ha scelto, tra i suoi "compiti", quello di fungere da cassa di risonanza alle molteplici voci libertarie, autogestionarie, di base che - per loro natura - non sono perlopiù in grado di farsi conoscere. Ogni anno decine, centinaia di iniziative, fogli locali o settoriali, fanzine, ecc. trovano ospitalità nella rubrica "Tamtam" o altrove. E regolarmente, dopo ogni uscita di "A", i promotori delle singole iniziative ricevono lettere, richieste, ecc... In questa funzione - che è propria anche di altre pubblicazioni anarchiche e libertarie - non c'è niente di biecamente mercantile. I compagni di Bordighera potrebbero considerarla nello spirito del "dono".