Rivista Anarchica Online
Anarchici alla
moviola
di Rossella Di Leo
L'originale
esperienza del Pacific Film Street Collective, a New York. Dai primi
film in super 8 ai recenti "successi" trasmessi da importanti
reti televisive.
Siamo andati a
trovarli nel loro nuovo ufficio di Manhattan, "indispensabile
per essere presenti sulla piazza". Ma loro, Joel Sucher e Steven
Fischler, sono e restano "ragazzi di Brooklyn". È
lì che sono nati e cresciuti, è lì che si sono conosciuti e che
sono andati a scuola insieme ed è lì che hanno fondato il Pacific
Street Film Collective nel 1971, un gruppo cinematografico che prende
nome dalla strada in cui ha sede. Dal '71 ne hanno
fatta di strada. Non in termini numerici, dato che il gruppo è ancor
oggi formato solo da tre persone, ma in termini di capacità tecniche
e di notorietà. Dal primo filmino girato in super 8 nel 1968, Hell
No, Barry Won't Go, che dura solo 8 minuti, sino a film
come Free Voice of Labor o Anarchism in America il
salto è stato notevole, come affermano loro stessi. E come
confermano i molti premi e riconoscimenti ricevuti nel corso della
loro attività, come il Blue Ribbon ricevuto all'American Film
Festival di New York del 1981 per il miglior documentario. Tuttavia c'è un
filo conduttore che lega tutta la produzione di Pacific Street e che
Joel e Steven tengono a sottolineare: "Abbiamo sempre fatto film
politici. Sin dalle medie superiori ci consideravamo anarchici ed
abbiamo ben presto sviluppato una coscienza politica che da sempre
cerchiamo di imprimere nei nostri film". Anzi, è proprio
l'impegno politico, e in particolare la lotta contro la guerra in
Vietnam, che li spinge a questa attività. L'approccio eminentemente
politico non implica però prese di posizione "ideologiche":
"Nei nostri film cerchiamo non tanto di fare dichiarazioni di
principio quanto di porre problemi che portino lo spettatore a
riflettere su quanto viene messo in discussione nella pellicola".
Il loro anarchismo, Joel e Steven, preferiscono farlo emergere nella
scelta dei soggetti (come quando raccontano la storia del movimento
anarchico ebreo) o nel metodo con cui affrontano le tematiche più
disparate. Proprio per il loro
impegno politico e militante (hanno, ad esempio, sempre partecipato
alle grandi manifestazioni contro la guerra tra la fine degli anni
'60 e l'inizio degli anni '70, costituendo un ricchissimo archivio
filmico), hanno dovuto subire le non richieste attenzioni della
polizia. Attenzioni piuttosto pressanti soprattutto quando, nel 1972,
hanno girato Red squad, un documentario sulle attività
segrete (e guarda caso illegali) della sezione politica della locale
polizia newyorchese. Pacific Street è
uno dei pochissimi, forse l'unico, gruppo libertario che sia riuscito
a sopravvivere alla "reagonomics". L'amministrazione Reagan,
infatti, al contrario della più "permissiva" amministrazione
Carter, ha operato "tagli" sostanziali nei confronti di
quelle istituzioni e fondazioni che sovvenzionavano le attività
culturali. Sovvenzioni che nella seconda metà degli anni '70 avevano
permesso a Pacific Street di realizzare progetti come Free Voice
of Labor. "Questo genere di documentari è molto costoso.
Bisogna pagare il materiale, gli spostamenti". Anarchism in
America, che dura 90 minuti, è costato oltre 160.000 dollari
(circa 260 milioni) e Free Voice of Labor è costato 85.000
dollari (circa 140 milioni) per 70 minuti di durata. Ma pensate che
per 70 minuti di film noi abbiamo girato interviste per 60/70 ore!". Ad aggravare gli
effetti della "reagonomics" c'è poi stato il riflusso politico
verificatosi anche sulla sponda occidentale dell'Atlantico.
"L'interesse per i documentari giornalistici politicamente
impegnati ha subito un netto calo negli anni '80 e molti gruppi come
il nostro hanno dovuto chiudere". Come cavarsela in
questa non facile situazione? La strada scelta dal Pacific Street è
stata quella di diversificare la propria produzione, "immettendosi
nel mercato" e realizzando documentari anche su commissione.
Recentemente ne hanno prodotto uno contro gli esperimenti sugli
animali ed un altro sulla ricerca contro il cancro, mettendone in
evidenza le incongruenze più palesi. "Con questi documentari
commerciali speriamo di pagarci i filmati sull'anarchismo che abbiamo
in progetto e che attualmente non possiamo realizzare per mancanza di
fondi". Se hanno accettato questo tipo di attività commerciale,
riservandosi sempre di scegliere solo quegli argomenti che non
contraddicano le loro convinzioni, si rifiutano categoricamente di
entrare nel campo pubblicitario, il più lucrativo certamente, ma
anche quello che si trova agli antipodi della loro concezione. Ingrandirsi ha
modificato anche altri aspetti della loro attività. Nati come un
collettivo che condivideva casa e lavoro e al cui interno non
esistevano ruoli specializzati, col tempo Pacific Street ha in parte
perso il suo aspetto comunitario, sviluppando al suo interno funzioni
specializzate, "ma la scelta dei soggetti e il modo di realizzarli
rimangono decisioni collettive". Un altro aspetto
"alternativo" cui hanno dovuto rinunciare ingrandendosi (sintomo,
peraltro, della raggiunta notorietà) è la distribuzione diretta
della propria produzione. Se sino a pochi anni fa si occupavano
direttamente di far circolare i propri film, inviandoli soprattutto
in tutte le situazioni "calde", con il maggior lavoro ed
una certa crisi del circuito militante questo compito è stato
passato ad un'agenzia che tratta direttamente con i network
televisivi. "Ma noi mandiamo ancora gratuitamente i nostri film
alle manifestazioni politiche", tengono a precisare Joel e
Steven. Chiediamo quale sia
stato il film che ha riscosso maggior successo. "Certamente Free
Voice of Labor. Oltre a ricevere vari premi e critiche molto
positive, è stato trasmesso anche dalla PBS sulla rete nazionale e
da diversi altri network. È stato visto da centinaia di migliaia di
persone, forse milioni". Non pensate che l'utilizzo dei
mass-media possa essere contraddittorio con il vostro messaggio
libertario? "No, tutt'altro", ci rispondono con estrema
convinzione. A loro avviso, non è tanto il mezzo utilizzato per
divulgare il messaggio che conta quanto la metodologia usata per
proporre il messaggio. E citano, tra l'altro, le centinaia di lettere
ricevute da telespettatori che, dopo aver visto Free Voice of
Labor, hanno loro scritto per saperne di più sull'anarchismo. Parliamo un po'
dell'ultimo documentario politico, Anarchism in America. Se da
una parte il "New York Times" ha scritto che si tratta di "un documentario eccezionalmente lucido e interessante",
la stampa anarchica nord-americana ha spesso criticato questo film,
accusandolo di presentare un anarchismo troppo vago. "Non siamo
d'accordo con queste critiche. A parte alcuni cambiamenti per
renderlo meno generico in alcune parti (cambiamenti che anche noi
vorremmo fare a distanza di qualche anno dalla sua realizzazione, ma
che non faremo per mancanza di soldi), riteniamo che il film sia
valido per il pubblico per il quale era stato concepito: un pubblico
che non sa nulla dell'anarchismo". Terminiamo questa
chiacchierata con uno sguardo ai progetti futuri. Non poteva mancare
l'idea di fare un film sulla Spagna rivoluzionaria del '36 in
occasione del cinquantenario. Ma il progetto più ambizioso di
Pacific Street è quello di realizzare il loro primo film a soggetto:
"E' un film sulla vita di Carlo Tresca, anarchico italiano
immigrato negli Stati Uniti e misteriosamente assassinato nel 1943.
E' da tempo che accarezziamo questo progetto, ma il problema è
sempre lo stesso: i soldi. E per realizzare un film a soggetto si
parla di milioni di dollari..." E a noi manca il coraggio di
tradurre la cifra in lire!
Film a luce nera
La carriera di
Pacific Street Films comincia, quando ancora il gruppo non esisteva
in quanto tale, nel 1968 con Hell No, Barry Won't Go (No per
dio, Barry non ci andrà). Questo breve filmato in super 8 mostra un
giovane americano che brucia la cartolina precetto rifiutandosi di
partire per il Vietnam. Sempre contro la guerra, contro Nixon e
l'establishment universitario, nel 1970 viene girato Inciting to
Riot! (Invito alla sommossa) che racconta lotte di un gruppo
anarchico studentesco in una delle maggiori università americane. Nel 1972, Pacific
Street raggiunge la notorietà con Red Squad (La squadra
rossa), un'indagine sulle attività illegali della polizia contro gli
oppositori della sinistra. Questo film gli vale non poche
intimidazioni poliziesche, ma anche la prima critica positiva sul
"New York Times". Due anni dopo, nel
'74, è la volta di Frame Up! The Imprisonment of Martin Sostre
(Incastrato! L'arresto di Martin Sostre), un film che denuncia la
montatura giudiziaria contro il militante anarchico nero Martin
Sostre che, grazie a questo film, verrà scarcerato un anno dopo. Nel '77 vedono la
luce ben due film: Voices from Within (Voci dall'interno) e
The Gran Jury: an Institution under Fire (Gran Jury:
un'istituzione sotto fuoco), entrambi centrati sulla realtà delle
carceri. Indubbiamente i due
film politici più importanti fatti da Pacific Street sono stati Free
Voice of Labor: The Jewish Anarchists (La libera voce del lavoro:
il movimento anarchico di cultura ebraica) del 1980 e Anarchism in
America del 1981. Il primo è un
documentario sulla storia del movimento anarchico di cultura ebraica
newyorchese all'inizio del secolo. Il film, che riprende in inglese
il principale periodico degli ebrei, "Freie Arbeiter Stimme",
racconta le lotte e le vicissitudini degli ebrei anarchici
attraverso le interviste di vecchi compagni e la ricostruzione
storica curata da Paul Avrich. Lungamente intervistato anche Ahrne
Thorne, ultimo redattore di "Freie Arbeiter Stimme", morto
recentemente a New York all'età di ottant'anni. Anarchism in
America è
invece il tentativo di presentare l'anarchismo americano come il
risultato dell'incontro tra un pensiero rivoluzionario importato
negli USA da emigranti come Emma Goldman o Sacco e Vanzetti, e una
filosofia politica tipicamente americana che discende dalla
tradizione individualista dei Tucker e degli Spooner.
Quell'anarchismo denunziato da J. Edgard Hoover, capo dell'FBI, come
"una minaccia per la nazione", è dunque qualcosa di tipicamente
americano, profondamente radicato nella cultura tradizionale. Anche
questo film si basa su diverse interviste: da gente della strada a
pensatori anarchici come Murray Bookchin; da "anarcocamionisti" a
Karl Hess, ex redattore dei discorsi politici di Barry Goldwater
(uomo politico repubblicano estremamente reazionario) poi passato
armi
e bagagli ad una concezione libertaria; dal candidato presidenziale
del "Libertarian Party" a personaggi anarchici noti come Noam
Chomsky o Ursula Le Guin, ad anziani militanti come Mollie Steimer e
Senya Fleshin. Interpreti d'eccezione di questo film anche Emma
Goldman e Pêtr
Kropotkin, che compaiono brevemente in rare immagini d'epoca.
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