Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 16 nr. 135
marzo 1986


Rivista Anarchica Online

Anarchici alla moviola
di Rossella Di Leo

L'originale esperienza del Pacific Film Street Collective, a New York. Dai primi film in super 8 ai recenti "successi" trasmessi da importanti reti televisive.

Siamo andati a trovarli nel loro nuovo ufficio di Manhattan, "indispensabile per essere presenti sulla piazza". Ma loro, Joel Sucher e Steven Fischler, sono e restano "ragazzi di Brooklyn". È lì che sono nati e cresciuti, è lì che si sono conosciuti e che sono andati a scuola insieme ed è lì che hanno fondato il Pacific Street Film Collective nel 1971, un gruppo cinematografico che prende nome dalla strada in cui ha sede.
Dal '71 ne hanno fatta di strada. Non in termini numerici, dato che il gruppo è ancor oggi formato solo da tre persone, ma in termini di capacità tecniche e di notorietà. Dal primo filmino girato in super 8 nel 1968, Hell No, Barry Won't Go, che dura solo 8 minuti, sino a film come Free Voice of Labor o Anarchism in America il salto è stato notevole, come affermano loro stessi. E come confermano i molti premi e riconoscimenti ricevuti nel corso della loro attività, come il Blue Ribbon ricevuto all'American Film Festival di New York del 1981 per il miglior documentario.
Tuttavia c'è un filo conduttore che lega tutta la produzione di Pacific Street e che Joel e Steven tengono a sottolineare: "Abbiamo sempre fatto film politici. Sin dalle medie superiori ci consideravamo anarchici ed abbiamo ben presto sviluppato una coscienza politica che da sempre cerchiamo di imprimere nei nostri film". Anzi, è proprio l'impegno politico, e in particolare la lotta contro la guerra in Vietnam, che li spinge a questa attività. L'approccio eminentemente politico non implica però prese di posizione "ideologiche": "Nei nostri film cerchiamo non tanto di fare dichiarazioni di principio quanto di porre problemi che portino lo spettatore a riflettere su quanto viene messo in discussione nella pellicola". Il loro anarchismo, Joel e Steven, preferiscono farlo emergere nella scelta dei soggetti (come quando raccontano la storia del movimento anarchico ebreo) o nel metodo con cui affrontano le tematiche più disparate.
Proprio per il loro impegno politico e militante (hanno, ad esempio, sempre partecipato alle grandi manifestazioni contro la guerra tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, costituendo un ricchissimo archivio filmico), hanno dovuto subire le non richieste attenzioni della polizia. Attenzioni piuttosto pressanti soprattutto quando, nel 1972, hanno girato Red squad, un documentario sulle attività segrete (e guarda caso illegali) della sezione politica della locale polizia newyorchese.
Pacific Street è uno dei pochissimi, forse l'unico, gruppo libertario che sia riuscito a sopravvivere alla "reagonomics". L'amministrazione Reagan, infatti, al contrario della più "permissiva" amministrazione Carter, ha operato "tagli" sostanziali nei confronti di quelle istituzioni e fondazioni che sovvenzionavano le attività culturali. Sovvenzioni che nella seconda metà degli anni '70 avevano permesso a Pacific Street di realizzare progetti come Free Voice of Labor. "Questo genere di documentari è molto costoso. Bisogna pagare il materiale, gli spostamenti". Anarchism in America, che dura 90 minuti, è costato oltre 160.000 dollari (circa 260 milioni) e Free Voice of Labor è costato 85.000 dollari (circa 140 milioni) per 70 minuti di durata. Ma pensate che per 70 minuti di film noi abbiamo girato interviste per 60/70 ore!".
Ad aggravare gli effetti della "reagonomics" c'è poi stato il riflusso politico verificatosi anche sulla sponda occidentale dell'Atlantico. "L'interesse per i documentari giornalistici politicamente impegnati ha subito un netto calo negli anni '80 e molti gruppi come il nostro hanno dovuto chiudere".
Come cavarsela in questa non facile situazione? La strada scelta dal Pacific Street è stata quella di diversificare la propria produzione, "immettendosi nel mercato" e realizzando documentari anche su commissione. Recentemente ne hanno prodotto uno contro gli esperimenti sugli animali ed un altro sulla ricerca contro il cancro, mettendone in evidenza le incongruenze più palesi. "Con questi documentari commerciali speriamo di pagarci i filmati sull'anarchismo che abbiamo in progetto e che attualmente non possiamo realizzare per mancanza di fondi". Se hanno accettato questo tipo di attività commerciale, riservandosi sempre di scegliere solo quegli argomenti che non contraddicano le loro convinzioni, si rifiutano categoricamente di entrare nel campo pubblicitario, il più lucrativo certamente, ma anche quello che si trova agli antipodi della loro concezione.
Ingrandirsi ha modificato anche altri aspetti della loro attività. Nati come un collettivo che condivideva casa e lavoro e al cui interno non esistevano ruoli specializzati, col tempo Pacific Street ha in parte perso il suo aspetto comunitario, sviluppando al suo interno funzioni specializzate, "ma la scelta dei soggetti e il modo di realizzarli rimangono decisioni collettive".
Un altro aspetto "alternativo" cui hanno dovuto rinunciare ingrandendosi (sintomo, peraltro, della raggiunta notorietà) è la distribuzione diretta della propria produzione. Se sino a pochi anni fa si occupavano direttamente di far circolare i propri film, inviandoli soprattutto in tutte le situazioni "calde", con il maggior lavoro ed una certa crisi del circuito militante questo compito è stato passato ad un'agenzia che tratta direttamente con i network televisivi. "Ma noi mandiamo ancora gratuitamente i nostri film alle manifestazioni politiche", tengono a precisare Joel e Steven.
Chiediamo quale sia stato il film che ha riscosso maggior successo. "Certamente Free Voice of Labor. Oltre a ricevere vari premi e critiche molto positive, è stato trasmesso anche dalla PBS sulla rete nazionale e da diversi altri network. È stato visto da centinaia di migliaia di persone, forse milioni". Non pensate che l'utilizzo dei mass-media possa essere contraddittorio con il vostro messaggio libertario? "No, tutt'altro", ci rispondono con estrema convinzione. A loro avviso, non è tanto il mezzo utilizzato per divulgare il messaggio che conta quanto la metodologia usata per proporre il messaggio. E citano, tra l'altro, le centinaia di lettere ricevute da telespettatori che, dopo aver visto Free Voice of Labor, hanno loro scritto per saperne di più sull'anarchismo.
Parliamo un po' dell'ultimo documentario politico, Anarchism in America. Se da una parte il "New York Times" ha scritto che si tratta di "un documentario eccezionalmente lucido e interessante", la stampa anarchica nord-americana ha spesso criticato questo film, accusandolo di presentare un anarchismo troppo vago. "Non siamo d'accordo con queste critiche. A parte alcuni cambiamenti per renderlo meno generico in alcune parti (cambiamenti che anche noi vorremmo fare a distanza di qualche anno dalla sua realizzazione, ma che non faremo per mancanza di soldi), riteniamo che il film sia valido per il pubblico per il quale era stato concepito: un pubblico che non sa nulla dell'anarchismo".
Terminiamo questa chiacchierata con uno sguardo ai progetti futuri. Non poteva mancare l'idea di fare un film sulla Spagna rivoluzionaria del '36 in occasione del cinquantenario. Ma il progetto più ambizioso di Pacific Street è quello di realizzare il loro primo film a soggetto: "E' un film sulla vita di Carlo Tresca, anarchico italiano immigrato negli Stati Uniti e misteriosamente assassinato nel 1943. E' da tempo che accarezziamo questo progetto, ma il problema è sempre lo stesso: i soldi. E per realizzare un film a soggetto si parla di milioni di dollari..." E a noi manca il coraggio di tradurre la cifra in lire!


Film a luce nera

La carriera di Pacific Street Films comincia, quando ancora il gruppo non esisteva in quanto tale, nel 1968 con Hell No, Barry Won't Go (No per dio, Barry non ci andrà). Questo breve filmato in super 8 mostra un giovane americano che brucia la cartolina precetto rifiutandosi di partire per il Vietnam. Sempre contro la guerra, contro Nixon e l'establishment universitario, nel 1970 viene girato Inciting to Riot! (Invito alla sommossa) che racconta lotte di un gruppo anarchico studentesco in una delle maggiori università americane.
Nel 1972, Pacific Street raggiunge la notorietà con Red Squad (La squadra rossa), un'indagine sulle attività illegali della polizia contro gli oppositori della sinistra. Questo film gli vale non poche intimidazioni poliziesche, ma anche la prima critica positiva sul "New York Times".
Due anni dopo, nel '74, è la volta di Frame Up! The Imprisonment of Martin Sostre (Incastrato! L'arresto di Martin Sostre), un film che denuncia la montatura giudiziaria contro il militante anarchico nero Martin Sostre che, grazie a questo film, verrà scarcerato un anno dopo.
Nel '77 vedono la luce ben due film: Voices from Within (Voci dall'interno) e The Gran Jury: an Institution under Fire (Gran Jury: un'istituzione sotto fuoco), entrambi centrati sulla realtà delle carceri.
Indubbiamente i due film politici più importanti fatti da Pacific Street sono stati Free Voice of Labor: The Jewish Anarchists (La libera voce del lavoro: il movimento anarchico di cultura ebraica) del 1980 e Anarchism in America del 1981.
Il primo è un documentario sulla storia del movimento anarchico di cultura ebraica newyorchese all'inizio del secolo. Il film, che riprende in inglese il principale periodico degli ebrei, "Freie Arbeiter Stimme", racconta le lotte e le vicissitudini degli ebrei anarchici attraverso le interviste di vecchi compagni e la ricostruzione storica curata da Paul Avrich. Lungamente intervistato anche Ahrne Thorne, ultimo redattore di "Freie Arbeiter Stimme", morto recentemente a New York all'età di ottant'anni.
Anarchism in America è invece il tentativo di presentare l'anarchismo americano come il risultato dell'incontro tra un pensiero rivoluzionario importato negli USA da emigranti come Emma Goldman o Sacco e Vanzetti, e una filosofia politica tipicamente americana che discende dalla tradizione individualista dei Tucker e degli Spooner. Quell'anarchismo denunziato da J. Edgard Hoover, capo dell'FBI, come "una minaccia per la nazione", è dunque qualcosa di tipicamente americano, profondamente radicato nella cultura tradizionale. Anche questo film si basa su diverse interviste: da gente della strada a pensatori anarchici come Murray Bookchin; da "anarcocamionisti" a Karl Hess, ex redattore dei discorsi politici di Barry Goldwater (uomo politico repubblicano estremamente reazionario) poi passato armi e bagagli ad una concezione libertaria; dal candidato presidenziale del "Libertarian Party" a personaggi anarchici noti come Noam Chomsky o Ursula Le Guin, ad anziani militanti come Mollie Steimer e Senya Fleshin. Interpreti d'eccezione di questo film anche Emma Goldman e Pêtr Kropotkin, che compaiono brevemente in rare immagini d'epoca.