Rivista Anarchica Online
Ammazzato due volte
di Laura Landi
Dalla perizia medico-legale appare evidente che l'anarchico Serantini fu assassinato non solo dalla
bestialità dei baschi neri ma anche dall'irresponsabilità del medico del carcere
Il solito gioco all'italiana: il giudice che osa ragionare, che
vuol vederci veramente chiaro, che non
esegue a priori le direttive repressive del potere viene sospeso, allontanato, o comunque "liberato
dall'incarico". E questa sorte è immancabilmente toccata al giudice Funaioli, responsabile di aver
emesso
un avviso di reato contro il questurini responsabili di aver massacrato di botte il giovane anarchico
Franco Serantini, durante la manifestazione antifascista del 5 maggio scorso a Pisa. Per l'ultrareazionario
Calamari, Procuratore Generale del Tribunale di Firenze, questo era veramente troppo: e come poteva
dimenticare che era stato lo stesso giudice Funaioli a prosciogliere in istruttoria tutti gli imputati
(compreso il fu Serantini) arrestati durante la succitata manifestazione? In questa sentenza istruttoria,
che proscioglieva appunto i sei giovani arrestati dalle accuse di adunata sediziosa e di resistenza
aggravata, si diceva testualmente, fra l'altro, che: "Serantini, interrogato dopo l'arresto, aveva
raccontato di essere stato manganellato dagli agenti.... Il
dott. Piramonte, (autore dell'arresto del nostro compagno) parla di un Serantini fermo sul marciapiede
mentre i manifestanti scappavano". Gli agenti gli furono addosso e probabilmente lo colpirono con i
manganelli" (sono le sue parole).... In un clima di guerriglia come quello creatosi quella sera in
città non
c'era considerazione per le persone neutrali.... Lo Tsolinas (un giovane greco arrestato), poliomielitico,
che per attestazione dello stesso commissario era menomato ad una gamba e si reggeva a malapena in
piedi, fu preso e picchiato dai baschi neri.... Gli agenti comportandosi in tal modo, eccedettero
indubbiamente, con atti arbitrari, i limiti delle loro attribuzioni". Fin qui la penna del giudice
istruttore. Poi ci sono le dichiarazioni dei testimoni oculari e di alcune
vittime della violenza poliziesca. Basti ricordare i coniugi Celandroni (Pisa), che dalle finestre del loro
appartamento videro massacrare un giovane "ricciuto", probabilmente Franco; Fabrizio
Falcucci,
(Livorno) cui fu sparato in bocca un candelotto che gli spappolò le labbra facendogli perdere
sei denti;
Giovanni Rondinelli (Pisa) che fu il testimone dell'agonia di Franco; Giovanni Mandoli (Pisa) che vide
portare via in tutta fretta il corpo ormai inerte di Franco alle 9 circa di domenica 7; il dott. Piramonte
che lo arrestò per sottrarlo alla furia bestiale degli agenti: a lui in particolare non dovrebbe
essere difficile
individuare i dieci celerini che davanti ai suoi occhi infierivano sul nostro compagno. Quella sera
erano in molti a contestare il diritto di parola al candidato missino Niccolai, che parlava da
un palco sovrastato dalla scritta "Nostalgia dell'avvenire", tipico slogan del cretinismo neofascista. E
nei
violenti scontri provocati dalle forze dell'ordine Franco fu bastonato, arrestato e tradotto
in carcere; il
giorno successivo alle ore 12.30 fu interrogato dal magistrato Dr. Sellaroli, e con lui lamentò
di avere
forti dolori al capo. Dal volto pallido, tirato, grigio di Franco doveva trasparire l'immane sforzo
fisico: la tensione di una
volontà impegnata a tenere insieme un corpo, un fascio di muscoli sul punto di sgretolarsi. Il
dott.
Sellaroli interroga Franco. Franco dice: "Ho partecipato alla manifestazione del 5 maggio, sono un
anarchico e un antifascista militante, è forse un delitto?". Parla piano, i suoi occhi si spalancano
a fatica
sulla faccia del magistrato, si spalancano per richiudersi subito mentre il capo reclina lentamente sul
gomito appoggiato al tavolo. Per Serantini è cominciato il conto alla rovescia ma Sellaroli
sembra non
rendersi conto della gravità delle condizioni di Franco anche se questi in un passo della sua
dichiarazione
messa a verbale dice: "Stavo scappando quando mi sono arrivati addosso in tanti, tanti poliziotti.
Saranno stati una decina. Mi
hanno picchiato alla testa". Ritornato in cella Serantini per tutto il periodo della detenzione rifiuta
il cibo, la compagnia degli altri,
le ore di "aria", gli spettacoli televisivi. Alle 16,30 dello stesso giorno è condotto alla visita
medica,
sostenuto da due compagni di detenzione, pallido come un morto, muto, attanagliato in ogni parte da
un dolore insopportabile. La diagnosi del dott. Mammoli, medico del carcere, rileva ecchimosi, lieve
stato di shock, contusioni; la terapia: sypítol , cortigen (estratto di corteccia ed un analettico)
e borsa
di ghiaccio in permanenza. Serantini è riaccompagnato in cella dai compagni, sostenuto di peso,
le gambe
e le braccia inerti, il capo reclinato sul petto. Rimane taciturno, lamentando forti dolori al capo, tutto
il
pomeriggio e la notte. Gli agenti infermieri non notano niente di preoccupante. Alle 8,30 del 7
maggio un appuntato nota segni di peggioramento e chiede ad un infermiere di dare
un'occhiata al ragazzo. Subito due infermieri lo trasferiscono in barella al centro medico ma ormai non
c'è più niente da fare. La morte in galera coronava così la vita esemplare, in cui
la società autoritaria può
specchiarsi. Nonostante i molti, tristi anni passati negli istituti di rieducazione Franco era un
compagno con la forza,
l'allegria, l'entusiasmo che sanno dare le idee giuste, coerentemente vissute, eppure aveva fatto in tempo
a farsi odiare, da quelli che odiano chiunque si ribelli alla loro prepotenza e dai loro mercenari. Il
mercenario non si vende soltanto ma deve odiare i suoi nemici. Deve odiare lo sfruttato che lotta, che
si batte con coraggio per liberarsi dall'oppressione per una via che non è quella di diventare
servo.
Nell'ottobre del '71, mentre la polizia si scagliava contro il mercato rosso a Pisa, Franco era come
sempre
in prima fila. Cercarono di arrestarlo, il più furioso era il giovane agente della squadra politica
Zanca.
Glielo strapparono dalle mani e Zanca minacciò di fargliela pagare. Venerdì 5 maggio
Franco è capitato
nelle loro mani. La furia omicida ha avuto via libera. Ma al potere non è bastato aver
assassinato un compagno: si è sempre cercato di coprire comunque le
responsabilità dei questurini, anche a costo di redigere una perizia medico-legale in parte
falsata. I risultati della perizia medico-legale sono agghiaccianti. Il corpo del compagno doveva
apparire come
un ammasso di carne bluastra: ovunque ecchimosi, contusioni, lesioni interne, emorragie. Alla testa, la
più grave, alle gambe, al dorso, alle braccia. Focolai emorragici o ecchimotici localizzati
dappertutto,
infiltrati di sangue nello spessore dei seni durali, dell'encefalo, del cuore, dei polmoni, della milza. Per
la perizia la morte è dovuta ad insufficienza cardiocircolatoria a seguito delle lesioni al capo,
al tronco
e agli arti. Si parla anche di un vistoso edema cerebrale e di ampi focolai contusivi ai lobi polmonari
inferiori. I colpi sono numerosissimi e ripetuti, specie al capo e al tronco. Le lesioni sono dovute
all'azione di corpi contundenti, bastoni, sfollagenti o corpi contundenti a maggior superficie o
naturali. I periti legali sottolineano la loro meraviglia per il comportamento stoico del nostro
compagno che si
limitava a lamentare solo una forte cefalea quando non una parte del suo corpo era libera da dolori
lancinanti. Noi non ci stupiamo. Nonostante i dolori al capo causati dalle fratture e dallo stillicidio
emorragico interno dovessero essere spaventosi, tali da superare qualsiasi altra sensazione dolorifica in
altra parte del corpo, un ragazzo come Franco, cresciuto in orfanotrofi-lager, era purtroppo abituato
a
non contare sull'appoggio, né sulla solidarietà, né sulla pietà degli altri.
Solo con se stesso, teso alla
difesa di se stesso, con le sue sole forze. I periti legali non si stupiscono però della fine
repentina di Franco. Sostengono che l'improvviso coma
fu dovuto alla emorragia interna extradurale di cui non si erano avuti in precedenza sintomi evidenti e
che un'operazione chirurgica non avrebbe dato risultati positivi. Noi non accettiamo questa
tesi. La causa della morte è stata l'emorragia intracranica. È vero che Serantini
aveva numerose lesioni
traumatiche e potrebbe insorgere il dubbio che fu l'insieme delle lesioni a portarlo alla morte, ma la sola,
la più grave, quella di per sé sufficiente a causare la morte è stata l'emorragia
cranica. La repentinità della
morte, circa un'ora dallo stato di coma al decesso, è tipica del trauma cranico. È
ipotizzabile che la
natura delle lesioni fosse dovuta a mezzi contundenti naturali (pugni, calci) e ad altri come la canna o
il calcio del fucile. Infatti la lesione mortale fu causata da un corpo contundente a superficie stretta,
canna o calcio di fucile, data la gravità della lesione ossea ed encefalica. Franco avrebbe potuto
essere
salvato. I sintomi che accusava, sonnolenza, torpore, cefalea, atonia muscolare tale da richiedere l'aiuto
di terze persone per camminare, come avvenne in realtà durante la visita medica, avrebbero
dovuto
costituire un sintomo di un certo allarme per il medico che lo visitava. Lo stato di Serantini era quello
di un soggetto con una vistosa ecchimosi all'occhio sinistro, colorito terreo, deformazione del cranio,
eppure fu rispedito in cella dopo una visita di pochi minuti. Anche da un esame obiettivo della
perizia medico-legale, dunque, risulta più che mai evidente la
responsabilità diretta e totale della polizia (e successivamente del medico del carcere, Dr.
Mammoli)
nella morte dell'anarchico. Serantini è stato ammazzato due volte. Dai poliziotti che lo
massacrarono e dal cinismo del dottor
Mammoli per il quale evidentemente un detenuto in quelle condizioni non poteva che essere un
simulatore. Ma i responsabili della sua morte oltre ai poliziotti, e al Mammoli, che non ritenne neppure
necessario concedergli un posto letto in infermeria, sono il direttore del carcere Occhipinti e tutti coloro
che avendo il dovere di intervenire non hanno prestato a Franco le minime cure. Noi non fidiamo
nella giustizia di questo tipo di società perché il sistema che ha voluto e permesso
l'assassinio di Franco non colpirà mai gli esecutori. Ci affidiamo al senso di giustizia del popolo,
che già
seppe smascherare gli assassini di Pinelli e i mandanti della strage di stato, fidiamo nel popolo oppresso
che lotta contro il fascismo tradizionale e contro quello che si annida e cresce in seno all'apparato
politico statale.
Laura Landi Quando l'articolo è già composto, ci
informano che il "dottor" Mammoli è stato indiziato di reato per
omissione di soccorso e che per omicidio sono stati indiziati dieci "baschi neri".
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