Rivista Anarchica Online
Tutto fuorché la verità
La verità di Stato sul caso Pinelli
Il "caso Pinelli" non deve essere archiviato. Questa la sostanza dei due
lunghi documenti che gli avvocati Gentili
e Guidetti-Serra da una parte, e Smuraglia dall'altra hanno inviato al giudice istruttore D'Ambrosio, cui
spetta la
decisione sulla proposta di archiviazione del "caso Pinelli" avanzata dal procuratore generale Gresti (cfr.
Ma gli
anarchici non archiviano, "A" 37). Gli avvocati Marcello Gentili e Bianca Guidetti-Serra sono
i difensori di Pio
Baldelli, il quale nella sua veste di direttore responsabile venne querelato per diffamazione a mezzo
stampa dal
fu commissario-finestra Luigi Calabresi in seguito alla campagna di stampa portata avanti da Lotta
Continua
contro di lui, indicato quale principale responsabile dell'assassinio di Pinelli; l'avvocato Carlo Smuraglia,
d'altro
canto, rappresenta la vedova Pinelli, costituitasi parte civile contro gli assassini di suo marito. In una
conferenza-stampa tenutasi al Palazzo di Giustizia di Milano il 13 maggio, gli avvocati Gentili e
Smuraglia hanno presentato
ai giornalisti i due documenti, nel tentativo di rompere il muro di silenzio che si è voluto creare
intorno al "caso
Pinelli" in vista della sua presumibile archiviazione. Così almeno la pensa l'avvocato Gentili - col
quale abbiamo
avuto occasione di parlare -, il quale si è dichiarato quasi certo della risposta negativa che
sarà data di fatto alla
richiesta della parte civile (vedova Pinelli) e dall'imputato (Baldelli) di tenere aperto il caso, anzi di rifare
l'istruttoria, dal momento che quella portata avanti finora è inficiata dalla volontà della
magistratura di coprire
le evidenti responsabilità delle forze dell'ordine. Riproduciamo in queste pagine ampi stralci dal
documento
Gentili Guidetti-Serra e la parte iniziale di quello Smuraglia, informando i lettori che al momento in cui
la rivista
va in macchina il dott. D'Ambrosio non ha ancora fatto conoscere la sua decisione in merito
all'archiviazione.
Il primo fondamentale aspetto sconcertante, per paradossale che possa sembrare dopo anni di
apparenti istruttoria
di cui veniva data qualche esteriore notizia all'opinione pubblica comprensibilmente ansiosa di conoscere
come
muore a Milano nell'ufficio politico della Questura un cittadino onesto e scagionato da tutti, è
che non è stata
fatta tanto l'istruttoria sulla morte di Giuseppe Pinelli quanto una tenace quasi univoca indagine sulle sue
eventuali responsabilità. Questo, a parte la colossale perizia sui poveri resti ormai
scarsamente significativi e alcuni esperimenti
grossolanamente riproducenti i fatti: esperimenti certo importanti e del resto richiesti dalla difesa della
parte civile,
ma per loro natura irreparabilmente insufficienti. Non è stata fatta, perché si
è ignorata l'esigenza fondamentale di portare sotto inchiesta il comportamento del
dirigente e dei componenti dell'ufficio politico della Questura di Milano, interrogando in modo analitico
e
rigoroso prima di tutto i protagonisti e poi i testimoni, che nell'istruttoria originaria e nel dibattimento del
processo
a carico di Baldelli avevano cominciato a indicare delle vie di indagini. (...) Ebbene, rispetto a tutti
questi fatti, è stato accertato che Giuseppe Pinelli e in genere gli anarchici che avevano
collegamenti politici con lui erano estranei. Per le bombe del 25 aprile, la cosa è ormai acquisita
da tempo; per
quelle sui treni dei giorni 8 e 9 agosto l'estraneità di Pinelli è stata confermata anche dal
rapporto della Pubblica
Sicurezza presso le Ferrovie dello Stato di Milano; per la strage, la mancanza totale di qualunque
elemento di
sospetto, o di dubbio non può certo trovare qualche limite nella ormai svalutata accusa contro
Valpreda, né nella
artificiosa e forzata discussione sull'alibi di Pinelli né nelle ricerche dei primi mesi dell'istruttoria
sulle quali si
faranno alcune osservazioni. (...) Più in particolare, non sì è indagato sulle
minacce fatte a Pinelli alcuni mesi e perfino pochi giorni prima della
strage, attraverso i testi già uditi nel dibattimento del processo contro Baldelli e gli altri
più volte indicati, e
richiesti dallo stesso Procuratore Generale il 10 gennaio 1973. Si è giunti all'assurdo di ascoltare
due volte come
teste Ivan Guerneri: colui che aveva riferito della minaccia a Giuseppe Pinelli di "incastrarlo per bene,
una volta
per sempre", rivoltagli pochi giorni prima del 12 dicembre dal dirigente dell'ufficio politico, quasi che
questi fosse
a conoscenza di quanto stava avvenendo. Sentendolo non su questo punto, ma sull'alibi di Pinelli. E
così si sono
disattese le nostre istanze, da quella del 2 novembre 1971 all'ultima del 6 dicembre 1974.
(...) Insomma, di fronte all'"errore" dell'incontrollata accusa agli anarchici e a Pinelli, i cittadini
italiani avevano e
hanno diritto di sapere se si è trattato di incompetenza, oppure di complicità con gli
autori della strage, o almeno
di vedere verificata da parte dell'autorità giudiziaria la prima delle due ipotesi. Di fronte alla
morte di una persona onesta in Questura alla fine di 3 giorni di interrogatori, avevano e hanno diritto
di sapere se c'è stata imprudenza e spietate insensibilità, resa più traumatizzante
da qualche pesante espediente
poliziesco; oppure se si è giunti alla conclusione di una lunga e pervicace persecuzione di lui e
dei suoi compagni,
che lo avrebbe portato a un gesto disperato; oppure se altro c'è stato e perfino un omicidio.
L'indagine, per quanto imposta dalla evidenza dei fatti, è stata oggettivamente elusa. Prima
con la sentenza di
proscioglimento dei dirigenti degli uffici politici di Milano e di Roma e dell'Ufficio affari riservati del
Ministero
dell'Interno senza alcuna specifica indagine (e con qualche irrilevante rilievo critico, che ha portato
all'applicazione dell'amnistia per una imputazione); poi, o meglio contestualmente, con l'eliminazione dal
processo per la morte di Giuseppe Pinelli di ogni inchiesta sui funzionari dell'ufficio dal quale è
precipitato, come
se questo fosse avvenuto altrove. (...) Ma l'aspetto più sconcertante dell'istruttoria è
ancora un altro. Ed è che l'esame critico delle contraddittorie e
inverosimili versioni dei funzionari di polizia non avviene mai, nonostante le richieste continue e sempre
più
allarmanti che noi difensori abbiamo reiterato. Soltanto nel terzo anno di istruttoria, prima di chiuderla
definitivamente, gli indiziati vengono sentiti. Non viene fatta loro nessuna contestazione, e ci si limita ad
acquisire
la versione dei fatti già data. Ne sono prova i verbali di questi formali atti, così come
quello della generica
deposizione del Questore Guida. Quanto agli avvisi di reato, una posizione privilegiata ha poi assunto
inspiegabilmente il dirigente dell'ufficio
politico Allegra. Questi, pur denunziato come gli altri funzionari per lo stesso contesto di fatti, ha avuto
comunicazione solo per il reato previsto dall'art. 606 c.p., amnistiabile e amnistiato, nonché
scollegato dalle
modalità specifiche con cui è stato trattato ed è morto Giuseppe Pinelli.
(...) La requisitoria del Procuratore Generale impone qualche osservazione specifica, a parte tutto
quanto abbiamo
scritto o scriveremo in questa memoria. La prima osservazione è che questo atto, malgrado
le sue dimensioni e la chiara strutturazione del discorso,
esclude qualunque problema e ogni ricerca di verità su un caso così inquietante e
complesso come la morte
dell'anarchico. Il Procuratore Generale che non solo difende gli imputati in un modo che meglio si
attribuirebbe a un avvocato
che ne tuteli gli interessi e la reputazione, ma scrive come se avesse personalmente assistito agli
interrogatori del
fermato e, non avendo dubbi sulle frasi pronunziate e sugli atteggiamenti tenuti dei funzionari di polizia,
ne
constatasse l'assoluta correttezza. Quando si leggono i giudizi positivi sulle frasi che gli indiziati hanno
riferito
di aver detto a Giuseppe Pinelli e sugli espedienti che hanno raccontato di aver usato, si ha la netta
impressione
che il Procuratore Generale non si ponga neppure il problema che i fatti possano essere stati diversi o
anche di
poco peggiori. (...) Le ipotesi astratte di questa precipitazione si sono sempre limitate alle
seguenti: a) Ipotesi del malore e della precipitazione accidentale. Pinelli, sentendosi
male durante l'interrogatorio, chiede
e ottiene di recarsi alla finestra per prendere aria e quivi, colto da malore, è inopinatamente
scivolato fuori dalla
ringhiera cadendo nel cortile. b) Ipotesi del suicidio. Pinelli, sconvolto per quello che
ha udito, pur essendo estraneo alla strage, riesce a
scavalcare la ringhiera e a slanciarsi nel cortile. c) Ipotesi dell'omicidio
preterintenzionale. Pinelli colpito violentemente nel vano della finestra, precipita il
modo fortuito. d) Ipotesi dell'omicidio a mezzo della defenestrazione per occultare precedenti
lesioni o perché lo si ritiene
in imminente pericolo di vita. È quanto avviene all'anarchico Frezzi precipitato durante
un interrogatorio della
polizia, in circostanze analoghe a quelle di Pinelli (si ricorda un precedente lontano, ma è pur
vero che non si
ha notizia di vicende analoghe e tanto meno alla Questura di Milano, dovute a suicidio). e)
Ipotesi dell'omicidio mediante defenestrazione. È questa l'ipotesi più tragica
e suggestiva, che non farebbe
che aggiungere un altro morto ai tanti possibili testi della strage, eliminati anche in modo analogo, talvolta
con
apparente precipitazione suicidiaria: Muraro e Ambrosini. Scartata la prima ipotesi perché
poco verosimile ed esclusa dai periti e dai consulenti tecnici, non resta che
scegliere fra le altre. Ebbene, contro il suicidio stanno il carattere di Pinelli, la sua passione politica,
le sue convinzioni, il suo amore
per la famiglia e la vita, il suo stato d'animo di quel giorno, la difficoltà fisica, in una stanza come
quella e in
presenza di tanti funzionari, di raggiungere e scavalcare la ringhiera: a parte la sua estraneità a
qualunque fatto
delittuoso. Insomma, praticamente tutto quello che si conosce di Pinelli ed è stato accertato.
(...)
Avv. M. Gentili Avv. B. Guidetti- Serra
(...) Ma il fatto è che una serie di considerazioni del P.G. si distruggono da sole e non hanno
bisogno di
confutazione. Ci limiteremo a rilevare come nella requisitoria si segua pedissequamente l'impostazione
difensiva
del principale difensore degli imputati e, talvolta, lo stesso contenuto dei rapporti giudiziari redatti dal
Dott.
Allegra. E già questo è rivelatore di una presa di posizione apodittica, prima ancora che
ancorata a dati obiettivi
ed a sicure emergenze processuali. Né ci soffermeremo sul fatto che per il P.G. le
deposizioni di alcuni testi sono sospette solo perché si tratta di
anarchici (v. pag. 30), mentre si dà pieno credito a coloro il cui interesse nel processo - per essere
indiziati o
imputati - è più che evidente, tanto che perfino le loro contraddizioni vengono addotte
a prova di spontaneità! La presa di posizione di partenza del P.G. è tale che egli
ammette che ci sono imprecisioni, discordanze,
contraddizioni, che il rapporto iniziale fu superficiale e leggero (da notare che c'era di mezzo un morto
e in quali
circostanze!), che ci furono errori ed illegalità per quanto riguarda il fermo di Pinelli, ma da tutto
questo che cosa
deriva? Neppure l'ombra del sospetto, neppure un indizio, nulla, anzi la prova della buona fede dei
prevenuti. Su queste basi, non c'è contraddittorio, non può esservi confronto e
dibattito di idee. C'è solo una tesi cui si vuol
credere a tutti i costi e che da tutti viene avallata, perfino dagli argomenti decisamente contrari. Ci
sono obiezioni di illustri consulenti di parte? Non se ne tiene conto, perché si tratta di persone
rose dal tarlo
della politica o dedite alle esercitazioni accademiche. Si parla di minacce al Pinelli? E che rilievo
possono avere, se si tratta solo di - più o meno amichevoli -
"esortazioni"? Pinelli fu fermato illegalmente? Ma che diamine, c'erano elementi fortemente
indizianti e perfino una notizia
confidenziale che lo dava per implicato in traffici di esplosivi. Le norme sul fermo non furono
applicate rigorosamente? Ma anche questo si spiega con l'eccezionalità della
situazione, con l'avallo dei superiori e - nientemeno - col consenso delle persone fermate, tutte pronte
a
collaborare nelle indagini. Fu fatto un irregolare e illegittima contestazione al Pinelli? Sciocchezze,
piccoli trucchi di mestiere, inammissibili
per un Magistrato, ma spiegabili e pensabili per un funzionario di pubblica sicurezza. (...)
Avv. C. Smuraglia
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