Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 5 nr. 39
maggio 1975


Rivista Anarchica Online

Tutto fuorché la verità

La verità di Stato sul caso Pinelli

Il "caso Pinelli" non deve essere archiviato. Questa la sostanza dei due lunghi documenti che gli avvocati Gentili e Guidetti-Serra da una parte, e Smuraglia dall'altra hanno inviato al giudice istruttore D'Ambrosio, cui spetta la decisione sulla proposta di archiviazione del "caso Pinelli" avanzata dal procuratore generale Gresti (cfr. Ma gli anarchici non archiviano, "A" 37). Gli avvocati Marcello Gentili e Bianca Guidetti-Serra sono i difensori di Pio Baldelli, il quale nella sua veste di direttore responsabile venne querelato per diffamazione a mezzo stampa dal fu commissario-finestra Luigi Calabresi in seguito alla campagna di stampa portata avanti da Lotta Continua contro di lui, indicato quale principale responsabile dell'assassinio di Pinelli; l'avvocato Carlo Smuraglia, d'altro canto, rappresenta la vedova Pinelli, costituitasi parte civile contro gli assassini di suo marito. In una conferenza-stampa tenutasi al Palazzo di Giustizia di Milano il 13 maggio, gli avvocati Gentili e Smuraglia hanno presentato ai giornalisti i due documenti, nel tentativo di rompere il muro di silenzio che si è voluto creare intorno al "caso Pinelli" in vista della sua presumibile archiviazione. Così almeno la pensa l'avvocato Gentili - col quale abbiamo avuto occasione di parlare -, il quale si è dichiarato quasi certo della risposta negativa che sarà data di fatto alla richiesta della parte civile (vedova Pinelli) e dall'imputato (Baldelli) di tenere aperto il caso, anzi di rifare l'istruttoria, dal momento che quella portata avanti finora è inficiata dalla volontà della magistratura di coprire le evidenti responsabilità delle forze dell'ordine. Riproduciamo in queste pagine ampi stralci dal documento Gentili Guidetti-Serra e la parte iniziale di quello Smuraglia, informando i lettori che al momento in cui la rivista va in macchina il dott. D'Ambrosio non ha ancora fatto conoscere la sua decisione in merito all'archiviazione.

Il primo fondamentale aspetto sconcertante, per paradossale che possa sembrare dopo anni di apparenti istruttoria di cui veniva data qualche esteriore notizia all'opinione pubblica comprensibilmente ansiosa di conoscere come muore a Milano nell'ufficio politico della Questura un cittadino onesto e scagionato da tutti, è che non è stata fatta tanto l'istruttoria sulla morte di Giuseppe Pinelli quanto una tenace quasi univoca indagine sulle sue eventuali responsabilità.
Questo, a parte la colossale perizia sui poveri resti ormai scarsamente significativi e alcuni esperimenti grossolanamente riproducenti i fatti: esperimenti certo importanti e del resto richiesti dalla difesa della parte civile, ma per loro natura irreparabilmente insufficienti.
Non è stata fatta, perché si è ignorata l'esigenza fondamentale di portare sotto inchiesta il comportamento del dirigente e dei componenti dell'ufficio politico della Questura di Milano, interrogando in modo analitico e rigoroso prima di tutto i protagonisti e poi i testimoni, che nell'istruttoria originaria e nel dibattimento del processo a carico di Baldelli avevano cominciato a indicare delle vie di indagini. (...)
Ebbene, rispetto a tutti questi fatti, è stato accertato che Giuseppe Pinelli e in genere gli anarchici che avevano collegamenti politici con lui erano estranei. Per le bombe del 25 aprile, la cosa è ormai acquisita da tempo; per quelle sui treni dei giorni 8 e 9 agosto l'estraneità di Pinelli è stata confermata anche dal rapporto della Pubblica Sicurezza presso le Ferrovie dello Stato di Milano; per la strage, la mancanza totale di qualunque elemento di sospetto, o di dubbio non può certo trovare qualche limite nella ormai svalutata accusa contro Valpreda, né nella artificiosa e forzata discussione sull'alibi di Pinelli né nelle ricerche dei primi mesi dell'istruttoria sulle quali si faranno alcune osservazioni. (...)
Più in particolare, non sì è indagato sulle minacce fatte a Pinelli alcuni mesi e perfino pochi giorni prima della strage, attraverso i testi già uditi nel dibattimento del processo contro Baldelli e gli altri più volte indicati, e richiesti dallo stesso Procuratore Generale il 10 gennaio 1973. Si è giunti all'assurdo di ascoltare due volte come teste Ivan Guerneri: colui che aveva riferito della minaccia a Giuseppe Pinelli di "incastrarlo per bene, una volta per sempre", rivoltagli pochi giorni prima del 12 dicembre dal dirigente dell'ufficio politico, quasi che questi fosse a conoscenza di quanto stava avvenendo. Sentendolo non su questo punto, ma sull'alibi di Pinelli. E così si sono disattese le nostre istanze, da quella del 2 novembre 1971 all'ultima del 6 dicembre 1974. (...)
Insomma, di fronte all'"errore" dell'incontrollata accusa agli anarchici e a Pinelli, i cittadini italiani avevano e hanno diritto di sapere se si è trattato di incompetenza, oppure di complicità con gli autori della strage, o almeno di vedere verificata da parte dell'autorità giudiziaria la prima delle due ipotesi.
Di fronte alla morte di una persona onesta in Questura alla fine di 3 giorni di interrogatori, avevano e hanno diritto di sapere se c'è stata imprudenza e spietate insensibilità, resa più traumatizzante da qualche pesante espediente poliziesco; oppure se si è giunti alla conclusione di una lunga e pervicace persecuzione di lui e dei suoi compagni, che lo avrebbe portato a un gesto disperato; oppure se altro c'è stato e perfino un omicidio.
L'indagine, per quanto imposta dalla evidenza dei fatti, è stata oggettivamente elusa. Prima con la sentenza di proscioglimento dei dirigenti degli uffici politici di Milano e di Roma e dell'Ufficio affari riservati del Ministero dell'Interno senza alcuna specifica indagine (e con qualche irrilevante rilievo critico, che ha portato all'applicazione dell'amnistia per una imputazione); poi, o meglio contestualmente, con l'eliminazione dal processo per la morte di Giuseppe Pinelli di ogni inchiesta sui funzionari dell'ufficio dal quale è precipitato, come se questo fosse avvenuto altrove. (...)
Ma l'aspetto più sconcertante dell'istruttoria è ancora un altro. Ed è che l'esame critico delle contraddittorie e inverosimili versioni dei funzionari di polizia non avviene mai, nonostante le richieste continue e sempre più allarmanti che noi difensori abbiamo reiterato. Soltanto nel terzo anno di istruttoria, prima di chiuderla definitivamente, gli indiziati vengono sentiti. Non viene fatta loro nessuna contestazione, e ci si limita ad acquisire la versione dei fatti già data. Ne sono prova i verbali di questi formali atti, così come quello della generica deposizione del Questore Guida.
Quanto agli avvisi di reato, una posizione privilegiata ha poi assunto inspiegabilmente il dirigente dell'ufficio politico Allegra. Questi, pur denunziato come gli altri funzionari per lo stesso contesto di fatti, ha avuto comunicazione solo per il reato previsto dall'art. 606 c.p., amnistiabile e amnistiato, nonché scollegato dalle modalità specifiche con cui è stato trattato ed è morto Giuseppe Pinelli. (...)
La requisitoria del Procuratore Generale impone qualche osservazione specifica, a parte tutto quanto abbiamo scritto o scriveremo in questa memoria.
La prima osservazione è che questo atto, malgrado le sue dimensioni e la chiara strutturazione del discorso, esclude qualunque problema e ogni ricerca di verità su un caso così inquietante e complesso come la morte dell'anarchico.
Il Procuratore Generale che non solo difende gli imputati in un modo che meglio si attribuirebbe a un avvocato che ne tuteli gli interessi e la reputazione, ma scrive come se avesse personalmente assistito agli interrogatori del fermato e, non avendo dubbi sulle frasi pronunziate e sugli atteggiamenti tenuti dei funzionari di polizia, ne constatasse l'assoluta correttezza. Quando si leggono i giudizi positivi sulle frasi che gli indiziati hanno riferito di aver detto a Giuseppe Pinelli e sugli espedienti che hanno raccontato di aver usato, si ha la netta impressione che il Procuratore Generale non si ponga neppure il problema che i fatti possano essere stati diversi o anche di poco peggiori. (...)
Le ipotesi astratte di questa precipitazione si sono sempre limitate alle seguenti:
a) Ipotesi del malore e della precipitazione accidentale. Pinelli, sentendosi male durante l'interrogatorio, chiede e ottiene di recarsi alla finestra per prendere aria e quivi, colto da malore, è inopinatamente scivolato fuori dalla ringhiera cadendo nel cortile.
b) Ipotesi del suicidio. Pinelli, sconvolto per quello che ha udito, pur essendo estraneo alla strage, riesce a scavalcare la ringhiera e a slanciarsi nel cortile.
c) Ipotesi dell'omicidio preterintenzionale. Pinelli colpito violentemente nel vano della finestra, precipita il modo fortuito.
d) Ipotesi dell'omicidio a mezzo della defenestrazione per occultare precedenti lesioni o perché lo si ritiene in imminente pericolo di vita. È quanto avviene all'anarchico Frezzi precipitato durante un interrogatorio della polizia, in circostanze analoghe a quelle di Pinelli (si ricorda un precedente lontano, ma è pur vero che non si ha notizia di vicende analoghe e tanto meno alla Questura di Milano, dovute a suicidio).
e) Ipotesi dell'omicidio mediante defenestrazione. È questa l'ipotesi più tragica e suggestiva, che non farebbe che aggiungere un altro morto ai tanti possibili testi della strage, eliminati anche in modo analogo, talvolta con apparente precipitazione suicidiaria: Muraro e Ambrosini.
Scartata la prima ipotesi perché poco verosimile ed esclusa dai periti e dai consulenti tecnici, non resta che scegliere fra le altre.
Ebbene, contro il suicidio stanno il carattere di Pinelli, la sua passione politica, le sue convinzioni, il suo amore per la famiglia e la vita, il suo stato d'animo di quel giorno, la difficoltà fisica, in una stanza come quella e in presenza di tanti funzionari, di raggiungere e scavalcare la ringhiera: a parte la sua estraneità a qualunque fatto delittuoso. Insomma, praticamente tutto quello che si conosce di Pinelli ed è stato accertato. (...)

Avv. M. Gentili
Avv. B. Guidetti- Serra

(...) Ma il fatto è che una serie di considerazioni del P.G. si distruggono da sole e non hanno bisogno di confutazione. Ci limiteremo a rilevare come nella requisitoria si segua pedissequamente l'impostazione difensiva del principale difensore degli imputati e, talvolta, lo stesso contenuto dei rapporti giudiziari redatti dal Dott. Allegra. E già questo è rivelatore di una presa di posizione apodittica, prima ancora che ancorata a dati obiettivi ed a sicure emergenze processuali.
Né ci soffermeremo sul fatto che per il P.G. le deposizioni di alcuni testi sono sospette solo perché si tratta di anarchici (v. pag. 30), mentre si dà pieno credito a coloro il cui interesse nel processo - per essere indiziati o imputati - è più che evidente, tanto che perfino le loro contraddizioni vengono addotte a prova di spontaneità!
La presa di posizione di partenza del P.G. è tale che egli ammette che ci sono imprecisioni, discordanze, contraddizioni, che il rapporto iniziale fu superficiale e leggero (da notare che c'era di mezzo un morto e in quali circostanze!), che ci furono errori ed illegalità per quanto riguarda il fermo di Pinelli, ma da tutto questo che cosa deriva? Neppure l'ombra del sospetto, neppure un indizio, nulla, anzi la prova della buona fede dei prevenuti.
Su queste basi, non c'è contraddittorio, non può esservi confronto e dibattito di idee. C'è solo una tesi cui si vuol credere a tutti i costi e che da tutti viene avallata, perfino dagli argomenti decisamente contrari.
Ci sono obiezioni di illustri consulenti di parte? Non se ne tiene conto, perché si tratta di persone rose dal tarlo della politica o dedite alle esercitazioni accademiche.
Si parla di minacce al Pinelli? E che rilievo possono avere, se si tratta solo di - più o meno amichevoli - "esortazioni"?
Pinelli fu fermato illegalmente? Ma che diamine, c'erano elementi fortemente indizianti e perfino una notizia confidenziale che lo dava per implicato in traffici di esplosivi.
Le norme sul fermo non furono applicate rigorosamente? Ma anche questo si spiega con l'eccezionalità della situazione, con l'avallo dei superiori e - nientemeno - col consenso delle persone fermate, tutte pronte a collaborare nelle indagini.
Fu fatto un irregolare e illegittima contestazione al Pinelli? Sciocchezze, piccoli trucchi di mestiere, inammissibili per un Magistrato, ma spiegabili e pensabili per un funzionario di pubblica sicurezza. (...)

Avv. C. Smuraglia